Schema di D.Lgs. - Revisione delle circoscrizioni giudiziarie – Uffici dei giudici di pace - Relazione

Schema di Decreto Legislativo recante: “Nuova distribuzione sul territorio degli uffici del giudice di pace, in attuazione dell’articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148”

Articolato

La delega conferita al Governo dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, prevede di procedere alla riduzione del numero dei presidi giudiziari di primo grado ed alla razionalizzazione dei relativi assetti territoriali.

Nell’attuale contesto che evidenzia, per la generalità degli uffici giudiziari, uno stato di disagio almeno in parte ascrivibile alla ridotta disponibilità delle risorse organiche del personale di supporto all’attività giurisdizionale, la possibilità offerta di intervenire in misura incisiva sull’assetto territoriale delle strutture giudiziarie risulta quanto mai opportuna al fine di realizzare il recupero di risorse organiche, economiche e strumentali necessarie a garantire una maggiore efficienza e funzionalità dell’intero sistema giustizia.

L’approccio metodologico scelto ai fini della realizzazione di una complessiva revisione dell’assetto territoriale degli uffici giudiziari di primo grado, ha evidenziato l’opportunità di procedere per tipologia di ufficio, muovendo dall’analisi delle strutture collocate alla base del sistema giudiziario: gli uffici del giudice di pace.

In relazione a tali ultimi uffici la legge n. 148/2011 ha previsto che oggetto della revisione in questione fossero esclusivamente gli uffici del giudice di pace dislocati in sede diversa da quella circondariale. Con tutta evidenza la dislocazione degli uffici in questione deve essere apprezzata con riferimento alla data di entrata in vigore della legge delega, e in questo senso deve ritenersi il legislatore abbia voluto correlare la diffusione capillare degli uffici del giudice di pace alla “fotografia” dei circondari esistenti a tale momento; se il legislatore avesse voluto individuare una data differente avrebbe provveduto ad una espressa indicazione al riguardo, come infatti è avvenuto con riferimento ai tribunali ordinari ai sensi della lett. a) dell’art. 1. Allo stesso modo, il legislatore avrebbe provveduto ad espressa indicazione qualora avesse voluto consentire una diversa soluzione con riferimento alle modifiche da apportare ai circondari di tribunale ad opera del distinto e relativo decreto legislativo.

I criteri direttivi indicati dal legislatore per attuare l’operazione di riduzione degli uffici del giudice di pace sono, in particolare, quelli di cui all’art. 1, comma 2, lett. l) della legge delega; tale norma prevede che venga previamente operata, relativamente gli uffici in parola, una specifica analisi dei costi rispetto ai carichi di lavoro.

L’attuale assetto territoriale di tale tipologia di uffici, istituiti con legge 21 novembre 1991, n. 374, risulta, infatti, caratterizzato da un’elevata articolazione delle sedi giudiziarie e determina nel complesso un’eccessiva frammentazione delle risorse umane e strumentali allo stato disponibili per l’Amministrazione della giustizia, ancor più evidente se rapportata agli effettivi carichi di lavoro ed alle esigenze operative degli altri uffici giudiziari.

Ed invero, l’attuale struttura degli uffici in oggetto può essere così sinteticamente rappresentata:

  • 846 uffici del Giudice di Pace, di cui 4 sedi distaccate:

a) 165 uffici presso sedi circondariali
b) 681 uffici presso sedi non circondariali

  • 4.690 giudici distribuiti su una dotazione organica di 4.700
  • 12 unità del personale dirigenziale (tutte presso uffici circondariali)
  • 4.125 unità di personale amministrativo assegnato in pianta organica, così distinte:

a) 439 del personale dell’Area III;
b) 2738 del personale dell’Area II;
c) 936 del personale dell’Area I.

Per conseguire l’obiettivo di una razionalizzazione nella distribuzione degli uffici del giudice di pace e delle risorse umane a questi afferenti si è reso necessario effettuare un’analisi statistica multivariata, caratterizzata, da un lato dall’individuazione della capacità di smaltimento effettivo, a livello nazionale, dei giudici in servizio nel periodo di riferimento e, dall’altro, dall’individuazione dei carichi di lavoro del singolo ufficio, ottenuta suddividendo le iscrizioni rilevate per la dotazione organica prevista.

Ai fini di una corretta valutazione dell’analisi svolta, occorre evidenziare che i dati statistici utilizzati sono quelli rilevati dalla Direzione generale delle statistiche relativamente agli anni solari 2005-2009.

L’analisi condotta si è distinta in più fasi successive, di cui di seguito si riporta una rappresentazione schematica:

FASE A
Calcolo della produttività media
(Valore soglia)

FASE B
Individuazione carichi di lavoro degli uffici
 

FASE C
Individuazione uffici con carichi di lavoro inferiori al valore soglia

FASE D
Selezione degli uffici sulla base del bacino di utenza e individuazione degli uffici

 
Nella prima fase (FASE A) si è provveduto ad individuare l’effettivo smaltimento pro-capite realizzato dai giudici di pace su base quinquennale.

Poiché i dati relativi ai procedimenti fanno riferimento all’intero anno solare, è stato necessario calcolare il numero medio di presenze dei giudici di pace nel medesimo arco temporale.

A tal fine è stata calcolata una media aritmetica delle presenze del personale di magistratura onoraria, ponendo come termini di riferimento le date del 31/12/2004 e 31/12/2009 e ottenendo, a livello nazionale, un numero medio annuo di presenze pari a 3.073 unità.

Tale valore è stato successivamente posto in relazione al numero complessivo di procedimenti definiti in tutte le materi di competenza per l’arco temporale considerato, ottenendo, in tal modo, la produttività media del personale giudicante.

In sostanza, dividendo il numero complessivo di procedimenti definiti per le unità di personale presenti è stato individuato il numero medio di provvedimenti esauriti nell’anno da un singolo giudice.

La produttività media rappresenta quindi una misura ragionevole della “capacità unitaria di smaltimento” dei procedimenti, intendendosi per tale il numero di procedimenti definibili da ogni singolo giudice previsto in pianta organica.

Tale valore (“valore soglia”, pari a 568,3 procedimenti) rappresenta quindi il carico di lavoro mediamente sostenibile dal personale giudicante nel corso dell’anno solare.
Successivamente (FASE B) si è provveduto alla individuazione dei carichi di lavoro pro-capite dei singoli uffici rapportando per ciascuno di essi i procedimenti sopravvenuti alla relativa pianta organica.

Tali valori costituiscono una misura della “domanda di giustizia” rivolta all’Amministrazione.

Quindi (FASE C), si è provveduto alla individuazione degli uffici con carico di lavoro inferiore alla media nazionale di produttività annuale pro-capite dei giudici di pace.

Successivamente le risultanze dell’analisi sono state poste a confronto con i valori rilevati dall’esame dei dati riferiti al bacino di utenza delle sedi giudiziarie, assumendo quale parametro di riferimento ai fini della valutazione sull’opportunità del mantenimento di un presidio giudiziario, una popolazione residente pari ad almeno 100.000 abitanti.

Con riferimento alle osservazioni sollevate nei pareri delle Commissioni parlamentari, in ordine alla individuazione della soglia di 100.000 abitanti quale bacino di utenza, si evidenzia che la scelta legislativa di assicurare la capillarità del giudice di prossimità ancorandosi a questa base, nel ragionevole rispetto dell’accesso a tale giustizia, poggia anche sull’analisi dei dati statistici, che mostra come le soglie di efficienza produttiva dei suddetti uffici sono assicurate quando, appunto, correlate a questa minima platea di riferimento delle esigenze di tutela giudiziaria. In particolare, va sottolineato che la suddetta soglia di popolazione è quella che delimita un insieme di sedi non circondariali, e quindi astrattamente sopprimibili, con un'alta densità (all’interno di tale insieme) di uffici con carico pro-capite superiore alla (e dunque rispettosa della) soglia media di riferimento ottimale (pari a 568 affari per giudice in pianta organica). Infatti, dei 35 uffici non circondariali con popolazione servita maggiore di 100.000 abitanti, sono 7 quelli con soglia di carico superiore allo standard di riferimento, mentre i restanti hanno una soglia di carico inferiore e, pertanto, sganciata dalla produttività correlabile a una capillarità territoriale che non ecceda gli standard di efficienza. Nella fascia immediatamente precedente, per converso, tra i  90.000 e i 100.000 abitanti, su 13 uffici solo 1 è risultato avere un carico medio di affari sopravvenuti superiore alla soglia standard, e tutti i restanti hanno una soglia di carico inferiore. Ne consegue anche la razionalità della scelta di attestarsi, in funzione del criterio di efficienza, sull’entità dei 100.000 abitanti di riferimento, conservando, in forza di tale criterio, altri 7 uffici oltre quelli circondariali, salvo e fermo quanto si sta per aggiungere in ordine agli uffici insulari.

In sostanza, il dato riferito alla popolazione è stato assunto quale criterio integrativo dell’analisi fondata sul carico di lavoro sostenibile.

Tale metodologia ha consentito infine (FASE D) la generazione di un elenco di 674 uffici con un numero di iscrizioni pro-capite inferiori al valore soglia (568,3), cioè alla capacità di smaltimento di un singolo giudice ed un bacino di utenza inferiore alle 100.000 unità.

Sulla base della metodologia adottata, il carico di lavoro afferente a tali uffici non giustifica la previsione in organico delle unità di personale giudicante assegnate, che, mediante l’accorpamento delle sedi giudiziarie, possono più opportunamente essere utilizzate laddove la domanda di giustizia è più elevata.

Tali criteri devono, alla luce dei principi di cui alle lettere l) e b) dell’art. 1 della legge delega, essere contemperati, secondo quanto si anticipava, mediante l’adeguata valutazione delle caratteristiche geografiche peculiari che significativamente connotano il territorio ove insistono alcune delle sedi giudiziarie interessate dall’intervento.

In quest’ottica, appare sicuramente necessario valorizzare – in linea, altresì, con i suggerimenti contenuti nei pareri delle Commissioni Giustizia dei due rami del Parlamento – il peculiare dato dell’insularità, dalla quale può discendere una particolare difficoltà di accesso al sistema giustizia.

La funzione di giudice di prossimità – che resta propria del giudice di pace anche dopo la riforma legislativa così varata – è coerente con l’implementazione di questo correttivo ai criteri generali. Tanto più se si pensa alla possibilità, tipizzata nel rito penale e non infrequente nell’urgenza, di deposito degli atti d’impugnazione anche presso la cancelleria dell’ufficio del giudice di pace (come del tribunale) dove «si trovano» le parti private e i difensori istanti il gravame, quando «tale luogo è diverso da quello in cui fu emesso il provvedimento», così che «in tali casi, l’atto viene immediatamente trasmesso alla cancelleria del giudice che emise il provvedimento impugnato» (art. 582, comma 2, c.p.p.).

Per le ragioni appena richiamate, si è optato per il mantenimento degli uffici giudiziari di Portoferraio, Pantelleria, La Maddalena, Ischia, Capri, Lipari e Procida.

Quest’ultima valutazione, però, non può logicamente essere generalizzata ed estesa all’intero territorio nazionale; e invero, una simile generalizzazione non è certamente riconducibile all’impianto della legge di delegazione, la quale prevede soltanto la necessità di effettuare una valutazione dei costi rispetto ai carichi di lavoro, ragionevolmente temperabile in funzione di peculiari quanto specifici correttivi quali quelli appena descritti.

Il personale recuperabile attraverso l’accorpamento dei 667 uffici è pari a:

1)    1924 giudici di pace;
2)     2081 unità di personale amministrativo così distinto:

a)  182 dell’area III;
b)  1335 dell’area II;
c)  564 dell’area I.
 

Il risultato delle valutazioni effettuate secondo i criteri sinora precisati è stato trasfuso nel contenuto degli articoli 1 e 2 del presente decreto legislativo; il primo prevede, al comma 1, l’indicazione degli uffici soppressi, con un espresso rinvio alla tabella A allegata al decreto stesso.

Al comma 2, invece – sempre mediante un rinvio ad una apposita tabella allegata al decreto (la tabella B) – sono indicate le sedi accorpate all’esito del processo di riordino e le nuove competenze territoriali derivanti dalla soppressione delle sedi di cui alla tabella A.

L’articolo 2, quindi, prevede alcune modifiche alla legge 21 novembre 1991, n. 374, ovvero alla legge istitutiva del giudice di pace; sono previste, in particolare, due modifiche:

a) viene integralmente sostituito l’articolo 2 della legge, precisandosi al primo comma nello stesso che «gli uffici del giudice di pace hanno sede nei comuni di cui alla tabella A allegata alla presente legge, con competenza territoriale sul circondario ivi rispettivamente indicato». Contestualmente viene predisposta, appunto, la relativa tabella da allegare alla legge in oggetto;

b) il secondo comma dell’art. 2 contiene, invece la disciplina delle eventuali modifiche da apportarsi in relazione all’assetto disegnato nella tabella citata: si prevede, infatti, che con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro della giustizia, sentiti il consiglio giudiziario e i comuni interessati, possano essere istituite delle sedi distaccate e che, con le medesime modalità, possano essere costituiti in un unico ufficio due o più uffici contigui.

Viene, pertanto, definitivamente superata la precedente impostazione che prevedeva ancora la competenza mandamentale degli uffici del giudice di pace, riconducendo invece la stessa al circondario così come per i tribunali ordinari. La modifica consentirà, oltre ai risparmi di spesa evidenti in relazione alla riduzione del numero degli uffici ed alla maggiore efficienza degli stessi, di individuare con maggiore chiarezza il presidente del tribunale che dovrà, ove espressamente delegato dal Consiglio superiore della magistratura ai sensi dell’art. 16 della legge n. 374/1991, esercitare la sorveglianza sugli uffici del giudice di pace compresi nel suo circondario; non sarà pertanto, più possibile che, come accadeva in precedenza, il bacino di competenza di un ufficio del giudice di pace sia compreso in più circondari del tribunale ordinario, con i conseguenti problemi di gestione e coordinamento che ne possono con tutta evidenza conseguire.

Conseguentemente a tali rimodulazioni, l’articolo 4 del decreto prevede che, con decreto del Presidente della Repubblica – così come previsto dall’articolo 3 della legge 21 novembre 1991, n. 374 – si provveda alla riassegnazione dei magistrati onorari in servizio presso gli uffici soppressi del giudice di pace. La legge delega non ha indicato i criteri per il trasferimento dei magistrati in questione ed il decreto legislativo ha ritenuto, pertanto, di lasciare tale valutazione ad un atto regolamentare come quello già previsto dalla legislazione vigente per l’assegnazione alle sedi del personale della magistratura onoraria.

Il medesimo articolo prevede anche, in conformità a quanto previsto dalla lettera m) della delega, che il personale amministrativo in servizio presso gli uffici soppressi del giudice di pace venga riassegnato in misura non inferiore al 50 per cento alla sede di tribunale o di procura limitrofa e, nella restante parte, all’ufficio del giudice di pace presso il quale sono trasferite le relative competenze. Detta riassegnazione, non essendo vigenti disposizioni legislative in contrasto, verrà effettuata in conformità a tutte le altre determinazioni delle piante organiche dei singoli uffici giudiziari, ovvero con decreto del Ministro della giustizia.

Le disposizioni previste dagli articoli sopra indicati, però, non avranno efficacia, secondo quanto indicato dall’articolo 5, comma 1, del decreto, fino a quando non si concluda l’iter previsto dall’articolo 3 relativamente agli enti locali i quali intendano comunque garantire la presenza sul territorio di uffici del giudice di pace in sedi non più previste dalle disposizioni normative.

Viene all’uopo, infatti, individuata una particolare e specifica procedura, in ossequio a quanto indicato dalle lettere n), o) e p) della legge delega, la quale prevede che:

a) le tabelle di cui agli articoli 1 e 2 (ovvero le tabelle A e B del decreto legislativo e la tabella A della legge n. 374/1991) vengano pubblicate sul bollettino ufficiale e sul sito internet del Ministero della giustizia;

b) entro sessanta giorni dalla pubblicazione delle tabelle gli enti locali interessati, anche consorziati tra loro, possano richiedere il mantenimento degli uffici del giudice di pace, con competenza sui rispettivi territori, di cui è proposta la soppressione, anche tramite eventuale accorpamento, facendosi integralmente carico delle spese di funzionamento e di erogazione del servizio giustizia nelle relative sedi; in tali ipotesi dovrà essere messo a disposizione dagli enti locali anche il personale amministrativo necessario alla gestione dell’ufficio e rimarrà a carico dell’amministrazione giudiziaria unicamente la determinazione dell’organico del personale di magistratura onoraria entro i limiti della dotazione nazionale complessiva nonché la formazione del personale amministrativo;

c) entro i successivi dodici mesi il Ministro della giustizia, dovrà apportare con d.m. le conseguenti modifiche alle più volte menzionate tabelle. Il Ministro potrà e dovrà in tale sede valutare esclusivamente la rispondenza delle richieste pervenute ai criteri previsti dalla sopra citata normativa, ovvero alla disponibilità da parte degli enti locali a farsi carico degli oneri relativi all’istituzione ed al funzionamento dei nuovi uffici.

Soltanto successivamente all’emanazione del decreto del Ministro della giustizia (o comunque al decorso del termine concesso per l’emanazione dello stesso) le nuove disposizioni in materia di sedi degli uffici del giudice di pace e di riassegnazione del relativo personale dispiegheranno appieno i propri effetti; appare, infatti, evidente che, dinanzi alla possibilità concessa ai comuni di “recuperare” parte degli uffici soppressi, risulterebbe del tutto inutile, ed anzi controproducente, sopprimere un ufficio per poi subito dopo istituirlo nuovamente, con tutte le necessarie conseguenze in tema di riallocazione del personale e spostamento dei procedimenti celebrati presso l’ufficio soppresso e poi nuovamente istituito. Il procedimento delineato dal decreto legislativo prevede invece che la nuova geografia giudiziaria relativa agli uffici del giudice di pace divenga efficace soltanto esaurite le procedure di consultazione degli enti locali e disegnato l’assetto definitivo di tutti gli uffici.

Il comma 5 dell’articolo 3, infine, prevede che ove gli enti locali non rispettino gli impegni presi in sede di presentazione della richiesta di conservazione dell’ufficio del giudice di pace, lo stesso venga soppresso con il medesimo procedimento previsto per gli accorpamenti dalla legge n. 374/1991, così come modificata dal presente decreto.

I commi 2 e 3 dell’articolo 5, poi, prevedono la necessaria disciplina transitoria relativamente ai procedimenti in corso presso gli uffici del giudice di pace soppressi; in particolare si prevede che nei sei mesi successivi all’efficacia del nuovo disegno degli uffici così come risultante dalla conclusione dell’iter sopra descritto, le udienze precedentemente fissate dinanzi al giudice di pace di uno degli uffici soppressi siano tenute presso i medesimi uffici. Gli eventuali rinvii saranno in tal caso effettuati dinanzi al nuovo ufficio competente.

In tutti gli altri casi, invece, verrà fissata una nuova udienza dinanzi al nuovo ufficio competente.

La disciplina ora descritta risulta del tutto conforme alla costante giurisprudenza in materia penale, la quale ha ritenuto che «l'inesatta indicazione del luogo di comparizione integra una nullità assoluta ai sensi degli artt. 601 commi 3 e 6, 429 comma 1 lett. f), 178 comma 1 lett. c) e 179 comma 1 c.p.p., in quanto la trattazione della causa in un luogo diverso da quello fissato per la comparizione nel decreto di citazione impedisce l'intervento dell'interessato e l'esercizio del suo diritto di difesa, equivalendo ad omessa citazione» (Cass. sez. I, sent. n. 18942 del 26 aprile 2001; v. anche in senso conforme Cass. sez. II, sent. n. 43903 del 17 novembre 2009: «La nullità del decreto di citazione a giudizio è stabilita dall'art. 552 c.p.p. (prima 555 c.p.p.), comma 1, lett. d) e comma 2, soltanto quando l'indicazione del luogo (e del tempo) di comparizione manca o è inidonea allo scopo di informare le parti e i loro difensori degli elementi topografici (e cronologici) necessari per l'esercizio dei loro diritti»). La modifica del luogo di trattazione dell’udienza, pertanto, dovrà essere sempre opportunamente comunicata alle parti interessate. Al medesimo tempo, però, la possibilità – per i sei mesi successivi all’effettiva attuazione delle modifiche – di continuare a celebrare le udienze già fissate presso le sedi originarie ridurrà al minimo le problematiche ed i disagi normalmente connessi ad ogni trasferimento di sede giudiziaria.

Il carattere generale della norma sul regime transitorio trova applicazione anche nell’ipotesi del processo civile davanti al giudice di pace. Anche in tal caso, si distinguono le ipotesi in cui le udienze precedentemente fissate dianzi al giudice di pace ricadano nell’arco temporale successivo al termine fissato per l’efficacia del presente decreto da quelle in cui l’udienza è fissata oltre il predetto termine o deve ancora essere stabilita. In tal caso, la disposizione transitoria, al fine di evitare che si determini una nullità dell’atto introduttivo del giudizio per l’incertezza circa l’organo giudiziario di fronte al quale la domanda è proposta (trova applicazione, nel procedimento di fronte al giudice di pace, la norma generale dell’articolo 164 c.p.c.), prevede la fissazione di una nuova udienza di fronte all’ufficio del giudice di pace cui è attribuita la competenza per effetto dell’avvenuta soppressione. 

Nell’art. 6 è prevista la clausola di invarianza, precisandosi che dal provvedimento non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e che all’attuazione si provvede nell’ambito delle risorse umane strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

L’art. 7 del decreto, infine, prevede che il decreto entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.