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DDL - Adesione della Repubblica italiana al Trattato di Prum concluso il 27 maggio 2005. Istituzione della banca dati nazionale del DNA - Relazione

Disegno di legge recante: "Adesione della Repubblica italiana al Trattato concluso il 27 maggio 2005 tra il Regno del Belgio, la Repubblica federale di Germania, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, il Granducato di Lussemburgo, il Regno dei Paesi Bassi e la Repubblica d'Austria, relativo all'approfondimento della cooperazione transfrontaliera, in particolare allo scopo di contrastare il terrorismo, la criminalità transfrontaliera e la migrazione illegale (trattato di Prum). Istituzione della banca dati nazionale del DNA e del laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA. Delega al Governo per l'istituzione dei ruoli tecnici del corpo di polizia penitenziaria"

Articolato


Il 4 luglio 2006 il Ministro dell'interno, On. Giuliano AMATO, ha dichiarato, per conto del Governo italiano, a Berlino, l'intenzione dello Stato italiano di aderire agli accordi di Prum. Tale Convenzione, denominata “Schengen 2”, è stata firmata a Prum (Germania) il 27 maggio 2005 fra sette Paesi dell'Unione europea (Belgio, Francia, Germania, Spagna, Lussemburgo, Paesi Bassi, Austria) ed è aperta all'adesione e ratifica di altri Paesi della medesima Unione europea. Essa rappresenta un valore aggiunto rispetto agli accordi di Schengen, poiché è volta a rafforzare la cooperazione transfrontaliera nella lotta ai fenomeni montanti del terrorismo, della immigrazione clandestina, della criminalità internazionale e transnazionale. Le disposizioni in essa contenute rendono, infatti, possibile, lo scambio di informazioni concernenti dati informatici relativi a impronte digitali e dati genetici (DNA), con correlativa predisposizione di un livello adeguato di protezione dei dati medesimi da parte del Paese contraente destinatario.
Si tratta di un accordo molto importante tant'è che la Germania, quale presiedente di turno, ne ha proposto la trasposizione nel sistema giuridico dell'Unione Europea, anche in relazione ai lusinghieri risultati operativi già ottenuti nella prima fase di attuazione.
E' stato, pertanto, avviato il procedimento per il recepimento di gran parte delle disposizioni contenute nel Trattato di Prum, coincidenti per materia con quelli del III Pilastro, tra cui anche quelle relative allo scambio dei profili del D.N.A. Si richiama, in proposito, tra i documenti più recenti la bozza di progetto di decisione 9460/07 del 14 maggio 2007.
Anche la Commissione Europea ha dato il proprio sostegno alla trasposizione del Trattato ed ha assicurato la disponibilità a sostegni di natura finanziaria per sovvenzionare eventuali Progetti proposti dagli Stati che dovessero incontrare difficoltà nell'attuazione delle disposizioni volte a potenziare la collaborazione di polizia in questione.
Peraltro, in data 8 luglio 2007 scorso, il Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen ha adottato una risoluzione con la quale ha impegnato il governo “a prendere entro il 30 settembre 2007 le opportune iniziative volte a ratificare il Trattato di Prum, ad intervenire sulla normativa nazionale in modo da consentire una rapida adesione dell'Italia al Trattato di Prum e a continuare ad adoperarsi per la piena trasposizione del Trattato di Prum nell'ordinamento comunitario”.
Il Trattato intende concretamente migliorare e rendere efficace lo scambio di informazioni, consentendo – nel rispetto delle norme in materia di protezione dei dati personali – l'accesso automatizzato ad alcuni schedari nazionali degli Stati aderenti.
Si tratta del reciproco accesso, lettura diretta ed on line ai dati dei registri di immatricolazione dei veicoli, nonché degli archivi d'analisi del DNA e dei dati dattiloscopici (impronte digitali), secondo specifiche modalità. In tal modo il servizio che effettua la consultazione riceverà riscontro direttamente e per via informatica l'informazione sull'esistenza o meno del dato richiesto nello schedario del partner.
Inoltre, allo scopo di migliorare la cooperazione di polizia il Trattato prevede, oltre allo scambio di informazioni su potenziali terroristi:
 

 

• la possibilità di istituire come pattuglie comuni e di delegare competenze di forza pubblica a forze di polizia appartenenti alle altre Parti contraenti, nonché l'assistenza in occasione di eventi di grande portata;
• lo svolgimento di operazioni oltre frontiera su richiesta (o anche senza, in casi di urgenza) con la possibilità di esercitare alcuni poteri di polizia.
• meccanismi di cooperazione in materia di attività di contrasto dei documenti falsi, di impiego di guardie armate a bordo degli aerei ed in materia di espulsione.

 

Il disegno di legge prevede, pertanto, alcune disposizioni necessarie per adeguare l'ordinamento interno a quanto previsto nel Trattato medesimo, che attengono, in particolare, al contenuto della dichiarazione allegata all'impegno sottoscritto dal Ministro dell'Interno a Berlino il 4 luglio 2006 (all. 1).
In proposito, in sede di deposito dell'atto di adesione sarà riproposta la dichiarazione allegata al predetto atto d'impegno, salvo che per la parte relativa allo scambio dei dati di analisi del DNA se, come previsto dal disegno di legge, sarà contestualmente istituita la banca dati del DNA.
Considerato, pertanto, che fra le varie banche dati dei Paesi dell'Unione aderenti al Trattato di Prum che dovranno entrare in correlazione fra di loro vi è anche quella del DNA, occorre premettere che l'Italia non possiede, allo stato, una banca dati del DNA; sicché l'adesione al Trattato appare in concreto condizionata, quanto agli effetti, all'approvazione della legge istitutiva di tale banca dati.
Pertanto con il presente disegno di legge si provvede all'autorizzazione all'adesione al Trattato di Prum, con l'introduzione delle necessarie norme di adeguamento interno, con specifico riferimento a quelle relative alla istituzione della banca nazionale del DNA.
A quest'ultimo riguardo appare altresì opportuna un'altra premessa: negli ultimi 6 anni diversi Paesi europei hanno istituito banche nazionali del DNA contenenti i profili genetici di persone sospettate o condannate e quelli estratti da tracce rilevate sulla scena del crimine nei casi irrisolti. Attualmente sono attive, parzialmente o a pieno regime, banche nazionali del DNA in Olanda, Regno Unito, Austria, Germania, Finlandia, Norvegia, Danimarca, Svizzera e Svezia. Inoltre, in altri Stati europei sono già in corso di preparazione o di approvazione specifiche legislazioni.
Peraltro, si tratta non soltanto di affinare e potenziare gli strumenti tecnologicamente avanzati a fini di indagine per i reati di criminalità organizzata e di terrorismo, che sono sempre più a connotazione transnazionale. La banca dati del DNA è diretta anche a stabilire l'identità dei cadaveri, ricostruendo i profili del DNA dei familiari; nonché a rintracciare persone scomparse e a scoprire gli autori di reati che oggi, in larga parte, rimangono ignoti, come furti e rapine.
A tal proposito, anche il primo presidente della corte di cassazione, in occasione della inaugurazione dell'anno giudiziario 2006, ha rimarcato che, nel 2005, sono stati ben 2.855.372 i delitti denunciati, di cui poco più della metà rimasti impuniti perché ignoti gli autori; mentre, con particolare riguardo ai furti, è stato ricordato che ne sono stati denunciati, nel 2005, 1 milione e mezzo, la cui quasi totalità è rimasta impunita per essere rimasti ignoti gli autori. In occasione della inaugurazione dell'anno giudiziario per l'anno 2007, il primo presidente della corte di cassazione ha riferito, con riguardo al periodo 1 luglio 2005 - 30 giugno 2006, che, pur essendo considerevolmente diminuito il numero dei reati denunciati (da 2.855.372 a 2.526.486, con una riduzione dell'11,51%), rimane eccessiva la percentuale di quelli ad opera di ignoti (1.992.943).
Va pure precisato che la banca dati in esame serve solo alla identificazione e non contiene informazioni generali sul soggetto.
L'unica struttura presente in Italia, simile a quella richiesta per il test del DNA è legata all'identificazione mediante l'impronta digitale.

Nel nostro Paese non esiste alcun coordinamento per lo scambio di dati tra i laboratori delle forze di polizia e degli Istituti di medicina legale a cui l'autorità giudiziaria normalmente affida l'analisi dei DNA. Tutti i risultati ottenuti dall'analisi dei DNA rimangono confinati ai singoli episodi ed eventuali comparazioni di dati vengono effettuate con ricerche manuali.
Anche sotto tale profilo, pertanto, è necessaria la legislazione specifica che permetta l'istituzione di una banca dati nazionale del DNA, la cui consultazione garantisca il rispetto delle vigenti norme sulla sicurezza e privacy impedendone la consultazione diretta da parte di organismi esterni ed enti privati.
Si ritiene, infine, di precisare che per la predisposizione del presente disegno di legge sono stati tenuti presenti i risultati del lavoro di studio svolto dal Comitato Nazionale per la bio sicurezza, istituito presso la Presidenza del Consiglio nel corso della precedente legislatura ed i cui lavori sono terminati con relazione finale depositata il 18 aprile 2005.
Quanto agli altri Stati dell'Unione europea, va detto che l'Inghilterra dispone di una banca dati del DNA fin dal 1995 e che nel 2003 anche Lettonia ed Ungheria si sono dotate di una banca dati del DNA. Va aggiunto che in Inghilterra, fino al 2003, la banca dati del DNA aveva già immagazzinato oltre 2 milioni di profili. Sia in Germania che in Inghilterra, inoltre, proprio per effetto della operatività della banda dati del DNA, la percentuale di identificazione di autori di reato è salita dal 6% al 60%.

Esame dell'articolato Il CAPO I contiene le disposizioni di carattere generale.

L'articolo 1 prevede l'autorizzazione all'adesione al Trattato Prum.

L'articolo 2 prevede la piena esecuzione del Trattato a decorrere dal novantesimo giorno successivo al deposito dello strumento di adesione, così come previsto dall'art. 51, paragrafo 3, del medesimo Trattato.

L'articolo 3 rinvia ad un decreto del Ministero dell'interno e del Ministro della giustizia l'individuazione delle autorità di riferimento per le attività previste dal Trattato. Si tratta di autorità che devono essere comunicati al momento del deposito dell'atto di adesione ai sensi dell'art. 42 del Trattato. Lo stesso art. 42 prevede la possibilità di modificare nel tempo tale comunicazione, per cui si rende necessario il ricorso ad uno strumento flessibile.

L'articolo 4 disciplina l'eventuale risarcimento del danno, correlato all'eventuale impiego in Italia di agenti di altri Paesi, in attuazione dell'art. 30 del Trattato, attraverso il rinvio ad una regola di carattere generale.

Il CAPO II disciplina l'istituzione della banca dati del dna e del laboratorio centrale per la banca dati nazionale del dna.

L'articolo 5, comma 1, istituisce la Banca dati nazionale del DNA, a carattere interforze (come sarà, poi, disciplinato dai regolamenti) e collocata all'interno del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno (al pari del Casellario centrale di identità o degli altri organismi interforze). L'articolo 5, comma 2, prevede l'istituzione del laboratorio centrale della banca dati nazionale del DNA presso il Ministero della giustizia, Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria.

L'articolo 6 è dedicato alle definizioni: si tratta di disposizione volta alla semplificazione della redazione legislativa.

Gli articoli 7 e 8 specificano, rispettivamente, l'attività della banca dati e del laboratorio centrale.
In particolare, l'articolo 7 opera la descrizione delle attività della banca dati istituita presso il Ministero dell'interno:
 

- raccolta del profilo del DNA dei soggetti di cui all'articolo 9, comma 1 e 2;
- raccolta dei profili del DNA relativi a reperti biologici acquisiti nel corso di procedimenti penali;
- raccolta dei profili del DNA di persone scomparse o loro consanguinei, di cadaveri e resti cadaverici non identificati;
- raffronto dei profili del DNA a fini di identificazione.

L'articolo 8, descrive le attività del laboratorio centrale della banca dati nazionale del DNA, vale a dire la estrazione del profilo del DNA dei soggetti di cui all'articolo 9, comma 1 e 2 e la conservazione dei campioni biologici dai quali vengono tipizzati i profili del DNA.
Tale costruzione consente, pertanto, alle forze di polizia di custodire, per la successiva consultazione e gli immediati raffronti, i soli dati relativi ai profili del DNA; laddove al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria viene riservata l'attività di tipizzazione, vale a dire l'estrazione del profilo nei confronti dei soggetti indicati nell'articolo 9, che provvederà, successivamente, a trasmettere (si tratta di un file) alla banca dati nazionale del DNA.
Occorrendo varare una legislazione in grado di apprestare le più adeguate garanzie per fronteggiare e scongiurare utilizzazioni distorte della banca dati nazionale del DNA, si è ritenuto di inserire in maniera esplicita alcuni limiti invalicabili: per un verso, la banca dati ha finalità esclusive di identificazione personale per la polizia giudiziaria e l'autorità giudiziaria, nonché per le finalità di collaborazione internazionale delle forze di polizia (articolo 12, comma 2); per l'altro, l'analisi può riguardare solo segmenti non codificanti del genoma umano, dai quali non siano desumibili informazioni sulle caratteristiche del soggetto analizzato, quali, ad esempio, malattie (articolo 11, comma 3). Per un altro verso ancora, si è voluto mantenere elevato il livello delle garanzie, tenendo distinti il luogo di raccolta e confronto dei profili del DNA (Banca dati nazionale del DNA) dal luogo di estrazione dei predetti profili e di conservazione dei relativi campioni biologici (Laboratorio centrale preso l'Amministrazione penitenziaria) nonché dal luogo di estrazione dei profili provenienti da reperti (laboratori delle forze di polizia o altrimenti specializzati), evitando promiscuità che si potrebbero rivelare pregiudizievoli per la genuinità dei dati raccolti ed analizzati.
I polmoni di alimentazione della banca dati nazionale del DNA sono, quindi, essenzialmente due: da un lato i profili del DNA estratti dai reperti biologici, ossia i materiali acquisiti sulla scena del reato dalla polizia giudiziaria ed esaminati dai laboratori delle forze di polizia ovvero da altri laboratori di elevata specializzazione, pubblici o privati. La finalità della banca dati del DNA è, del resto, proprio quella di stabilire l'appartenenza dei reperti acquisiti sulla scena del reato; si prevede, quindi, l'obbligo per l'Autorità giudiziaria che abbia disposto a mezzo di consulenza tecnica, accertamento tecnico o perizia, la tipizzazione del profilo del DNA (ad esempio sul passamontagna o sulla traccia ematica repertati sul luogo della rapina o dell'omicidio), di inviare alla banca dati il risultato dell'analisi (quindi, il solo profilo), così da assicurare che, a livello centrale, siano conservate e rese disponibili tutte le analisi effettuate con questa metodologia nell'ambito di investigazioni criminali (articolo 10, comma 1). Occorre, peraltro, precisare che l'obbligo concerne esclusivamente i reperti acquisiti sul luogo del fatto o comunque su cose pertinenti al reato e non già i campioni biologici eventualmente prelevati su persone nei cui confronti si sono svolte le indagini (prelievo, volontario o coattivo, del DNA a fini probatori a carico dell'indagato).
Su un altro versante, si è pensato (articolo 10, comma 2) anche alla sorte dei reperti biologici acquisiti ad un procedimento penale e mai analizzati: in questo caso si è rimessa al pubblico ministero individuato ai sensi dell'articolo 655, comma 1, del codice di procedura penale, la facoltà di richiedere al giudice dell'esecuzione, dopo che è divenuta irrevocabile la sentenza che ha definito il procedimento, di ordinare la trasmissione del reperto medesimo ad un laboratorio delle forze di polizia ovvero di altre istituzioni di elevata specializzazione, per la tipizzazione del profilo ed il successivo trasferimento degli stessi alla banca dati nazionale del DNA.
I profili del DNA estratti dai reperti raccolti nel corso delle indagini penali e rimasti non attribuiti ad alcuno vengono confrontati con il profilo del DNA di persone note, selezionate in base ad un criterio assai semplice e di immediata rilevabilità, quale l'essere stato sottoposto a privazione della libertà personale: soggetti cui sia stata applicata la misura della custodia cautelare in carcere o quella degli arresti domiciliari; persone arrestate in flagranza di reato ovvero nei casi in cui l'arresto è consentito fuori dai casi di flagranza; persone sottoposte a fermo di indiziati di delitto; persone detenute o internate a seguito di sentenza irrevocabile, o sottoposte a misure di sicurezza detentive, a titolo provvisorio o definitivo. Questo rappresenta il secondo polmone di afflusso dei profili del DNA alla banca dati nazionale del DNA.
Tale soluzione si fonda sulla considerazione che, se una persona è privata della libertà personale, trovandosi in stato di detenzione, ben può essere sottoposta ad altra limitazione, che si ritiene minima, della libertà personale e che consiste nel prelievo coattivo del piccolo saggio di saliva (nel quale sono presenti cellule della mucosa del cavo orale). Tale giustificazione appare ancora più plausibile ove si consideri che il soggetto privato della libertà personale è sottoposto ad una serie di rilievi che hanno varie finalità: viene perquisito, foto-segnalato, gli vengono rilevate le impronte dattiloscopiche ed è sottoposto a prelievo ematico per verificare la presenza di infezione da HIV o altre malattie a carattere epidemico.
Peraltro, proprio al fine di evitare una indiscriminata, quanto inutile, attività di prelievo del DNA nei confronti di tutti i soggetti detenuti, si sono introdotte delle limitazioni, prevedendo che si deve trattare di delitti non colposi, consumati o tentati, con esclusione dei delitti tendenzialmente non connotati da violenza o minaccia, di quelli contro l'amministrazione della giustizia, dei delitti di falso, dei delitti fallimentari ed altri (articolo 9, commi 1 e 2).
Il prelievo del campione biologico è normalmente operato da personale della polizia penitenziaria; tuttavia, nei casi di arresto in flagranza o di fermo potrebbe procedervi anche personale specificamente addestrato delle forze di polizia o personale sanitario ausiliario della polizia giudiziaria (articolo 9, comma 4). Nei casi di arresto in flagranza e fermo il prelievo potrà essere effettuato, poi, esclusivamente dopo la convalida degli stessi da parte del giudice; detta limitazione è prevista allo scopo di impedire ogni possibile abuso da parte della polizia giudiziaria, subordinando il prelievo al previo vaglio del giudice in ordine alla legittimità del provvedimento privativo della libertà personale.
Al pari delle similari esperienze straniere, la banca dati nazionale contiene i profili del DNA dei cadaveri non identificati e dei soggetti consanguinei delle persone scomparse. Per quanto riguarda i cadaveri non identificati, il meccanismo di acquisizione del profilo del DNA è simile a quello dei reperti sul luogo del fatto di reato.
L'articolo 11 stabilisce che l'analisi del campione e del reperto biologico ai fini della tipizzazione del profilo del DNA, per la successiva trasmissione alla banca dati nazionale, deve essere eseguita in laboratori certificati a norma ISO/IEC e sulla base di parametri riconosciuti a livello internazionale, in modo da assicurare la uniformità dei dati acquisiti.
L'articolo 12 regola il trattamento dei dati, l'accesso e la tracciabilità dei campioni. In particolare il comma 1 stabilisce che i profili ed i relativi campioni non contengono le informazioni che consentono la diretta identificazione del soggetto cui sono riferiti. Si tratta, quindi, di accesso di secondo livello; sicché la polizia giudiziaria ovvero la stessa autorità giudiziaria dovranno prima richiedere di effettuare il confronto e, solo se esso è positivo, potranno essere autorizzati a conoscere il nominativo del soggetto cui appartiene il profilo. Peraltro, opportunamente si introduce la necessità di identificare sempre e comunque l'operatore che ha consultato la banca dati, nonché di registrare ogni attività concernente i profili e i campioni.
La banca dati, pertanto, può essere compulsata solo ad opera del personale addetto ed autorizzato, secondo modalità che ne consentano la tracciabilità ossia la individuazione della postazione e del soggetto che ha effettuato l'accesso alla banca dati: le richieste potranno provenire soltanto dalle Forze di polizia, dall'autorità giudiziaria, nonché, nei limiti della legislazione, dai difensori nel quadro delle investigazioni difensive.
L'articolo 13 assolve ad una funzione eminentemente organizzativa, essendo diretto ad evitare che il laboratorio centrale assuma dimensioni difficilmente gestibili.
Si prevede, in particolare, che, a seguito di identificazione di cadavere o resti cadaverici, nonché del ritrovamento di persona scomparsa, venga disposta, anche di ufficio, la cancellazione dei profili del DNA e dei campioni biologici. Il comma 2 della medesima norma assolve, invece, ad una funzione di garanzia, contemplando la possibilità l'obbligo di cancellazione, d'ufficio o a richiesta, dei profili – e la conseguente distruzione dei campioni – allorquando siano state violate le disposizioni di cui all'articolo 9.
Riguardo al tempo di conservazione dei profili dei soggetti sottoposti a prelievo di campione biologico, è evidente che il funzionamento della banca dati del DNA è legato al fenomeno della recidiva: le possibilità che il profilo del DNA di un soggetto arrestato per i reati previsti dalla presente legge sia riconosciuto corrispondente alle tracce di un altro reato aumentano in proporzione alla ampiezza del lasso temporale in cui tale confronto è possibile; al di sotto di un limite minimo la banca dati nazionale del DNA potrebbe risultare inutile (tenendo conto di un primo periodo in cui il soggetto resta detenuto); allo stesso tempo, occorre comunque fissare un limite massimo di conservazione, per evitare una indefinita sottoposizione a controllo anche a distanze di tempo considerevoli. Si propone, quindi, un termine massimo di quarant'anni che rappresenta un lasso di tempo congruo per superare, secondo un dato di esperienza, il periodo di plausibile recidiva (articolo 13, comma 3), entro il quale dovrà essere stabilito il tempo di conservazione nell'ambito dei regolamenti previsti dall'articolo 16 della legge. Il medesimo comma 3 prevede, poi, una durata massima pari a venti anni per la conservazione dei campioni biologici; la conservazione di questi ultimi per un periodo superiore a quello richiesto per la tipizzazione dei profili si rende assolutamente necessaria per consentire di mantenere la banca dati perfettamente funzionante. Ed invero, le continue evoluzioni nelle tecniche di tipizzazione e confronto rendono, nell'arco di pochi anni, già obsoleta la tecnologia precedentemente impiegata; è pertanto indispensabile conservare i campioni per almeno venti anni, onde consentirne nuove analisi ogni qualvolta si rendesse disponibile una innovazione in tal senso, permettendo così di ottenere sempre un dato confrontabile con gli altri conservati nella medesima banca dati. Anche in questo caso, come per i profili, il termine è concretamente individuato nell'ambito dei regolamenti di cui sopra.
L'articolo 14 prevede le sanzioni irrogabili a carico dei pubblici ufficiali i quali facciano uso o comunichino a terzi le informazioni al di fuori dei casi consentiti dalla legge; in tal caso l'autore del reato sarà punito con la pena della reclusione da uno a tre anni e, nell'ipotesi di reato colposo, con la pena della reclusione fino a sei mesi.
L'articolo 15 prevede le istituzioni di garanzia, le quali, analogamente a quanto avviene nelle esperienze straniere, dovranno essere autonome ed estranee alle attività proprie della banca dati nazionale e del laboratorio centrale, svolgendo l'importante compito di controllo del funzionamento e della sicurezza.
Così si prevede che, nell'ambito delle attribuzioni previste dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, il Garante per la protezione dei dati personali eserciti il controllo sulla banca dati nazionale del DNA; al Comitato nazionale per la biosicurezza e le biotecnologie viene, invece, attribuito il compito di garanzia dell'osservanza dei criteri e delle norme tecniche per il funzionamento del laboratorio centrale, nonché quello di eseguire verifiche presso il laboratorio centrale ed i laboratori che lo alimentano.
All'articolo 16 si è prevista una espressa riserva di regolamento per la disciplina concernente l'organizzazione, il funzionamento e la sicurezza della banca dati e del laboratorio centrale; si tratta di regolamenti da adottarsi su proposta del Ministro della giustizia e del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della difesa, con il Ministro dell'economia e finanze e con il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, sentito il Garante per la protezione dei dati personali e il Presidente del Comitato nazionale per la biosicurezza e le biotecnologie. Il regolamento è deputato altresì a prevedere le tecniche e le modalità di analisi e conservazione dei campioni biologici; le attribuzioni del responsabile della banca dati e del responsabile del laboratorio centrale, nonché le competenze tecnico-professionali del personale addetto; ed ancora i criteri per la cancellazione dei profili del DNA e la distruzione dei relativi campioni biologici.
L'articolo 17 reca le disposizioni transitorie ed assolve alla funzione di evitare di disperdere i profili del DNA acquisiti nel corso di procedimenti penali prima della entrata in vigore della presente legge, sempre previo nulla osta dell'autorità giudiziaria. Sarà cura delle forze di polizia provvedere al trasferimento del profilo presso la banca dati del DNA.
Il comma 2 della medesima disposizione prevede altresì che entro un anno dalla entrata in vigore della presente legge, l'amministrazione penitenziaria provveda a prelevare il campione biologico nei confronti di detenuti e internati di cui all'articolo 9. A tal fine si prevede, al successivo comma 3, la possibilità per l'Amministrazione penitenziaria di stipulare apposite convenzioni nei limiti delle risorse di cui all'articolo 25, della durata massima di 3 anni, con istituzioni di elevata specializzazione o con laboratori esterni per la tipizzazione dei profili, nonché convenzioni con le forze di polizia per la formazione e l'addestramento del proprio personale.
L'articolo 18 reca la delega legislativa al Governo, da esercitarsi entro 1 anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, per l'emanazione di uno o più decreti legislativi diretti ad integrare l'ordinamento del personale del corpo di polizia penitenziaria, in modo da garantire che all'interno dell'amministrazione penitenziaria siano reclutate quelle unità di personale dotate delle specifiche cognizioni e competenze tecniche per la gestione ed il funzionamento del laboratorio centrale della banca dati nazionale del DNA.

Il CAPO III disciplina lo scambio di informazioni ed altre forme di cooperazione.

L'articolo 19 rinvia alle norme in materia di protezione dei dati, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, per quanto concerne lo scambio informativo dei dati del DNA, di cui agli artt. da 2 a 7 del Trattato, nonché dei dati dattiloscopici, di quelli relativi ai registri di immatricolazione dei veicoli, nonché quelli relativi alle grandi manifestazioni transfrontaliere, di cui agli artt. 8, 9, 12 e 15 del Trattato.
L'articolo 20 rinvia ad apposite intese con gli altri Paesi, come consentito dall'art. 17 del Trattato, l'integrazione delle modalità d'impiego di guardie giurate armate a bordo degli aeromobili. Assicura altresì la copertura normativa per le modalità di trasporto delle armi delle medesime guardie giurate fino al luogo in cui debbono essere custodite nell'ambito dell'area aeroportuale.
L'articolo 21 definisce la disciplina relativa alla costituzione di unità a composizione mista per interventi comuni di Paesi aderenti al Trattato, di cui all'art. 24 del Trattato, con specifico riferimento alla limitazione delle funzioni che possono essere svolte da agenti di altri Paesi nel territorio nazionale, con il rinvio alle vigenti disposizioni di legge e di regolamento e con l'attribuzione delle funzioni di agente di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria.
Il medesimo art. 20 prevede, altresì, il rinvio anche all'art. 9 della legge 21 febbraio 1990, n. 36, concernente la disciplina sull'autorizzazione al porto di armi sul territorio nazionale da parte di agenti stranieri, atteso che, ai sensi dell'art. 28 del medesimo Trattato, il personale di altri paesi che fa parte dell'unità mista può entrare sul territorio nazionale portando al seguito l'arma in dotazione o altri mezzi di coazione fisica, autorizzati secondo le disposizioni normative applicabili agli agenti che partecipano all'intervento comune, come previsto nella dichiarazione che l'Italia ha già anticipato nell'impegno sottoscritto a Berlino il 4 luglio 2006, sopra richiamato.
L'articolo 22 delimita il campo di applicazione dell'art. 25 del Trattato, in base al quale sono possibili anche sul territorio nazionale interventi d'urgenza da parte di agenti di paesi confinanti in casi di emergenza. La norma precisa che la necessità dell'intervento deve essere direttamente collegata all'obbiettivo rischio che potrebbe derivarne in caso di eventuale ritardo e che gli agenti stranieri operanti possono utilizzare le armi in dotazione esclusivamente per legittima difesa. Infine, in caso di fermo di una persona da parte dei medesimi agenti, viene fatto rinvio alla disciplina di cui all'art. 5 della legge 30 settembre 1993, n. 388, concernente la ratifica dell'Accordo di Shengen.

Il CAPO IV contiene le disposizioni finali.

L'articolo 23 prevede che il Ministro dell'interno, in relazione all'attuazione del Trattato ed alle iniziative intraprese, informi ogni anno Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione, di cui all'art. 18 della richiamata legge n. 388 del 1993.
L'articolo 24 prevede il rispetto degli accordi internazionali sottoscritti dall'Italia.
L'articolo 25 reca gli oneri finanziari e la relativa copertura.
L'articolo 26 disciplina l'entrata in vigore della legge.