Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 10 aprile 2012 - Ricorso n.32075/09 - Lorenzetti c. Italia

Traduzione © a cura del Ministero della Giustizia, Direzione generale del contenzioso e dei diritti umani, eseguita da Rita Carnevali, assistente linguistico

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO
SECONDA SEZIONE
CAUSA LORENZETTI c. ITALIA
(Ricorso no 32075/09)
SENTENZA
STRASBURGO
10 aprile 2012

Questa sentenza diverrà definitiva alle condizioni definite nell’articolo 44 § 2 della Convenzione. Potrà subire modifiche di forma 

Nella causa Lorenzetti c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo (seconda sezione), riunita in una camera composta da:
Françoise Tulkens, presidente,
Dragoljub Popović,
Isabelle Berro-Lefèvre,
András Sajó,
Guido Raimondi,
Paulo Pinto de Albuquerque,
Helen Keller, giudici,
e da Stanley Naismith, cancelliere di sezione,
Dopo aver deliberato in camera di consiglio il 20 marzo 2012,
Pronuncia la seguente sentenza, adottata in tale data:

PROCEDURA

1.  All’origine della causa vi è un ricorso (no 32075/09) presentato contro la Repubblica italiana con il quale un cittadino di tale Stato, il sig. Pietro Lorenzetti ("il ricorrente"), ha adito la Corte il 16 giugno 2009 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali ("la Convenzione").
2. Il ricorrente è rappresentato dall'avvocato E.P. Reale, del foro di Siracusa. Il governo italiano ("il Governo") è stato rappresentato dal suo agente, sig.ra E. Spatafora, e dal suo co-agente, sig. P. Accardo.
3.  Il 25 novembre 2010, il ricorso è stato comunicato al Governo. Come consente l'articolo 29 § 1 della Convenzione, è stato inoltre deciso che la camera si sarebbe pronunciata contestualmente sulla ricevibilità e sul merito.

IN FATTO

I. LE CIRCOSTANZE DEL CASO DI SPECIE

4.  Il ricorrente è nato nel 1963 e risiede a Siracusa.
5. I fatti della causa, così come sono stati esposti dalle parti, possono riassumersi come segue.

A. L'applicazione della custodia cautelare al ricorrente

6. Medico di professione, il ricorrente fu arrestato il 19 dicembre 2000 nell'ambito delle azioni penali a suo carico per truffa ai danni dell'ospedale presso il quale prestava servizio. Con ordinanza dello stesso giorno, il giudice delle indagini preliminari di Siracusa (di seguito il "GIP") dispose l'applicazione della misura della custodia cautelare nei confronti del ricorrente. Il GIP osservò che a carico di quest'ultimo sussistevano gravi indizi di colpevolezza riguardo a cinque episodi di truffa e falso. In particolare, il ricorrente era sospettato di aver percepito il suo stipendio di medico fingendo di essere presente al lavoro mentre era assente.

7. Il 22 dicembre 2000 il ricorrente fu rimesso in libertà.

8. L'11 giugno 2002 il GIP rinviò a giudizio il ricorrente per truffa e abuso di funzioni.

9. Con sentenza del 20 giugno 2003, il tribunale di Siracusa condannò il ricorrente ad un anno di reclusione per uno dei cinque casi di truffa che gli erano stati attribuiti, prosciogliendolo per i restanti quattro casi e per il delitto di abuso di funzioni perché il fatto non sussisteva.

10.  Il ricorrente appellò questa sentenza.

11.  Con sentenza del 21 dicembre 2004, la corte d'appello di Catania assolse il ricorrente anche per l'episodio di truffa in quanto il fatto non sussisteva. Questa sentenza divenne definitiva il 17 maggio 2005. In particolare, la corte d'appello sottolineò nella sua sentenza che il comportamento del ricorrente era sanzionabile dal punto di vista disciplinare perché il ricorrente si assentava senza giustificazione, tuttavia ciò non costituiva il delitto di truffa.

B. La domanda di riparazione per "ingiusta" detenzione

12. Il 23 novembre 2006 il ricorrente domandò alla corte d'appello di Catania riparazione per la custodia cautelare subita. Questa domanda era basata sull'articolo 314 § 1 del codice di procedura penale (di seguito, il "CPP", vedi infra).

13.  La procedura in corte d'appello, conformemente agli articoli 315, 646 e 127 del CPP, si svolse in camera di consiglio alla presenza dell'avvocato del ricorrente in quanto quest'ultimo non aveva chiesto di essere sentito.

14.Con ordinanza del 13 luglio 2007, la corte d'appello, ritenendo che per le sue varie assenze ingiustificate dal posto di lavoro il ricorrente avesse contribuito a far nascere dei sospetti nei suoi confronti e di conseguenza a dare luogo alla sua privazione di libertà e al suo mantenimento in detenzione, rigettò la domanda di riparazione. La corte d'appello concluse che il ricorrente aveva provocato la sua detenzione per colpa grave.

15.Il ricorrente propose ricorso per cassazione.

16.Con sentenza in camera di consiglio del 28 gennaio 2009, la Corte di cassazione, ritenendo che la corte d'appello avesse motivato in maniera logica e corretta tutti punti controversi, respinse il ricorso del ricorrente. In particolare la Corte di cassazione sottolineò che la constatazione della corte d'appello di Catania era basata sulla sentenza di proscioglimento della stessa corte d'appello del 17 maggio 2005, la quale aveva sottolineato le varie assenze ingiustificate del ricorrente dal suo posto di lavoro.

II. IL DIRITTO E LA PRASSI INTERNI PERTINENTI

17.L'articolo 314 del CPP prevede un diritto alla riparazione per la custodia cautelare detta "ingiusta" in due casi distinti: quando, al termine del processo penale di merito, l'accusato è prosciolto o quando viene stabilito che il sospettato è stato posto o mantenuto in custodia cautelare senza tener conto degli articoli 273 e 280 del CPP.

18. L’articolo 314 è formulato come segue:

«Chi è stato prosciolto con sentenza irrevocabile perché il fatto non sussiste, per non aver commesso il fatto, perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, ha diritto a un'equa riparazione per la custodia cautelare subita, qualora non vi abbia dato o concorso a darvi causa per dolo o colpa grave.

Lo stesso diritto spetta al prosciolto per qualsiasi causa o al condannato che nel corso del processo sia stato sottoposto a custodia cautelare, quando con decisione irrevocabile risulti accertato che il provvedimento che ha disposto la misura è stato emesso o mantenuto senza che sussistessero le condizioni di applicabilità previste dagli articoli 273 e 280».

19. Ai sensi dell'articolo 315 del CPP, la domanda di riparazione deve essere proposta, a pena di inammissibilità, entro due anni dal giorno in cui la sentenza di proscioglimento o di condanna è divenuta irrevocabile. In seguito all'entrata in vigore della legge n° 479 del 1999, l'entità della riparazione non può eccedere 516.456,90 euro. L'articolo 315 rinvia alle norme applicabili alla riparazione dell'errore giudiziario (articolo 646 del CPP).

20. L’articolo 646 del CPP, nelle sue parti pertinenti, è formulato come segue:

«Sulla domanda di riparazione la corte di appello decide in camera di consiglio osservando le forme previste dall'articolo 127.

La domanda, con il provvedimento che fissa l'udienza, è comunicata al pubblico ministero ed è notificata, a cura della cancelleria, al ministro del tesoro presso l'avvocatura dello Stato che ha sede nel distretto della corte e a tutti gli interessati, compresi gli aventi diritto che non hanno proposto la domanda.

L'ordinanza che decide sulla domanda di riparazione è comunicata al pubblico ministero e notificata a tutti gli interessati, i quali possono ricorrere per cassazione.»

21.Le modalità generali di svolgimento delle udienza in camera di consiglio sono fissate dall'articolo 127 del CPP, così formulato:

  1. «Quando si deve procedere in camera di consiglio, il giudice o il presidente del collegio fissa la data dell'udienza e ne fa dare avviso alle parti, alle altre persone interessate e ai difensori. L'avviso è comunicato o notificato almeno dieci giorni prima della data predetta. Se l'imputato è privo di difensore, l'avviso è dato a quello di ufficio.
  2. Fino a cinque giorni prima dell'udienza possono essere presentate memorie in cancelleria.
  3. Il pubblico ministero, gli altri destinatari dell'avviso nonché i difensori sono sentiti se compaiono. Se l'interessato è detenuto o internato in luogo posto fuori della circoscrizione del giudice e ne fa richiesta, deve essere sentito prima del giorno dell'udienza, dal magistrato di sorveglianza del luogo.
  4. L'udienza è rinviata se sussiste un legittimo impedimento dell'imputato o del condannato che ha chiesto di essere sentito personalmente e che non sia detenuto o internato in luogo diverso da quello in cui ha sede il giudice
  5. Le disposizioni dei commi 1, 3 e 4, sono previste a pena di nullità.
  6. L'udienza si svolge senza la presenza del pubblico.
  7. Il giudice provvede con ordinanza comunicata o notificata senza ritardo ai soggetti indicati nel comma 1, che possono proporre ricorso per cassazione.
  8. Il ricorso non sospende l'esecuzione dell'ordinanza, a meno che il giudice che l'ha emessa disponga diversamente con decreto motivato.
  9. L'inammissibilità dell'atto introduttivo del procedimento è dichiarata dal giudice con ordinanza, anche senza formalità di procedura, salvo che sia altrimenti stabilito. Si applicano le disposizioni dei commi 7 e 8.
  10. Il verbale di udienza è redatto soltanto in forma riassuntiva a norma dell'art. 140 comma 2».

22. Le modalità di svolgimento dell'udienza in camera di consiglio innanzi alla corte di cassazione sono stabilite dall'articolo 611 del CPP, così formulato:

« Oltre che nei casi particolarmente previsti dalla legge, la corte procede in camera di consiglio quando deve decidere su ogni ricorso contro provvedimenti non emessi nel dibattimento, (…). Se non è diversamente stabilito e in deroga a quanto previsto dall'articolo 127, la corte giudica sui motivi, sulle richieste del procuratore generale e sulle memorie delle altre parti senza intervento dei difensori. Fino a quindici giorni prima dell'udienza, tutte le parti possono presentare motivi nuovi e memorie e, fino a cinque giorni prima, possono presentare memorie di replica.»

IN DIRITTO

I. SULLE ALLEGATE VIOLAZIONI DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE

23. Invocando l'articolo 6 della Convenzione, il ricorrente ritiene che nell'ambito della procedura di riparazione siano state violate più esigenze dell'articolo 6 § 1 della Convenzione che, nella sua parte pertinente, è formulato come segue:

« Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, (…), da un tribunale (…), il quale sia chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile (…). La sentenza deve essere resa pubblicamente, ma l’accesso alla sala d’udienza può essere vietato alla stampa e al pubblico durante tutto o parte del processo nell’interesse della morale, dell’ordine pubblico o della sicurezza nazionale in una società democratica, quando lo esigono gli interessi dei minori o la protezione della vita privata delle parti in causa, o, nella misura giudicata strettamente necessaria dal tribunale, quando in circostanze speciali la pubblicità possa portare pregiudizio agli interessi della giustizia».

A. Sulla mancanza di pubblicità delle udienze innanzi alla corte d'appello e alla Corte di cassazione

24. Il ricorrente lamenta la mancanza di pubblicità della procedura svoltasi dinanzi alle autorità giudiziarie competenti.

1. Sulla ricevibilità

25. La Corte constata che questo motivo di ricorso non è manifestamente infondato ai sensi dell'articolo 35 § 3 (a) della Convenzione. La Corte rileva peraltro che non incorre in nessun altro motivo di irricevibilità. E' dunque opportuno dichiararlo ricevibile.

2. Sul merito

26. Il ricorrente sostiene che la mancanza di una udienza pubblica non era giustificata nel caso di specie tanto più che la procedura in cassazione si svolge ugualmente in camera di consiglio.

27. Il Governo spiega che una procedura con udienza pubblica porrebbe problemi di sovraccarico di procedimenti e di tempi di attesa.

28. Ricorda inoltre che si tratta di una procedura di natura civile e che le parti hanno la facoltà di intervenire personalmente. Ad ogni modo, il Governo afferma che la corte d'appello di Catania per prassi tratta le cause nel corso di una udienza pubblica e che in concreto non vi è alcuna lesione del diritto alla pubblicità della procedura.

29. La Corte ricorda che la pubblicità del dibattimento costituisce un principio fondamentale sancito dall'articolo 6 § 1 della Convenzione. Tale pubblicità tutela i singoli da una giustizia che sfugge al controllo del pubblico e rappresenta così uno degli strumenti per contribuire al mantenimento della fiducia nei tribunali. Attraverso la trasparenza che fornisce all'amministrazione della giustizia, essa contribuisce a raggiungere l'obiettivo dell'articolo 6 § 1, ossia il processo equo, la cui garanzia fa parte dei principi fondamentali di ogni società democratica (vedi, in particolare, Diennet c. Francia, sentenza del 26 settembre 1995, serie A n 325-A, § 33, Gautrin e altri c. Francia, sentenza del 20 maggio 1998, § 42, Recueil 1998-III, e Hurter c. Svizzera, nº 53146/99, § 26, 15 dicembre 2005).

30. L’articolo 6 § 1 tuttavia non impedisce che i giudici, viste le particolarità della causa sottoposta al loro esame, decidano di derogare a questo principio: ai sensi di questa disposizione, "(…) l’accesso alla sala d’udienza può essere vietato alla stampa e al pubblico durante tutto o parte del processo nell’interesse della morale, dell’ordine pubblico o della sicurezza nazionale in una società democratica, quando lo esigono gli interessi dei minori o la protezione della vita privata delle parti in causa, o, nella misura giudicata strettamente necessaria dal tribunale, quando in circostanze speciali la pubblicità possa portare pregiudizio agli interessi della giustizia"; l'assenza del pubblico, totale o parziale, deve essere rigorosamente dettata dalle circostanze della causa (mutatis mutandis, Diennet, prima citata, § 34).

31. Nel presente caso, la corte d'appello e la Corte di cassazione hanno trattato le cause secondo la procedura in camera di consiglio, a porte chiuse, come è espressamente previsto dalla legge interna e le parti non hanno avuto la possibilità di chiedere e ottenere una udienza pubblica. A tale proposito la Corte osserva che il Governo non ha invocato nessuna delle eccezioni previste dall'articolo 6 § 1 (paragrafo 30 supra) e che queste eccezioni non sono applicabili alla fattispecie.

32. La Corte ricorda inoltre che una udienza pubblica può non essere necessaria date le circostanze eccezionali della causa, soprattutto quando quest'ultima non solleva questioni di fatto o di diritto che non possono essere risolte in base al fascicolo e alle osservazioni presentate dalle parti (Schlumpf c. Svizzera, no 29002/06, § 64, 8 gennaio 2009; Döry c. De via, no 28394/95, § 37, 12 novembre 2002, Lundevall c Svezia, no 38629/97, § 34, 12 novembre 2002, Salomonsson c. Svezia, no 38978/97, § 34, 12 novembre 2002; vedi anche, mutatis mutandis, Fredin c. Svezia (no 2), sentenza del 23 febbraio 1994, serie A no 283-A, pp. 10-11, §§ 21 22, e Fischer c. Austria, sentenza del 26 aprile 1995, serie A no 312, pp. 20-21, § 44). Ciò avviene soprattutto quando si tratta di situazioni che hanno ad oggetto questioni altamente tecniche (per esempio il contenzioso in materia di sicurezza sociale, Schuler-Zgraggen c. Svizzera, 24 giugno 1993, § 58, serie A, e Döry, prima citata, § 41). La Corte osserva che questa giurisprudenza si riferisce essenzialmente allo svolgimento di una udienza in quanto tale e riguarda soprattutto il diritto ad esprimersi innanzi al tribunale previsto dall'articolo 6 § 1. Ritiene però che considerazioni analoghe possono essere applicate per quanto riguarda l'esigenza di pubblicità. Quando, come nel caso di specie, una udienza si è svolta in virtù del diritto nazionale, benché la Convenzione non esiga il diritto ad esprimersi oralmente, questa udienza deve per principio essere pubblica. Tuttavia, in tali casi, circostanze eccezionali – e soprattutto il carattere altamente tecnico delle questioni da esaminare – possono giustificare la mancanza di pubblicità, purché la specificità della materia non esiga il controllo del pubblico.

33. Nella fattispecie la Corte nota che, nell'ambito della procedura in causa, i giudici interni devono valutare se l'interessato ha contribuito a provocare la sua detenzione intenzionalmente o per colpa grave. Secondo la Corte non si tratta di questioni di natura tecnica. Richiama la sua giurisprudenza in forza della quale (Göç c. Turchia [GC], nº 36590/97, CEDU 2002 V), quando si tratta di una domanda di indennizzo per custodia cautelare "ingiusta", nessuna circostanza eccezionale giustifica l'esimersi dal tenere una udienza sotto il controllo del pubblico, non trattandosi di questioni di natura tecnica che possono essere regolate in maniera soddisfacente unicamente in base al fascicolo. Per le stesse ragioni, in queste circostanze, si imponeva la pubblicità dell'udienza in mancanza di circostanze particolari che giustificassero l'esclusione del pubblico.

34. Riassumendo, la Corte ritiene essenziale che i singoli coinvolti in una procedura di riparazione per custodia cautelare "ingiusta" si vedano quanto meno offrire la possibilità di richiedere una udienza pubblica innanzi alla corte d'appello.

35. Nella fattispecie, il ricorrente non ha beneficiato di questa possibilità. Pertanto vi è stata violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione.

B.  Sulla mancanza di pubblicità della sentenza

36. Invocando l'articolo 6 § 1 della Convenzione, il ricorrente lamenta che le decisioni della corte d'appello e della Corte di cassazione non sono state rese pubblicamente.

37.  La Corte ricorda che nonostante la mancanza di restrizioni, l'esigenza secondo la quale la sentenza deve essere resa pubblicamente è stata interpretata con una certa flessibilità. Così, la Corte ha ritenuto che in ogni caso convenisse valutare alla luce delle particolarità della procedura in questione, e in funzione dello scopo e dell'oggetto dell'articolo 6 § 1, la forma di pubblicità della "sentenza" prevista dal diritto interno dello Stato in causa (Pretto e altri c. Italia, sentenza dell'8 dicembre 1983, § 26, serie A no 71; B. e P. c. Regno Unito, nn. 36337/97 e 35974/97, §§ 45-46, CEDU 2001-III). Nella causa Sutter c. Svizzera (sentenza del 22 febbraio 1984, serie A no 74, § 33), la Corte ha ritenuto che l'esigenza di pubblicità delle sentenze non necessariamente doveva assumere la forma di una lettura ad alta voce della sentenza, e che le esigenze dell'articolo 6 erano state soddisfatte perché ogni persona titolare di un interesse poteva consultare il testo integrale delle sentenze del tribunale militare di cassazione.

38. Nella causa Ernst c. Belgio (no 33400/96, sentenza del 15 luglio 2003), ha considerato che le esigenze di pubblicità poste dall'articolo 6 § 1 della Convenzione erano state sufficientemente rispettate in quanto i ricorrenti hanno potuto procurarsi il testo della decisione richiedendola in cancelleria qualche giorno dopo la pronuncia in camera di consiglio della sentenza della Corte di cassazione.

39. Nella fattispecie, l'ordinanza della corte d'appello e la sentenza della Corte di cassazione sono state depositate in cancelleria e il ricorrente è stato informato di detto deposito. Vista la giurisprudenza sopra menzionata, la Corte ritiene che le esigenze di pubblicità poste dall'articolo 6 § 1 della Convenzione sono state sufficientemente rispettate.

40. Ne consegue che questo motivo di ricorso è manifestamente infondato in applicazione dell'articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.

II. SULLA ALLEGATA VIOLAZIONE DELL'ARTICOLO 6 § 2 DELLA CONVENZIONE

41. l ricorrente lamenta che i giudici italiani rifiutando di concedergli il risarcimento per la custodia cautelare subita, hanno disconosciuto la presunzione di innocenza in quanto il rigetto della sua domanda di riparazione per "ingiusta" detenzione si spiega con la persistenza dei sospetti a suo carico, nonostante sia stato prosciolto nel merito. L'articolo 6 § 2 nella sua parte pertinente è così formulato:

2. Ogni persona accusata di un reato è presunta innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata.

42. Innanzitutto la Corte ricorda che la presunzione di innocenza è disconosciuta ogni qualvolta la decisione giudiziaria riguardante un imputato rifletta la sensazione che sia colpevole, senza che la sua colpevolezza sia stata legalmente accertata in precedenza. Anche in assenza di constatazione formale, è sufficiente una motivazione che lasci intendere che il giudice considera l'interessato colpevole (vedi, fra molte altre, Puig Panella c. Spagna, no 1483/02, § 51, 25 aprile 2006).

43. Inoltre, la Corte ricorda che il campo di applicazione dell'articolo 6 § 2 non si limita ai procedimenti penali pendenti, ma si estende alle procedure giudiziarie consecutive al proscioglimento definitivo dell'accusato (vedi, fra molte altre, le sentenze Sekanina c. Austria, 25 agosto 1993, serie A no 266 A, Rushiti c. Austria, no 28389/95, 21 marzo 2000, e Lamanna c. Austria, no 28923/95, 10 luglio 2001) nella misura in cui le questioni sollevate in queste procedure costituivano un corollario ed un complemento dei procedimenti penali in questione nell'ambito dei quali il ricorrente aveva la qualità di "accusato".

44. Benché né l'articolo 6 § 2 né nessuna altra clausola della Convenzione diano diritto alla riparazione per una custodia cautelare regolare in caso di proscioglimento (vedi, mutatis mutandis, Dinares Peñalver c. Spagna (dec.), no 44301/98, 23 marzo 2000), dopo un proscioglimento diventato definitivo non è più accettabile che vengano espressi sospetti sull'innocenza di un accusato (vedi, in tal senso, Sekanina, prima citata, § 30).

45. La Corte ha già avuto modo di sottolineare che una volta che una sentenza di proscioglimento è diventata definitiva – anche se si tratta di un proscioglimento con il beneficio del dubbio conformemente all'articolo 6 § 2 – esprimere dubbi sulla colpevolezza, compresi quelli basati sui motivi del proscioglimento, non è compatibile con la presunzione di innocenza (Rushiti, prima citata, § 31). In effetti, decisioni giudiziarie successive o dichiarazioni che emanano da autorità pubbliche possono porre un problema dal punto di vista dell'articolo 6 § 2 se equivalgono ad una constatazione di colpevolezza che disconosce, deliberatamente, il precedente proscioglimento dell'accusato (vedi Del Latte c. Paesi Bassi, no 44760/98, § 30, 9 novembre 2004).

46. Inoltre, la Corte ricorda che nell'ambito dell'articolo 6 § 2 della Convenzione, il dispositivo di una sentenza di proscioglimento deve essere rispettato da ogni autorità che si pronunci direttamente o incidentalmente sulla responsabilità penale dell'interessato (Vassilios Stavropoulos c. Grecia, no 35522/04, § 39, 27 settembre 2007). Peraltro il fatto di esigere che una persona fornisca la prova della propria innocenza nell'ambito di una procedura di indennizzo per custodia cautelare appare irragionevole e rivela una violazione della presunzione di innocenza (Capeau c. Belgio, no 42914/98, § 25, CEDU 2005-I).

47. La questione da esaminare è quindi unicamente quella di sapere se l'ordinanza della corte d'appello di Catania del 13 luglio 2007 accertava uno stato di colpevolezza o di sospetto persistente a carico del ricorrente nonostante il proscioglimento di cui aveva beneficiato. In proposito la Corte nota che, nel caso di specie, i motivi invocati dalla corte d'appello di Catania non si riferiscono affatto alla responsabilità del ricorrente nel penale o ai sospetti persistenti che pesano su di lui per fondare il rigetto della sua domanda di riparazione. Al contrario, la corte italiana ha precisato che la colpa grave commessa dall'interessato riguardava unicamente la nascita di indizi nei suoi confronti, e questo fatto aveva giustificato la reazione delle autorità e l'applicazione della custodia cautelare. Secondo la Corte, le decisioni dei giudici interni non riflettono una constatazione di colpevolezza.
48. Ne consegue che questo motivo deve essere rigettato in quanto manifestamente infondato, in applicazione dell'articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.

III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE

49. Ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione,

«Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa.»

A.  Danno

50. Il ricorrente domanda 30.000 euro (EURO) per il danno morale che avrebbe subito.

51. Il Governo si oppone alle pretese del ricorrente.

52. Quanto al danno morale allegato dal ricorrente, la Corte ritiene che egli abbia potuto subire un danno morale, ma che in questa circostanza la constatazione di violazione dell'articolo 6 § 1 che figura nella presente sentenza costituisce di per sé una equa soddisfazione sufficiente (vedi, fra molte altre, le sentenze Yvon c. Francia, del 24 aprile 2003, no 44962/98, CEDU 2003-V e Bocellari e Rizza c. Italia, no 399/02, § 46, 13 novembre 2007; Leone c. Italia , no 30506/07, § 42, 2 febbraio 2010; Capitani e Campanella c. Italia, no 24920/07, 17 maggio 2011, § 43).

B. Spese

53.Producendo note di onorari, il ricorrente domanda anche 4.664 EURO per le spese affrontate innanzi ai giudici interni e 2.500 EURO per quelle affrontate innanzi alla Corte.

54. Il Governo si oppone a queste pretese.

55. Secondo la giurisprudenza della Corte, un ricorrente può ottenere il rimborso delle spese sostenute solo nella misura in cui ne siano accertate la realtà e la necessità, e il loro importo sia ragionevole. Nel caso di specie, tenuto conto dei documenti in suo possesso e della sua giurisprudenza, la Corte rigetta la domanda relativa alle spese della procedura interna, ritiene ragionevole la somma di 2.500 EURO per la procedura innanzi alla Corte e la concede al ricorrente.

C. Interessi moratori

56. La Corte giudica appropriato basare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea maggiorato di tre punti percentuali.

PER QUESTI MOTIVI LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,

  1. Dichiara il ricorso ricevibile per quanto riguarda il motivo basato sull'articolo 6 § 1 vista l'impossibilità per il ricorrente di domandare lo svolgimento di una udienza pubblica innanzi alla corte d'appello competente e irricevibile per il resto;
  2. Dichiara che vi è stata violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione;
  3. Dichiara:
    1. che lo Stato convenuto deve versare al ricorrente, entro tre mesi a decorrere dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all'articolo 44 § 2 della Convenzione, 2.500 EURO (duemilacinquecento euro), più l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta dal ricorrente, per le spese;
    2. che a decorrere dallo scadere di detto termine e fino al versamento tali importi dovranno essere maggiorati di un interesse semplice ad un tasso equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante tale periodo, aumentato di tre punti percentuali;
  4. Rigetta la domanda di equa soddisfazione per il resto.

Fatta in francese e poi comunicata per iscritto il 10 aprile 2012 in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del regolamento.

Françoise Tulkens
Presidente

Stanley Naismith
Cancelliere