Hai cercato:
  • diritti dell'Uomo:  divieto espulsioni collettive - art4 Prot4  Annulla la faccetta selezionata
  • data di pubblicazione:  Anno 2014  Annulla la faccetta selezionata

Torna indietro

Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 21 ottobre 2014 - Ricorsi n. 16643/09 - Sharifi e altri c. Italia e Grecia

© Ministero della Giustizia, Direzione generale del contenzioso e dei diritti umani, traduzione effettuata e rivista dalla dott.ssa Martina Scantamburlo, funzionario linguistico, e da Rita Carnevali, assistente linguistico.

Permission to re-publish this translation has been granted by the Italian Ministry of Justice for the sole purpose of its inclusion in the Court's database HUDOC.

 

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SECONDA SEZIONE

CAUSA SHARIFI E ALTRI c. ITALIA E GRECIA

(Ricorso n. 16643/09)

SENTENZA

STRASBURGO
21 ottobre 2014

 

Questa sentenza diverrà definitiva alle condizioni definite nell'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire modifiche di forma.


Nella causa Sharifi e altri c. Italia e Grecia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo (seconda sezione), riunita il 9 settembre 2014 in una camera composta da:

Işıl Karakaş, presidente,
Guido Raimondi,
András Sajó,
Linos-Alexandre Sicilianos,
Helen Keller,
Paul Lemmens,
Robert Spano, giudici,
e da Stanley Naismith, cancelliere di sezione,

Dopo aver deliberato in camera di consiglio il 9 settembre 2014,
Pronuncia la seguente sentenza, adottata in tale data:

PROCEDURA

  1. All'origine della causa vi è un ricorso (n. 16643/09) proposto contro la Repubblica italiana con cui trentadue cittadini afghani, due cittadini sudanesi e un cittadino eritreo («i ricorrenti») hanno adito la Corte il 25 marzo 2009 in virtù dell'articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali («la Convenzione»).
  2. I dettagli riguardanti i ricorrenti sono riportati nella tabella riepilogativa allegata alla presente sentenza. All’epoca in cui è stato presentato, il ricorso era firmato da tre legali: l’avv. P. Masouridou, del foro di Atene, l’avv. A. Ballerini, del foro di Genova, e l’avv. L. Mandro, del foro di Venezia. Il 19 giugno 2009 l’avv. Masouridou ha dichiarato di non essere la rappresentante dei ricorrenti, con i quali non era in contatto e di cui si era limitata a raccogliere le procure in Grecia. L’avv. Mandro, da parte sua, successivamente non ha più apposto la sua firma su nessun altro documento riguardante il ricorso. Dal fascicolo risulta anche che, nella formazione del ricorso, l’avv. Ballerini è stata assistita dalla sig.ra Alessandra Sciurba, laureata in giurisprudenza, e dal sig. Basir Ahang, giornalista afghano, i quali hanno intervistato i ricorrenti nel campo di Patrasso.
    Il governo italiano è stato rappresentato dal suo agente, Ersiliagrazia Spatafora, e dal suo ex co-agente, Nicola Lettieri. Il governo greco è stato rappresentato dal suo agente, Alexandro G. Tzeferakos, assistito da Georgios Kannellopoulos, consigliere giuridico del Consiglio giuridico dello Stato, nonché da Stavroula Trekli e Christos Poulakos, uditori del Consiglio giuridico dello Stato.
  3. I ricorrenti sostenevano, in particolare, di essere arrivati clandestinamente in Italia provenienti dalla Grecia e di essere stati immediatamente respinti verso questo paese, con il timore di subire un ulteriore respingimento verso i loro rispettivi paesi di origine, nei quali avrebbero rischiato la morte, la tortura o dei trattamenti inumani e degradanti (articoli 2 e 3 della Convenzione). Essi lamentano, inoltre, di non aver avuto accesso alle autorità giudiziarie nazionali per far valere queste doglianze (articolo 13 della Convenzione) e di essere stati maltrattati dalla polizia italiana e greca, oltre che dagli equipaggi delle navi a bordo delle quali sono stati ricondotti in Grecia (articolo 3 della Convenzione).
    Nei confronti della Grecia, lamentano anche di essere stati trattenuti in cattive condizioni (articolo 3 della Convenzione).
    Nei confronti dell’Italia, sostengono di essere stati vittime di espulsioni collettive indiscriminate (articolo 4 del Protocollo n. 4) e di essere stati privati del diritto di portare la loro causa dinanzi alla Corte vista l’impossibilità di contattare un interprete e un avvocato (articolo 34 della Convenzione).
  4. Il 23 giugno 2009 la camera ha deciso di comunicare il ricorso ai governi italiano e greco e di trattarlo con priorità (articolo 41 del regolamento). Inoltre, in applicazione dell’articolo 39 del regolamento, la camera ha invitato il governo greco a sospendere l’espulsione dei seguenti ricorrenti: sigg. Nima Rezai, Malik Merzai, Mustafa Said Mustafa, Alidad Rahimi, Faroz Ahmadi e Hasan Najibi1.
  5. I ricorrenti e i governi convenuti hanno depositato osservazioni scritte sulla ricevibilità e sul merito della causa.
    Osservazioni scritte sono state ricevute anche dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (HCR), nonché dal Centro per i Diritti Individuali in Europa (AIRE Centre) e da Amnesty International che agiscono collettivamente. Il presidente della camera li aveva autorizzati ad intervenire in applicazione dell’articolo 36 § 2 della Convenzione

    IN FATTO

    I. LE CIRCOSTANZE DEL CASO DI SPECIE
  6. I ricorrenti, il cui elenco è allegato, sono trentadue cittadini afghani, due cittadini sudanesi e un cittadino eritreo.
  7. I fatti della causa possono riassumersi come segue.

    A. I fatti descritti nel ricorso
  8. I ricorrenti affermano che, negli anni 2007 e 2008, hanno raggiunto il territorio greco provenendo da paesi in preda a conflitti armati che colpivano i civili (in questo caso l’Afghanistan, il Sudan e l’Eritrea). Dopo essersi imbarcati clandestinamente a Patrasso su navi dirette in Italia, sarebbero arrivati tra gennaio 2008 e febbraio 20092 nei porti di Bari, Ancona e Venezia, dove la polizia di frontiera li avrebbe intercettati e respinti immediatamente. Secondo i ricorrenti, questa prassi del respingimento immediato era attuata dalle autorità italiane già da molti mesi.
  9. I ricorrenti avrebbero subìto violenze da parte dei poliziotti italiani, poi da parte degli equipaggi delle navi ed infine dalla polizia greca e affermano che né l’Italia né la Grecia avrebbero permesso loro di chiedere asilo.
  10. Per quanto riguarda l’Italia, i ricorrenti non avrebbero avuto la possibilità di entrare in contatto con avvocati e interpreti. Non avrebbero ricevuto alcuna informazione sui loro diritti, come pure non avrebbero ricevuto alcun provvedimento «ufficiale, scritto e tradotto» relativo al loro respingimento. Sostengono che la polizia di frontiera italiana li ha immediatamente ricondotti sulle navi da cui erano appena sbarcati e che sono stati rinchiusi nelle cabine o addirittura nelle toilette per tutto il viaggio di ritorno verso la Grecia.
  11. Nei confronti della Grecia essi lamentano di essere stati rinchiusi in un primo tempo nei centri di permanenza, poi, dopo essere stati rimessi in libertà, di aver dovuto vivere in condizioni precarie nel campo di Patrasso. Sottolineano le difficoltà incontrate nell’adempimento delle formalità per ottenere l’asilo.

    B. La posizione dei governi convenuti riguardo l’identità dei ricorrenti e i fatti esposti nel ricorso
  12. Il governo italiano afferma che, fra i ricorrenti, soltanto il sig. Reza Karimi avrebbe raggiunto il territorio italiano. Nascosto con altri diciassette clandestini in un camion che trasportava ortaggi, il ricorrente sarebbe stato scoperto dalla polizia nel porto di Ancona il 14 gennaio 2009 e respinto in Grecia il giorno stesso. Sarebbe arrivato a Patrasso il 15 gennaio. L’età dichiarata il 14 gennaio dall’interessato non corrisponderebbe tuttavia a quella indicata nel ricorso. A sostegno di tali affermazioni, l’11 settembre 2009 il Governo ha presentato alla Corte la copia di un modulo della polizia di frontiera di Ancona, datato 14 gennaio 2009, compilato a mano e firmato dal sig. Reza Karimi, contenente le seguenti informazioni: cognome, nome, nome del padre, cognome e nome della madre, luogo di nascita, anno di nascita, nazionalità.
  13. Da parte sua, il governo greco fa sapere che i registri dell’ufficio immigrazione del Ministero dell’Interno confermano la presenza in Grecia di soltanto dieci dei ricorrenti. Al riguardo fornisce le seguenti precisazioni:
    • Nima Rezai3: si tratterebbe probabilmente, secondo le dichiarazioni dell’interessato, di Nema Rezai, cittadino afghano nato il 1º gennaio 1990, arrestato a Patrasso il 3 dicembre 2008 per ingresso e soggiorno irregolare in Grecia. Il 6 dicembre 2008 la direzione della polizia di Achaia adottò nei suoi confronti un decreto di espulsione (n. 2541/08-1A). Gli sarebbe stata consegnata una copia dell’opuscolo contenente le informazioni sui diritti delle persone destinatarie di un decreto di espulsione. Non essendo stato considerato pericoloso per l’ordine pubblico o per la sicurezza, il ricorrente fu rimesso in libertà con l’ordine di ritornare nel suo paese entro 30 giorni. Il 30 giugno 2009 fu nuovamente arrestato a Patrasso perché risiedeva illegalmente in Grecia. Gli fu consegnato un nuovo opuscolo informativo e la direzione della polizia di Achaia adottò un secondo decreto di espulsione (n. 2541/08-2A) sottoponendolo a trattenimento. In seguito fu trasferito al commissariato di polizia di Pyrgos a causa della situazione di sovraffollamento del centro di permanenza della direzione della polizia di Achaia. Il 16 settembre 2009 il direttore generale della polizia della Grecia-Occidentale sospese l’esecuzione dell’espulsione e rimise in libertà il ricorrente, dopo aver preso visione della traduzione, prodotta da quest’ultimo, della decisione della Corte del 23 giugno che invitava il governo greco a sospendere la sua espulsione
    • Sarpar Agha Khan4: si tratterebbe probabilmente, secondo le dichiarazioni dell’interessato, di Sardayasha Khan, cittadino afghano nato il 1° gennaio 1982, arrestato a Patrasso il 1º ottobre 2008 per ingresso e soggiorno irregolare in Grecia. Partito con una nave diretta in Italia il 29 ottobre 2008, fu respinto e rimandato in Grecia il 31 ottobre. Il 4 novembre 2008 la direzione della polizia di Achaia adottò nei suoi confronti un decreto di espulsione (n. 2212/08-1b), notificato il 6 novembre. Gli sarebbe stata consegnata una copia dell’opuscolo contenente le informazioni sui diritti delle persone destinatarie di un decreto di espulsione. Il ricorrente fu in seguito trasferito nel centro speciale di permanenza degli stranieri di Kyprinos (Orestiada, dipartimento dell’Evros) a causa della situazione di sovraffollamento del centro di permanenza della direzione della polizia di Achaia. Nel frattempo, il 28 novembre 2008, il ricorrente presentò una richiesta di asilo politico, che fu rigettata il 14 gennaio 2009 con decreto della direzione degli stranieri (n. 4/886727). La decisione, notificata all’interessato il 22 gennaio, non fu oggetto di opposizione da parte sua. Il 24 giugno 2009 il ricorrente da Vienna ritornò in Grecia in applicazione del regolamento n. 343/2003 (detto regolamento «Dublino II» – o, semplicemente, «regolamento Dublino» – si vedano paragrafi 54 e seguenti infra), poi, il 27 giugno, l’ufficio stranieri dell’Attica adottò un nuovo decreto di espulsione (n. 404983/2-a) senza trattenimento, con fissazione di un termine di 30 giorni per lasciare il territorio greco.
    • Reza Karimi5: si tratterebbe probabilmente, secondo le dichiarazioni dell'interessato, della persona avente lo stesso nome, cittadino afghano nato il 1° gennaio 1974, arrestato a Patrasso il 16 gennaio 2008 per ingresso e soggiorno irregolare in Grecia. Il 16 gennaio 2009 la direzione della polizia di Achaia adottò nei suoi confronti un decreto di espulsione (n.150/09-14) e lo sottopose a trattenimento. Gli sarebbe stato consegnato l’opuscolo contenente le informazioni sui diritti delle persone destinatarie di un decreto di espulsione. Il 24 gennaio, l'esecuzione dell'espulsione fu sospesa perché mancavano i documenti d'identità per il viaggio di ritorno e, di conseguenza, il ricorrente fu rimesso in libertà, con l'obbligo di lasciare il territorio greco entro 30 giorni.
    • Rahim Raximi6: si tratterebbe probabilmente, secondo le dichiarazioni dell'interessato, di Rahim Rahimi, cittadino afghano nato il 1º gennaio 1990, arrestato a Patrasso il 14 ottobre 2008 perché senza permesso di soggiorno. Partito per l’Italia a bordo della nave Sofoklis Venizelos, il ricorrente ritornò in Grecia il 13 ottobre 2008 dopo essere stato respinto dalle autorità italiane. Il giorno successivo, al ricorrente fu consegnato l'opuscolo contenente le informazioni sui diritti delle persone destinatarie di un decreto di espulsione e gli fu notificato tale decreto (n. 1061/08-1a), adottato lo stesso giorno dalla direzione della polizia di Achaia, senza trattenimento. Fu rimesso in libertà, con l'obbligo di lasciare il territorio greco entro 30 giorni.
    • Mohammad Issa Sayyed Hashemi7: si tratterebbe probabilmente, secondo le dichiarazioni dell'interessato, di Mohamed Issa Hashemi, cittadino afghano nato il 1º gennaio 1985, arrestato a Samo il 17 novembre 2008 perché senza documenti. Al ricorrente fu consegnato l'opuscolo contenente le informazioni sui diritti delle persone destinatarie di un decreto di espulsione e, in una data non precisata, gli fu notificato tale decreto (n. 6634/2/2041-10) adottato il 30 novembre dalla direzione della polizia di Samo, senza trattenimento. Fu così rimesso in libertà, con l'obbligo di lasciare il territorio greco entro 30 giorni.
    • Gabel Omar8: si tratterebbe probabilmente, secondo le dichiarazioni dell'interessato, di Gabel Ali, cittadino somalo nato il 1º gennaio 1984, arrestato a Samo il 5 dicembre 2009 per ingresso e soggiorno irregolare in Grecia. Al ricorrente, dopo aver ricevuto l'opuscolo contenente le informazioni sui diritti delle persone destinatarie di un decreto di espulsione, fu notificato, in una data non precisata, tale provvedimento (n. 6634/2/2063-12) adottato l’8 dicembre dalla direzione della polizia di Samo, senza trattenimento. Fu rimesso in libertà con l'obbligo di lasciare il territorio greco entro 30 giorni.
    • Nawid Kabiri9: si tratterebbe probabilmente, secondo le dichiarazioni dell'interessato, di Nawid Kabiru, cittadino afghano nato il 1º gennaio 1992, arrestato a Samo il 17 novembre 2008 perché senza documenti. Partito per l’Italia il 4 gennaio 2009 a bordo della nave Super Fast XII, fu respinto dalle autorità italiane il 6 febbraio 2009. Il 7 febbraio il ricorrente fu consegnato alla divisione della sicurezza di Patrasso dall’autorità portuale centrale della stessa città perché era senza documenti. Il ricorrente ricevette immediatamente l'opuscolo contenente le informazioni sui diritti delle persone destinatarie di un decreto di espulsione e gli fu notificato tale provvedimento (n. 255/09 – 1a), adottato lo stesso giorno dalla direzione della polizia di Achaia, senza trattenimento. Fu rimesso in libertà con l'obbligo di lasciare il territorio greco entro 30 giorni.
    • Nazar Mohammed Yashidi10: si tratterebbe probabilmente, secondo le dichiarazioni dell'interessato, de Nazari Mohamed, cittadino afghano nato il 1° gennaio 1988, arrestato a Samo il 9 giugno 2008 perché senza documenti. Il ricorrente ricevette l'opuscolo contenente le informazioni sui diritti delle persone destinatarie di un decreto di espulsione e, in una data non precisata, gli fu notificato tale provvedimento (n. 6634/2/1642-e), adottato il 12 giugno dalla direzione della polizia di Samo senza trattenimento. Fu rimesso in libertà con l'obbligo di lasciare il territorio greco entro 30 giorni.
    • Rahmat Wahidi11: si tratterebbe probabilmente, secondo le dichiarazioni dell'interessato, della persona con lo stesso nome, cittadino afghano, nato il 1° gennaio 1990, arrestato a Patrasso l’8 gennaio 2009 per ingresso e soggiorno irregolare in Grecia. Al ricorrente fu consegnato l'opuscolo contenente le informazioni sui diritti delle persone destinatarie di un decreto di espulsione con applicazione del trattenimento. L’11 gennaio 2009 la direzione della polizia di Achaia emise nei suoi confronti un decreto di espulsione (n. 23/09 ‑ 1b), notificato in una data non precisata. Il 10 gennaio il ricorrente fu trasferito nel centro speciale di permanenza per gli stranieri di Kyprinos (Orestiada, dipartimento dell’Evros) a causa della situazione di sovraffollamento del centro di permanenza della direzione della polizia di Achaia. Il 19 gennaio, considerando che mancavano i documenti d'identità e l'espulsione non poteva essere eseguita, il direttore generale della polizia della Grecia - Occidentale sospese l’esecuzione dell’espulsione e rimise in libertà il ricorrente. Quest’ultimo era invitato a lasciare il territorio greco entro 30 giorni.
    • Mohamad Anif Servery1: si tratterebbe probabilmente, secondo le dichiarazioni dell'interessato, della persona con lo stesso nome, cittadino afghano nato il 1° gennaio 1995, arrestato a Samo il 19 agosto 2008 per ingresso irregolare in Grecia. Al ricorrente fu consegnato l'opuscolo contenente le informazioni sui diritti delle persone destinatarie di un decreto di espulsione e gli fu notificato tale provvedimento (n. 6634/2/1777-B) adottato il 22 agosto dalla direzione della polizia di Samo, senza trattenimento. Il 2 ottobre, su ordine della procura presso il tribunale di prima istanza di Samo, il ricorrente fu trasferito nel centro di Theomitor a Agiagos (Lesbo).

       
    C. La corrispondenza successiva alla presentazione del ricorso e i contatti tra i ricorrenti e i loro legali
  14. Il 19 maggio 2009 l’avv. Ballerini chiese alla Corte di indicare al governo greco, in applicazione dell’articolo 39 del suo regolamento, di sospendere le espulsioni nei confronti dei ricorrenti afghani verso il loro paese. Spiegava che, qualche giorno prima, alcuni gruppi di richiedenti asilo erano stati espulsi dal campo di Patrasso verso la Turchia e, da lì, verso l’Afghanistan. Tuttavia ammetteva di non sapere, per le difficoltà di comunicazione, quanti dei ricorrenti fossero già stati espulsi né dove si trovassero gli altri.
  15. Con lettera del 20 maggio 2009, anticipata via fax il 19 maggio, l’avv. Ballerini fu invitata a integrare la sua domanda indicando il luogo di detenzione dei ricorrenti, l’eventuale data della loro espulsione e i rischi che costoro avrebbero corso in caso di espulsione verso l’Afghanistan.
    Con fax del 20 maggio 2009, l’avv. Ballerini indicò l’area del campo di Patrasso, rinviando per il resto alle informazioni contenute nel formulario di ricorso.
    Il 22 maggio 2009 il presidente della sezione respinse la richiesta di applicazione di una misura provvisoria.
  16. Con lettera del 19 giugno 2009, l’avv. Ballerini informò la Corte che, dopo varie irruzioni della polizia greca nel campo di Patrasso e altre operazioni simili condotte ad Atene, un centinaio di rifugiati erano stati espulsi verso la Turchia, fra questi uno dei ricorrenti, il sig. Habib Yosufi13 (minorenne). Un altro ricorrente (il sig. Mozamil Azimi)14 era già stato rimpatriato in Afghanistan.
    La situazione di alcuni altri ricorrenti era descritta come segue: sei1 si trovavano nel campo di Patrasso, sei1 si trovavano ad Atene, quattro17 si trovavano «in Grecia, ma non si sa esattamente dove siano», quattro18 si trovavano «probabilmente ancora in Grecia» e uno19 era «tra la Grecia e l’Italia».
    Per quanto riguarda gli altri quattro ricorrenti l’avvocato spiegava che, a causa «della tragicità della situazione e delle difficoltà oggettive per i ricorrenti in termini di movimento e di comunicazione», non sapeva dove si trovassero ma si sarebbe sforzata di rintracciarli.
    La sua lettera concludeva come segue:
    «Vi chiedo pertanto di adottare tutte le misure provvisorie [ai sensi dell’articolo 39 del regolamento della Corte] per evitare il rimpatrio delle persone che si trovano attualmente nel campo di Patrasso […].»
  17. Il 23 giugno 2009, la Corte, in applicazione dell’articolo 39 del suo regolamento, invitò il governo greco a sospendere l’espulsione dei seguenti ricorrenti: Nima Rezai, Malik Merzai, Mustafa Said Mustafa, Alidad Rahimi, Faroz Ahmadi e Hasan Najibi20.
  18. Con lettera inviata per fax il 2 luglio 2009, l’avv. Ballerini informò la Corte del respingimento del sig. Faroz Ahmadi21 verso la Turchia nonostante la misura provvisoria sopra menzionata (paragrafo 17 supra) e, senza fornire altri dettagli, del respingimento del sig. Habib Yosufi22 (paragrafo 16 supra). In questa lettera, l’avvocato descriveva una situazione drammatica a Patrasso, conseguente alla chiusura del campo decisa dalle autorità greche e agli arresti in massa di richiedenti asilo da parte della polizia.
  19. Con lettera dello stesso giorno, inviata anche per fax, la Corte rammentò al governo greco gli obblighi che gli derivavano dalla misura adottata in applicazione dell'articolo 39 del regolamento e lo invitò a comunicare tempestivamente alla cancelleria tutte le informazioni utili sulla sorte del sig. Faroz Ahmadi.
  20. Con un messaggio inviato via fax il 14 luglio 2009, l’avv. Ballerini informò la Corte che la polizia greca aveva fatto evacuare il campo di Patrasso, distruggendo i ripari dei richiedenti asilo e arrestando alcuni dei ricorrenti, di cui lei tuttavia affermava di non essere in grado di indicare i nomi a causa della situazione confusa che regnava.
  21. Con un messaggio inviato via fax il 16 luglio 2009, l’avv. Ballerini indicò che «i sigg. Mustafa Mustafa Said e Najibi Haidar», presentati come due dei ricorrenti destinatari della misura adottata dalla Corte in applicazione dell'articolo 39, erano stati sottoposti a trattenimento in un carcere ai confini dell'Albania in vista del loro respingimento, spiegando che la polizia greca negava la natura restrittiva di tale misura.
  22. Con una lettera del 17 luglio 2009, la Corte rammentò al governo greco gli obblighi per lui derivanti dalla misura adottata in applicazione dell'articolo 39 del regolamento e lo invitò a comunicare tempestivamente alla cancelleria tutte le informazioni utili sulla sorte dei ricorrenti.
  23. Con lettera del 26 agosto 2009, l’avv. Ballerini informò la Corte che il sig. Nima Rezai23 era rinchiuso nel carcere di Pyrgos, perché le autorità greche, alle quali aveva mostrato «la misura provvisoria adottata dalla Corte il 23 giugno 2009» lo accusavano di falso. Secondo le sue affermazioni, tali autorità sostenevano che anche gli agenti dell’HCR non avevano riconosciuto l'autenticità del documento presentato dall'interessato.
  24. Con fax del 28 settembre 2009, l’avv. Ballerini informò la Corte che aveva inviato all’ufficio del Consiglio italiano per i rifugiati («CIR») nel porto di Ancona la seguente lettera:
    «Scrivo in nome e nell'interesse del sig. Rezai Nima, minorenne, dell’età di sedici anni e di cittadinanza afghana, che è attualmente trattenuto nei vostri uffici.
    Vi informo che il sig. Rezai Nima ha presentato per il mio tramite un ricorso contro l'Italia dinanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo, cui è stato attribuito il n. 16643/09.
    La Corte, con decisione del 23 giugno 2009, ha accolto la mia richiesta di applicazione dell'articolo 39 del regolamento della Corte volta a vietare il rimpatrio, tra gli altri, del sig. Rezai.
    Tenuto conto di quanto esposto sopra e considerato il fatto che questo minore ha diritto di richiedere, per il mio tramite, la protezione dell'Italia e il riconoscimento dello status di rifugiato, chiedo venga rilasciato al più presto affinché egli possa contattarmi e recarsi presso il mio studio [...].
    Ricordo, inoltre, che il sig. Rezai Nima, in quanto minorenne e richiedente asilo, non può essere espulso né respinto, così come del resto risulta dalla decisione della Corte [del 23 giugno 2009].»
  25. Con lettera del 5 ottobre 2009, la Corte invitò l’avv. Ballerini a indicare se il sig. Nima Rezai si trovasse realmente in Italia mentre, secondo le informazioni precedentemente ricevute (paragrafo 23 supra), era trattenuto in Grecia.
  26. Il 14 ottobre 2009, l’avv. Ballerini trasmise alla Corte via fax il seguente messaggio:
    «Vi informo che non abbiamo più notizie del sig. Rezai Nima da quando è entrato in Italia.
    In effetti, avrebbe dovuto presentarsi al CIE (Centro di identificazione ed espulsione) di Ancona, ma non vi è mai andato.»
  27. Con lettera del 19 ottobre 2009, la Corte chiese al governo italiano di precisare se – e, in caso affermativo, quando – il sig. Nima Rezai fosse effettivamente arrivato in Italia, e se le autorità di frontiera avessero proceduto alla sua identificazione.
  28. Con lettera del 2 novembre 2009, il Governo fece pervenire alla Corte una nota del Ministero dell’Interno comunicando che tra il 1° gennaio 2007 e il 30 settembre 2009, nei registri della polizia di frontiera del porto di Ancona non vi era alcuna annotazione a nome di Nima Rezai.
  29. Con fax del 1° dicembre 2009, l’avv. Ballerini informò la Corte di aver ricevuto dal sig. Ahang la seguente lettera:
    «In occasione del mio ultimo viaggio in Grecia, nell'agosto 2009, ho incontrato alcuni dei ricorrenti che si trovano ancora in Grecia; e sottolineo «alcuni», perché gli altri sono stati rimandati in Afghanistan o si sono recati in altri paesi europei.
    Ho incontrato Feroz Ahmadi24, il quale mi ha detto di vivere in un parco di Atene dopo avere scontato tre mesi di carcere per aver mostrato alla polizia greca i documenti relativi al ricorso dinanzi alla Corte, perché la loro autenticità non è riconosciuta [...].
    Malik Merzai25, peraltro, vive nel bosco vicino a Patrasso dopo la distruzione del campo dei richiedenti asilo [...].
    Continuo a ricevere telefonate dai ricorrenti, che chiedono informazioni sullo stato dei loro ricorsi dinanzi alla Corte e sono molto preoccupati [...].
    Comunico i numeri di telefono di Feroz Ahmadi e Malik Merzai, visto che loro esistono come pure esistono gli altri ricorrenti, contrariamente a quanto sostiene il Governo [italiano].»
  30. Con fax del 9 dicembre 2009, l’avv. Ballerini fece pervenire alla Corte una lettera che avrebbe ricevuto il 6 dicembre 2009 dal sig. Malik Merzai, nella quale quest'ultimo affermava di trovarsi in Grecia e di vivere, come gli altri richiedenti asilo, in condizioni estremamente difficili.
  31. Con fax del 22 dicembre 2009, l’avv. Ballerini informò la Corte della situazione di alcuni dei ricorrenti, riferendo di aver ricevuto una e-mail dal sig. Ahang il 16 dicembre 2009, dove era sostanzialmente scritto:
    «1) Rahim Rhaimi26 si trova attualmente a Patrasso; mi ha contattato e mi ha informato che il termine previsto per l'ordine di espulsione è scaduto e che rischia dunque di essere rimandato in Afghanistan [...];
    2) Najib Haidari27 si trova attualmente a Patrasso con Rhaim e la sua situazione è simile a quella del suo amico [...];
    3) Yasir Zaidi28 si trova attualmente in Svezia e chiede il vostro aiuto [...];
    4) Rahmat Wahidi29 si trova attualmente in Svizzera [...];
    5) Mozamil Azimi30, dopo essere stato rimpatriato in Afghanistan questa estate, è riuscito a ritornare in Grecia e a recarsi poi in Norvegia, dove attualmente si trova [...];
    6) Abdul Nabi Ahmad31 si trova attualmente in Norvegia [...];
    7) Alireza Ekhlasi32 si trova attualmente in Austria [...];
    8) Reza Karimi33 si trova attualmente in Norvegia [...] con Mozamil [...];
    9) Ahsannullah Amar Khel34 (il cui nome non è stato trascritto correttamente, perché il suo vero nome è Ehsanullah Amarkhail [...]) si trova attualmente in Norvegia, dove ha ottenuto i documenti perché è minorenne;
    10) Alisina Sharifi35 si trova attualmente in Norvegia [...].
    Vi allego anche la foto di uno dei ricorrenti, Mohammad Isa Sayeed Hashemi36, che è stato ricoverato in ospedale per aver subìto un’aggressione ad opera della polizia greca. Per il momento non ho notizie da parte sua e non so dove si trovi.»
    In questo documento, erano anche indicati i numeri di telefono di tutte le persone menzionate, ad eccezione di quello del sig. Reza Karimi, che avrebbe chiamato il sig. Ahang da una cabina telefonica.
  32. Con fax del 15 giugno 2010, l’avv. Ballerini inviò alla Corte un documento attestante che nel maggio 2010 uno dei ricorrenti, «Nagib Haidari», aveva presentato una richiesta di protezione internazionale alla questura di Parma (Italia). L'avvocato spiegava che l'interessato era riuscito a scappare da Patrasso, dove prima si trovava, e vedeva in questo documento la dimostrazione della natura puramente speculativa dei dubbi posti, dai due governi convenuti, in merito all’esistenza dei ricorrenti.
  33. Il 22 giugno 2010 il governo italiano rispose in merito a ciò. Dopo avere innanzitutto osservato che il nome in questione («Nagib Haidari») non figurava nell'elenco dei ricorrenti, ma che quest'ultimo conteneva un nome simile («Najeeb Heideri»37, proseguiva:
    «[...] il 22 dicembre 2009, l’avv. Ballerini ha affermato [...] che a tale data il sig. Najib (e non Nagib) Haidari si trovava a Patrasso e che non era mai entrato in Italia. In seguito, nella sua lettera del 15 giugno 2010, l’avv. Ballerini afferma che il sig. Haidari Nagib [...] ha presentato, alla questura di Parma, una richiesta di asilo politico il 17 maggio 2010, ossia otto mesi dopo le osservazioni del governo italiano [...] che sosteneva [a giusto titolo] che Heideri Najeeb non [risultava] essere mai entrato in Italia».
  34. Con lettera del 27 agosto 2010, l’avv. Ballerini spiegò, in primo luogo, che l’incoerenza rilevata tra i nomi e i cognomi riportati nel suo messaggio inviato per fax il 15 giugno 2010 (paragrafo 32 supra) e quelli indicati nel formulario di ricorso era dovuta al fatto che aveva dovuto trasporli foneticamente in caratteri latini dalla lingua persiana. Nei documenti allegati a questa lettera vi era una dichiarazione firmata dal ricorrente in questione, scritta in caratteri persiani e poi tradotta in italiano, il cui contenuto era il seguente:
    «all'inizio il mio nome è stato trascritto nell'alfabeto inglese come “Najeeb”, invece in Italia il mio nome è stato scritto “Nagib”, ma sono la stessa persona. Lo stesso è successo con il mio cognome, che all'inizio è stato scritto “Heideri”, poi in Italia “Haidari”».
  35. Per quanto riguarda la seconda singolarità osservata, l’avv. Ballerini replicò che non vi era alcuna contraddizione tra il fatto che il ricorrente non si trovasse in Italia nel dicembre 2009 e il fatto che, in seguito, nel maggio 2010, fosse riuscito a recarvisi e a chiedere la protezione internazionale alla questura di Parma.
    La lettera continuava così:
    «Invio un elenco dei ricorrenti e della loro posizione geografica:
    1) Sharifi Alisina38 è in Norvegia;
    2) Rezai Nima39 è in Norvegia;
    4) Reza Karimi40 si trova in Italia, a Trento;
    7) Ekhlasi Alireza41 si trova in Austria;
    9) Ebrahemi Mohammad Harron42 è in Francia;
    12) Merzai Malik43 è in Italia, a Roma:
    13) Mustafa Mustafa Said44 è in Iran;
    14) Rahimi Alidad45 è in Norvegia;
    15) Rahimi Rahim46 è in Svezia;
    17) Hashemi Mohammad Isa Sayyes47 si trova in Norvegia;
    18) Zaidi Yasir48 è in Germania;
    24) Kabiri Nawid49 è in Francia;
    26) Yashidi Nazar Mohammed50 è in Francia;
    28) Azimi Mozamil51 è in Norvegia;
    29) Wahidi Rahmat52 è in Svizzera;
    33) Faroz Ahmadi53 è ancora in Grecia, ad Atene.
    Comunico anche che [...] potrei fornire il numero di telefono di Rahimi Alidad, Ekhlasi Alireza, Kabiri Nawid e Azimi Mozamil.»
  36. Il 6 settembre 2010 la Corte ha ricevuto un messaggio del sig. Mozamil Azimi54, che chiedeva informazioni sul ricorso e pregava la Corte di inviargli con urgenza alcuni documenti contenuti nel fascicolo, non meglio identificati. Il messaggio era stato inviato per fax dal centro di accoglienza Heimly mottakssenter di Finnsnes (Norvegia), il cui logo e indirizzo erano riportati nell'intestazione.
  37. Con messaggio inviato via fax il 6 ottobre 2010, l’avv. Ballerini chiese alla Corte di inviarle, al più presto, un’attestazione comprovante la presentazione della richiesta di esame del ricorso a nome, tra gli altri, del sig. Mozamil Azimi, spiegando che quest'ultimo si trovava in un centro di accoglienza in Norvegia e aveva bisogno di tale documento per evitare di essere respinto.
  38. Con messaggio inviato per fax il 26 ottobre 2010 e ricevuto in cancelleria il 27 ottobre 2010, l’avv. Ballerini chiese alla Corte di inviarle, al più presto, un’attestazione comprovante la presentazione della richiesta di esame del ricorso a nome, tra gli altri, del sig. Reza Karimi 55, spiegando che quest'ultimo si trovava in un centro di accoglienza in Italia e che, dopo aver inutilmente chiesto l'asilo politico in Norvegia, aveva presentato a tale scopo una seconda domanda alla questura di Bolzano.
  39. Con lettera del 13 aprile 2011, l’avv. Ballerini informò la Corte della situazione di alcuni dei ricorrenti:
    • il sig. Reza Karimi si trovava in Afghanistan. Era ritornato lì alla fine del seguente itinerario: dopo essere ritornato in territorio italiano, aveva presentato alla questura di Bolzano la richiesta per ottenere lo status di rifugiato; in un primo tempo, era stato invitato a presentarsi il 24 agosto 2010 nell’ambito dell’istruzione del suo fascicolo, ma a seguito di una decisione del Ministero dell’Interno del 29 dicembre 2010, era stato rimandato in Norvegia in virtù delle norme sulla competenza stabilite dal regolamento Dublino II; arrivato in Norvegia, era stato respinto immediatamente verso l’Afghanistan;
    • il sig. Ali Reza Ichlasi56, alias Ekhlasi, si trovava in Austria (il suo indirizzo e il suo numero di telefono erano indicati), dove aveva contestato in tribunale il rigetto della sua richiesta di asilo;
    • il sig. Malik Merzai57 si trovava in Francia (il suo indirizzo e il suo numero di telefono erano indicati), dove aveva chiesto asilo;
    • il sig. Mustafa Said Mustafa58 era stato rimpatriato in Iran (il suo numero di telefono era indicato);
    • il sig. Rahim Rahimi59 si trovava in Germania (il suo indirizzo e il suo numero di telefono erano indicati);
    • il sig. Nawid Kabiri60 si trovava in Francia (il suo indirizzo e il suo numero di telefono erano indicati);
    • il sig. Mozamil Azimi61 si trovava in Norvegia, dove aveva chiesto asilo ed era stato preso in carico dal centro di accoglienza Heimly mottakssenter de Finnsnes;
    • il sig. Whaidi Rahmat62 si trovava in Svizzera (il suo indirizzo e il suo numero di telefono erano indicati), dove aveva ottenuto un permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, valido un anno;
    • il sig. Najeeb Heideri63 si trovava in Italia, in un centro di accoglienza. Egli aveva presentato una richiesta di asilo alla questura ma, con decisione del 5 novembre 2010, il Ministero dell’Interno aveva disposto il suo trasferimento in Ungheria, in applicazione delle norme sulla competenza stabilite dal regolamento Dublino II. Il sig. Heideri aveva impugnato questa decisione dinanzi al tribunale amministrativo regionale (TAR) di Roma, senza poter tuttavia ottenere a titolo provvisorio la sospensione dell’esecuzione;
    • il sig. Faroz Ahmadi64 si trovava ancora in Grecia (il suo indirizzo e il suo numero di telefono erano indicati).
  40. L’avv. Ballerini indicò, invece, di non essere in grado di localizzare il sig. Alidad Rahimi65, pur richiamando l’attenzione della Corte sull’esistenza, sul social network Facebook, di un profilo a nome di Ali Rahimi, la cui foto corrispondeva a quella del ricorrente ripresa durante il suo soggiorno a Patrasso.
  41. Con lettera del 6 maggio 2011, l’avv. Ballerini fece pervenire alla Corte copia della corrispondeva che aveva scambiato con un avvocato del CIR di Gorizia, e che conteneva alcune informazioni sulla situazione del sig. Reza Karimi66 in Afghanistan.
  42. Con fax del 13 maggio 2011, l’avv. Ballerini fece pervenire alla Corte copia della corrispondenza scambiata con il sig. Yasir Zaidi67 e la sig.ra Sciurba. Risulta da tale corrispondenza che il ricorrente si trovava in Germania nel giugno 2009 e in Svezia nel luglio 2009. La sua ultima email, nella quale chiedeva notizie sul suo ricorso dinanzi alla Corte, era datata 7 maggio 2011.
  43. Con lettera del 17 novembre 2011, l’avv. Ballerini fece pervenire alla Corte copia della corrispondenza scambiata successivamente con lo stesso avvocato del CIR di Gorizia, e che conteneva altre informazioni sulla situazione del sig. Reza Karimi68 in Afghanistan.
  44. Il 6 gennaio 2012 la Corte invitò l’avv. Ballerini a metterla a conoscenza della situazione di tutti i ricorrenti.
  45. Con lettera del 30 gennaio 2012, l’avv. Ballerini fornì le seguenti risposte parziali:
    • il sig. Mozamil Azimi69 era trattenuto in Norvegia, dove era rappresentato da un altro avvocato (le generalità di quest'ultimo erano indicate);
    • il sig. Ali Reza Ichlasi (alias Ekhlasi)70 si trovava in Austria (il suo indirizzo era indicato), dove aveva contestato in tribunale il rigetto della sua richiesta di asilo;
    • il sig. Nawid Kabiri71, si trovava in Francia (il suo indirizzo e numero di cellulare erano indicati);
    • il sig. Rahmat Whaidi72 viveva in Svizzera (il suo indirizzo e numero di cellulare erano indicati), dove aveva ottenuto un permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, valido un anno;
    • il sig. Malik Merzai73 si trovava in Francia (il suo indirizzo e numero di cellulare erano indicati nella lettera) e attendeva la decisione delle autorità sulla sua richiesta di protezione internazionale;
    • il sig. Najeeb Heideri74 si trovava in Italia, in un centro di accoglienza, in attesa della decisione del TAR;
    • il sig. Reza Karimi75 era stato rimpatriato in Afghanistan;
    • il sig. Alidad Rhaimi76 si trovava ancora in Norvegia (il suo numero di telefono era indicato);
    • il sig. Yasir Zaidi77 si trovava ancora in Grecia (il suo numero di telefono era indicato).
  46. Con lettera del 23 maggio 2012, l’avv. Ballerini fece pervenire alla Corte degli articoli di stampa che riferivano sugli scontri verificatisi vicino Patrasso (Grecia) tra la polizia e i militanti di estrema destra che si opponevano alla presenza dei richiedenti asilo. L’avv. Ballerini affermava:
    «[La] situazione non cessa di aggravarsi e rende manifestamente impossibile localizzare nuovamente i ricorrenti.»
  47. Il 3 aprile 2013 l’avv. Ballerini informò la Corte, producendo la relativa documentazione, che il sig. Najeeb Heideri (alias Najib Haidari)78 aveva ottenuto lo status di rifugiato in Italia. Nell'ambito di tale procedura il ricorrente aveva dichiarato, in particolare, di aver tentato due volte di recarsi clandestinamente dalla Grecia in Italia e di essere stato oggetto nel porto di Ancona di un respingimento informale, senza essere prima identificato.
  48. Il 10 settembre 2013 il governo italiano ha fatto pervenire alla Corte tutti i documenti riguardanti la procedura d'asilo del sig. Najeeb Heideri (alias Najib Haidari), sottolineando nei suoi commenti che questo ricorrente non era mai stato iscritto nella banca dati «Eurodac» come richiedente asilo in Grecia.

    II. IL DIRITTO INTERNAZIONALE E IL DIRITTO EUROPEO PERTINENTI
  49. La Corte, pur rinviando all’esposizione esaustiva del diritto internazionale ed europeo pertinenti riportati nella sentenza M.S.S. c. Belgio e Grecia [GC], n. 30696/09, §§ 54-87, CEDU 2011, ritiene opportuno citare alcuni testi e disposizioni.

    A. La Convenzione di Ginevra del 1951 relativa allo status dei rifugiati
  50. L’Italia e la Grecia hanno ratificato la Convenzione di Ginevra del 1951 relativa allo status dei rifugiati («la Convenzione di Ginevra»), che definisce le modalità secondo le quali uno Stato deve accordare lo status di rifugiato alle persone che ne fanno richiesta, nonché i diritti e i doveri di tali persone.
  51. L’articolo 33 § 1 della Convenzione di Ginevra recita:
    «1.Nessuno Stato contraente potrà espellere o respingere - in nessun modo – un rifugiato verso le frontiere dei luoghi ove la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a causa della sua razza, religione, nazionalità, appartenenza ad una determinata categoria sociale o per le sue opinioni politiche.»
  52. Nella sua nota sulla protezione internazionale del 13 settembre 2001 (A/AC.96/951, § 16), l’HCR, che ha il compito di vigilare sul modo in cui gli Stati parte applicano la Convenzione di Ginevra, ha indicato che questo principio, detto del «non respingimento» era:
    «un principio fondamentale di protezione che non ammette riserve. Sotto molti aspetti, questo principio è il complemento logico del diritto di chiedere asilo riconosciuto nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Tale diritto ha finito per essere considerato una norma di diritto internazionale consuetudinario vincolante per tutti gli Stati. Inoltre, il diritto internazionale dei diritti dell’uomo ha stabilito che il non respingimento è una componente fondamentale del divieto assoluto di tortura e di trattamenti crudeli, inumani o degradanti. L’obbligo di non respingere è anche riconosciuto come applicabile ai rifugiati indipendentemente dal loro riconoscimento ufficiale, il che comprende evidentemente i richiedenti asilo il cui status non è stato ancora determinato. Esso si estende a qualsiasi misura attribuibile ad uno Stato che possa produrre l’effetto di rinviare un richiedente asilo o un rifugiato verso le frontiere di un territorio in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate e in cui rischierebbe la persecuzione. Questo include il rifiuto alla frontiera, l’intercettazione e il respingimento indiretto, che si tratti di un individuo in cerca di asilo o di un afflusso massiccio.»

    B. La raccomandazione R (84) 1 del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa relativa alla protezione delle persone che non sono formalmente riconosciute come rifugiati
  53. Adottata dal Comitato dei Ministri il 25 gennaio 1984, nel corso della 366a riunione dei Delegati dei Ministri, la Raccomandazione n. R (84) 1 del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa relativa alla protezione delle persone che soddisfano i criteri della Convenzioni di Ginevra che non sono formalmente riconosciuti come rifugiati, è così formulata:
    «Il Comitato dei Ministri, in virtù dell'articolo 15.b dello Statuto del Consiglio d'Europa,
    Considerato che lo scopo del Consiglio d'Europa è raggiungere una maggiore unità tra i suoi Stati membri;
    Vista la Convenzione relativa allo status dei rifugiati del 28 luglio 1951 emendata dal Protocollo relativo allo status dei rifugiati del 31 gennaio 1967, e in particolare l'articolo 33 di tale convenzione;
    Considerando che negli Stati membri del Consiglio d'Europa si trovano persone che soddisfano i criteri della definizione del termine "rifugiato" ai sensi dell'articolo 1° della Convenzione del 28 luglio 1951 relativa allo status dei rifugiati emendata dal Protocollo del 31 gennaio 1967 ma che, poiché non hanno richiesto lo status di rifugiato o per altre ragioni, non sono formalmente riconosciute come rifugiati;
    Rammentando lo spirito liberale e umanitario degli Stati membri del Consiglio d'Europa nei confronti delle persone richiedenti asilo e, in particolare, il loro impegno in favore del principio del non respingimento come risulta dalla Risoluzione (67) 14 sull'asilo a persone in pericolo di persecuzione e dalla Dichiarazione sull’asilo territoriale del 1977;
    Considerando che il principio di non respingimento è riconosciuto come principio generale applicabile a tutte le persone;
    Avendo a mente la Convenzione europea dei Diritti dell'Uomo e in particolare l’articolo 3;
    Considerando la Raccomandazione n. 773 (1976) dell’Assemblea Consultiva sulla situazione dei rifugiati de facto,
    Raccomanda ai governi degli Stati membri di assicurare, fatte salve le eccezioni previste dall'articolo 33, paragrafo 2, della Convenzione di Ginevra, che il principio secondo il quale nessuna persona dovrebbe essere oggetto di un rifiuto alla frontiera, di un respingimento, di una espulsione o di qualsiasi altra misura che avrebbe l'effetto di obbligarla a ritornare o a rimanere in un territorio in cui tema a ragione di essere perseguitata per motivi di razza, religione, nazionalità, per la sua appartenenza a un dato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, sia applicato indipendentemente dal fatto che questa persona sia stata o meno riconosciuta come rifugiato secondo la Convenzione sullo status dei rifugiati del 28 luglio 1951 e il Protocollo del 31 gennaio 1967.»

    C. Diritto dell’Unione europea
    1. I regolamenti «Dublino» e «Eurodac»
  54. Il regolamento n. 343/2003 del Consiglio del 18 febbraio 2003 che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo (detto regolamento «Dublino II» - o semplicemente «regolamento Dublino) si applica agli Stati membri dell'Unione europea nonché alla Norvegia, all'Islanda e alla Svizzera.
  55. Questo regolamento sostituisce le disposizioni della Convenzione di Dublino sulla determinazione dello Stato competente per l'esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri delle Comunità europee (sistema «Dublino I»), che era stata firmata il 15 giugno 1990.
    Esso è completato da un regolamento recante le modalità di applicazione (1560/2003, del 2 settembre 2003).
  56. Così come risulta dal secondo considerando che figura nel preambolo di quest’ultimo, il regolamento «Dublino II» si basa sulla presunzione che gli Stati membri rispettino il principio del divieto di respingimento previsto dalla Convenzione di Ginevra e siano considerati paesi sicuri.
  57. Ai sensi del regolamento, gli Stati membri sono tenuti a determinare, in base a criteri oggettivi e gerarchici (articoli da 5 a 14), lo Stato membro competente per l'esame di una richiesta di asilo presentata sul loro territorio. In particolare, se il richiedente asilo ha varcato illegalmente la frontiera di uno Stato membro, proveniente da un paese terzo, lo Stato membro è competente per l'esame della domanda d'asilo nei dodici mesi successivi all'attraversamento della sua frontiera (articolo 10 § 1). Questo sistema ha lo scopo di evitare il fenomeno di domande multiple e allo stesso tempo di garantire che il caso di ogni richiedente asilo venga trattato da un unico Stato membro.
  58. Se l'applicazione dei criteri stabiliti dal regolamento designa come competente un altro Stato membro, quest'ultimo deve prendere in carico il richiedente asilo e, quindi, esaminare la sua domanda.
  59. Nel caso in cui lo Stato richiesto si dichiari competente (o non risponda entro due mesi dalla ricezione della domanda), il primo Stato membro notifica al richiedente una decisione motivata informandolo che ha l’obbligo di trasferirlo. Questo trasferimento deve avvenire al massimo entro sei mesi a decorrere dall’accettazione della richiesta di presa in carico. Se il trasferimento non avviene entro i termini, la competenza ricade sullo Stato membro nel quale è stata presentata la domanda d'asilo.
  60. In deroga alla regola generale, ciascuno Stato membro può esaminare una domanda di asilo anche se tale esame non gli compete in base ai criteri stabiliti nel regolamento (articolo 3 § 2). Si tratta della clausola detta di «sovranità». In questo caso, detto Stato diventa lo Stato membro competente e assume gli obblighi connessi a tale competenza.
  61. Inoltre, qualsiasi Stato membro può, pur non essendo competente in applicazione dei criteri definiti dal presente regolamento, procedere al ricongiungimento dei membri di una stessa famiglia nonché di altri parenti a carico, per ragioni umanitarie, fondate in particolare su motivi familiari o culturali (articolo 15 § 1). Si tratta della clausola detta «umanitaria». In tal caso, detto Stato membro esamina, su richiesta di un altro Stato membro, la domanda di asilo dell'interessato. Le persone interessate devono acconsentirvi.
  62. Questo regolamento è completato dal regolamento n. 2725/2000 dell'11 dicembre 2000 che istituisce il sistema Eurodac per il confronto delle impronte digitali. Tale sistema impone agli Stati di registrare le impronte digitali dei richiedenti asilo. I dati sono trasmessi all'unità centrale di Eurodac, gestita dalla Commissione europea, che li registra nella banca dati centrale e li confronta con i dati che sono già memorizzati.
  63. Il regolamento Dublino II è stato rifuso dal regolamento n. 604/2013 del 26 giugno 2013 (detto regolamento «Dublino III»). Entrato in vigore il ventesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea (GU L 180/31 del 29 giugno 2013), il regolamento Dublino III è applicabile alle domande di protezione internazionale presentate a partire dal primo giorno del sesto mese successivo alla sua entrata in vigore (ossia il 1° gennaio 2014), oltre che alle richieste di presa in carico o ripresa in carico dei richiedenti, quale che sia la data della loro domanda.
  64. Questa riforma del sistema di Dublino si prefigge, in particolare, di accrescere la protezione dei richiedenti asilo nell'iter di determinazione dello Stato membro competente per l'esame delle loro domande. A tale scopo, il nuovo regolamento prevede che
    • il richiedente asilo ha il diritto di essere informato, tra l'altro:
      • delle conseguenze della presentazione di un'altra domanda in uno Stato membro diverso, nonché delle conseguenze dello spostarsi da uno Stato membro a un altro durante le fasi in cui si determina lo Stato membro competente ai sensi del presente regolamento e in cui è esaminata la domanda di protezione internazionale;
      • dei criteri di determinazione dello Stato membro competente, della loro gerarchia e della loro durata;
      • della possibilità di impugnare una decisione di trasferimento e, ove applicabile, di chiedere la sospensione del trasferimento;
    • la Commissione, mediante atti di esecuzione, redige un opuscolo comune, nonché un apposito opuscolo per i minori non accompagnati, contenenti quanto meno le informazioni summenzionate;
    • lo Stato membro che ha avviato la procedura di determinazione dello Stato membro competente per l'esame della domanda effettua, avvalendosi di personale qualificato, un colloquio personale e riservato con il richiedente, in una lingua a lui comprensibile o con l'aiuto di un interprete;
    • l'interesse superiore del minore deve costituire un criterio fondamentale per gli Stati membri in tutte le procedure previste dal regolamento. In particolare, gli Stati membri provvedono affinché il minore non accompagnato sia rappresentato o assistito in tutte le procedure previste dal regolamento.
  65. I diritti e le garanzie previsti dal nuovo regolamento si applicano non appena sia stata presentata domanda di protezione internazionale, ossia a partire dal momento in cui le autorità competenti dello Stato membro interessato ricevono un formulario presentato dal richiedente o un verbale redatto dalle autorità (articoli 2 c), 4 e 20 § 2).
  66. Anche il regolamento Eurodac è stato rifuso dal regolamento n. 603/2013 del 26 giugno 2013 (detto «Eurodac II») (GU L 180 del 29 giugno 2013).

    2. Le direttive «Accoglienza» e «Procedura»
  67. Ladirettiva 2003/9 del 27 gennaio 2003 sulle norme minime relative all'accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri (detta «direttiva Accoglienza»), entrata in vigore il giorno della sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale (GU L 31 del 6 febbraio 2003), prevede che gli Stati debbano garantire ai richiedenti asilo:
    • alcune condizioni materiali di accoglienza, in particolare per quanto riguarda l'alloggio, il vitto e il vestiario, che devono essere forniti in natura o in forma di sussidi economici. I sussidi devono essere sufficienti per impedire che il richiedente cada in una situazione di indigenza
    • disposizioni appropriate per mantenere l'unità familiare;
    • cure mediche e psicologiche;
    • l'accesso dei minori al sistema educativo e ai corsi di lingue quando ciò sia necessario per assicurare loro una scolarità normale.

       

  68. Inizialmente, l'articolo 3 («Ambito di applicazione») della suddetta direttiva era così formulato:
    «1.La presente direttiva si applica a tutti i cittadini di paesi terzi e agli apolidi che presentano domanda di asilo alla frontiera o nel territorio di uno Stato membro, purché siano autorizzati a soggiornare in tale territorio in qualità di richiedenti asilo, nonché ai loro famigliari, se inclusi nella domanda di asilo a norma del diritto nazionale.»
  69. La direttiva Accoglienza è stata rifusa dalla direttiva n. 2013/33 del 26 giugno 2013 (GU L 180/96 del 29 giugno 2013), allo scopo di garantire un regime europeo comune per quanto riguarda le condizioni materiali di accoglienza e i diritti fondamentali dei richiedenti asilo, e di fare in modo che il trattenimento dei richiedenti asilo sia considerato solo come ultima risorsa.
  70. Nella sua nuova versione, l’articolo 3 («Ambito di applicazione») della direttiva Accoglienza è così formulato:
    «La presente direttiva si applica a tutti i cittadini di paesi terzi e agli apolidi che presentano una domanda di protezione internazionale nel territorio di uno Stato membro, comprese la frontiera, le acque territoriali o le zone di transito, purché siano autorizzati a soggiornare in tale territorio in qualità di richiedenti, nonché ai familiari, se inclusi nella domanda di protezione internazionale ai sensi del diritto nazionale.»
  71. La direttiva 2005/85 del 1° dicembre 2005 recante norme minime per le procedure applicate negli Stati ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato (detta «direttiva Procedura»), entrata in vigore il giorno della sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale (GU L 326/13 del 13 dicembre 2005), garantisce, tra gli altri, i seguenti diritti:
    • i richiedenti asilo devono essere informati della procedura da seguire, dei loro diritti e obblighi e del risultato della decisione presa dall’autorità competente per la individuazione delle persone da proteggere;
    • i richiedenti asilo devono avere la possibilità di ricorrere a un interprete per esporre la propria situazione alle autorità competenti;
    • i richiedenti asilo devono avere la possibilità di comunicare con l’HCR. Più in generale, gli Stati membri devono consentire all’HCR di avere accesso ai richiedenti asilo, compresi quelli sottoposti a trattenimento, nonché alle informazioni sulle domande e sulle procedure d’asilo, e consentirgli di dare il suo parere alle autorità competenti;
    • i richiedenti asilo devono avere la possibilità effettiva di consultare, a loro spese, un legale.
  72. La direttiva Procedura è stata rifusa dalla direttiva n. 2013/32 del 29 giugno 2013 (GU L 180/60 del 29 giugno 2013), allo scopo di aumentare l’equità, la rapidità e la qualità delle decisioni in materia di asilo mettendo a punto delle norme sulle procedure di riconoscimento e revoca della protezione internazionale negli Stati membri al fine di stabilire una procedura d’asilo comune nell’Unione.
    I principi della direttiva Procedura rifusa – così come sono esposti nel preambolo – sono, in particolare, i seguenti:
    • ogni richiedente deve avere un accesso effettivo alle procedure, l’opportunità di cooperare e comunicare correttamente con le autorità competenti per presentare gli elementi rilevanti della sua situazione, e disporre di sufficienti garanzie procedurali per far valere i propri diritti in ciascuna fase della procedura;
    • ogni richiedente deve, peraltro, poter comunicare con il rappresentante dell’HCR e con altre organizzazioni che prestano consulenza e assistenza ai richiedenti protezione internazionale;
    • al fine di garantire l’effettivo accesso alla procedura di esame delle domande di asilo, i pubblici ufficiali che per primi vengono a contatto con i richiedenti protezione internazionale, in particolare i pubblici ufficiali incaricati della sorveglianza delle frontiere terrestri o marittime o dei controlli alla frontiera, ricevono le informazioni pertinenti e la formazione adeguata, in modo da essere in grado di dare ai cittadini di paesi terzi o agli apolidi presenti sul territorio degli Stati membri, compreso alla frontiera, nelle acque territoriali o nelle zone di transito, e che domandano una protezione internazionale, le informazioni pertinenti su come e dove possono presentare una domanda di protezione internazionale.
  73. Maggiori garanzie sono previste per i minori non accompagnati. In particolare, sono previsti alcuni limiti per quanto riguarda il trattamento delle loro domande di asilo nell’ambito delle procedure d’esame accelerate o svolte alla frontiera.

    3. L’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo
  74. Il regolamento n. 439/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 maggio 2010 (GU L 132/27 del 29 maggio 2010) ha istituito un Ufficio europeo di sostegno per l'asilo («l’Ufficio di sostegno»), per contribuire a migliorare l'attuazione dello spazio comune di asilo, per rafforzare la cooperazione pratica in materia d’asilo tra gli Stati membri e fornire un sostegno operativo agli Stati membri i cui sistemi di asilo e di accoglienza sono sottoposti a una pressione particolare o coordinare la prestazione di tale sostegno.
  75. L’Ufficio di sostegno coordina, in particolare, le azioni di sostegno agli Stati membri i cui sistemi di asilo e di accoglienza sono sottoposti ad una pressione particolare, ad esempio per l’arrivo improvviso di un gran numero di cittadini di paesi terzi che possono aver bisogno di protezione internazionale o per la situazione geografica o demografica dello Stato membro. In questo quadro, l’Ufficio assicura l’invio sul territorio dello Stato interessato, per una durata limitata, di una o più squadre di sostegno per l’asilo incaricate di mettere a disposizione la propria competenza in materia di interpretazione, informazioni sui paesi di origine e conoscenza del trattamento e della gestione dei singoli casi.
  76. Il 1° febbraio 2011 l’Ufficio di sostegno è diventato operativo come agenzia dell’Unione Europea.

    4. Il quadro giuridico di Schengen
  77. L’Accordo di Schengen firmato il 14 giugno 1985 fra i governi di Germania, Belgio, Francia, Lussemburgo e Paesi Bassi mira alla graduale soppressione dei controlli alle frontiere comuni agli Stati firmatari e ad instaurare un sistema di libera circolazione delle persone, sia per i propri cittadini che per quelli degli altri Stati membri o dei paesi terzi.
    L'accordo è completato da una convenzione che stabilisce le condizioni di applicazione e le garanzie di attuazione di questa libera circolazione. Firmata a Schengen il 19 giugno 1990 dagli stessi cinque Stati membri, detta convenzione è entrata in vigore soltanto nel 1995.
  78. L'Italia e la Grecia hanno firmato questi accordi rispettivamente il 27 novembre 1990 e il 6 novembre 1992.
  79. L’Accordo e la Convenzione di Schengen, nonché gli accordi ad essi connessi, formano il cosiddetto «acquis di Schengen». Dal 1999, l’acquis di Schengen è integrato nel quadro istituzionale giuridico dell’Unione Europea in virtù di un protocollo allegato ai trattati.
  80. Il 15 marzo 2006, il Parlamento europeo e il Consiglio hanno adottato il regolamento (CE) n. 562/2006 (GU L 105 del 13 aprile 2006), che istituisce un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (detto «codice frontiere Schengen»). Questo regolamento opera una riforma dell’acquis esistente in materia di controllo delle frontiere. Esso si prefigge di consolidare e sviluppare l'aspetto legislativo della politica di gestione integrata delle frontiere, precisando le regole relative all'attraversamento delle frontiere esterne - sapendo che i controlli frontalieri tra Stati membri sono, per principio, soppressi.
  81. Il ventesimo considerando del codice delle frontiere Schengen recita:
    «Il presente regolamento rispetta i diritti fondamentali ed osserva i principi riconosciuti, in particolare, dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Dovrebbe essere attuato nel rispetto degli obblighi degli Stati membri in materia di protezione internazionale e di non respingimento.»
  82. L'articolo 3 del codice del codice delle frontiere Schengen recita:
    «Il presente regolamento si applica a chiunque attraversi le frontiere interne o esterne di uno Stato membro, senza pregiudizio:
    [...]
    b) dei diritti dei rifugiati e di coloro che richiedono protezione internazionale, in particolare per quanto concerne il non respingimento.»

    D. L’accordo bilaterale di riammissione del 1999
  83. Il 30 marzo (o il 30 aprile, secondo il governo italiano) 1999, l’Italia e la Grecia hanno firmato un accordo bilaterale di riammissione delle persone in situazione irregolare («l'accordo bilaterale del 1999»). Il testo di tale accordo, che non è stato versato al fascicolo dai governi convenuti, è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica ellenica del 7 novembre 2000; in Italia non è stato pubblicato ufficialmente.
  84. L'articolo 5 di tale accordo prevede che ciascuna delle Parti contraenti riammetta sul proprio territorio, su richiesta dell'altra Parte contrente e senza alcuna formalità, il cittadino di un paese terzo che è entrato sul territorio della seconda parte senza avere, nei dodici mesi precedenti la richiesta, transitato o soggiornato sul territorio della prima Parte contraente. La domanda di riammissione deve essere presentata entro tre mesi dalla constatazione della presenza dello straniero nello Stato richiedente.
  85. L'articolo 6 esclude dal campo di applicazione di tale obbligo di riammissione:
    1. i cittadini degli Stati aventi una frontiera in comune con lo Stato richiedente;
    2. gli individui in possesso di permesso di soggiorno in una delle Parti contraenti;
    3. gli individui il cui soggiorno sul territorio dello Stato richiedente si è protratto oltre i sei mesi dalla trasmissione della richiesta di riammissione;
    4. i rifugiati riconosciuti come tali dallo Stato richiedente in applicazione della Convenzione di Ginevra del 1951, e gli apolidi come definiti dalla Convenzione di New York del 1954;
    5. le persone che rientrano nel campo di applicazione della Convenzione di Dublino;
    6. le persone nei cui confronti lo Stato richiedente ha già disposto l'allontanamento verso il loro paese di origine o verso un altro Stato terzo;
    7. le persone in possesso di un titolo di soggiorno rilasciato da uno degli Stati parti all'Accordo di Schengen;
    8. le persone il cui soggiorno sul territorio dello Stato richiedente è terminato più di un anno prima della richiesta di riammissione.
  86. L'articolo 7 sottolinea gli sforzi che le Parti contraenti devono dispiegare affinché il riaccompagnamento delle persone oggetto di richiesta di riammissione sia assicurato con priorità.
  87. A tale accordo bilaterale è allegato un protocollo sull’esecuzione. L'articolo 8 dell'accordo rinvia in particolare a tale protocollo per l'esposizione dettagliata delle condizioni di presentazione delle richieste di riammissione, nonché per la questione delle spese di trasferimento della persona oggetto di tale richiesta. L'articolo 22 dell'accordo rinvia al suddetto protocollo anche per l'elenco delle autorità abilitate a trattare le richieste di riammissione.
  88. Così, secondo il protocollo sull'esecuzione, la richiesta di riammissione deve riportare, in particolare, i dati che permettono di identificare la persona interessata, la sua nazionalità e ad essa devono essere allegate due foto. Questa richiesta, redatta su un modulo che contiene l'indicazione delle autorità richiedenti e delle autorità richieste, deve essere trasmessa a queste ultime via fax; esse devono rispondere in brevissimo tempo e al massimo entro 48 ore dalla ricezione della richiesta.
  89. Infine, l'articolo 23 dell'accordo contiene una clausola di salvaguardia che precisa che tale accordo non può intralciare l'applicazione della Convenzione di Ginevra del 1951 o altri accordi e convenzioni che vincolano le Parti in materia di tutela dei diritti dell'uomo.

    III. Il diritto e la prassi interni greci pertinenti
  90. Il diritto e la prassi greci pertinenti e applicabili ratione temporis sono riassunti nella sentenza M.S.S. c. Belgio e Grecia, sopra citata, §§ 88-127.
  91. Dal piano d'azione sottoposto al Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa, nell'ambito dell'esecuzione della sentenza M.S.S. c. Belgio e Grecia, sopra citata, in vista della riunione DH n. 1120 (13 – 14 settembre 2011), risulta che la procedura d'asilo in Grecia è stata riformata, dapprima con il decreto presidenziale n. 114/2010 (GU A 195/22 novembre 2010) e, in seguito, con gli articoli da 1 a 15 della legge n. 3907/2011 (GU A 26 gennaio 2011).
  92. In particolare, questa riforma mira a istituire un servizio di prima accoglienza, che si occupi dell'organizzazione e della gestione dei centri di prima accoglienza organizzati localmente oltre che nelle unità straordinarie o mobili. Questi centri assicurano soprattutto l'assistenza di interpreti nelle lingue dei paesi di origine degli immigranti (art. 9 § 4). In tali centri, i nuovi arrivati vengono informati sui loro diritti e obblighi; i richiedenti asilo e coloro che appartengono a categorie vulnerabili (minori, donne incinte o partorienti, anziani, famiglie monoparentali) sono separati dalle altre persone.
  93. In vista della riunione DH n. 1144 (4-6 giugno 2012), il governo greco ha informato il Comitato di Ministri sugli sviluppi intervenuti grazie all'attuazione della riforma della procedura d'asilo, sottolineando, in particolare, la realizzazione, in collaborazione con l’HCR, di un opuscolo informativo per i richiedenti asilo in quattordici lingue.
  94. Per maggiori informazioni sulla legislazione e la prassi pertinenti, si vedano anche le sentenze Bygylashvili c. Grecia (n. 58164/10, 25 settembre 2012), Barjamaj c. Grecia (n. 36657/11, 2 maggio 2013), Horshill c. Grecia (n. 70427/11, 1° agosto 2013), Khuroshvili c. Grecia (n. 58165/10, 12 dicembre 2013), e B.M. c. Grecia (n. 53608/11, 19 dicembre 2013).

    IV. Il diritto E LA prassi interni italiani pertinenti
  95. Il diritto e la prassi italiani pertinenti e applicabili ratione temporis sono riportati nella decisione Mohammed Hussein e altri c. Paesi Bassi e Italia, n. 27725/10, §§ 33-41, 2 aprile 2013.
  96. Il Consiglio italiano per i rifugiati (CIR) è una organizzazione non governativa italiana che offre assistenza alle persone costrette a fuggire dai loro paesi. All'epoca dei fatti oggetto della presente causa, esso era incaricato del servizio di accoglienza, assistenza e informazione in materia di asilo e di altre forme di protezione internazionale nei confronti degli stranieri sbarcati, in particolare, nei porti di Ancona, Bari e Venezia, sulla base di accordi con le prefetture di queste città.

    V. Documenti internazionali riguardanti le condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo e la procedura di asilo in Grecia
  97. L'elenco dei documenti e dei rapporti internazionali riguardanti, in particolare, le condizioni dei richiedenti asilo e la procedura d'asilo in Grecia sono riportati nella sentenza M.S.S. c. Belgio e Grecia, sopra citata (§§ 159 e seguenti).
  98. Nelle decisioni adottate nell'ambito dell'esecuzione della sentenza M.S.S. c. Belgio e Grecia, sopra citata (CM/Del/Dec(2011)1120/2, del 14 settembre 2011; CM/Del/Dec(2012)1144/5, del 6 giugno 2012; CM/Del/Dec(2013)1164/5, del 5 marzo 2013), il Comitato dei ministri ha preso nota con interesse delle misure presentate dalle autorità greche, e soprattutto dell'entrata in vigore della legge n. 3907/2011 «sull’istituzione di un servizio d’asilo e di un servizio di prima accoglienza», destinata a rendere le condizioni di detenzione e di vita dei richiedenti asilo come pure la procedura d'asilo conformi alle conclusioni della Corte in tale sentenza.
    Tuttavia, nella decisione n. 5 del 6 giugno 2012, sopra citata, il Comitato dei ministri ha invitato le autorità greche a intensificare i loro sforzi per ripristinare un pieno accesso alla procedura per ottenere l’asilo.
    Nella decisione n. 5 del 7 marzo 2013, sopra citata, il Comitato dei ministri ha «invitato insistentemente le autorità greche a intensificare i loro sforzi al fine di accelerare le riforme ritardate (in particolare il funzionamento del nuovo Servizio d’asilo) e di risolvere i problemi pratici riguardanti l’accesso alla procedura d’asilo […] e la presentazione delle domande di asilo in detenzione».
  99. Il rapporto del Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, sig. Nils Muižnieks, pubblicato il 16 aprile 2013 a seguito della sua visita in Grecia dal 28 gennaio al 1° febbraio 2013, riporta quanto segue riguardo i minori migranti non accompagnati (traduzione a cura della cancelleria):
    «146. [...] Il Commissario è particolarmente preoccupato per la situazione dei minori migranti non accompagnati. Ha incontrato un gruppo di giovani migranti afghani nel parco «Pediontou Areos» di Atene dove si riparano in condizioni difficili mancando totalmente qualsiasi altra soluzione alloggiativa.
    147. Il Commissario è preoccupato per la persistenza della maggior parte dei problemi già segnalati nel 2009 e 2010 in merito ai minori migranti. Non vi sono procedure adeguate per identificare i minori non accompagnati o separati dai loro genitori né vi sono adeguati dispositivi di protezione, ivi compresa la custodia del minore. Queste lacune rendono i minori migranti molto esposti alla tratta, al contrabbando e alla violenza razzista.»
  100. Più in generale, per quanto riguarda il diritto e la prassi greci in materia di asilo e di migrazioni, il rapporto summenzionato del Commissario per i diritti dell’uomo si conclude come segue:
    «150. Il commissario si felicita delle misure adottate dalle autorità greche dopo il 2011 [si vedano i paragrafi 91-92 supra] per dare attuazione ad una procedura d’asilo effettiva in Grecia. Raccomanda vivamente alle autorità di vigilare affinché i nuovi servizi di asilo divengano operativi senza attendere oltre e di migliorare in modo sostanziale la capacità di accoglienza dei richiedenti asilo. Inoltre, occorre porre fine alla prassi amministrativa seguita dalla direzione della polizia di Atene riguardante la presentazione delle domande di asilo, perché questa prassi è degradante per i richiedenti asilo. Nell’attesa, gli Stati dell’Unione europea debbono avvalersi della “clausola di sovranità” prevista dall’articolo 3 § 2 del regolamento Dublino e non devono rimandare i richiedenti asilo in Grecia.»

    VI. DOCUMENTI INTERNAZIONALI RIGUARDANTI LE CONDIZIONI DI ACCOGLIENZA DEI RICHIEDENTI ASILO E LA PRASSI DELLE AUTORITÁ DI FRONTIERA ITALIANE NEI PORTI DEL MARE ADRIATICO
  101. Molti rapporti di organizzazioni nazionali e internazionali nonché di organizzazioni non governative descrivono episodi di respingimento indiscriminato verso la Grecia da parte delle autorità di frontiera italiane nei porti del mare Adriatico, fra i quali i porti di Bari, Ancona e Venezia. Da detti rapporti risulta che è soltanto per la buona volontà del personale della polizia di frontiera che le persone intercettate e sprovviste di documenti sarebbero messe in contatto con un interprete e con agenti in grado di fornire loro informazioni minime sul diritto di asilo e sulla relativa procedura; molto spesso, esse incontrerebbero soltanto agenti della polizia e verrebbero immediatamente affidate ai capitani di navi commerciali o turistiche per essere ricondotte in Grecia. Sono segnalate anche carenze per quanto riguarda l’identificazione e l’assistenza dei minori.
  102. Qui di seguito è riportato l’elenco dei principali rapporti:
    • CIR, Rapporto attività 2007, maggio 2008;
    • Progetto Melting Pot Europa, Diritti respinti. Gli atti dell’assemblea cittadina sul porto di Venezia, 11 dicembre 2008;
    • Integration Catholic Migration Commission, May Day! Strengthening responses of assistance and protection to boat people and other migrants arriving in Southern Europe, settembre 2011;
    • Pro Asyl – Greek Council for Refugees, Human Cargo. Arbitrary readmissions from the Italian sea ports to Greece, luglio 2012;
    • HCR, Recommendations on Important Aspects of Refugee Protection in Italy, luglio 2012;
    • Commissario per i diritti dell’uomo del Consiglio d’Europa, Report by Nils Muižnieks, Commissioner for Human Rights of the Council of Europe following his visit to Italy from 3 to 6 July 2012, 18 settembre 2012;
    • European Network for Technical Cooperation on the Application of Dublin II Regulation, Dublin II Regulation National Report. Italy, 19 dicembre 2012;
    • Human Rights Watch, Turned Away. Summary Returns of Unaccompanied Migrant Children and Adult Asylum Seekers from Italy to Greece, gennaio 2013;
    • Consiglio dei diritti dell’uomo delle Nazioni unite, Report by the Special Rapporteur on the human rights of migrants, François Crépeau. Mission to Italy (29 settembre – 8 ottobre 2012), 30 aprile 2013.
  103. Il rapporto del relatore speciale del Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa espone quanto segue: (traduzione a cura della cancelleria):
    «Il Commissario prende nota della sentenza della grande camera Hirsi Jamaa [e altri c. Italia [GC], n. 27765/09, CEDU 2012] riguardante il rinvio in Libia di migranti intercettati, e si felicita per le dichiarazioni dei più alti rappresentanti politici secondo le quali, tenuto conto di questa sentenza, l’Italia non proseguirà più in questa politica. Il Commissario ritiene che la rinegoziazione dell’accordo bilaterale con la Libia deve includere alcune garanzie del rispetto dei diritti dell’uomo al fine di impedire che violazioni simili [a quelle constatate nella causa Hirsi Jamaa, sopra citata] possano verificarsi in caso di espulsione, di intercettazione o di rinvio. Esprime la sua preoccupazione a proposito di rapporti secondo i quali alcuni problemi simili derivano dall’applicazione di altri accordi bilaterali, come l’accordo di riammissione con l’Egitto e la Tunisia, e dei rinvii automatici in Grecia. Il Commissario raccomanda vivamente alle autorità italiane di vigilare affinché tutti i migranti, compresi quelli che sono intercettati, abbiano pieno accesso alla procedura d’asilo e, a tal fine, prevedere una formazione continua degli agenti coinvolti, quali gli agenti della polizia di frontiera.»
  104. Nel rapporto del relatore speciale del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite è riportato quanto segue (traduzione a cura della cancelleria):
    « [...] è possibile constatare un incremento dell’arrivo [in Italia] di migranti irregolari dalla Grecia. A questo proposito, occorre menzionare l’accordo di riammissione Grecia - Italia del 1999, ai sensi del quale le due parti accettano il rinvio dei migranti privi di documenti che sono entrati irregolarmente in uno di questi due paesi provenienti dall’altro. Difatti, il numero dei rinvii in Grecia sulla base di questa procedura non sembra molto elevato.
    Tuttavia, il Relatore speciale si preoccupa molto di un’altra prassi, ossia il rinvio non registrato di immigranti irregolari intercettati come passeggeri clandestini dei traghetti arrivati nei porti italiani del mar Adriatico. Questi traghetti, spesso provenienti da Patrasso e da Igoumenitsa in Grecia, arrivano nei porti italiani di Ancona, Bari, Brindisi e Venezia. Secondo le testimonianze raccolte dal Relatore speciale, gli immigranti intercettati nei traghetti sono consegnati al capitano della nave e non sono neanche autorizzati a sbarcare […]. Essi vengono rimandati in Grecia con la stessa nave [...].
    Il Relatore speciale nota che questi respingimenti sembrano aver luogo senza le garanzie procedurali idonee a permettere un’adeguata verifica degli eventuali bisogni di protezione, in particolare delle domande di asilo, sebbene la legge italiana riconosca il diritto di domandare l’asilo e di ricevere le informazioni e l’assistenza necessarie a tale proposito […]. Inoltre, sebbene le autorità dei suddetti porti abbiano firmato degli accordi con le ONG per assistere gli immigranti, queste stesse ONG affermano di avere un accesso ridotto e limitato alle persone interessate. In particolare, è stato dichiarato al Relatore che la polizia di frontiera non informa regolarmente le ONG dell’intercettazione di persone arrivate irregolarmente e alcune ONG hanno segnalato di non avere accesso alla “zona sterile”, ossia alla zona del porto dove queste persone sono in custodia prima di essere respinte. L’accesso alle procedure d’asilo sembra dipendere dalla decisione della polizia di frontiera nei porti, i cui agenti hanno spesso una conoscenza limitata del diritto internazionale riguardante la protezione dei richiedenti asilo […].
    Un’altra grave preoccupazione è legata al fatto che, nel quadro di questi respingimenti, alcuni minori non accompagnati sono stati rimandati in Grecia. Il rinvio di minori non accompagnati costituisce una violazione diretta del diritto internazionale e italiano […].
    Il Relatore speciale ha appreso dalle autorità italiane che questi rinvii sono considerati giustificati sulla base dell’accordo di riammissione del 1999 tra l’Italia e la Grecia. L’applicazione di tale accordo di riammissione in questo contesto appare tuttavia discutibile […]. Sembra che queste persone vengano rinviate in Grecia senza alcuna procedura di riammissione o richiesta di autorizzazione, fatto che deve essere considerato [in contrasto con quanto stipulato] nel suddetto accordo di riammissione. Anche le regole di Schengen vengono indicate come una base legale sulla quale fondare questi rinvii che vengono considerati giustificati nello spazio Schengen. Eppure il Relatore speciale nota che il codice delle frontiere di Schengen prevede chiaramente che quest’ultimo sia applicato nel rispetto dei diritti fondamentali e conformemente agli obblighi internazionali degli Stati in materia di protezione internazionale e di non respingimento.
    Tenuto conto della sentenza M.S.S., [sopra citata], l’Italia dovrebbe proibire formalmente la pratica dei respingimenti automatici e informali verso la Grecia. Inoltre, dovrebbero essere messe in atto le procedure ufficiali di controllo e di selezione, nel corso delle quali ogni immigrante intercettato dalle autorità portuali dovrebbe avere la possibilità di far valere le sue esigenze di protezione e di chiedere asilo. Tutte le autorità portuali dovrebbero ricevere ufficialmente una formazione in materia di diritto internazionale dei diritti umani, ivi compreso il diritto di domandare asilo e i diritti dei minori; esse dovrebbero anche essere sensibilizzate sul fatto che gli avvocati e i rappresentanti delle ONG e delle organizzazioni internazionali devono avere un accesso pieno e libero al porto e a qualsiasi altra zona dove è possibile che vi siano degli immigranti.»

    VII. DOCUMENTI INTERNAZIONALI CHE DESCRIVONO LA SITUAZIONE IN AFGHANISTAN
  105. Dal 2007, l’HCR pubblica le «Linee guida sulla valutazione delle esigenze di protezione internazionale dei richiedenti asilo provenienti dall’Afghanistan», che sono periodicamente aggiornate. Gli elementi pertinenti della versione del mese di luglio 2009 (il cui quadro più dettagliato è riportato nella sentenza M.S.S. c. Belgio e Grecia, sopra citata, §§ 197-202) possono riassumersi come segue.
  106. In base alle informazioni raccolte tra novembre 2007 e marzo 2009, l’Afghanistan è descritto come il teatro di un conflitto armato che si sta via via intensificando e che oppone il governo e i suoi alleati internazionali a parecchi gruppi di insorti, tra cui i talebani, lo Hezb-e Islami e Al-Qaida, in un quadro in cui svolge un ruolo importante anche una complessa nebulosa di gruppi armati legali e illegali e di gruppi criminali organizzati.
  107. In questo contesto, la valutazione del bisogno di protezione internazionale dei richiedenti asilo provenienti dall’Afghanistan deve essere eseguita, secondo l’HCR, su base individuale, considerando favorevolmente coloro che appartengono a certe categorie o provengono da certe zone del paese.
  108. L’HCR rileva, in particolare, i seguenti elementi:
    1. le persone di etnia hazâra continuano ad essere oggetto delle discriminazioni sociali di cui sono tradizionalmente vittime da parte delle persone di etnia pashtun, e possono essere minacciate dalla crescita del potere dei «signori della guerra», anche se questi rischi non hanno la stessa portata in tutto il paese;
    2. il conflitto armato si è inasprito in alcune province situate nel centro del paese, come quello di Ghazni, dove sono state segnalate esecuzioni sommarie e uccisioni di civili; le ONG parlano di serie difficoltà di accesso a questa provincia;
    3. i minori non accompagnati o separati dai loro genitori costituiscono una delle categorie più vulnerabili in Afghanistan; il numero di minori che rimangono uccisi, sfruttati o che sono vittime di violenze di ogni genere non cessa di aumentare, come pure il loro reclutamento forzato nelle milizie dei diversi gruppi combattenti.
  109. La possibilità di una nuova sistemazione interna è considerata come eccezionale.

    IN DIRITTO
    I. QUESTIONI PRELIMINARI
    A. Sulla ricevibilità ratione personae e sul carattere abusivo del ricorso

    1. Tesi delle parti
  110. Il governo italiano sottolinea che, ad eccezione del sig. Reza Karimi, nessuno dei ricorrenti compare nei documenti o nelle banche dati ufficiali delle autorità nazionali. Le persone che hanno firmato le procure per presentare il ricorso dinanzi alla Corte avrebbero, verosimilmente, dato false identità ai loro avvocati.
  111. Per quanto riguarda il sig. Reza Karimi, basandosi su una nota della polizia di frontiera, il governo italiano indica che una persona con lo stesso nome e cognome è stata effettivamente identificata il 14 gennaio 2009 al porto di Ancona, ma sottolinea che l’anno di nascita dichiarato da quest’ultima alle autorità (1973) non corrisponde all’anno di nascita menzionato nel formulario di ricorso (1974).
  112. Pertanto, basandosi sulla sentenza Hussun e altri c. Italia (cancellazione), nn. 10171/05, 10601/05, 11593/05 e 17165/05, 19 gennaio 2010, il governo italiano invita la Corte a dichiarare il ricorso irricevibile in quanto abusivo o incompatibile ratione personae con la Convenzione.
  113. Il governo greco, da parte sua, espone che, malgrado le indagini approfondite alle quali si è proceduto, sembra che, ad eccezione di dieci di loro (menzionati nel paragrafo 13 supra), i ricorrenti siano sconosciuti alle autorità.
  114. Esso spiega che l’impossibilità di trovare traccia della maggior parte dei ricorrenti in quanto persone che hanno attraversato il paese non è legata a una inadeguatezza del sistema Eurodac (paragrafo 62 supra) o a una sua attuazione lacunosa in Grecia, ma è imputabile esclusivamente al fatto che gli immigranti irregolari, generalmente sprovvisti di documenti, forniscono molto spesso alle autorità generalità false o incomplete; inoltre succede anche che molti immigrati si identifichino davanti alle autorità con lo stesso nome.
  115. Di conseguenza, il governo greco invita la Corte a dichiarare il ricorso irricevibile in quanto incompatibile ratione personae con la Convenzione nei confronti dei ricorrenti che non sono stati identificati79.
  116. La rappresentante dei ricorrenti ritiene che l’esistenza di questi ultimi non possa essere messa in discussione, a meno di non voler dubitare dell’autenticità delle procure, il che significherebbe accusare tre avvocati di falso. Al contrario, continua l’avvocato Ballerini,
    «i ricorrenti hanno raccontato la loro storia personale, hanno accettato di essere intervistati e fotografati, hanno mostrato i pochi documenti che possedevano e hanno firmato le procure in presenza del loro difensore greco e di un interprete, entrambi affidabili, declinando la loro identità. Si tratta di fatti incontestabili, che possono essere dimostrati per mezzo di documenti inattaccabili e che potrebbero essere ulteriormente confermati dalle testimonianze degli agenti umanitari presenti a Patrasso [...] e del loro difensore greco, avv. Masouridou.»
  117. In ogni caso, la difficoltà di ottenere informazioni più precise e dettagliate a proposito dei ricorrenti deriverebbe dalla mancanza di cooperazione da parte dei governi convenuti con la Corte, contrariamente all’articolo 38, paragrafo 1 a) della Convenzione, nonché dalla pratica dei paesi convenuti in materia di gestione di flussi migratori – pratica di cui farebbe parte, per quanto riguarda l’Italia, il respingimento rapido verso la Grecia delle persone sprovviste di visto che vengono intercettate nei porti italiani del mar Adriatico.

    2. Valutazione della Corte
  118. La Corte osserva, anzitutto, che il fascicolo di causa contiene alcune prove dei contatti regolari con alcuni ricorrenti indicati dai governi convenuti nelle loro eccezioni, nonché alcune informazioni circostanziate e dettagliate al riguardo. Tra i documenti in tal senso possono essere citati, a titolo di esempio: a) la lettera del centro di accoglienza norvegese relativa al sig. Mozamil Azimi80 (paragrafo 37 supra); b) la corrispondenza tra l’avv. Ballerini, da una parte, e il centro di accoglienza norvegese e il CIR di Gorizia, dall’altra, riguardo al sig. Reza Karimi81 (paragrafi 39, 41 e 43 supra); c) le lettere del sig. Yasir Zaidi 82, che costituiscono altrettante testimonianze del suo interesse per il ricorso (paragrafi 42 e 45 supra). Si tratta di lettere o di mail la cui autenticità non è stata messa in dubbio dai governi convenuti.
  119. Peraltro, dal fascicolo risulta che nel maggio 2010 il sig. Najeeb Heideri, altro ricorrente interessato dalle eccezioni dei governi convenuti83, ha chiesto asilo all’Italia e che, il 7 febbraio 2013, ha ottenuto lo status di rifugiato, ed è stato rappresentato durante tutta quest’ultima procedura dall’avv. Ballerini (paragrafi 32, 39 e 47 supra).
  120. Infine, contrariamente a quanto la Corte ha osservato nella sentenza Hussun e altri, sopra citata, §§ 43-46, non sembra, nella presente causa, che le procure allegate al formulario di ricorso siano state, per la maggior parte, firmate dalla stessa persona.
  121. In queste circostanze la Corte non ritiene di dover dubitare dell’autenticità delle procure, dell’identità dei ricorrenti o di tutte le deduzioni contenute nel ricorso. Pertanto, le eccezioni dei governi convenuti a questo riguardo devono essere respinte.

    B. Sull’esaurimento delle vie di ricorso interne
  122. Il governo greco ritiene che il ricorso sia irricevibile per mancato esaurimento delle vie di ricorso interne, in quanto i ricorrenti hanno omesso di adire i giudici nazionali al fine di ottenere il riconoscimento e la riparazione delle violazioni della Convenzione da essi dedotte.
  123. La Corte osserva che i ricorrenti lamentano anche che, in Grecia, non disponevano di un ricorso che rispondesse alle esigenze dell’articolo 13 della Convenzione. Considerando che esiste uno stretto legame tra la tesi del Governo su questo punto e la fondatezza dei motivi di ricorso formulati dai ricorrenti dal punto di vista di questa disposizione, la Corte ritiene che sia opportuno unire questa eccezione al merito.

    C. Sul proseguimento dell’esame del ricorso
    1. Principi generali
  124. La Corte rammenta che il rappresentante di un ricorrente deve non solo produrre una procura o una delega scritta (articolo 45 § 3 del regolamento), ma anche mantenere i contatti con l’interessato per tutta la durata del procedimento. Tali contatti sono essenziali sia per approfondire la conoscenza di elementi di fatto riguardanti la situazione particolare del ricorrente che per confermare l’interesse del ricorrente al proseguimento dell’esame del suo ricorso (si vedano, mutatis mutandis, Ali c. Svizzera, 5 agosto 1998, § 32, Recueil des arrêts et décisions 1998‑V e Hussun e altri, sopra citata, §§ 48-49). In effetti, l’articolo 37 della Convenzione prevede che «[in] ogni momento della procedura, la Corte può decidere di cancellare un ricorso dal ruolo quando le circostanze permettono di concludere [...] che il ricorrente non intende più mantenerlo». La capacità e la volontà dei ricorrenti di mantenere e suffragare i ricorsi presumibilmente presentati a loro nome sono pertanto fondamentali, tenuto conto peraltro dell’articolo 34 della Convenzione che, nell’intento di escludere qualsiasi actio popularis, subordina il diritto di ricorso individuale alla condizione che la persona fisica, l’organizzazione non governativa o il gruppo di privati che se ne avvale possa considerarsi «vittima» di una violazione dei diritti riconosciuti nella Convenzione (Burden c. Regno Unito [GC], n. 13378/05, § 33, CEDU 2008).

    2. Applicazione nel caso di specie
  125. La Corte ritiene necessario esaminare la questione procedendo per gruppi di ricorrenti. Dal punto di vista dei contatti degli interessati con il loro rappresentante e del loro interesse al proseguimento dell’esame del ricorso, si possono così distinguere quattro gruppi di ricorrenti.
    a) Primo gruppo
  126. Un primo gruppo di ricorrenti è costituito dai sigg. Sardar Agha Khan, Habib Yusufi, Shirshah Sherdil Aghsheern, Moqaddas Raheimi, Bilal Mohamed Taha, Salahuddin Chaqar, Mohamad Anif Servery e Abdul Hakim Hasani84.
    Questi ricorrenti hanno in comune il fatto di non essere mai stati menzionati dal loro rappresentante nella sua corrispondenza con la Corte successiva alla presentazione del ricorso. Del resto, già nella sua lettera del 19 giugno 2009, l’avv. Ballerini non forniva informazioni a proposito di questi ricorrenti, e ammetteva di non sapere dove si trovassero (paragrafo 16 supra). Dal fascicolo non risulta nemmeno che questi ricorrenti abbiano cercato di contattare il loro rappresentante o che abbiano manifestato in qualsiasi modo il loro interesse alla continuazione dell’esame del ricorso.
    b) Secondo gruppo
  127. Altri ricorrenti, inizialmente menzionati dal loro rappresentante nella corrispondenza con la Corte, hanno cessato di esserlo successivamente, ossia dopo giugno 2009 (per i sigg. Abas Rezai, Ajabdin Akhonzada, Mohamad Sedeq Acheqzai, Ahmad Mohamad Amna, Gaber Ali Omar, Abdul Rahim Faqiri, Zamarak Amarkhel e Hasan Najibi85, dicembre 2009 (per i sigg. Abdul Nabi, Ahsanhullah Amar Khel, Rahim Rahimi86) o agosto 2010 (per i sigg. Alisina Sharifi, Nima Rezai, Mohammad Haroon Ebrahemi, Mohammad Isa Sayyed Hashemi, Nazar Mohammed Yashidi87).
  128. Del resto, anche per quanto riguarda il periodo anteriore al mese di agosto 2010, la Corte deve sottolineare il carattere vago e superficiale delle informazioni riguardanti gli interessati, che sembra dimostrare l’assenza di un contatto effettivo con il loro rappresentante già in quel periodo. Così, per prendere l’esempio del sig. Mohammad Isa Sayyed Hashemi88, si poteva leggere nella lettera del 22 dicembre 2009 che questi era ricoverato in un luogo sconosciuto e che il suo rappresentante non aveva sue notizie (paragrafo 31 supra), mentre la lettera del 27 agosto 2010 si limita a indicare che l’interessato si trova in Norvegia, in un luogo sconosciuto (paragrafo 35 supra). In maniera generale, la lettera del 27 agosto 2010 conteneva come unica informazione riguardo ai ricorrenti ivi menzionati l’indicazione degli Stati nei quali essi dovevano trovarsi, in quanto l’avv. Ballerini diceva di essere in grado di fornire il numero di telefono solo di quattro ricorrenti, non inclusi nel presente gruppo (paragrafo 35 supra). Infine, per quanto riguarda il sig. Nima Rezai89, è sufficiente rinviare alle informazioni contraddittorie contenute nella corrispondenza sintetizzata nei paragrafi 23-28 supra.
    c) Terzo gruppo
  129. Questi ricorrenti sono menzionati in tutta la corrispondenza posteriore alla presentazione del ricorso, il loro indirizzo e i loro dati anagrafici sono infatti indicati nelle lettere del 13 aprile 2011 e del 31 gennaio 2012. Tuttavia, la Corte deve osservare quanto segue:
    1. per quanto riguarda il sig. Malik Merzai90, l’avv. Ballerini affermava nella sua lettera del 13 aprile 2011 che questi si trovava in Francia in attesa di ottenere una risposta alla sua domanda di asilo, ma a sostegno di questa affermazione produce la lettera del 6 dicembre 2009 in cui tale ricorrente si lamentava delle sue condizioni di vita in Grecia (paragrafi 30 e 39 supra); nella sua lettera del 30 gennaio 2012, l’avvocato afferma nuovamente che l’interessato si trova in attesa di asilo in Francia (paragrafo 45 supra); tuttavia, alle lettere non è allegato alcun documento o attestazione riguardante la procedura di asilo in questione;
    2. per quanto riguarda il sig. Alireza Ekhlasi91, le lettere del 13 aprile 2011 e del 30 gennaio 2012 riaffermano che egli si troverebbe in Austria, dove avrebbe contestato il rigetto della sua domanda di asilo (paragrafi 39 e 45 supra); tuttavia, alle due lettere non è allegato alcun documento o attestazione riguardante la procedura di asilo in questione;
    3. per quanto riguarda il sig. Mustafa Said Mustafa92, l’ultimo contatto che egli avrebbe avuto, almeno indirettamente, con il suo avvocato, sarebbe costituito da una lettera presumibilmente inviata dall’Iran al sig. Ahang (il corrispondente dell’avv. Ballerini) nel dicembre 2009, ossia dieci mesi dopo la presentazione del ricorso (paragrafo 39 supra); tuttavia, nessun timbro postale o numero telefonico confermano la provenienza e la data di tale lettera; da allora, non sono stati segnalati contatti né ulteriori manifestazioni di interesse per il ricorso;
    4. per quanto riguarda il sig. Alidad Rahimi93, mentre nel giugno 2009 l’avv. Ballerini precisava che il suo cliente si trovava nel campo di Patrasso e rischiava di essere respinto verso l’Afghanistan da parte delle autorità greche (paragrafo 16 supra), nella sua lettera del 27 agosto 2010 la stessa indicava la Norvegia come paese di soggiorno, e un numero di telefono cellulare (paragrafo 35 supra); l’11 aprile 2011, tuttavia, l’avvocato affermava di aver perso ogni contatto con lui, ad eccezione del riferimento a un profilo «Facebook» che poteva sembrare «appartenere» al ricorrente (paragrafo 39 supra); il 30 gennaio 2012, infine, indicava nuovamente il paese di soggiorno e il numero di telefono cellulare del ricorrente (paragrafo 45 supra); non sono stati forniti informazioni o chiarimenti per spiegare quando e come il ricorrente si sarebbe recato in Norvegia o come il suo avvocato sarebbe riuscito a rimettersi in contatto con lui;
    5. per quanto riguarda il sig. Nawid Kabiri94, non vi sono elementi nel fascicolo che spieghino come si sarebbe recato in Francia, e nulla permette di sapere se e come si sarebbe tenuto in contatto con il suo avvocato, né se si trovasse effettivamente all’indirizzo indicato (paragrafi 39 e 45 supra);
    6. per quanto riguarda il sig. Rahmat Wahidi95, le lettere del 13 aprile 2011 e del 30 gennaio 2012 riaffermano che egli si trovava in Svizzera beneficiando di un titolo di soggiorno per motivi umanitari avente validità di un anno (paragrafi 39 e 45 supra); tuttavia, tale documento non è stato mai sottoposto alla Corte;
    7. per quanto riguarda, infine, il sig. Faroz Ahmadi96, questi sarebbe stato in contatto con il sig. Ahang per tutta la durata del suo soggiorno in Grecia; tuttavia, si deve notare che l’unica prova di questi contatti sarebbe costituita dalla mail del 7 gennaio 2010 (paragrafo 39 supra) nella quale il sig. Ahang riferisce che avrebbe incontrato il ricorrente, che quest’ultimo viveva in Grecia e che l’estate precedente (2009) sarebbe stato detenuto per tre mesi in quanto era privo di documenti e di titolo di soggiorno; tuttavia, il 2 luglio 2009 l’avv. Ballerini aveva indicato che il ricorrente era stato espulso verso la Turchia contravvenendo alle misure emesse dalla Corte ai sensi dell’articolo 39 del regolamento (paragrafo 18 supra); non sono stati forniti informazioni o chiarimenti per spiegare queste contraddizioni; inoltre, la lettera del ricorrente sottoposta alla Corte il 13 aprile 2011 (paragrafo 39 supra), nella quale invoca l’aiuto del suo avvocato, non è datata e non contiene alcun elemento che permetta di determinare la sua provenienza e il suo destinatario.
    d) Quarto gruppo
  130. Infine, per quattro ricorrenti, i documenti del fascicolo mostrano che questi hanno mantenuto almeno indirettamente dei contatti regolari con il loro avvocato, il che dimostra il loro interesse per l’esame del ricorso. In particolare:
    1. il sig. Reza Karimi97 si è tenuto in contatto per il tramite dei centri di accoglienza e del CIR per tutta la durata dei suoi spostamenti tra l’Italia, la Norvegia e l’Afghanistan (paragrafi 38, 39, 41 e 43 supra);
    2. il sig. Yasir Zaidi98 si è rivolto ripetutamente all’avv. Ballerini per il tramite della sig.ra Sciurba, manifestando chiaramente il proprio interesse per l’esame del suo ricorso da parte della Corte (paragrafi 42 e 45 supra);
    3. il sig. Mozamil Azimi99 si è rivolto alla Corte, prima direttamente e poi per il tramite dell’avv. Ballerini, per ottenere informazioni riguardanti il suo ricorso (paragrafo 36, 37 e 39 supra);
    4. il sig. Najeeb Heideri (alias Nagib Haidari)100 è stato rappresentato dall’avv. Ballerini per tutta la durata della procedura di asilo in Italia, che si è conclusa nel 2013 (paragrafi 34, 39, 45 e 47 supra).
    e) Conclusione
  131. La Corte non può certamente ignorare che le condizioni generalmente precarie dei richiedenti asilo, così come i fatti avvenuti in Grecia e riferiti dall’avv. Ballerini, possono aver impedito temporaneamente le comunicazioni tra lei e i ricorrenti; la sua lettera del 19 giugno 2009 (paragrafo 16 supra), ad esempio, si può spiegare alla luce di queste considerazioni. Allo stesso modo, la Corte può accettare, tenuto conto delle circostanze particolari della causa, che i contatti tra i ricorrenti e il loro avvocato siano avvenuti per il tramite di terze persone.
  132. Rimane comunque il fatto, per quanto riguarda i primi due gruppi di ricorrenti, che tra il 2009 e il 2013 la situazione in Grecia non ha impedito agli interessati di ricontattare il loro avvocato (si veda, a contrario, Hirsi Jamaa e altri c. Italia [GC], n. 27765/09, §§ 50 e 54, CEDU 2012). In ogni caso, secondo le indicazioni dell’avv. Ballerini, molti di questi ricorrenti avrebbero lasciato la Grecia alcuni mesi dopo la presentazione del ricorso, il che priva di pertinenza nei loro confronti l’argomentazione relativa alle condizioni di soggiorno nel campo di Patrasso o alla sua distruzione.
  133. Per quanto concerne il terzo gruppo di ricorrenti, le informazioni fornite nei loro riguardi sembrano insufficienti, contraddittorie e non suffragate da elementi di prova; esse denotano in realtà la perdita di contatti con il loro avvocato (si vedano Hussun e altri, sopra citata, §§ 47-50, e, a contrario, Hirsi Jamaa e altri, sopra citata,§ 54).
  134. La Corte rileva, peraltro, che i motivi di ricorso inizialmente sollevati dai ricorrenti di questi tre gruppi sono gli stessi di quelli enunciati dal quarto gruppo di ricorrenti. Pertanto, essa non vede alcun motivo inerente al rispetto dei diritti dell’uomo sanciti dalla Convenzione e dai suoi Protocolli che esiga, conformemente all’articolo 37 § 1 in fine, il proseguimento dell’esame del ricorso nei confronti dei primi tre gruppi di ricorrenti. In conclusione, la Corte ritiene che sia opportuno cancellare il ricorso dal ruolo nella parte riguardante i primi tre gruppi di ricorrenti101 (articolo 1 c) della Convenzione) e, di conseguenza, di porre fine all’applicazione dell’articolo 39 del regolamento (paragrafi 4 e 17 supra). Essa dichiara pertanto che proseguirà l’esame del ricorso solo per quanto riguarda i sigg. Reza Karimi, Yasir Zaidi, Mozamil Azimi e Najeeb Heideri (alias Nagib Haidari)102.

    II. SULLE DEDOTTE VIOLAZIONI DEGLI ARTICOLI 2, 3 E 13 DELLA CONVENZIONE DA PARTE DELLA GRECIA
  135. I ricorrenti affermano che il loro rimpatrio in Afghanistan li esporrebbe a un rischio per la loro vita e al rischio di subire torture o trattamenti inumani e degradanti. Essi lamentano che, a causa delle condizioni di accoglienza e di soggiorno in Grecia e dell’impossibilità di essere assistiti da un interprete e di contattare un avvocato, essi non hanno avuto accesso alla procedura di asilo, né a un qualsiasi altro procedimento dinanzi a un giudice nazionale idoneo a esaminare i loro motivi di ricorso. Essi sostengono, inoltre, di essere stati maltrattati dalla polizia greca o dagli equipaggi delle navi che li hanno ricondotti in Grecia dall’Italia, e di essere stati trattenuti in cattive condizioni.
  136. I ricorrenti invocano gli articoli 2, 3, e 13 della Convenzione, che recitano:
    Articolo 2
    «1.Il diritto alla vita di ogni persona è protetto dalla legge. Nessuno può essere intenzionalmente privato della vita, salvo che in esecuzione di una sentenza capitale pronunciata da un tribunale, nel caso in cui il reato sia punito dalla legge con tale pena.
    (...)»
    Articolo 3
    «Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti.»
    Articolo 13
    «Ogni persona i cui diritti e le cui libertà riconosciuti nella (...) Convenzione siano stati violati, ha diritto a un ricorso effettivo davanti a un’istanza nazionale, anche quando la violazione sia stata commessa da persone che agiscono nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali.»

    A. L’oggetto della controversia
  137. La Corte constata che i motivi di ricorso dei ricorrenti contro la Grecia, proposti nel formulario di ricorso e poi trattati diffusamente nelle osservazioni scritte, si riferiscono principalmente:
    1. ai loro timori di essere vittime di una violazione degli articoli 2 e 3 della Convenzione in caso di ritorno in Afghanistan;
    2. all’assenza di un accesso effettivo a un giudice nazionale per far valere tali timori.
  138. Nella sentenza Singh e altri c. Belgio (n. 33210/11, § 55, 2 ottobre 2012), causa nella quale il ricorrente lamentava dal punto di vista dell’articolo 3 della Convenzione il rigetto della sua domanda di asilo da parte delle autorità belghe, la Corte ha affermato:
    «[...] non spetta alla Corte pronunciarsi nuovamente sulla domanda di asilo dei ricorrenti né determinare la loro nazionalità. Sono infatti le autorità nazionali, responsabili in materia di asilo, a dover esaminare i timori dei ricorrenti e i documenti da questi prodotti, e a dover valutare i rischi che essi corrono in caso di rinvio nel loro paese di origine o verso un paese intermedio ai sensi dell’articolo 3 (M.S.S. c. Belgio e Grecia [GC], n. 30696/09, § 299, CEDU 2011). Ciò risulta dal principio di sussidiarietà che è alla base del sistema della Convenzione (Kudła c. Polonia [GC], n. 30210/96, § 152, CEDU 2000‑XI), e dal fatto che né la Convenzione né i suoi Protocolli sanciscono il diritto all’asilo politico (Hirsi Jamaa e altri c. Italia [GC], n. 27765/09, § 113, CEDU 2012).
    Tuttavia, e proprio qui si trova l’oggetto della controversia che le è stata sottoposta, è la Corte a dover esaminare se i ricorrenti potessero lamentare in maniera difendibile il [rischio di] subire trattamenti contrari all’articolo 3 e, in caso affermativo, se abbiano beneficiato di garanzie effettive, nel senso dell’articolo 13, che permettano loro di far valere tali doglianze e che li proteggano da un respingimento arbitrario verso il paese da cui erano fuggiti (si vedano, mutatis mutandis, M.S.S., sopra citata, §§ 294 e segg., Diallo c. Repubblica ceca, n. 20493/07, 23 giugno 2011). Pertanto, nelle circostanze del caso di specie la Corte, [...] libera di qualificare giuridicamente i fatti della causa (si veda, tra altre, Guerra e altri c. Italia, 19 febbraio 1998, § 44, Recueil 1998‑I, p. 223), ritiene che il ricorso debba essere esaminato dal punto di vista dell’articolo 13 in combinato disposto con l’articolo 3 della Convenzione.»
  139. La Corte ritiene che lo stesso approccio debba essere adottato, mutatis mutandis, nella presente causa, in cui nessuno dei ricorrenti ha presentato domanda di asilo in Grecia.
    Da una parte, certamente, il fatto che siano stati sottoposti direttamente alla Corte, dal punto di vista degli articoli 2 e 3 della Convenzione, i timori dei ricorrenti legati al loro respingimento (diretto o indiretto) verso l’Afghanistan, potrebbe essere visto come contrario alla regola dell’esaurimento delle vie di ricorso interne posta dall’articolo 35 § 1 della Convenzione.
    Dall’altra, tuttavia, il lamentato mancato accesso alla procedura di asilo potrebbe aver privato i ricorrenti, nella pratica, di qualsiasi tutela a livello nazionale contro un respingimento arbitrario, in violazione dell’articolo 13.
    Come nella causa Singh e altri, sopra citata, questi due aspetti del principio di sussidiarietà, che si esprime negli articoli 13 e 35 § 1 della Convenzione (Kudła c. Polonia [GC], n. 30210/96, § 152, CEDU 2000‑XI), sono entrambi da prendere in considerazione.
  140. Pertanto, le doglianze relative al respingimento dei ricorrenti verso l’Afghanistan e al mancato accesso alla procedura di asilo nella pratica devono essere esaminati dal punto di vista dell’articolo 13, in combinato disposto con l’articolo 3 della Convenzione.
    Viste le circostanze del caso di specie, la Corte non dovrà analizzare la causa anche dal punto di vista dell’articolo 13, in combinato disposto con l’articolo 2 della Convenzione (mutatis mutandis, M.S.S. c. Belgio e Grecia [GC], sopra citata, §§ 321 e 322).
    Le doglianze relative all’articolo 3 della Convenzione, considerato isolatamente, riguardanti le cattive condizioni di detenzione e i presunti maltrattamenti inflitti dalla polizia greca e dagli equipaggi delle navi, saranno esaminate separatamente.

    B. Sulla violazione dell’articolo 13, in combinato disposto con l’articolo 3 della Convenzione, per il mancato accesso alla procedura di asilo
    1. Tesi delle parti
    a) Il Governo
  141. Il governo greco («il Governo», nei paragrafi seguenti) rammenta, anzitutto, che lo Stato ha il diritto di controllare l’ingresso e il soggiorno degli stranieri nel suo territorio (Mehemi c. Francia (n. 2), n. 53470/99, § 35, CEDU 2003‑IV), verificando l’identità e le intenzioni delle persone che vi si sono introdotte o trattenute illegalmente, e questo allo scopo di proteggere la propria popolazione e le proprie frontiere. Basandosi sulla sentenza Vilvarajah e altri c. Regno Unito (30 ottobre 1991, serie A n. 215), esso sottolinea che la Convenzione non garantisce il diritto di asilo.
  142. In via generale, riferendosi come esempio al periodo compreso tra luglio e settembre 2008, il Governo richiama l’attenzione sull’altissimo numero di immigranti entrati in modo irregolare in Grecia e fermati per tale motivo, nonché sugli sforzi delle autorità per fare fronte a questo fenomeno adottando misure pienamente conformi, a suo parere, alla normativa comunitaria, al diritto internazionale e alla Convenzione.
    A tale proposito, esso si basa sulla decisione K.R.S. c. Regno Unito (n. 32733/08, 2 dicembre 2008) nonché sul fatto che, in altre cause simili alla presente (in particolare Kheder e Ismael c. Paesi Bassi, n. 57097/09; Al Saidi c. Paesi Bassi, n. 60085/09; e Karim c. Finlandia, n. 60254/09), la Corte ha rigettato delle richieste di misure provvisorie nell’ambito dell’articolo 39 del regolamento volte precisamente a ottenere un divieto di espulsione verso la Grecia per timore di un successivo respingimento verso paesi terzi.
    Il rigetto di numerose domande di asilo da parte delle autorità elleniche sarebbe giustificato da motivi assolutamente oggettivi: nella maggior parte dei casi, spiega il Governo, i richiedenti asilo sono sprovvisti di documenti che attestino il loro paese d’origine e di qualsiasi altro elemento riguardante i rischi denunciati, oppure basano la loro domanda su semplici motivi economici.
  143. Per quanto riguarda più direttamente la presente causa, il Governo fa sapere, in via preliminare, che gli è impossibile fornire osservazioni o informazioni di qualsiasi tipo riguardo ai ricorrenti che le autorità non sono state in grado di identificare come le persone che erano transitate in Grecia (paragrafo 13 supra), in particolare i sigg. Yasir Zaidi, Mozamil Asimi e Nejeeb Heideri103.
  144. Per quanto riguarda i ricorrenti di cui è stata possibile l’identificazione (tra i quali il sig. Reza Karimi104), il Governo indica che hanno tutti ricevuto un «opuscolo informativo riguardante i diritti degli stranieri fermati ai fini dell’espulsione». Redatto con la collaborazione dell’HCR, tale opuscolo esiste in sei lingue (inglese, arabo, francese, greco, persiano, turco) e, secondo il Governo, è stato dato ai ricorrenti nella versione in lingua araba. L’opuscolo fa espressamente menzione del diritto di presentare reclamo presso il capo della polizia, di sollevare obiezioni prima che venga resa la decisione di espulsione, di impugnare quest’ultima decisione e di contestare la decisione di trattenimento. Inoltre, sono espressamente menzionati il diritto all’assistenza giudiziaria e diplomatica e quello di contattare una persona di fiducia.
  145. Il Governo fa notare che, malgrado le informazioni così ricevute in una lingua che erano verosimilmente in grado di comprendere, e nonostante il fatto che essi hanno sempre avuto la possibilità di incontrare degli avvocati, nessuno dei ricorrenti ha impugnato le decisioni di espulsione né si è avvalso degli altri diritti sopra menzionati. In effetti, così come, secondo il Governo, la grande maggioranza degli stranieri, che non fanno che transitare attraverso la Grecia per andare a chiedere asilo in altri paesi dell’Unione europea oppure sono dei semplici «migranti economici», i ricorrenti non hanno in alcun modo manifestato presso le autorità del paese il desiderio di beneficiare dell’asilo nel paese in questione. Pertanto, i loro argomenti sulle pretese lacune della procedura greca in materia di asilo non sarebbero, secondo il Governo, per nulla pertinenti nel caso di specie.
  146. Stando così le cose, il Governo ritiene che i ricorrenti non abbiano dato alle autorità greche la possibilità di conoscere e riparare le violazioni oggi denunciate dinanzi alla Corte, contravvenendo così al principio di sussidiarietà. Pertanto, le loro doglianze dovrebbero essere dichiarate irricevibili per mancato esaurimento delle vie di ricorso interne.
  147. Quanto alla situazione dei ricorrenti e ai rischi che essi corrono in caso di respingimento verso l’Afghanistan, il Governo aggiunge, in generale, che la Grecia condivide attivamente lo sforzo della comunità internazionale contro il regime dei talebani, partecipando alla missione della NATO finalizzata a ridurre le zone di combattimento e a sostenere le autorità afghane nella ricostruzione del loro paese. Grazie a questi sforzi, vi sarebbero in Afghanistan varie zone pacificate e sottoposte al controllo della comunità internazionale, in cui i ricorrenti potrebbero stabilirsi senza temere di subire trattamenti contrari all’articolo 3 della Convenzione.
  148. Per il resto, secondo il Governo, i ricorrenti non forniscono alcuna prova dei rischi ai quali ciascuno di loro sarebbe esposto in caso di respingimento verso il suo paese di origine.
  149. Infine, il Governo fa sapere che, considerata la prassi delle autorità greche, i ricorrenti non sarebbero realmente esposti a un rischio di espulsione. Infatti, benché le decisioni di espulsione di immigrati in situazione irregolare fissino per gli interessati un termine per lasciare il territorio greco, nella pratica esse non vengono quasi mai eseguite dopo la scadenza di quest’ultimo in quanto, in generale tali immigrati non sono in possesso di documenti di viaggio.
    b) I ricorrenti
  150. I ricorrenti affermano di essere dei cittadini afghani di etnia hazâra105 o tadjike106. Sostengono di aver dovuto lasciare il loro paese, teatro di una guerra crudele e fratricida, in quanto lì erano esposti a rischi continui di trovare la morte o subire trattamenti inumani e degradanti.
  151. Per dimostrare l’esistenza di tali rischi, essi riportano, alternativamente o cumulativamente:
    1. il contesto generale di insicurezza nel loro paese, che sarebbe particolarmente grave nella loro regione di provenienza (i sigg. Karimi Reza e Mozamil Azimi107, in particolare, affermano di essere originari della provincia di Ghazni);
    2. il trattamento riservato ai gruppi etnici ai quali dicono di appartenere;
    3. la polarizzazione della popolazione afghana tra alleati e nemici dei talebani, in modo tale che la popolazione civile è continuamente esposta al rischio di arruolamento forzato nelle milizie talebane e rappresaglie da parte delle autorità governative, oppure di rappresaglie da parte dei talebani in caso di collaborazione con le autorità governative o di altre potenze straniere;
    4. la loro maggiore vulnerabilità dovuta alla loro condizione di minori (in particolare il sig. Najeeb Heideri)108.
  152. Dopo essere stati respinti dall’Italia, i ricorrenti affermano di aver trovato rifugio nel campo di fortuna di Patrasso, che non offriva né un alloggio degno di tale nome, né servizi igienici, cibo o assistenza medica. Vi sarebbero rimasti fino a quando si sono dispersi a seguito dell’intervento della polizia nel luglio 2009 (paragrafo 20 supra).
  153. I ricorrenti ritengono che la procedura di asilo in Grecia non sia conforme con il diritto comunitario e con gli obblighi derivanti dalla Convenzione. Essi deplorano l’atteggiamento delle autorità greche nei confronti dei richiedenti asilo, che sarebbe dimostrato dal riferimento, contenuto nelle osservazioni del governo greco, all’altissimo numero di immigranti che transitano irregolarmente in Grecia e dal fatto che meno dell’uno per cento delle persone che entrano in Grecia ottengono in questo paese lo status di rifugiato o un’altra forma di tutela internazionale.
  154. Essi considerano che le osservazioni del governo greco relative ai diritti degli immigrati in situazione irregolare e le informazioni di cui sono destinatari siano eccessivamente vaghe e generiche, e non si riferiscano in maniera sufficiente alla loro situazione personale.
  155. Gli stessi attribuiscono la mancanza di risposta da parte del Governo in merito ad alcuni di loro alla distruzione del campo di Patrasso e alla politica di allontanamenti forzati verso l’Iraq e l’Afghanistan, nonché alle procedure di «riammissione» dei migranti verso la Turchia.
  156. Per quanto riguarda quelli tra loro che sono stati «riconosciuti» dal Governo, i ricorrenti osservano che quest’ultimo non afferma mai che essi siano stati informati del loro diritto di chiedere l’asilo. Non è stato fatto alcun riferimento preciso nemmeno al diritto all’assistenza giuridica e a un interprete.
  157. Inoltre, nulla nelle osservazioni del Governo dimostra, secondo loro, che si sia tenuto conto della loro situazione e della loro storia personale. Il Governo si limiterebbe ad affermare che alcune zone dell’Afghanistan sono relativamente sicure, per trarne la conseguenza che il loro respingimento non poneva problemi dal punto di vista degli articoli 2 e 3 della Convenzione. Le sue contestazioni sarebbero, del resto, smentite da recenti documenti dell’ONU e dalla giurisprudenza europea relativa ai richiedenti asilo provenienti da tale paese.
    c) I terzi intervenienti
  158. L’HCR, il Centro AIRE e Amnesty International ritengono che la legislazione e la prassi in Grecia in materia di asilo non siano conformi alle norme internazionali ed europee in materia di protezione dei diritti dell’uomo. Essi denunciano, in particolare, l’assenza di informazione adeguata, se non addirittura la disinformazione, sulla procedura di asilo e l’insufficienza in termini di effettivi e di formazione del personale incaricato di raccogliere ed esaminare le domande di asilo.
  159. Secondo l’HCR, sebbene la legislazione greca non preveda che i potenziali richiedenti asilo entrati irregolarmente nel paese siano sottoposti a trattenimento, questi lo sono sistematicamente, insieme agli altri migranti irregolari. Non viene presa in considerazione alcuna alternativa al trattenimento e non viene in alcun modo valutata singolarmente la necessità del trattenimento del richiedente asilo. Il trattenimento dei richiedenti asilo viene spesso prorogato. La minaccia di proroga del trattenimento, combinata con le condizioni predominanti in alcuni centri di permanenza, sembrano scoraggiare la presentazione di domande di asilo. Il Centro AIRE e Amnesty Internationalesprimono pareri simili.
  160. L’HCR ritiene che, tranne qualche eccezione, le persone sottoposte a trattenimento non abbiano accesso alle informazioni pertinenti, né a un avvocato e a un interprete. Pertanto, non esiste realmente alcun accesso alla procedura di asilo per queste persone in Grecia, anche se tra esse potrebbero esservi dei potenziali richiedenti asilo.
  161. Per quanto riguarda i richiedenti asilo lasciati in libertà, l’HCR sottolinea che la maggior parte di loro non hanno alloggio e vivono in condizioni di estrema povertà, senza beneficiare di alcun aiuto sociale da parte dello Stato.
  162. Secondo il Centro AIRE e Amnesty International, anche coloro che riescono a presentare una domanda di asilo non hanno accesso all’assistenza di un interprete o alle informazioni che sarebbero loro necessarie per suffragarla di adeguati elementi di prova e per invocare la tutela del diritto europeo e internazionale pertinente. Ecco perché sarebbe praticamente impossibile ottenere l’asilo o altra forma di protezione internazionale in Grecia. In queste circostanze, la Grecia non rispetterebbe le garanzie procedurali previste in materia di asilo dal diritto comunitario e dalla Convenzione.
  163. L’HCR si dice preoccupato per il fatto che i minori non accompagnati ricevono lo stesso trattamento degli adulti in materia di soggiorno irregolare nel paese. Per di più, la determinazione dell’età non avverrebbe nell’ambito di una procedura in cui vengono fornite garanzie adeguate.
  164. L’HCR, il Centro AIRE e Amnesty International denunciano i respingimenti collettivi o individuali dalla Grecia verso la Turchia. I casi che essi hanno elencato riguardavano sia nuovi arrivati che persone che erano registrate come richiedenti asilo. Essi riferiscono che in molti casi queste persone sono state successivamente respinte verso paesi terzi, come l’Afghanistan.

    2. Valutazione della Corte
    a) Sulla ricevibilità
  165. La Corte rammenta di avere unito all’esame della fondatezza dei motivi di ricorso relativi all’articolo 13 l’eccezione di mancato esaurimento delle vie di ricorso interne sollevata dal Governo greco (paragrafo 122 supra). Peraltro, essa considera che questa parte del ricorso sollevi questioni di diritto e di fatto complesse che possono essere risolte solo con un esame sul merito; di conseguenza, tale parte non è manifestamente infondata nel senso dell’articolo 35 § 3 a) della Convenzione. Non essendo ravvisabile alcun altro motivo di irricevibilità, tale parte deve essere dichiarata ricevibile.
    b) Sul merito
    i. Principi generali
  166. La Corte rammenta la propria giurisprudenza consolidata in materia di applicazione dell’articolo 13, in combinato disposto con l’articolo 3 della Convenzione, ai casi di espulsione di stranieri, e in particolare di richiedenti asilo (si vedano, tra molte altre, M.S.S. c. Belgio e Grecia, sopra citata, 286-293, Hirsi Jamaa e altri, sopra citata, §§ 197-200; I.M. c. Francia, n. 9152/09, §§ 127-134, 2 febbraio 2012; e M.E. c. Francia, n. 50094/10, §§ 62-64, 6 giugno 2013).
  167. Per effettività del ricorso voluto dall’articolo 13 si intende un livello sufficiente di accessibilità e di realtà di quest’ultimo: «per essere effettivo, il ricorso previsto dall’articolo 13 deve essere disponibile nel diritto come nella pratica, in particolare nel senso che il suo esercizio non deve essere ostacolato in maniera ingiustificata dagli atti o omissioni delle autorità dello Stato convenuto» (I.M. c. Francia, sopra citata, § 130, e i riferimenti ivi contenuti). Per quanto riguarda i ricorsi aperti ai richiedenti asilo in Grecia, la Corte ha anche riaffermato che l’accessibilità «in pratica» di un ricorso è determinante per valutarne l’effettività (M.S.S. c. Belgio e Grecia, sopra citata, § 318).
  168. Poiché la Convenzione ha lo scopo di tutelare diritti non teorici o illusori ma concreti ed effettivi in capo a qualsiasi persona sottoposta alla giurisdizione delle Alte Parti contraenti, la Corte non può procedere alla valutazione dell’accessibilità pratica di un ricorso prescindendo dagli ostacoli linguistici, dalla possibilità di accesso alle informazioni necessarie e a consigli illuminati, dalle condizioni materiali con le quali può scontrarsi l’interessato e da qualsiasi altra circostanza concreta della causa (I.M. c. Francia, sopra citata, §§ 145-148; M.S.S. c. Belgio e Grecia, sopra citata, §§ 301-318; e Rahimi c. Grecia, n. 8687/08, § 79, 5 aprile 2011).
  169. È interessante, del resto, osservare che, da una parte, la direttiva Procedura, come applicabile ratione temporis, imponeva già agli Stati membri dell’Unione europea di vigilare, in particolare, affinché le persone abbiano un accesso effettivo alla procedura di asilo (paragrafo 71 supra), e che, dall’altra, gli obblighi derivanti dalla direttiva Accoglienza, si applicano a tutti i cittadini di paesi terzi e apolidi alla sola condizione che essi depositino una domanda di asilo alla frontiera o sul territorio di uno Stato membro (paragrafi 67-68 supra). La recente riorganizzazione del diritto dell’Unione europea in materia (paragrafi 63-65, 69-70 e 72-73 supra) rafforza questi principi: poiché tutti i diritti procedurali e materiali riconosciuti ai richiedenti asilo presuppongono la presentazione di una domanda di asilo, varie disposizioni del regolamento Dublino III e della direttiva Procedura rifusa mirano a garantire un accesso effettivo a tale procedura, accesso di cui una informazione esaustiva e comprensibile degli interessati costituisce il presupposto indispensabile.
  170. La Corte deve dunque verificare se i ricorrenti avessero dei motivi difendibili per quanto riguarda il rischio di subire dei trattamenti contrari all’articolo 3 in caso di respingimento verso l’Afghanistan e, in caso affermativo, se abbiano avuto una possibilità concreta di accesso alla procedura di asilo o a un’altra procedura nazionale che risponda alle esigenze dell’articolo 13 della Convenzione. Per farlo, la Corte deve situarsi nel momento in cui i ricorrenti hanno soggiornato in Grecia e sarebbero stati esposti al rischio di un rimpatrio, da cui deriverebbe il loro interesse a poter disporre di un ricorso effettivo come richiede l’articolo 13 (si veda, mutatis mutandis, Singh e altri, sopra citata, § 80). Il momento in questione si situa tra il 2008 e il 2009.
  171. Per quanto riguarda l’accertamento dei fatti pertinenti ai fini di tale valutazione, la Corte rinvia ai principi generali sull’onere della prova e sulla valutazione degli elementi di prova, in particolare nelle cause di questo tipo, principi che sono sintetizzati nella sentenza Rahimi, sopra citata,§§ 64-65.
  172. Essa rammenta, inoltre, che in linea di principio è il ricorrente a dover fornire alla Corte documenti ed elementi di prova sufficienti per dimostrare l’esistenza di ragioni obiettive per lui di temere di essere sottoposto a trattamenti contrari all’articolo 3 in caso di respingimento o di espulsione. A questo proposito essa riconosce che, tenuto conto della particolare vulnerabilità dei richiedenti asilo, è spesso necessario accordare loro il beneficio del dubbio per la valutazione delle loro asserzioni e degli elementi di prova che essi producono a sostegno delle stesse. Tuttavia, quando i documenti del fascicolo offrono motivi seri per dubitare della veridicità delle affermazioni di un richiedente asilo, è quest’ultimo a dover fornire giustificazioni soddisfacenti relative alle apparenti contraddizioni. La valutazione del rischio per il ricorrente sotto il profilo dell’articolo 3 deve essere fatta tenendo conto sia della situazione generale nel paese di destinazione che delle circostanze specifiche del caso del ricorrente. In questo ambito, la Corte deve verificare se vi sia una situazione di violenza generalizzata nel paese di destinazione. Tuttavia, è solo nei casi più estremi che una situazione di violenza generalizzata è sufficiente, di per sé, per concludere che sussiste un rischio di maltrattamenti ai sensi dell’articolo 3 in caso di espulsione (K.A.B. c. Svezia, n. 886/11, §§ 70, 73 e 76, 5 settembre 2013).
    ii. Applicazione al caso di specie
  173. Considerati i principi posti nella causa Catan e altri c. Repubblica di Moldavia e Russia [GC], nn. 43370/04, 8252/05 e 18454/06, §§ 111-112, CEDU 2012, la Corte non vede alcun motivo per discostarsi dalle constatazioni della Grande Camera (M.S.S. c. Belgio e Grecia, sopra citata, § 296) a proposito della situazione di insicurezza generalizzata che caratterizzava l’Afghanistan quando i ricorrenti sono stati esposti al rischio di un respingimento verso tale paese. Ora, se si può discutere sulla questione di stabilire se, a causa di questa situazione generale, il respingimento avrebbe comportato di per sé una violazione dell’articolo 3 (confrontare N. c. Svezia, n. 23505/09, § 52, 20 luglio 2010 con Sufi e Elmi c. Regno Unito, nn. 8319/07 e 11449/07, §§ 241-250, 28 giugno 2011, e K.A.B. c. Svezia, sopra citata, §§ 86-97), è in ogni caso più facile considerare che questa situazione sia sufficiente per rendere i motivi di ricorso dei ricorrenti dal punto di vista dell’articolo 3 almeno «difendibili». Del resto, come risulta dal paragrafo 296 della sentenza M.S.S., sopra citata, la politica del Governo greco all’epoca dei fatti «consisteva nel non rimandare con la forza dei richiedenti asilo verso [l’Afghanistan], proprio a causa della situazione di rischio che regnava in tale paese.»
  174. Pertanto, si deve considerare che le doglianze dei ricorrenti dal punto di vista dell’articolo 3 avrebbero meritato un esame sul merito dinanzi a un giudice nazionale nell’ambito di un procedimento conforme alle esigenze derivanti dall’articolo 13. Questa disposizione è dunque applicabile.
  175. Per quanto riguarda la questione di stabilire se l’articolo 13 sia stato rispettato, la Corte osserva, anzitutto, che le lacune della procedura di asilo in Grecia rilevate nella sentenza M.S.S. c. Belgio c. Grecia, sopra citata (§§ 299-320) riguardavano in particolare:
    • l’accesso alla procedura di esame delle domande di asilo;
    • l’informazione dei richiedenti asilo sulle procedure da seguire;
    • l’accesso agli edifici della questura dell’Attica;
    • l’assenza di un sistema di comunicazione affidabile tra le autorità e gli interessati;
    • la scarsità di interpreti e la mancanza di perizia del personale per condurre i colloqui individuali;
    • l’assenza di gratuito patrocinio, che impedisce in pratica ai richiedenti asilo di farsi assistere da un avvocato;
    • la durata eccessiva dei tempi necessari per ottenere una decisione.
  176. Tali lacune rientrano, sicuramente, nel quadro più generale delle difficoltà (che in apparenza perdurano ancora attualmente: si vedano i paragrafi 98-100 supra) che può incontrare uno Stato che si trova nelle frontiere esterne dell’Unione europea nella gestione del flusso dei migranti e dei richiedenti asilo, a maggior ragione nel contesto della crisi economica che colpisce in particolare la Grecia (M.S.S. c. Belgio e Grecia, sopra citata, § 223; e mutatis mutandis, Hirsi Jamaa e altri, sopra citata, § 122). La creazione, nel 2010, di un Ufficio europeo di sostegno per l’asilo, la cui attività è concentrata soprattutto sugli Stati membri sottoposti a pressioni particolari che possono derivare, segnatamente, dalla loro situazione geografica (paragrafi 74-76 supra), costituisce una conferma indiretta in tal senso.
  177. Nel caso di specie, la Corte osserva che, secondo le osservazioni del governo greco, nell’«opuscolo informativo riguardante i diritti degli stranieri fermati ai fini dell’espulsione» (paragrafo 143 supra) non viene menzionato espressamente il diritto di chiedere asilo. Per di più, il Governo indica che tale opuscolo – che conteneva le informazioni fondamentali per contestare la decisione di espulsione – sarebbe stato consegnato ai ricorrenti in lingua araba, mentre i ricorrenti «identificati» che avrebbero ricevuto l’opuscolo erano di nazionalità afghana e non comprendevano necessariamente tale lingua. A questo proposito è interessante osservare che, nel 2012, nell’ambito dell’esecuzione della sentenza M.S.S. c. Belgio e Grecia, sopra citata, le autorità greche hanno indicato che l’opuscolo informativo per i richiedenti asilo era ormai tradotto in quattordici lingue (paragrafo 93 supra), per essere comprensibile per un più ampio pubblico di richiedenti asilo.
  178. La Corte ha già constatato, peraltro, la situazione di precarietà e di indigenza più totale dei richiedenti asilo in Grecia (M.S.S. c. Belgio e Grecia, sopra citata, §§ 254-255), circostanze confermate nella presente causa dai terzi intervenienti. È utile notare, in particolare, che il campo di Patrasso, in cui i ricorrenti si sarebbero rifugiati in un primo tempo, non costituiva un centro di accoglienza gestito dalle autorità, ma un semplice campo di fortuna, che non offriva un alloggio degno di questo nome, era decisamente sovraffollato e privo di qualsiasi servizio essenziale. Non si può non tenere conto di queste circostanze nella valutazione della possibilità concreta, per i ricorrenti, di ottenere le informazioni e l’assistenza necessarie allo scopo di avere accesso alla procedura di asilo o, eventualmente, di contestare le decisioni adottate nei loro confronti.
  179. Secondo il governo greco, se i ricorrenti non hanno presentato una domanda di asilo è semplicemente perché non avevano intenzione di farlo: si tratterebbe di migranti economici che intendevano continuare il loro viaggio per installarsi altrove.
  180. La Corte non può indagare sulle vere intenzioni dei ricorrenti. Essa osserva che questi ultimi erano già stati oggetto di misure di espulsione109 o almeno esposti al rischio di essere respinti direttamente o indirettamente verso l’Afghanistan (si vedano, a quest’ultimo proposito, le osservazioni dei terzi intervenienti riassunte nel paragrafo 164 supra). Essi avevano dunque un interesse concreto a poter disporre di una via di ricorso ai sensi dell’articolo 13.
  181. La Corte conclude che vi è stata violazione dell’articolo 13 in combinato disposto con l’articolo 3 nei confronti dei sigg. Reza Karimi, Yasir Zaidi, Mozamil Azimi e Najeeb Heideri (alias Nagib Haidari)110. Ne consegue che non si può contestare ai ricorrenti di non aver esaurito le vie di ricorso interne, in modo che l’eccezione preliminare sollevata a questo riguardo dal governo greco deve essere respinta.

    C. Altri motivi di ricorso
  182. Dal punto di vista dell’articolo 3, i ricorrenti sostengono di essere stati maltrattati dagli equipaggi delle navi che li hanno ricondotti dall’Italia in Grecia, nonché dalla polizia durante il loro ritorno nel territorio greco e successivamente nel campo di Patrasso.
    Essi rammentano anche il dovere dello Stato convenuto di cooperare con la Corte nell’accertamento dei fatti, in virtù dell’articolo 38, paragrafo 1 a) della Convenzione e della Risoluzione n. 1571 dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa. Ritenendo che il governo greco non abbia risposto ai quesiti della Corte e si sia limitato a formulare delle affermazioni generiche ed evasive, essi denunciano una inosservanza di tale dovere da parte sua. Pertanto, i ricorrenti ritengono che dovrebbero beneficiare di una presunzione di veridicità delle loro affermazioni o di una inversione dell’onere della prova.
  183. Da parte sua, il Governo rammenta anzitutto che, in linea di principio, l’articolo 3 trova applicazione solo a condizione che sia stato raggiunto un minimo di gravità.
    Esso obietta peraltro che le affermazioni dei ricorrenti relative ai maltrattamenti presumibilmente subiti sono vaghe, poco circostanziate e non suffragate da elementi di prova. Per di più, poiché nessuno dei ricorrenti ha denunciato questi maltrattamenti dinanzi alle autorità nazionali, il Governo dichiara di non essere in grado di formulare alcuna osservazione per quanto riguarda questo motivo di ricorso.
  184. La Corte osserva che i ricorrenti non hanno fornito il minimo dettaglio riguardo ai maltrattamenti che sostengono di avere subito (ad esempio la natura degli stessi, i luoghi dove sarebbero stati inflitti, gli autori, le conseguenze che avrebbero riportato). Essa non dispone nemmeno di indizi che permettano di stabilire i fatti denunciati. In sostanza, i ricorrenti non hanno in alcun modo dimostrato la loro doglianza.
  185. Pertanto, tenuto conto della sua giurisprudenza relativa all’assunzione dei mezzi di prova in materia di maltrattamenti nel senso dell’articolo 3 (si vedano, tra molte altre, Salman c. Turchia [GC], n. 21986/93, § 100, CEDU 2000‑VII; Gäfgen c. Germania [GC], n. 22978/05, § 92, CEDU 2010), essa ritiene che questo motivo di ricorso sia manifestamente infondato e debba essere rigettato in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 a) e 4 della Convenzione.
  186. I sigg. Mozamil Azimi e Najeeb Heideri (alias Nagib Haidari)111 sostengono di essere stati trattenuti in un container alla porta n. 6 del porto di Patrasso; il sig. Reza Karimi112 sostiene di essere stato trattenuto nello stesso luogo in un primo tempo e poi in un commissariato di polizia. Essi ritengono che le loro condizioni di trattenimento fossero contrarie all’articolo 3. Al riguardo, sottolineano che il degrado delle condizioni dei centri di permanenza per immigrati in situazione irregolare è evidente e incontestabile, come dimostrerebbero i «rapporti internazionali» e le denunce dell’HCR e di Human Rights Watch.
  187. Il Governo riconosce, in maniera generale, che il sovraffollamento dei centri di permanenza dei migranti in situazione irregolare costituisce un problema reale, derivante dal grande numero di persone che transitano attraverso la Grecia senza documenti di viaggio. Tuttavia, esso ritiene che le autorità abbiano fatto tutti gli sforzi possibili per migliorare la situazione, creando nuovi centri di permanenza o di accoglienza oppure riorganizzando i centri esistenti e assicurando un equilibrio nella ripartizione degli interessati tra le varie strutture.
    Peraltro, il Governo rinnova la propria critica del carattere, a suo parere, vago e poco circostanziato delle affermazioni dei ricorrenti, che gli impedirebbe di formulare una qualsiasi osservazione pertinente.
  188. La Corte osserva che, secondo i terzi intervenienti, la prassi delle autorità greche consisteva, all’epoca dei fatti della presente causa, nel porre i potenziali richiedenti asilo e ogni altra persona entrata irregolarmente nel paese in centri di permanenza la cui descrizione, fatta nella sentenza M.S.S. c. Belgio e Grecia, sopra citata (§§ 161-163), desta una certa preoccupazione.
    È utile ricordare che, se gli Stati sono autorizzati a sottoporre degli immigrati a trattenimento, in virtù del loro diritto innegabile di controllare l’ingresso e il soggiorno degli stranieri sul loro territorio, tale diritto deve essere esercitato in conformità con le disposizioni della Convenzione. La Corte deve tenere presente la situazione particolare delle persone interessate quando è chiamata a controllare le modalità di esecuzione di una tale misura alla luce delle disposizioni della Convenzione (Riad e Idiab c. Belgio, nn. 29787/03 e 29810/03, § 100, 24 gennaio 2008). Per ricadere nell’ambito del divieto di cui all’articolo 3, il trattamento denunciato deve presentare un minimo di gravità. La valutazione di tale minimo è relativa; essa dipende dagli elementi della causa nel complesso, in particolare dalla durata del trattamento e dai suoi effetti fisici e psichici nonché, a volte, dal sesso, dall’età e dallo stato di salute della vittima (si veda, in particolare, Gäfgen, sopra citata, § 88).
  189. Nel caso di specie, la Corte ha il dovere di rilevare la mancanza di chiarimenti relativi ai centri di permanenza nei quali i ricorrenti sarebbero stati concretamente internati, la durata e le condizioni del loro internamento (si vedano, a contrario, Riad e Idiab, sopra citata, §§ 101-106; S.D. c. Grecia, n. 53541/07, §§ 49-51, 11 giugno 2009; Rahimi, sopra citata, §§ 81-86;eM.S.S. c. Belgio e Grecia, sopra citata, §§ 227-231). In queste circostanze, è impossibile per la Corte fare una valutazione in base all’articolo 3 delle condizioni del trattenimento a cui i ricorrenti sarebbero stati sottoposti.
    Di conseguenza, il presente motivo di ricorso è manifestamente infondato e deve essere anch’esso rigettato in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 a) e 4.

    III. SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DEGLI ARTICOLI 2, 3, 13 E 34 DELLA CONVENZIONE E DELL’ARTICOLO 4 DEL PROTOCOLLO N. 4 DA PARTE DELL’ITALIA
  190. I ricorrenti ritengono che il loro respingimento verso la Grecia, che avrebbe avuto luogo tra novembre e dicembre 2008, si traduca in un respingimento indiretto verso l’Afghanistan, dove rischiavano, stando a quanto affermano, di trovare la morte o subire torture o trattamenti inumani e degradanti. Affermando di essersi trovati nell’impossibilità di contestare il loro respingimento dinanzi alle autorità italiane, essi ritengono che tale misura abbia avuto il carattere di una espulsione collettiva. Allo stesso modo, affermano di essere stati privati de facto della possibilità di esercitare il loro diritto di ricorso individuale dinanzi alla Corte. Essi denunciano anche dei maltrattamenti da parte della polizia italiana.
  191. I ricorrenti invocano gli articoli 2, 3 e 13 sopra citati, nonché l’articolo 34 della Convenzione e l’articolo 4 del Protocollo n. 4. Gli ultimi due articoli recitano:
    Articolo 34
    «La Corte può essere investita di un ricorso da parte di una persona fisica, un’organizzazione non governativa o un gruppo di privati che sostenga di essere vittima di una violazione da parte di una delle Alte Parti contraenti dei diritti riconosciuti nella Convenzione o nei suoi Protocolli. Le Alte Parti contraenti si impegnano a non ostacolare con alcuna misura l’esercizio effettivo di tale diritto.»
    Articolo 4 del Protocollo n. 4
    «Le espulsioni collettive di stranieri sono vietate.»
  192. La Corte ritiene di dover esaminare, anzitutto, la doglianza relativa all’articolo 4 del Protocollo n. 4.

    A. Sulla violazione dell’articolo 4 del Protocollo n. 4 a causa delle espulsioni collettive verso la Grecia di cui sarebbero stati vittime i ricorrenti
    1. Tesi delle parti
    a) Il Governo
  193. Il Governo italiano («il Governo», nei paragrafi successivi) eccepisce anzitutto l’inapplicabilità dell’articolo 4 del Protocollo n. 4. Considerando che lo scopo del divieto previsto da tale disposizione sarebbe di scongiurare l’orrore storico dei pogrom, esso ritiene che quest’ultima non riguardi i respingimenti o i rifiuti di ammissione sul territorio degli Stati parti alla Convenzione. Una interpretazione contraria, spiega, costringerebbe tali Stati a dover subire invasioni massicce di immigranti irregolari. Facendo riferimento alla sentenza Sultani c. Francia (n. 45223/05, § 81, CEDU 2007‑IV), il Governo considera che l’articolo 4 del Protocollo n. 4 possa essere applicato solo alle persone il cui soggiorno sul territorio dello Stato aveva seguito delle vie regolari.
  194. Sul merito, il Governo afferma che, tenuto conto delle procedure seguite dalla polizia di frontiera, in linea di principio nessuno dei ricorrenti può essere stato oggetto di un respingimento indiscriminato assimilabile a una espulsione collettiva.
    In effetti, spiega, come mostrerebbero i documenti allegati alle sue osservazioni, in tutti i porti del mare Adriatico l’identificazione da parte della polizia delle persone sprovviste di documenti di identità o i cui documenti sono falsi avviene in collaborazione con il CIR: se, nel corso di questa pratica, le persone identificate chiedono l’asilo o un’altra forma di protezione internazionale, queste vengono messe in contatto con il CIR e interrogate successivamente in una lingua che comprendono.
    A coloro che hanno presentato una domanda di protezione internazionale viene applicato il sistema di Dublino; di conseguenza, indica il Governo, l’unità «Dublino» del Ministero dell’Interno emette, all’occorrenza, una «decisione formale» di rinvio verso la Grecia, in quanto paese competente per pronunciarsi su tale domanda. Per quanto riguarda coloro che non chiedono l’asilo o un’altra forma di protezione internazionale, essi sarebbero oggetto di una «riammissione» verso la Grecia, sulla base dell’accordo bilaterale del 1999.
  195. Nella fattispecie, secondo il Governo, solo il sig. Reza Karimi113 compare nei registri dei servizi dell’immigrazione. Come le altre diciassette persone con le quali è stato fermato nel porto di Ancona, è stato messo in contatto con gli agenti del CIR e, poiché non aveva espresso la volontà di chiedere l’asilo, è stato oggetto di una riammissione in virtù di detto accordo.
  196. In subordine, nel caso in cui l’articolo 4 del Protocollo n. 4 fosse interpretato come applicabile ai respingimenti, il Governo sostiene che le circostanze del respingimento dei ricorrenti dal territorio italiano non possono costituire in alcun modo una violazione.
    A sostegno di questa tesi, egli afferma in sostanza:
    – che un’espulsione collettiva non costituisce una violazione di questo tipo nel caso in cui una misura di allontanamento venga presa all’esito di un esame ragionevole e obiettivo della situazione di ciascuno degli stranieri che formano il gruppo;
    – che in tal modo, il fatto che vari stranieri siano oggetto di decisioni simili non permette di per sé di concludere che vi sia stata un’espulsione collettiva quando ciascuno degli interessati ha potuto individualmente far valere dinanzi alle autorità competenti gli argomenti che si opponevano alla sua espulsione;
    – che, nel caso di specie, le autorità italiane non potevano essere investite di domande di asilo da parte dei ricorrenti, dato che la competenza in materia di esame individuale della situazione di ciascun ricorrente apparteneva alla Grecia in virtù del regolamento Dublino II;
    – e che, di conseguenza, eventuali domande di asilo dei ricorrenti non avrebbero potuto essere oggetto di un esame e di una decisione da parte delle autorità italiane, ma solo delle autorità greche, ragione per la quale l’unica opzione possibile era il respingimento verso tale paese.
    b )I ricorrenti
  197. Per quanto riguarda l’applicabilità dell’articolo 4 del Protocollo n. 4, i ricorrenti riferiscono che non vi sono differenze sostanziali tra espulsione, respingimento e rifiuto di ammissione sul territorio di un paese. Le organizzazioni internazionali e le ONG utilizzerebbero queste tre espressioni come sinonimi per designare misure di allontanamento collettivo e indiscriminato. Sarebbe dunque inutile, secondo loro, cercare di sottrarre la prassi della polizia di frontiera italiana al campo di applicazione dell’articolo 4 del Protocollo n. 4 definendo «respingimento» o «rifiuto di ammissione sul territorio», piuttosto che «espulsione», le misure adottate nei loro confronti.
  198. Sul merito, i ricorrenti, invocando nuovamente l’articolo 38, paragrafo 1 a) della Convenzione e la Risoluzione n. 1571 dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, rammentano il dovere dello Stato convenuto di cooperare con la Corte nell’accertamento dei fatti. Essi considerano che se, come ritengono di avere fatto nella presente procedura, i ricorrenti sono riusciti a dare una parvenza di veridicità alle loro affermazioni, la violazione del dovere di cooperazione dello Stato può far nascere una presunzione di veridicità in favore delle loro affermazioni o comportare una inversione dell’onere della prova.
  199. Gli stessi ritengono che il governo italiano non abbia risposto alle domande della Corte, in quanto si sarebbe limitato a formulare delle asserzioni generali ed evasive e si sarebbe astenuto dal produrre copia dei registri da cui potrebbe risultare il riconoscimento o meno della loro identità.
  200. Per di più, essi rammentano che, secondo il governo greco (paragrafo 13 supra), tre ricorrenti, che a detta del governo italiano non comparivano su nessun documento ufficiale dei servizi di immigrazione, si sarebbero imbarcati verso l’Italia, sarebbero stati respinti immediatamente dalle autorità italiane e avrebbero perciò fatto ritorno in Grecia nell’ottobre 2008114 o nel febbraio 2009115. Questa contraddizione tra le osservazioni dei due governi convenuti costituirebbe la prova, secondo loro, del fatto che le autorità italiane praticano il respingimento collettivo e indiscriminato: un numero molto elevato di persone provenienti dalla Grecia sarebbero respinte dall’Italia senza essere identificate o, almeno, senza aver potuto incontrare gli agenti del CIR o dell’HCR né aver avuto la possibilità di chiedere l’asilo.
  201. Questa conclusione sarebbe confermata, anzitutto, dalle modalità della «riammissione» del sig. Reza Karimi, che, secondo la stessa versione del governo italiano (paragrafi 12 e 195 supra), sarebbe stato ricondotto a bordo della nave diretta in Grecia soltanto poche ore dopo il suo sbarco in Italia.
  202. Inoltre, le osservazioni del Governo e i documenti allegati alle stesse mostrano che la pratica della polizia di frontiera trae ispirazione, più che dal diritto internazionale ed europeo in materia di immigrazione, dall’accordo bilaterale del 1999, senza del resto che ne siano state rispettate le procedure e le garanzie. A questo proposito, dato che, ai sensi di detto accordo, i richiedenti asilo sono esclusi dal campo di applicazione delle «riammissioni», i ricorrenti ritengono che non sia ragionevole credere che delle persone che erano fuggite dalla Grecia non abbiano cercato di chiedere l’asilo una volta arrivate in Italia.
  203. In definitiva, il comportamento delle autorità italiane, come risulta, in particolare, dalle osservazioni del Governo e, in un altro contesto, dai respingimenti collettivi di persone provenienti dalla Libia (Hirsi Jamaa e altri, sopra citata, § 181), sarebbe nettamente contraria ai diritti delle persone che cercano di sfuggire alla guerra o alla persecuzione nel loro paese di origine.
    c) I terzi intervenienti
  204. Rinviando alla sua nota sulla protezione internazionale del 13 settembre 2001 (paragrafo 52 supra), l’HCR intende rammentare che, tenuto conto della Convenzione di Ginevra e del diritto europeo dei diritti dell’uomo, il principio del «non respingimento» vieta di respingere qualsiasi persona esposta, in un determinato paese, a un rischio di pericolo per la vita, di tortura o di trattamenti inumani e degradanti. Questo principio si applica ad ogni rifugiato indipendentemente dalla sua situazione amministrativa, e dunque anche ai richiedenti asilo la cui domanda rimane in trattazione. Il principio del non respingimento si oppone a qualsiasi misura con la quale lo Stato intenda rimandare una persona in un territorio in cui la sua vita o la sua libertà siano minacciate; esso riguarda il rifiuto alle frontiere, l’intercettamento e il respingimento indiretto.
  205. Considerato il principio di non respingimento, l’HCR esprime la sua preoccupazione riguardo alle pratiche di rifiuto di ammissione sul territorio e di respingimento immediato seguite dalle autorità italiane nei porti del mare Adriatico nei confronti delle persone provenienti dalla Grecia. In effetti, stando alle informazioni raccolte direttamente dall’HCR o provenienti da fonti da lui giudicate «attendibili», tra marzo 2007 e giugno 2009 alcuni richiedenti asilo e altre persone, tra le quali alcuni minori, che avevano bisogno di una protezione internazionale, sono stati rimandati in Grecia senza essere stati informati in maniera adeguata del loro diritto di chiedere asilo in Italia e senza avere avuto concretamente la possibilità di presentare una domanda di asilo.
  206. Inoltre, secondo l’HCR, la polizia di frontiera italiana ritiene di avere il diritto di procedere a respingimenti informali sulla base dell’accordo bilaterale del 1999, ritenendo che l’articolo 2 § 3 del regolamento Dublino II le conferisca il diritto di rimandare chiunque in un altro paese del sistema di Dublino.
  207. In pratica, per procedere ai rinvii presumibilmente attuati nell’ambito di detto accordo, la polizia di frontiera si limiterebbe ad affidare le persone interessate, minori inclusi, al capitano della nave incaricato del ritorno. Il capitano firmerebbe dei moduli con il nome, la nazionalità e, a volte, l’età della persona, senza seguire nemmeno le poche procedure previste da detto accordo e in assenza di qualsiasi garanzia o via di ricorso. Questi moduli non conterrebbero peraltro alcun riferimento al fatto che la persona oggetto della «riammissione» abbia eventualmente chiesto l’asilo in Grecia, e la procedura di identificazione sarebbe poco professionale. Per di più, nell’ambito di tale procedura la persona interessata non potrebbe rivolgersi alle ONG che forniscono dei servizi di assistenza e di informazione in materia di asilo nei porti italiani del mare Adriatico.
  208. Questo comportamento ostacolerebbe la determinazione dello Stato responsabile della domanda di asilo in virtù del regolamento Dublino II e contravverrebbe all’obbligo di valutare il bisogno di protezione internazionale del richiedente asilo.
  209. Il Centro AIRE e Amnesty International esprimono dei pareri simili. Queste due organizzazioni ritengono in particolare, che il suddetto accordo bilaterale tra l’Italia e la Grecia privi, sostanzialmente, le persone che sono oggetto di una «riammissione informale» delle garanzie procedurali previste dal regolamento Dublino II alla luce del principio del non respingimento.

    2. Valutazione della Corte
    a) Sulla ricevibilità
  210. Per quanto riguarda l’eccezione di incompatibilità ratione materiae con la Convenzione, sollevata in sostanza dal Governo a causa della inapplicabilità, secondo lo stesso, dell’articolo 4 del Protocollo n. 4 ai respingimenti controversi, la Corte rinvia all’analisi contenuta nella sentenza Hirsi Jamaa e altri, sopra citata (§§ 166-180) e agli altri riferimenti ivi contenuti. In tale sentenza la Grande Camera ha rilevato in particolare che, secondo la giurisprudenza ben consolidata della Commissione europea dei diritti dell’uomo e della Corte, lo scopo dell’articolo 4 è evitare che gli Stati possano allontanare un certo numero di stranieri senza esaminare la loro situazione personale e, di conseguenza, senza permettere loro di esporre i propri argomenti contrari alla misura adottata dall’autorità competente. Questa considerazione l’ha portata a dichiarare che l’articolo 4 era applicabile agli intercettamenti di migranti in alto mare, ritenendo che una soluzione contraria avrebbe portato a privare di ogni utilità tale disposizione, in quanto alle persone intercettate in alto mare verrebbe impedito di ottenere un esame della loro situazione personale prima di essere espulse.
  211. Secondo la Corte, un certo interesse rivestono anche i rapporti tra l’interpretazione del campo di applicazione dell’articolo 4 del Protocollo n. 4 fatta dalla Grande Camera e la portata del principio di non respingimento, presentata dall’HCR (paragrafo 52 supra).
  212. Perciò, la Corte non ritiene necessario stabilire, nella presente causa, se i ricorrenti siano stati espulsi dopo essere entrati sul territorio italiano o se siano stati respinti prima di averlo potuto fare. Tenuto conto del fatto che anche le intercettazioni in alto mare rientrano nelle previsioni dell’articolo 4, non può che essere lo stesso per il rifiuto di ammissione sul territorio nazionale di cui, secondo la tesi del governo italiano, sarebbero oggetto anche le persone arrivate clandestinamente in Italia.
  213. Pertanto, l’eccezione di incompatibilità ratione materiae con la Convenzione sollevata dal governo italiano deve essere rigettata. Peraltro, la Corte considera che questa parte del ricorso sollevi questioni di diritto e di fatto complesse che possono essere risolte solo con un esame sul merito; di conseguenza, tale parte non è manifestamente infondata nel senso dell’articolo 35 § 3 a) della Convenzione. Non essendo ravvisabile alcun altro motivo di irricevibilità, è opportuno dichiararla ricevibile.
    b) Sul merito
  214. Considerato l’oggetto e lo scopo dell’articolo 4 del Protocollo n. 4, nonché la regola dell’effetto utile, la Corte deve verificare l’esistenza, nella presente causa, di garanzie sufficienti che dimostrino che è stato tenuto conto in maniera reale e differenziata della situazione individuale di ciascuna delle persone interessate dalle misure controverse (Hirsi Jamaa e altri, sopra citata, §§ 183-185).
  215. Essa prende nota delle conclusioni concordanti dei terzi intervenienti secondo le quali le «riammissioni» attuate dalle autorità italiane nei porti del mare Adriatico, tra i quali il porto di Ancona, privano le persone interessate di qualsiasi possibilità effettiva di presentare una domanda di asilo e, alla fine, di qualsiasi diritto procedurale e materiale. Altre fonti internazionali (paragrafi 101-104 supra) vanno nello stesso senso: soltanto per la buona volontà della polizia di frontiera le persone sprovviste di documenti intercettate in tali porti sarebbero messe in contatto con un interprete e con agenti in grado di fornire loro le informazioni minime riguardanti il diritto di asilo e la procedura pertinente; nella maggior parte dei casi esse sarebbero affidate immediatamente ai capitani dei ferry-boat per essere ricondotte in Grecia.
  216. Queste conclusioni contraddicono le affermazioni del Governo secondo le quali la procedura di identificazione delle persone sprovviste di documenti nei porti italiani dell’Adriatico, condotta da agenti di polizia in collaborazione con agenti del CIR, offrirebbe garanzie sufficienti del fatto che la situazione di ciascuna di esse viene presa in considerazione in maniera reale e individualizzata nel senso dell’articolo 4 del Protocollo n. 4.
  217. A questo proposito, la Corte osserva che, se si seguono le conseguenze logiche della tesi del Governo, a contrario l’assenza di informazioni fondamentali in una lingua comprensibile al momento dell’identificazione nel porto di Ancona priverebbe gli immigranti intercettati di qualsiasi possibilità di chiedere asilo in Italia. In effetti, dalle osservazioni del Governo risulta che, perché il loro caso sia oggetto di un esame e di una decisione da parte dell’unità Dublino del Ministero dell’Interno, gli interessati devono aver espresso nel corso dell’identificazione il desiderio di beneficiare dell’asilo o di un’altra forma di protezione internazionale. La presenza degli agenti del CIR e di un interprete durante l’identificazione è dunque fondamentale.
  218. Ora, anche a proposito del sig. Reza Karimi116, unico ricorrente il cui nome compare sui registri dei servizi di immigrazione italiani, nessun documento nel fascicolo conferma le affermazioni del governo italiano circa l’implicazione del CIR al momento della procedura di identificazione. Il solo documento relativo a questo ricorrente è, infatti, un modulo della polizia di frontiera di Ancona, compilato a mano e firmato dal ricorrente (paragrafo 12 supra), e nel quale non viene in alcun modo menzionata la presenza di un interprete o di un agente del CIR durante la procedura di identificazione.
  219. In ogni caso, tenuto conto delle procedure previste dall’accordo bilaterale del 1999 (paragrafi 84-88 supra), l’assenza di altri documenti riguardanti il sig. Reza Karimi sembra anche inconciliabile con la tesi del governo italiano secondo la quale questo ricorrente sarebbe stato oggetto di una riammissione sulla base di tale accordo, la quale avrebbe dato luogo a una certa forma di esame individuale della situazione di questo ricorrente e della sua necessità di protezione: nel fascicolo non risulta siano presenti domande di riammissione inviate alle autorità greche in applicazione dell’articolo 5 dell’accordo bilaterale del 1999 e del suo protocollo sull’esecuzione. Questa constatazione sembra corroborare i timori del relatore speciale del Consiglio dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite secondo i quali la pratica delle riammissioni verso la Grecia seguita nei porti italiani del mare Adriatico contravverrebbe spesso al campo di applicazione e alle procedure previste dall’accordo bilaterale del 1999 (paragrafo 104 supra). Nello stesso senso, non si può ignorare la preoccupazione espressa dal Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa rispetto a ciò che esso definisce «rinvii automatici» dall’Italia verso la Grecia (paragrafo 102 supra). Sarebbe insomma confermata la circostanza, denunciata dai documenti internazionali sopra menzionati (paragrafi 101-102), che nei porti del mare Adriatico la polizia di frontiera procedeva a respingimenti immediati e senza alcuna garanzia per gli interessati.
  220. Inoltre, la Corte deve osservare che l’affermazione del governo italiano secondo la quale il sig. Reza Karimi avrebbe raggiunto il territorio italiano (paragrafo 12 supra) viene smentita dalle osservazioni del governo greco (paragrafo 13 supra), secondo le quali altri tre ricorrenti si sarebbero imbarcati verso l’Italia e sarebbero stati respinti dalle autorità italiane prima di fare ritorno in Grecia nell’ottobre 2008117 o nel febbraio 2009118.
  221. Del resto, altre affermazioni del governo italiano hanno confermato i timori della Corte dal punto di vista dell’articolo 4 del Protocollo n. 4.
  222. La Corte si riferisce in questo caso, da una parte, all’argomento da esso proposto secondo il quale interpretare l’articolo 4 del Protocollo n. 4 nel senso della sua applicabilità al respingimento o al rifiuto di ammissione sul territorio nazionale esporrebbe gli Stati parte alla Convenzione a dover subire delle invasioni massicce di migranti irregolari; e, dall’altra, al suo argomento sussidiario relativo al collegamento da operare, secondo lui, tra l’articolo 4 in questione e il sistema di Dublino (paragrafo 202 supra).
  223. A questo proposito, il governo italiano spiega che, nel sistema di Dublino, solo la Grecia era competente per decidere su eventuali domande di asilo dei ricorrenti, e dunque per procedere alla valutazione delle situazioni particolari di ciascuno di loro, richiesta, giustamente, dall’articolo 4 del Protocollo n. 4. Esso ritiene che applicare l’articolo 4 del Protocollo n. 4 al respingimento collettivo dei ricorrenti dall’Italia verso la Grecia attualmente contestato significherebbe ignorare questa circostanza particolare della presente causa.
    Per quanto riguarda l’applicazione delle norme di competenza stabilite dal regolamento Dublino II (paragrafi 57-58 supra), la Corte considera al contrario che, per stabilire se la Grecia fosse effettivamente competente per pronunciarsi sulle eventuali domande di asilo dei ricorrenti, le autorità italiane avrebbero dovuto procedere a un’analisi individualizzata della situazione di ciascuno di loro piuttosto che espellerli in blocco. Nessuna forma di respingimento collettivo e indiscriminato può essere giustificata in riferimento al sistema di Dublino, la cui applicazione deve avvenire, in ogni caso, in modo compatibile con la Convenzione (M.S.S. c. Belgio e Grecia, sopra citata, §§ 338-340).
  224. Senza rimettere in discussione né il diritto di cui dispongono gli Stati di stabilire sovranamente la loro politica in materia di immigrazione, eventualmente nell’ambito della cooperazione bilaterale, né gli obblighi derivanti dalla loro appartenenza all’Unione europea, la Corte intende sottolineare che le difficoltà che essi possono incontrare nella gestione dei flussi migratori o nell’accoglienza dei richiedenti asilo non possono giustificare il ricorso a pratiche incompatibili con la Convenzione o i suoi Protocolli (Hirsi Jamaa, sopra citata, § 179).
  225. In queste circostanze, la Corte ritiene che le misure di cui sono stati oggetto i sigg. Reza Karimi, Yasir Zaidi, Mozamil Azimi e Najeeb Heideri (alias Nagib Haidari)119 nel porto di Ancona si traducano in espulsioni collettive e indiscriminate.
    Di conseguenza, vi è stata violazione dell’articolo 4 del Protocollo n. 4.

    B. Sulla dedotta violazione degli articoli 2 e 3 della Convenzione a causa del rischio per i ricorrenti di essere rimpatriati arbitrariamente in Afghanistan
    1. Tesi delle parti
  226. Dal punto di vista degli articoli 2 e 3 della Convenzione, sopra citati, i ricorrenti contestano all’Italia di averli, respingendoli verso la Grecia, sottoposti al rischio di un respingimento indiretto verso l’Afghanistan, dove, secondo quanto affermano, sarebbero stati in pericolo di morte o esposti alla possibilità di subire torture o trattamenti inumani e degradanti. Secondo loro, è con piena cognizione di causa che l’Italia li ha esposti a tali rischi, dato che le lacune nella procedura di asilo in Grecia a loro avviso erano ben note alle autorità italiane.
  227. Il Governo contesta questa tesi.
    Insistendo ancora una volta sul fatto che solo il sig. Reza Karimi120 sarebbe sbarcato in Italia all’epoca, esso replica che il rinvio dell’interessato in Grecia era per le autorità italiane un obbligo ai sensi del regolamento Dublino II.
    Per quanto riguarda i rischi di respingimento arbitrario verso l’Afghanistan, esso invoca la decisione K.R.S. c. Regno Unito, sopra citata.
  228. In subordine, il Governo afferma, sulla scia del governo greco (paragrafo 147 supra), che esso contribuisce attivamente allo sforzo della comunità internazionale contro il regime dei talebani, partecipando alla missione della NATO volta a ridurre le zone di combattimento e a sostenere le autorità afghane nella ricostruzione del loro paese. Grazie a tali sforzi, vi sarebbero in Afghanistan varie zone pacificate e sotto il controllo della comunità internazionale nelle quali i ricorrenti potrebbero installarsi senza il timore di subire trattamenti contrari all’articolo 3 della Convenzione.
  229. I terzi intervenienti ribadiscono in via preliminare le loro osservazioni (riassunte nei paragrafi 158-164 supra) già formulate a proposito delle lacune della procedura di asilo in Grecia e della pratica da parte delle autorità greche del respingimento, collettivo o individuale, dei richiedenti asilo verso la Turchia.
    Tenuto conto di questa situazione in Grecia, i terzi intervenienti considerano che la pratica delle autorità di frontiera italiane, in particolare nel porto di Ancona, sia contraria al principio del non respingimento ed esponga queste persone al rischio di subire persecuzioni o maltrattamenti; essi ritengono, in effetti, che questa pratica impedisca l’esame delle necessità di protezione individuale delle persone sprovviste di documenti intercettate.

    2. Valutazione della Corte
    a) Sulla ricevibilità
  230. La Corte considera che questa parte del ricorso sollevi questioni di diritto e di fatto complesse che possono essere risolte solo con un esame sul merito; di conseguenza, tale parte non è manifestamente infondata nel senso dell’articolo 35 § 3 a) della Convenzione. Non essendo ravvisabile alcun altro motivo di irricevibilità, tale parte deve essere dichiarata ricevibile.
    b) Sul merito
  231. Per quanto riguarda l’argomento del governo italiano secondo il quale solo il sig. Reza Karimi121 sarebbe sbarcato in Italia all’epoca dei fatti di causa, la Corte rinvia al ragionamento seguito per quanto riguarda l’articolo 4 del Protocollo n. 4 (paragrafi 220-230 supra), che l’ha portata a considerare accertato che i sigg. Yasir Zaidi, Mozamil Azimi e Najeeb Heideri (alias Nagib Haidari)122 sono anch’essi arrivati nel porto di Ancona.
  232. Inoltre, essa rammenta i principi esposti, in materia di respingimento indiretto, nelle sentenze M.S.S. c. Belgio e Grecia e Hirsi Jamaa e altri, sopra citate (rispettivamente §§ 338-343 e §§ 146-148):è lo Stato che procede al respingimento a dover assicurare, anche nell’ambito del sistema di Dublino, che il paese di destinazione offra delle garanzie sufficienti che permettano di evitare che la persona interessata venga espulsa verso il suo paese di origine senza un’adeguata valutazione dei rischi che essa corre.
  233. Nella presente causa, la Corte ha già constatato una violazione da parte della Grecia dell’articolo 13 della Convenzione, in combinato disposto con l’articolo 3 della Convenzione, a causa del mancato accesso alla procedura di asilo e del rischio di espulsione dei ricorrenti verso l’Afghanistan, dove avrebbero potuto subire trattamenti inumani e degradanti.
  234. Per quanto riguarda la responsabilità dell’Italia derivante dal respingimento dei ricorrenti verso la Grecia, la Corte non vede motivi per discostarsi dalle conclusioni alle quali è giunta nella sentenza M.S.S. c. Belgio e Grecia, sopra citata (§§ 344-359) nei confronti del Belgio. Per di più, mentre nella sentenza M.S.S. c. Belgio e Grecia (ibidem) la Corte aveva comunque constatato che il ricorrente aveva potuto beneficiare di varie forme di esame individuale della sua situazione da parte delle autorità belghe e di monitoraggio della stessa dopo il suo respingimento verso la Grecia, nulla di simile è stato accertato nella presente causa, in cui i ricorrenti sono stati vittime di espulsioni collettive.
  235. Pertanto, vi è stata violazione dell’articolo 3 della Convenzione nei confronti dei sigg. Reza Karimi, Yasir Zaidi, Mozamil Azimi e Najeeb Heideri (alias Nagib Haidari)123. Tenuto conto di questa conclusione e considerate le circostanze della causa, la Corte ritiene che non sia opportuno esaminare i motivi di ricorso dei ricorrenti sotto il profilo dell’articolo 2.

    C. Sulla dedotta violazione dell’articolo 13 della Convenzione, in combinato disposto con gli articoli 2 e 3 della Convenzione e 4 del Protocollo n. 4, a causa del mancato accesso alla procedura di asilo o ad altre vie di ricorso nel porto di Ancona
    1. Tesi delle parti
  236. I ricorrenti lamentano anche di non aver avuto accesso a un ricorso effettivo per formulare le loro doglianze relative agli articoli 2 e 3 della Convenzione, a causa dei rischi che correvano in caso di respingimento (diretto o indiretto) verso l’Afghanistan, nonché all’articolo 4 del Protocollo n. 4. Essi invocano l’articolo 13 della Convenzione, denunciando l’assenza di contatti con un avvocato e un interprete in occasione della loro identificazione e della loro espulsione dall’Italia.
  237. Il Governo contesta questa tesi, affermando che, in linea di principio, la Convenzione non obbliga gli Stati a mettere le persone entrate irregolarmente sul loro territorio in contatto con avvocati o interpreti. Esso precisa comunque che, in pratica, le persone oggetto di una procedura di identificazione da parte della polizia di frontiera vengono messe regolarmente in contatto con gli agenti del CIR che, secondo lui, sono in grado di fornire loro informazione e assistenza per quanto riguarda la procedura di asilo.
  238. I terzi intervenienti confermano le osservazioni formulate dal punto di vista dell’articolo 4 del Protocollo n. 4, e ritengono, in particolare, che i respingimenti che hanno luogo nei porti italiani del mare Adriatico impediscono alle persone provenienti dalla Grecia di ricevere informazioni adeguate, il che li priverebbe della possibilità effettiva di chiedere l’asilo e, dunque, di tutti i diritti procedurali e materiali.

    2. Valutazione della Corte
    a) Sulla ricevibilità
  239. La Corte considera che questa parte del ricorso sollevi questioni di diritto e di fatto complesse che possono essere risolte solo con un esame sul merito; di conseguenza, tale parte non è manifestamente infondata nel senso dell’articolo 35 § 3 a) della Convenzione. Non essendo ravvisabili altri motivi di irricevibilità, tale parte deve essere dichiarata ricevibile.
    b) Sul merito
  240. La Corte ha già dichiarato che i timori dei ricorrenti sotto il profilo dell’articolo 3, in caso di respingimento diretto o indiretto verso l’Afghanistan, non erano infondati (paragrafo 180 supra).
    Inoltre, essa ha appena concluso che il respingimento collettivo di cui i ricorrenti sono stati oggetto nel porto di Ancona costituiva una violazione dell’articolo 4 del Protocollo n. 4.
    I motivi di ricorso sollevati dai ricorrenti su questi punti erano pertanto «difendibili» ai fini dell’articolo 13 della Convenzione.
  241. Per quanto riguarda le esigenze derivanti da tale disposizione, la Corte rinvia all’analisi sopra riportata in merito alle condizioni di una accessibilità concreta ed effettiva della procedura di asilo (paragrafi 183 e 184 supra).
  242. Inoltre, la Corte ha già osservato sopra, dal punto di vista dell’articolo 4 del Protocollo n. 4 che, contrariamente alle affermazioni del Governo, nel porto di Ancona i ricorrenti sono stati consegnati immediatamente dalle autorità di frontiera ai capitani dei ferry-boat e non hanno avuto accesso a un interprete o ad agenti che potessero fornire loro le informazioni minime necessarie a proposito del diritto di asilo e alla relativa procedura. Nella presente causa vi è un legame evidente tra le espulsioni collettive di cui sono stati oggetto i ricorrenti nel porto di Ancona e il fatto che sia stato concretamente impedito loro di chiedere l’asilo o di avere accesso a una qualsiasi altra procedura nazionale che soddisfi alle esigenze dell’articolo 13.
  243. Pertanto, la Corte ritiene che vi sia stata anche violazione dell’articolo 13, in combinato disposto con l’articolo 3 della Convenzione e con l’articolo 4 del Protocollo n. 4. Tenuto conto di questa conclusione e considerate le circostanze della causa, la Corte ritiene non doversi esaminare i motivi di ricorso presentati dai ricorrenti dal punto di vista dell’articolo 13 in combinato disposto con l’articolo 2.

    D. Altri motivi di ricorso
  244. Dal punto di vista dell’articolo 34, i ricorrenti denunciano l’assenza di contatti con un avvocato e un interprete al momento della loro identificazione e della loro espulsione dall’Italia, condizione che li avrebbe privati de facto della possibilità di portare e difendere la loro causa dinanzi alla Corte.
  245. Il Governo contesta questa tesi.
  246. Constatando che questo motivo di ricorso non incorre in nessuno dei motivi di irricevibilità di cui all’articolo 35 § 3 della Convenzione, la Corte lo dichiara ricevibile.
    Tuttavia, tenuto conto delle conclusioni alle quali è giunta dal punto di vista dell’articolo 13 in combinato disposto con l’articolo 3 della Convenzione, e dell’articolo 4 del Protocollo n. 4, nonché dei motivi ad esse sottesi, essa ritiene, nel caso di specie, non doversi esaminare separatamente i motivi di ricorso dei ricorrenti dal punto di vista dell’articolo 34 della Convenzione.
  247. Invocando anche l’articolo 3 della Convenzione, i ricorrenti affermano di essere stati oggetto di maltrattamenti da parte della polizia italiana e degli equipaggi delle navi che li hanno ricondotti in Grecia.
  248. Il Governo contesta questa tesi, sottolineando che i ricorrenti non hanno sottoposto alla Corte il minimo elemento di prova con riguardo ai dedotti maltrattamenti. La documentazione fotografica disponibile, ad esempio, non sarebbe in alcun modo collegata con i maltrattamenti che essi denunciano.
  249. La Corte osserva che, come è avvenuto per quelli che essi attribuivano alle autorità greche (paragrafi 188-191 supra), i ricorrenti non forniscono il minimo dettaglio né la minima precisazione riguardo ai maltrattamenti attualmente imputati all’Italia. Essa non dispone nemmeno di prove che permettano di accertare i fatti denunciati. In definitiva, questa doglianza non è minimamente suffragata da elementi di prova.
    Pertanto, il presente motivo di ricorso è manifestamente infondato e deve essere rigettato in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 a) e 4 della Convenzione.

    IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
  250. Ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione,
    «Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa.»

    A. Nei confronti dell’Italia
  251. I ricorrenti non hanno presentato la loro domanda di equa soddisfazione nei confronti dell’Italia entro il termine che era stato loro comunicato, ossia il 26 ottobre 2009; e questo nonostante il fatto che, con lettera indirizzata al loro avvocato il 15 settembre 2009, fosse stata richiamata la loro attenzione sull’articolo 60 del regolamento della Corte, che dispone che la domanda di equa soddisfazione ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione deve essere presentata entro il termine fissato per la presentazione delle osservazioni scritte sul merito, congiuntamente o in un documento a parte.
    Pertanto, la Corte ritiene non doversi accordare loro alcuna somma ai sensi dell’articolo 41 a carico dell’Italia (Willekens c. Belgio, n. 50859/99, § 27, 24 aprile 2003; Ouzounoglou c. Grecia, n. 32730/03, § 45, 24 novembre 2005;e Alexandre c. Portogallo, n. 33197/09, § 63, 20 novembre 2012).

    B. Nei confronti della Grecia
    1. Danni
  252. I ricorrenti non hanno presentato nei confronti della Grecia alcuna richiesta per un eventuale danno morale o materiale, limitandosi a ribadire, in occasione della trasmissione delle loro osservazioni sul merito della causa nei confronti di questo paese, le richieste formulate tardivamente nei confronti dell’Italia.
    Pertanto, la Corte ritiene non doversi accordare loro alcuna somma a questo titolo a carico della Grecia.
    2. Spese
  253. I ricorrenti chiedono il rimborso delle spese sostenute per il procedimento dinanzi alla Corte, per un importo di 15.352,93 EUR.
  254. Il governo convenuto non ha formulato osservazioni in proposito.
  255. Secondo la giurisprudenza, un ricorrente può ottenere il rimborso delle spese sostenute solo nella misura in cui ne siano accertate la realtà e la necessità, e il loro importo sia ragionevole.
    Inoltre, la Corte può accogliere le richieste di rimborso delle spese solo se esse si riferiscono alle violazioni da essa constatate: la Corte deve scartarle se riguardano motivi di ricorso che non hanno portato alla constatazione di una violazione, oppure motivi di ricorso dichiarati irricevibili (si veda l’articolo 60 del regolamento e le istruzioni pratiche per la presentazione della domanda di equa soddisfazione).
  256. Nella fattispecie, tenuto conto dei documenti in suo possesso e delle conclusioni alle quali è giunta nei confronti della Grecia, la Corte ritiene ragionevole una somma di 5.000 EUR per il procedimento dinanzi ad essa e la accorda congiuntamente ai ricorrenti.
    3. Interessi moratori
  257. La Corte ritiene opportuno basare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea maggiorato di tre punti percentuali.


PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,

  1. Decide di cancellare il ricorso dal ruolo nei confronti dei sigg. Alisina Sharifi, Nima Rezai, Sardar Agha Khan, Abdul Nabi, Habib Yosufi, Alireza Ekhlasi, Abas Rezai, Mohammad Haroon Ebrahemi, Ajabdin Akhonzada, Ahsanhullah Amar Khel, Malik Merzai, Mustafa Said Mustafa, Alidad Rahimi, Rahim Rahimi, Shirshah Sherdil Aghsheern, Mohammad Isa Sayyed Hashemi, Mohamad Sedeq Acheqzai, Moqaddas Raheimi, Ahmad Mohamad Amna, Gaber Ali Omar, Bilal Mohamed Taha, Nawid Kabiri, Abdul Rahim Faqiri, Nazar Mohammed Yashidi, Salahuddin Chaqar, Rahmat Wahidi, Mohamad Anif Servery, Zamarak Amarkhel, Abdul Hakim Hasani, Faroz Ahmadi e Hasan Najibi124;
  2. Unisce al merito l’eccezione preliminare relativa al mancato esaurimento delle vie di ricorso interne sollevata dal governo greco e la rigetta;
  3. Dichiara irricevibile il motivo di ricorso dei sigg. Reza Karimi, Yasir Zaidi, Mozamil Azimi e Najeeb Heideri (alias Nagib Haidari)125 relativo all’articolo 13 in combinato disposto con l’articolo 3 della Convenzione nei confronti della Grecia;
  4. Dichiara che vi è stata violazione da parte della Grecia dell’articolo 13 in combinato disposto con l’articolo 3 della Convenzione nei confronti dei sigg. Reza Karimi, Yasir Zaidi, Mozamil Azimi e Najeeb Heideri, alias Nagib Haidari126;
  5. Dichiara il resto del ricorso irricevibile nei confronti della Grecia;
  6. Dichiara irricevibile il motivo di ricorso dei sigg. Reza Karimi, Yasir Zaidi, Mozamil Azimi e Najeeb Heideri (alias Nagib Haidari)127 relativo all’articolo 4 del Protocollo n. 4 nei confronti dell’Italia;
  7. Dichiara che vi è stata violazione da parte dell’Italia dell’articolo 4 del Protocollo n. 4 nei confronti dei sigg. Reza Karimi, Yasir Zaidi, Mozamil Azimi e Najeeb Heideri, alias Nagib Haidari128;
  8. Dichiara ricevibili i motivi di ricorso dei sigg. Reza Karimi, Yasir Zaidi, Mozamil Azimi e Najeeb Heideri (alias Nagib Haidari)129 relativi agli articoli 2 e 3 della Convenzione nei confronti dell’Italia per il fatto che essi sono stati rimandati in Grecia senza tenere conto delle lacune della procedura di asilo in questo Stato;
  9. Dichiara che vi è stata violazione da parte dell’Italia dell’articolo 3 della Convenzione nei confronti dei sigg. Reza Karimi, Yasir Zaidi, Mozamil Azimi e Najeeb Heideri (alias Nagib Haidari)130 per il fatto che, rimandandoli in Grecia, le autorità italiane li hanno esposti ai rischi derivanti dalle lacune della procedura di asilo in questo Stato;
  10. Dichiara ricevibile il motivo di ricorso dei sigg. Reza Karimi, Yasir Zaidi, Mozamil Azimi e Najeeb Heideri (alias Nagib Haidari)131 relativo, nei confronti dell’Italia, all’articolo 13 in combinato disposto con gli articoli 2 e 3 della Convenzione e 4 del Protocollo n. 4 a causa del mancato accesso alla procedura di asilo o a una qualsiasi altra via di ricorso nel porto di Ancona;
  11. Dichiara che vi è stata violazione da parte dell’Italia dell’articolo 13 in combinato disposto con gli articoli 3 della Convenzione e 4 del Protocollo n. 4 nei confronti dei sigg. Reza Karimi, Yasir Zaidi, Mozamil Azimi e Najeeb Heideri, alias Nagib Haidari132;
  12. Dichiara ricevibile il motivo di ricorso dei sigg. Reza Karimi, Yasir Zaidi, Mozamil Azimi e Najeeb Heideri (alias Nagib Haidari)133 relativo, nei confronti dell’Italia, all’articolo 34 della Convenzione (paragrafo 251 supra);
  13. Dichiara non doversi esaminare i motivi di ricorso presentati dai sigg. Reza Karimi, Yasir Zaidi, Mozamil Azimi e Najeeb Heideri (alias Nagib Haidari)134 dal punto di vista dell’articolo 2 della Convenzione, considerato separatamente e in combinato disposto con l’articolo 13 della Convenzione, o dell’articolo 34 della Convenzione;
  14. Dichiara il resto del ricorso irricevibile nei confronti dell’Italia;
  15. Dichiara
    1. che la Grecia deve versare ai sigg. Reza Karimi, Yasir Zaidi, Mozamil Azimi e Najeeb Heideri (alias Nagib Haidari)135 congiuntamente, entro tre mesi a decorrere dalla data in cui la sentenza sarà divenuta definitiva ai sensi dell’articolo 44 § 2 della Convenzione, 5.000 EUR (cinquemila euro), più l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta dai ricorrenti, per le spese;
    2. che a decorrere dalla scadenza di detto termine e fino al versamento, tale importo dovrà essere maggiorato di un interesse semplice a un tasso equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile in tale periodo, maggiorato di tre punti percentuali;
  16. Rigetta la domanda di equa soddisfazione per il resto.

Fatta in francese, poi comunicata per iscritto il 21 ottobre 2014, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del regolamento.

Stanley Naismith
Cancelliere

Işıl Karakaş
Presidente

Alla presente sentenza è allegata, conformemente agli articoli 45 § 2 della Convenzione e 74 § 2 del regolamento, l’esposizione dell’opinione concordante del Giudice Lemmens.

A.I.K.
S.H.N.


 

 

OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE LEMMENS

  1. Sono d’accordo con i miei colleghi su tutti i punti del dispositivo. Tuttavia, con rammarico non posso aderire al ragionamento che ha portato all’adozione del punto 2 del dispositivo, riguardante l’eccezione di mancato esaurimento delle vie di ricorso interne sollevata dal governo greco.
    Sono consapevole che il mio disaccordo con la maggioranza riguarda un aspetto puramente tecnico della sentenza. Poiché la questione viene sollevata, in un modo o nell’altro, in molte sentenze, ritengo comunque utile dedicare alla stessa un’opinione separata.
  2. Nelle sue osservazioni del 29 settembre 2009 il governo greco ha sollevato un’eccezione di irricevibilità del ricorso, in ragione del fatto che nessuno dei ricorrenti aveva sottoposto i motivi di ricorso invocati dinanzi alla Corte alla valutazione di un qualsiasi giudice nazionale (paragrafo 121 della sentenza).
    Anche se il governo greco non indicava esplicitamente su quali motivi di ricorso vertesse l’eccezione, dagli sviluppi relativi a quest’ultima nelle osservazioni sopra citate risulta che essa riguardava gli asseriti maltrattamenti da parte delle autorità greche. L’eccezione riguardava pertanto i motivi di ricorso basati sugli articoli 2 e 3 della Convenzione.
  3. Poiché i ricorrenti lamentano anche una violazione dell’articolo 13 della Convenzione in combinato disposto con gli articoli 2 e 3, la Corte considera all’unanimità che esista un legame stretto tra la tesi del Governo sull’eccezione relativa al mancato esaurimento delle vie di ricorso interne (articolo 35 § 1 della Convenzione) e la fondatezza dei motivi di ricorso formulati dai ricorrenti dal punto di vista dell’articolo 13. Per questo motivo «la Corte ritiene che sia opportuno unire questa eccezione al merito» (paragrafo 123 della sentenza).
    Secondo me, sarebbe stato preferibile precisare la portata di quest’ultima espressione. Io la intendo nel senso che l’eccezione relativa ai motivi di ricorso basati sugli articoli 2 e 3 viene unita all’esame della fondatezza dei motivi di ricorso basati sull’articolo 13 della Convenzione in combinato disposto con gli articoli 2 e 3 (si confronti, nello stesso senso, M.S.S. c. Belgio e Grecia [GC], n. 30696/09, § 336, CEDU 2011).
  4. Dopo aver unito l’eccezione di irricevibilità all’esame del merito, la Corte procede a una qualificazione giuridica dei fatti che stanno alla base delle doglianze presentate contro la Grecia. Per quanto riguarda i motivi di ricorso relativi al respingimento dei ricorrenti verso l’Afghanistan e al mancato accesso alla procedura di asilo nella pratica, essa decide di esaminarli dal punto di vista soltanto dell’articolo 13 in combinato disposto con l’articolo 3 (paragrafo 140 della sentenza). La Corte non esamina dunque questi motivi di ricorso dal punto di vista degli articoli 2 e 3.
    La Corte aggiunge che non conviene nemmeno analizzare la questione dal punto di vista dell’articolo 13 in combinato disposto con l’articolo 2 (ibidem).
  5. Questa qualificazione dei fatti e dei motivi di ricorso mi porta a constatare che, per quanto riguarda i motivi di ricorso sopra citati, l’eccezione relativa alle doglianze basate sugli articoli 2 e 3 della Convenzione, sia divenuta immotivata.
    Questa constatazione deve dunque necessariamente portare al rigetto dell’eccezione in questione. È su questo che mi sono basato per votare in favore della seconda parte del punto 2 del dispositivo (rigetto dell’eccezione).
  6. La maggioranza non segue la stessa logica.
    Pur avendo deciso, almeno implicitamente, che la questione non deve essere analizzata dal punto di vista degli articoli 2 e 3 della Convenzione, essa ritiene necessario pronunciarsi ancora sulla fondatezza della relativa eccezione. In effetti, dopo aver concluso che vi è stata violazione dell’articolo 13 in combinato disposto con l’articolo 3, essa considera che «ne consegue che non si può contestare ai ricorrenti di non aver esaurito le vie di ricorso interne, in modo che l’eccezione preliminare sollevata a questo riguardo dal governo greco deve essere respinta » (paragrafo 181 della sentenza). Secondo il mio umile parere, questo ragionamento è contraddittorio.
    La maggioranza vuole dire che l’eccezione preliminare riguarda (anche) i motivi di ricorso basati sull’articolo 13 in combinato disposto con l’articolo 3, ossia i motivi di ricorso che la Corte dichiara fondati? Se così fosse, mi permetto di chiedere quale potrebbe essere la portata di una tale eccezione. Come potrebbe il governo greco affermare che i ricorrenti avrebbero dovuto lamentare dinanzi alle autorità nazionali di non avere vie di ricorso a loro disposizione, cioè che avrebbero dovuto esaurire le vie di ricorso interne per lamentare l’impossibilità di avere accesso a tali vie di ricorso?
    Non comprendo bene la logica della maggioranza.
  7. Il problema che ho descritto riguarda il modo in cui la Corte esamina le eccezioni di mancato esaurimento delle vie di ricorso interne. Mi sembra che su questo punto alle nostre sentenze manchi a volte un certo rigore. Un’eccezione è necessariamente legata a uno o più motivi di ricorso (o addirittura a tutti i motivi di ricorso, e dunque all’intero ricorso). A mio parere, sarebbe utile precisare in ogni singolo caso la portata dell’eccezione.
    Se la Corte decide di unire l’eccezione di mancato esaurimento delle vie di ricorso interne all’esame della fondatezza del motivo di ricorso basato sulla violazione dell’articolo 13, essa dovrebbe anzitutto esaminare tale motivo di ricorso (e non quelli relativi alla violazione di altri articoli della Convenzione), per poi trarne le conclusioni relative all’eccezione di irricevibilità riguardanti gli altri motivi di ricorso. Infine, se rigetta l’eccezione, essa può dunque proseguire nell’esame della fondatezza di queste altre doglianze.

 

Note

1 I ricorrenti indicati ai nn. 2, 12, 13, 14, 34 e 35 dell’elenco allegato.

2 Ad eccezione del ricorrente indicato al n. 15 dell’elenco allegato, che afferma di essere arrivato in Italia nell’ottobre 2004, e dei ricorrenti indicati ai nn. 20 e 35 dell’elenco allegato, per i quali non è stata precisata alcuna data.

3 Il ricorrente indicato al n. 2 dell’elenco allegato.

4 Verosimilmente il ricorrente indicato al n. 3 dell’elenco allegato.

5 Il ricorrente indicato al n. 4 dell’elenco allegato.

6 Verosimilmente il ricorrente indicato al n. 15 dell’elenco allegato.

7 Il ricorrente indicato al n. 17 dell’elenco allegato.

8 Il ricorrente indicato al n. 22 dell’elenco allegato.

9 Il ricorrente indicato al n. 24 dell’elenco allegato.

10 Il ricorrente indicato al n. 26 dell’elenco allegato.

11 Il ricorrente indicato al n. 29 dell’elenco allegato.

12 Il ricorrente indicato al n. 30 dell’elenco allegato.

13 Il ricorrente indicato al n. 6 dell’elenco allegato.

14 Il ricorrente indicato al n. 28 dell’elenco allegato.

15 I ricorrenti indicati ai nn. 2, 12, 13, 14, 34 e 35 dell’elenco allegato.

16 I ricorrenti indicati ai nn. 1, 15, 17, 18, 19 e 29 dell’elenco allegato.

17 I ricorrenti indicati ai nn. 8, 11, 25 e 31 dell’elenco allegato.

18 I ricorrenti indicati ai nn. 10, 21, 22 e 23 dell’elenco allegato.

19 Il ricorrente indicato al n. 3 dell’elenco allegato.

20 I ricorrenti indicati ai nn. 2, 12, 13, 14, 34 e 35 dell’elenco allegato.

21 Il ricorrente indicato al n. 34 dell’elenco allegato.

22 Il ricorrente indicato al n. 6 dell’elenco allegato.

23 Il ricorrente indicato al n. 2 dell’elenco allegato.

24 Il ricorrente indicato al n. 34 dell’elenco allegato.

25 Il ricorrente indicato al n. 12 dell’elenco allegato.

26 Il ricorrente indicato al n. 15 dell’elenco allegato.

27 Il ricorrente indicato al n. 33 dell’elenco allegato.

28 Il ricorrente indicato al n. 18 dell’elenco allegato.

29 Il ricorrente indicato al n. 29 dell’elenco allegato.

30 Il ricorrente indicato al n. 28 dell’elenco allegato.

31 Verosimilmente il ricorrente indicato al n. 5 dell’elenco allegato.

32 Il ricorrente indicato al n. 7 dell’elenco allegato.

33 Il ricorrente indicato al n. 4 dell’elenco allegato.

34 Il ricorrente indicato al n. 11 dell’elenco allegato.

35 Il ricorrente indicato al n. 1 dell’elenco allegato.

36 Il ricorrente indicato al n. 17 dell’elenco allegato.

37 Il ricorrente indicato al n. 33 dell’elenco allegato.

38 Il ricorrente indicato al n. 1 dell’elenco allegato.

39 Il ricorrente indicato al n. 2 dell’elenco allegato.

40 Il ricorrente indicato al n. 4 dell’elenco allegato.

41 Il ricorrente indicato al n. 7 dell’elenco allegato.

42 Il ricorrente indicato al n. 9 dell’elenco allegato.

43 Il ricorrente indicato al n. 12 dell’elenco allegato.

44 Il ricorrente indicato al n. 13 dell’elenco allegato.

45 Il ricorrente indicato al n. 14 dell’elenco allegato.

46 Il ricorrente indicato al n. 15 dell’elenco allegato.

47 Il ricorrente indicato al n. 17 dell’elenco allegato.

48 Il ricorrente indicato al n. 18 dell’elenco allegato.

49 Il ricorrente indicato al n. 24 dell’elenco allegato.

50 Il ricorrente indicato al n. 26 dell’elenco allegato.

51 Il ricorrente indicato al n. 28 dell’elenco allegato.

52 Il ricorrente indicato al n. 29 dell’elenco allegato.

53 Il ricorrente indicato al n. 34 dell’elenco allegato.

54 Il ricorrente indicato al n. 28 dell’elenco allegato.

55 Il ricorrente indicato al n. 4 dell’elenco allegato.

56 Il ricorrente indicato al n. 7 dell’elenco allegato.

57 Il ricorrente indicato al n. 12 dell’elenco allegato.

58 Il ricorrente indicato al n. 13 dell’elenco allegato.

59 Il ricorrente indicato al n. 15 dell’elenco allegato.

60 Il ricorrente indicato al n. 24 dell’elenco allegato.

61 Il ricorrente indicato al n. 28 dell’elenco allegato.

62 Il ricorrente indicato al n. 29 dell’elenco allegato.

63 Il ricorrente indicato al n. 33 dell’elenco allegato.

64 Il ricorrente indicato al n. 34 dell’elenco allegato.

65 Il ricorrente indicato al n. 14 dell’elenco allegato.

66 Il ricorrente indicato al n. 4 dell’elenco allegato.

67 Il ricorrente indicato al n. 18 dell’elenco allegato.

68 Il ricorrente indicato al n. 4 dell’elenco allegato.

69 Il ricorrente indicato al n. 28 dell’elenco allegato.

70 Il ricorrente indicato al n. 7 dell’elenco allegato.

71 Il ricorrente indicato al n. 24 dell’elenco allegato.

72 Il ricorrente indicato al n. 29 dell’elenco allegato.

73 Il ricorrente indicato al n. 12 dell’elenco allegato.

74 Il ricorrente indicato al n. 33 dell’elenco allegato.

75 Il ricorrente indicato al n. 4 dell’elenco allegato.

76 Il ricorrente indicato al n. 14 dell’elenco allegato.

77 Il ricorrente indicato al n. 18 dell’elenco allegato.

78 Il ricorrente indicato al n. 33 dell’elenco allegato.

79 I ricorrenti indicati ai n. 1, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 16, 18, 19, 20, 21, 23, 25, 27, 28, 31, 32, 33, 34 e 35 dell’elenco allegato.

80 Il ricorrente indicato al n. 28 dell’elenco allegato.

81 Il ricorrente indicato al n. 4 dell’elenco allegato.

82 Il ricorrente indicato al n. 18 dell’elenco allegato.

83 Il ricorrente indicato al n. 33 dell’elenco allegato.

84 I ricorrenti indicati ai nn. 3, 6, 16, 20, 23, 27, 30 e 32 dell’elenco allegato.

85 I ricorrenti indicati ai nn. 8, 10, 19, 21, 22, 25, 31 e 35 dell’elenco allegato.

86 I ricorrenti indicati ai nn. 5, 11 e 15 dell’elenco allegato.

87 I ricorrenti indicati ai nn. 1, 2, 9, 17 e 26 dell’elenco allegato.

88 Il ricorrente indicato al n. 17 dell’elenco allegato.

89 Il ricorrente indicato al n. 2 dell’elenco allegato.

90 Il ricorrente indicato al n. 12 dell’elenco allegato.

91 Il ricorrente indicato al n. 7 dell’elenco allegato.

92 Il ricorrente indicato al n. 13 dell’elenco allegato.

93 Il ricorrente indicato al n. 14 dell’elenco allegato.

94 Il ricorrente indicato al n. 24 dell’elenco allegato.

95 Il ricorrente indicato al n. 29 dell’elenco allegato.

96 Il ricorrente indicato al n. 34 dell’elenco allegato.

97 Il ricorrente indicato al n. 4 dell’elenco allegato. 

98 Il ricorrente indicato al n. 18 dell’elenco allegato.

99 Il ricorrente indicato al n. 28 dell’elenco allegato.

100 Il ricorrente indicato al n. 33 dell’elenco allegato.

101 Ossia, i ricorrenti indicati ai nn. 1, 2, 3, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 27, 29, 30, 31, 32, 34 e 35 dell’elenco allegato.

102 I ricorrenti indicati ai nn. 4, 18, 28 e 33 dell’elenco allegato.

103 I ricorrenti indicati ai nn. 18, 28 e 33 dell’elenco allegato.

104 Il ricorrente indicato al n. 4 dell’elenco allegato.

105 In particolare, i ricorrenti indicati ai nn. 4, 18 e 33 dell’elenco allegato. 

106 In particolare, il ricorrente indicato al n. 28 dell’elenco allegato.

107 I ricorrenti indicati ai nn. 4 e 28 dell’elenco allegato.

108 Il ricorrente indicato al n. 33 dell’elenco allegato.

109 In particolare il ricorrente indicato al n. 4 dell’elenco allegato.

110 I ricorrenti indicati ai nn. 4, 18, 28 e 33 dell’elenco allegato.

111 I ricorrenti indicati ai nn. 28 e 33 dell’elenco allegato.

112 Il ricorrente indicato al n. 4 dell’elenco allegato.

113 Il ricorrente indicato al n. 4 dell’elenco allegato. 

114 I ricorrenti indicati ai nn. 3 e 15 dell’elenco allegato.

115 Il ricorrente indicato al n. 24 dell’elenco allegato.

116 Il ricorrente indicato al n. 4 dell’elenco allegato. 

117 Per i ricorrenti indicati ai nn. 3 e 15 dell’elenco allegato.

118 Per il ricorrente indicato al n. 24 dell’elenco allegato.

119 I ricorrenti indicati ai nn. 4, 18, 28 e 33 dell’elenco allegato.

120 Il ricorrente indicato al n. 4 dell’elenco allegato.

121 Il ricorrente indicato al n. 4 dell’elenco allegato.

122 I ricorrenti indicati ai nn. 18, 28 e 33 dell’elenco allegato.

123 I ricorrenti indicati ai nn. 4, 18, 28 e 33 dell’elenco allegato.

124 I ricorrenti indicati ai nn. 1, 2, 3, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 27, 29, 30, 31, 32, 34 e 35 dell’elenco allegato. 

125 I ricorrenti indicati ai nn. 4, 18, 28 e 33 dell’elenco allegato.

126 I ricorrenti indicati ai nn. 4, 18, 28 e 33 dell’elenco allegato.

127 I ricorrenti indicati ai nn. 4, 18, 28 e 33 dell’elenco allegato.

128 I ricorrenti indicati ai nn. 4, 18, 28 e 33 dell’elenco allegato.

129 I ricorrenti indicati ai nn. 4, 18, 28 e 33 dell’elenco allegato.

130 I ricorrenti indicati ai nn. 4, 18, 28 e 33 dell’elenco allegato.

131 I ricorrenti indicati ai nn. 4, 18, 28 e 33 dell’elenco allegato.

132 I ricorrenti indicati ai nn. 4, 18, 28 e 33 dell’elenco allegato.

133 I ricorrenti indicati ai nn. 4, 18, 28 e 33 dell’elenco allegato.

134 I ricorrenti indicati ai nn. 4, 18, 28 e 33 dell’elenco allegato.

135 I ricorrenti indicati ai nn. 4, 18, 28 e 33 dell’elenco allegato.

 

Ricorrenti
N. Cognome Nome Nazionalità
1 SHARIFI Alisina afghana
2 REZAI Nima afghana
3 KHAN Sardar Agha afghana
4 KARIMI Reza afghana
5 NABI Abdul afghana
6 YOSUFI Habib afghana
7 EKHLASI Alireza afghana
8 REZAI Abas afghana
9 EBRAHEMI Mohammad Haroon afghana
10 AKHONZADA Ajabdin afghana
11 AMAR KHEL Ahsanhullah afghana
12 MERZAI Malik afghana
13 MUSTAFA Mustafa Said afghana
14 RAHIMI Alidad afghana
15 RAHIMI Rahim afghana
16 SHERDIL AGHSHEERN Shirshah afghana
17 HASHEMI Mohammad Isa Sayyed afghana
18 ZAIDI Yasir afghana
19 ACHEQZAI Mohamad Sedeq afghana
20 RAHEIMI Moqaddas afghana
21 AMNA Ahmad Mohamad sudanese
22 OMAR Gabel Ali eritrea
23 TAHA Bilala Mohamed sudanese
24 KABIRI Nawid afghana
25 FAQIRI Abdul Rahim afghana
26 YASHIDI Nazar Mohammed afghana
27 CHAQAR Salahuddin afghana
28 AZIMI Mozamil afghana
29 WAHIDI Rahmat afghana
30 SERVERY Mohamad Anif afghana
31 AMARKHEL Zamarak afghana
32 HASANI Abdul Hakim afghana
33 HEIDERI Najeeb afghana
34 AHMADI Faroz afghana
35 NAJIBI Hasan afghana