Commissione Greco - per lo studio sull’autoriciclaggio (23 aprile 2013) - Relazione

Indice

1. Il gruppo di studio autoriciclaggio. Composizione e mandato
2. Le attività svolte e i documenti raccolti
3. Le tematiche affrontate

3.1. La punibilità dell’autoriciclaggio
3.2. Segue: la discussione in seno al gruppo di studio
3.3. La fattispecie di abuso dei beni sociali
3.4. Il monitoraggio fiscale
3.5. Gli strumenti di premialità
3.6. Le sanzioni in materia antiriciclaggio
3.7. Il rafforzamento degli strumenti di prevenzione

Proposte di modifica legislativa

Elenco allegati

 

1. IL GRUPPO DI STUDIO AUTORICICLAGGIO. COMPOSIZIONE E MANDATO
Il Gruppo di studio autoriciclaggio è stato costituito con decreto del Ministro della Giustizia dell’8 gennaio 2013 con l’incarico di procedere alla ricognizione, sistematizzazione e analisi critica e organica del complesso degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle convenzioni e trattati internazionali in materia di prevenzione e contrasto del riciclaggio, inclusa la previsione di fattispecie di illecito connesse alla violazione di adempimenti contabili e finanziari e al cosiddetto auto riciclaggio; di provvedere alla raccolta sistematica degli adempimenti internazionali in materia di lotta alla corruzione e di repressione della criminalità organizzata nonché delle misure a carattere normativo e amministrativo adottate per darvi attuazione e/o esecuzione; di procedere, altresì, all’esame delle principali criticità riscontrate nell’assolvimento dell’Italia a detti obblighi e alla formulazione di proposte per ulteriori interventi da intraprendere.

Componenti del Gruppo di studio sono il cons. Francesco Greco della Procura di Milano, il gen. Giuseppe Bottillo del Nucleo speciale di Polizia valutaria della Guardia di Finanza, il prof. Angelo Carmona, il dott. Claudio Clemente della UIF, il cons. Gianfranco Donadio della Direzione investigativa antimafia, il dott. Antonio Martino dell’Agenzia delle Entrate, nonché, in qualità di componenti della segreteria tecnica, la dott.ssa Maria Raffaella Falcone del Ministero della Giustizia e il dott. Marco Pacini della Banca d’Italia. Partecipano, altresì al Gruppo, con voto deliberativo, il cons. Filippo Grisolia, Capo di Gabinetto, il dott. Gabriele Iuzzolino, Vice Capo dell’Ufficio legislativo vicario, il dott. Eugenio Selvaggi, Capo Dipartimento per gli Affari di Giustizia, il cons. Luigi Birritteri o il dott. Francesco Mele, rispettivamente Capo e Vice Capo Dipartimento dell'Organizzazione giudiziaria, del Personale e dei Servizi. Hanno preso parte ad alcune riunioni del Gruppo il prof. Antonino Gullo, sottosegretario alla Giustizia e la dott.ssa Chiara Mancini, Capo della Segreteria tecnica del Ministro.

Con decreti del Ministro della Giustizia il termine per la conclusione dei lavori del Gruppo è stato prorogato al 30 aprile 2013.

2. LE ATTIVITÀ SVOLTE E I DOCUMENTI RACCOLTI
Il Gruppo ha tenuto complessivamente sette incontri, con il seguente ordine del giorno:

  • 11 gennaio 2013 - Apertura dei lavori
  • 24 gennaio 2013 - Audizione di esperti provenienti dagli operatori, dalle associazioni di categoria, dall’accademia
  • 6 febbraio 2013 - Definizione dei criteri generali per la redazione della relazione finale dei lavori
  • 20 febbraio 2013 - Discussione dei risultati degli approfondimenti condotti dai compo-nenti del Gruppo sulla base delle linee concordate nel corso della precedente riunione
  • 27 febbraio 2013 - Prosecuzione della discussione condotta nel corso della precedente riunione sulle fattispecie penali e sulle ulteriori proposte di modifica legislativa e di intervento amministrativo
  • 27 marzo 2013 - Audizione di esperti provenienti dall’accademia
  • 18 aprile 2013 - Discussione dei contenuti della versione aggiornata della relazione finale del Gruppo e delle fattispecie penali di “autoriciclaggio” e “abuso dei beni sociali”

Nel corso dei lavori sono stati sentiti, in qualità di esperti, nell’ordine: il Prof. Guglielmo Maisto, l’avv. Cosimo Pacciolla in rappresentanza di Confindustria, l’avv. Giuseppe La Sorda e il dott. Emmanuele Di Fenza di Intesa San Paolo, l’avv. Ugo Vitofrancesco e il dott. Luca Canestrelli di Unicredit Banca, il Prof. Alberto Lupoi; il cons. Giuseppe Pignatone della Procura di Roma, il dott. Fabio de Pasquale e il dott. Eugenio Fusco della Procura di Milano, il dott. Fabio di Vizio della Procura di Forlì, il dott. Nicola Bonucci dell’OCSE, l’avv. Giovanni Staiano dell’ABI, il dott. Giuseppe Maresca del Ministero dell’Economia, il Prof. Alberto Alessandri e il Prof. Francesco Mucciarelli. E’ stato, infine, acquisita memoria del dott. Norberto Arquila, consulente del Ministero dell’Economia.

I componenti del Gruppo di studio hanno depositato agli atti del Ministero i seguenti documenti:

  • Gen. Bottillo - Dati statistici sull’attività del Nucleo – 2009-2012
  • Gen. Bottillo - Sull’incriminazione per autoriciclaggio
  • Gen. Bottillo - Proposte di modifica del sistema sanzionatorio antiriciclaggio
  • Gen. Bottillo - Il sistema di segnalazione delle operazioni sospette – Analisi critica
  • Prof. Carmona - Bozza per l’introduzione del reato di autoriciclaggio
  • Dott. Clemente - Sistema sanzionatorio antiriciclaggio
  • Dott. Clemente - Proposte di modifica del Decreto legislativo n. 231 del 2007
  • Dott. Clemente - Fonti informative e analisi integrate
  • Dott. Clemente - Fenomeni antiriciclaggio – allegato 1
  • Dott. Clemente - Fenomeni antiriciclaggio – allegato 2
  • Cons. Donadio - Articolato per la Commissione ministeriale in tema di autoriciclaggio
  • Dott. Martino - Compliance program
  • Dott. Martino - Attività svolta dall’U.C.I.F.I.

Nel corso delle audizioni sono stati altresì depositati i seguenti documenti:

  • Dott. Di Fenza - La rilevanza del reato presupposto nel processo di segnalazione di operazioni sospette di riciclaggio da parte degli intermediari
  • Dott. Di Vizio - Difficoltà della prova dell’elemento soggettivo del riciclaggio con specifico riferimento alla provenienza dei capitali illeciti da particolari tipologie di reati presupposto, inclusi quelli in materia fiscale. La punizione penale dell’autoriciclaggio quale possibile soluzione
  • Avv. La Sorda - Promemoria audizione 24 febbraio
  • Prof. Lupoi - Sui trust
  • Prof. Maisto - Autoriciclaggio: profili fiscali e regolarizzazione
  • Prof. Maisto - Slides
  • Dott. Maresca - Lettera Presidente Greco

3. LE TEMATICHE AFFRONTATE
Le convenzioni internazionali in tema di contrasto alla criminalità economica e alla criminalità organizzata pongono come principi fondamentali la trasparenza contabile e la trasparenza dei flussi finanziari (in tema, artt. 13 e 14 Convenzione penale del Consiglio d’Europa sulla corruzione, artt. 12 e 14 Convenzione ONU sulla lotta alla corruzione, artt. 7 e 8 della Convenzione OCSE contro la corruzione). Ciò in ragione della acquisita consapevolezza che la realizzazione di molti reati economici presuppone, ancor prima del riciclaggio dei proventi illeciti, una rappresentazione contabile falsa o fittizia idonea a dissimularne il compimento. In quest'ottica assumono, pertanto, centrale rilevanza le condotte finalizzate a rendere tracciabili sia i flussi che la loro rappresentazione contabile. I confini sono normalmente presidiati, da un lato, dai reati di riciclaggio ed autoriciclaggio (su cui v. infra); dall'altro, dai reati di “falso in bilancio” e abuso fraudolento dei beni sociali (su cui v. infra) nonché dai reati fiscali.

A quanto osservato si aggiunga, altresì, che:

  1. le attuali fattispecie di riciclaggio e reimpiego (artt 648 bis e ter, c.p.) sono il prodotto del dibattitto internazionale degli anni '80, in cui il problema avvertito dalla comunità internazionale come prioritario era quello di contrastare l'immissione nell'economia di capitali delle organizzazioni criminali considerati destabilizzanti per gli assetti democratici ed economici dei diversi paesi;
  2. non si è, tuttavia, tenuto conto che, a partire dagli anni '90, un ruolo centrale è stato assunto, nelle attività finanziarie, dalla “trasformazione” del denaro “pulito”, ovverosia di origine lecita, in denaro “clandestino”, sia per la sempre maggiore importanza, nei diversi paesi, dell'evasione fiscale sia per la necessità di accumulare giacimenti contabili clandestini per operazioni riservate (corruzione, market abuse, etc);
  3. nel sistema italiano, anche in controtendenza rispetto agli obblighi internazionali, si è proceduto a una sorta di “privatizzazione” del diritto penale societario, per effetto della quale, alla sostanziale marginalizzazione delle condotte di false comunicazioni sociali, non hanno sempre efficacemente sopperito le nuove fattispecie di infedeltà patrimoniale e di corruzione privata;
  4. i reati sinora utilizzati nella prassi giudiziaria per contrastare fenomeni di depauperamento o dissipazione sociale, come l’appropriazione indebita o la truffa, appaiono privi di sostanziale effettività.

In quest'ottica, il Gruppo di studio, anche prendendo spunto dalle indicazioni formulate nel corso delle audizioni degli esperti, ha ritenuto di suggerire l’introduzione nell'ordinamento dei reati di autoriclaggio e di una fattispecie che “sanzioni” l’abuso dei beni sociali, nonché di valorizzare il reato di false comunicazioni sociali (sul quale peraltro non ha avuto il tempo di soffermarsi).

Si è poi ritenuto che, a fronte di un irrigidimento della risposta repressiva a condotte indubbiamente gravi e pericolose, anche per la portata dannosa per l'economia del paese, fosse anche necessario introdurre norme che incentivassero la collaborazione con lo Stato da parte degli autori di certi reati, a condizione di poter recuperare integralmente, a seconda dei casi, l'importo evaso ovvero il profitto/prezzo del reato. Anche su questo aspetto, il Gruppo di studio ha fomulato indicazioni puntuali, benché meritevoli di ulteriori approfondimenti per escludere (come unanimemente ritenuto) ogni apparenza di “condono” alla collaborazione prevista.

3.1. LA PUNIBILITÀ DELL’AUTORICICLAGGIO
“Autoriciclaggio” è la condotta di riciclaggio posta in essere dall’autore, anche in concorso, del reato presupposto. Essa rappresenta, quindi, la condotta tipica non solo di chi, dopo aver compiuto autonomamente il reato presupposto, provvede a sostituire, trasferire od occultarne i proventi per investirli e/o immetterli in attività produttive o finanziarie, senza avvalersi dei servizi di riciclaggio prestati da un soggetto terzo “riciclatore”; ma anche la condotta dello stesso soggetto “riciclatore” il quale, prima di prestare i “servizi” di riciclaggio, apporta un contributo rilevante al compimento del reato presupposto, concorrendo quindi in quest’ultimo con l’autore principale. Quest’ultima condotta appare diffusa in fenomeni di appropriazione di beni sociali, evasione fiscale e corruzione, per cui l’esponente o il proprietario di un’azienda si accorda con un terzo “riciclatore” nel senso di utilizzare mezzi di quest’ultimo, ad esempio società fittizie che emettono fatture false, per sottrarre all’azienda e a tassazione, e in seguito riciclare, beni sociali da destinare a proprio uso personale, per finalità corruttive o altro.

Nella vigente disciplina, la fattispecie di riciclaggio non include alcuna delle due condotte richiamate. Ai sensi dell’art. 648bis c.p., infatti, il riciclaggio è punibile soltanto «fuori dei casi di concorso nel reato» presupposto. Esso non colpisce, quindi, né il riciclaggio compiuto autonomamente dall’autore del reato presupposto, né quello compiuto dal “riciclatore” che concorra anche nel compimento del reato presupposto. L’esclusione della punibilità per riciclaggio degli autori in concorso del reato presupposto ha, nondimeno, prodotto, anche in ragione degli esiti della riflessione giurisprudenziale, alcune conseguenze sul piano applicativo. Essa non è, infatti, in grado di colpire, per un verso, la condotta dell’autore del reato presupposto (meno grave) che proceda a una catena di operazioni di riciclaggio, utilizzo e reimpiego, anche a distanza di tempo, degli originari proventi; per altro verso, la condotta del “riciclatore” professionale che proceda a una complessa serie di operazioni di riciclaggio dei proventi di un reato (meno grave) cui ha concorso.

Anche per effetto della non punibilità dell’autore anche in concorso del reato presupposto, la fattispecie di riciclaggio ha sinora trovato molto limitata applicazione sul piano giudiziario, soprattutto con riguardo all’ultroneo fenomeno del “taroccamento” delle auto. Alla luce di quanto osservato sarebbe, pertanto, auspicabile introdurre, de jure condendo, la punibilità di simile reato. In tal senso appaiono, del resto, orientati anche i principali organismi internazionali a diverso titolo investiti della materia. In proposito, sebbene la punibilità dell’autoriciclaggio non sia espressamente richiesta dalle convenzioni internazionali, essa è nondimeno insistentemente sollecitata tanto dall’OCSE – che, nel Rapporto sull’Italia del 2011 ha rilevato come una simile lacuna normativa rischi di indebolire la legislazione anticorruzione e non appaia giustificata dai principi generali del diritto – che dal Fondo monetario internazionale – che, nel Rapporto sull’Italia del 2006, pur rilevando come la punibilità dell’autoriciclaggio non fosse prevista come necessario nelle 40 Raccomandazioni del GAFI, ne raccomandava nondimeno l’introduzione, anche alla luce delle esigenze investigative rappresentate dalle stesse autorità italiane.

La previsione della punibilità dell’autoriciclaggio incontra, nondimeno, alcune difficoltà di tipo oggettivo e/o dogmatico. Una prima difficoltà discende dalla constatazione che le ulteriori operazioni poste in essere dall’autore del reato presupposto per ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa dei beni e del denaro rappresenterebbero la naturale prosecuzione degli stessi reati presupposto. In quanto tali, esse darebbero, pertanto, luogo soltanto a un mero post factum, non avente un autonomo disvalore e quindi assorbito nella fattispecie del reato presupposto. Oppure sarebbero configurabili come parti della condotta dello stesso reato presupposto, quindi non punibili in ossequio al principio del ne bis in idem sostanziale, per cui nessuno può essere punito due volte per lo stesso fatto.

Una seconda difficoltà, legata alla prima, deriva, invece, dalla constatazione che la punibilità dell’autoriciclaggio costringerebbe l’autore del reato presupposto ad astenersi dal compiere operazioni volte a ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa dei beni, esponendolo per questa via a un maggior rischio di essere scoperto. La fattispecie di autoriciclaggio risulterebbe, pertanto, in contrasto con il principio generale per cui nemo tenetur se detegere, in virtù del quale nessuno può essere tenuto ad autoincriminarsi. Una terza difficoltà, legata alle precedenti, discende, poi, dalla constatazione che la punibilità dell’autoriciclaggio potrebbe assoggettare l’autore del reato presupposto all’irrogazione di una pena non correlata alla gravità di quest’ultimo; e ciò, sia perché la pena per il riciclaggio può essere molto più grave di quella per il reato presupposto, sia perché, per effetto della continuazione, la pena per il riciclaggio potrebbe essere aumentata fino al triplo. Dalla punibilità dell’autoriciclaggio potrebbe, pertanto, discendere una lesione del principio generale di proporzionalità della pena.

A quanto sopra si aggiunga, poi, che il riferimento alle condotte di “sostituzione” e “trasferimento” di cui all’art. 648bis c.p., se è di più agevole percezione nel caso di riciclaggio, in ragione della “terzietà” del riciclatore rispetto all’autore del reato presupposto, può apparire fuorviante nel caso dell’autoriciclaggio, a motivo del carattere non adeguatamente qualificato sul piano funzionale delle stesse. La sostituzione e il trasferimento di beni o denaro potrebbero, infatti, avvenire non solo per ostacolarne l’identificazione della provenienza delittuosa, ma anche per rispondere a immediate esigenze di consumo, come nel caso di chi “sostituisca” del denaro con il bene acquistato o “trasferisca” un bene all’estero. Da ultimo, l’effettiva punibilità dell’autoriciclaggio potrebbe incontrare un limite in termini di prescrizione non adeguatamente lunghi, mentre trarrebbe sicuro giovamento dall’utilizzabilità delle intercettazioni, dall’applicabilità della pena su richiesta delle parti, dall’inclusione nel novero dei reati per i quali è prevista la responsabilità degli enti ai sensi della legge n. 231 del 2001.

A giudizio del Gruppo di studio, le difficoltà sopra richiamate appaiono, nondimeno, superabili attraverso una corretta formulazione della norma incriminatrice. In termini generali, il fenomeno del riciclaggio, incluso quindi l’autoriciclaggio, rappresenta, in ragione delle sue crescenti dimensioni e del grave impatto sul tessuto imprenditoriale e sociale, una minaccia non solo e non tanto per il bene patrimonio quanto piuttosto per il corretto e ordinato svolgimento delle attività economiche e finanziarie, nonché per l’amministrazione della giustizia. In quest’ottica, pertanto, la condotta di autoriciclaggio, lungi dal configurarsi come frazione del reato presupposto ovvero come un mero post factum avente il solo effetto di ostacolare il disvelamento del reato presupposto, si configura piuttosto come una nuova e diversa condotta, connotata da un autonomo e grave disvalore, in quanto tale meritevole di autonoma sanzione.

Al fine di conseguire un adeguato contemperamento con le esigenze di rispetto dei richiamati principi generali, il Gruppo di studio ha, pertanto, maturato la convinzione che la punibilità dell’autoriciclaggio possa efficacemente conseguire alla previsione di un’autonoma fattispecie di reato: i) da includere, unitamente alla fattispecie di riciclaggio, in apposito capo dedicato ai delitti contro l’ordine economico e finanziario ovvero contro l’amministrazione della giustizia; ii) che valorizzi, sotto il profilo materiale della condotta, la natura essenzialmente finanziaria e la connotazione intrinsecamente fraudolenta delle operazioni, se del caso anche attraverso l’inclusione di apposite norme definitorie all’interno della stessa fattispecie; iii) che attribuisca centralità, sotto il profilo teleologico della condotta, non tanto e non solo alla finalità di ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa dei beni quanto soprattutto a quella del loro investimento in attività economiche o finanziarie, essendo il vero disvalore della condotta rappresentato dalla "concorrenza sleale" derivante dall’impiego di capitali illeciti; iv) che escluda, conseguentemente, la punibilità degli autori del reato presupposto per i comportamenti diretti a consentire loro il godimento dei relativi proventi riducendo entro limiti ragionevoli il rischio di essere scoperto; v) che conduca all’applicazione nei confronti degli autori dell’autoriciclaggio di pene proporzionate alla gravità delle condotte.

Nell’ambito di un intervento de jure condendo sulla materia, potrebbe, infine, essere opportuno rivedere i rapporti tra le fattispecie di riciclaggio e quello di reimpiego. All’esito di una riflessione criminologica, in effetti, le condotte di sostituzione e trasferimento di cui all’art. 648bis c.p. e quella di investimento di cui all’art. 648ter c.p., lungi dall’essere concettualmente e funzionalmente distinte, sembrano piuttosto essere riconducibili a un’unica più ampia condotta, consistente nel compiere operazioni volte a ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa di beni o denaro o altre utilità allo scopo di consentirne, alternativamente, il consumo o l’investimento. In questi termini, pertanto, le due fattispecie rappresenterebbero due aspetti dello stesso fenomeno e potrebber opportunamente essere ricondotte nell’alveo di un’unica fattispecie. Così come sarebbe opportuno rivedere i rapporti con altre fattispecie connesse, come quella di ricettazione – il cui campo di azione potrebbe essere limitato ai beni diversi da denaro e strumenti finanziari – e il favoreggiamento reale.

3.2. SEGUE: LA DISCUSSIONE IN SENO AL GRUPPO DI STUDIO
Nel corso dei lavori del Gruppo, sono state elaborate due distinte proposte di riformulazione della fattispecie di riciclaggio, che hanno costituito oggetto di ampia discussione all’interno del Gruppo, anche in relazione a ulteriori ipotesi alternative (vd. allegato 6).

Una prima proposta è stata la seguente:

«1. E’ punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da 5.000 a 50.000 euro chiunque impiega in attività economiche e finanziarie denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo.

2. Alla stessa pena soggiace chiunque sostituisce, trasferisce, attribuisce fittiziamente ad altri la titolarità o la disponibilità di denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo, ovvero ostacola l’identificazione della loro provenienza delittuosa.

3. La pena è diminuita se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da delitto per il quale è stabilita le pena della reclusione inferiore nel massimo a cinque anni. Si applica l'ultimo comma dell'articolo 648.

4. La pena è aumentata quando il fatto è commesso nell'esercizio di una attività professionale.

5. La pena è diminuita fino a due terzi per chi si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, anche aiutando concretamente l'autorità giudiziaria e di polizia nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei reati e nell'individuazione di denaro, beni e altre utilità provento di reato.

6. Nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'art. 444 del codice di proceduta penale, è sempre ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate alla commissione del reato e delle cose che ne costituiscono il prezzo, il prodotto e il profitto salvo che non appartengano a persona estranea al reato, ovvero quando essa non è possibile, la confisca dei beni, di cui il reo ha la disponibilità, anche per interposta persona, per un valore corrispondente a tale prezzo, prodotto e profitto

7. Nei casi previsti dal presente articolo non è punibile l’autore del reato presupposto che impiega il denaro, i beni e le altre utilità provento del medesimo per finalità di godimento personale e se non ha compiuto il fatto su incarico o nell’interesse altrui».

Rispetto a questa ipotesi, è stato, nondimeno, osservato come l’inclusione, tra gli elementi oggettivi della fattispecie, della condotta di chi «ostacola l’identificazione» della provenienza delittuosa dei beni o del denaro possa generare il pericolo che siano, in ogni caso, chiamati a rispondere di riciclaggio, in forza dell’art. 40, capoverso, c.p., anche i dipendenti bancari che si astengano o ritardino la segnalazione di operazioni sospette ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2007; il che potrebbe alimentare l’ulteriore rischio di un incremento eccessivo del numero di segnalazioni di operazioni sospette, già significativamente elevato. Si è, pertanto, giunti alla conclusione di mantenere il richiamo alla condotta di chi «compie altre operazioni in modo da ostacolare l’identificazione» della provenienza delittuosa.

Sempre rispetto alla richiamata ipotesi, è stato, inoltre, rilevato come la prevista clausola di esclusione della responsabilità, secondo cui «non è punibile l’autore del reato presupposto che impiega il denaro, i beni e le altre utilità provento del medesimo per finalità di godimento personale e se non ha compiuto il fatto su incarico o nell’interesse altrui», si limita a identificare fatti già implicitamente esclusi dall’ambito di operatività oggettiva della fattispecie incriminatrice, i cui contorni costituiranno approfonditamente oggetto di esegesi giurisprudenziale. Si è, pertanto, concordato sull’opportunità di espungere simile clausola dalla fattispecie.

Infine, è stata sottoposta alle valutazioni del Gruppo di studio l’opportunità di introdurre un meccanismo di ponderazione comparativa delle circostanze aggravanti e attenunati concorrenti, nella formulazione che segue, di cui il Gruppo prende atto:

«Le circostanze attenuanti, diverse da quella prevista nel comma che precede e dagli art. 61 n.6, 98 e 114 del codice penale, concorrenti con l’aggravante di cui al comma 3 non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a questa e la diminuzione di pena si operano sulla quantità di pena risultante dall’aumento conseguente alla predetta aggravante»

La discussione su questi ulteriori aspetti ha condotto alla formulazione di una fattispecie su cui vd. infra, Proposte di modifica legislativa.

Una diversa proposta prevedeva, invece, il mantenimento della clausola di riserva per il reato di riciclaggio e l’introduzione di un’autonoma fattispecie di autoriciclaggio, soggetta alla stessa pena prevista per il riciclaggio, unitamente all’inserimento, tra l’altro, di una clausola di esclusione della punibilità per il caso in cui il fatto consiste nel mero godimento dei beni, o nell'utilizzo del denaro o delle altre utilità provento del reato, con finalità non speculative, economiche o finanziarie. La formulazione è la seguente:

“1. Fuori dai casi di concorso nel reato, chiunque sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da reato doloso ovvero compie, in relazione ad essi e fuori dai casi previsti dall'art. 648, altre operazioni in modo da ostacolare l'identificazione della loro provenienza criminosa, ovvero li impiega in attività economiche o finanziarie è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da Euro 1o.000 a Euro 100.000.

2. Si applica l'ultimo comma dell'art. 648.

3. La stessa pena prevista dal primo comma si applica nei confronti di chi ha commesso o ha concorso nel reatopresupposto, il quale sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità, provenienti da reato doloso, per finalità speculative, economiche o finanziarie, ovvero li impiega nelle medesime attività.

4. La disposizione di cui al comma precedente non si applica se il fatto consiste nel mero godimento dei beni, o nell'utilizzo del denaro o delle altre utilità provento del reato, con finalità non speculative, economiche o finanziarie.

5. La pena è aumentata quando il fatto è commesso nell'esercizio di una attività professionale.

6. La pena della reclusione è diminuita fino a due terzi per chi si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, anche aiutando concretamente l'autorità di polizia e giudiziaria nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei reati e nell'individuazione di denaro, beni e altre utilità provento di reato.

7. Nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'art. 444 del codice di proceduta penale, è sempre ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate alla commissione del reato e delle cose che ne costituiscono il prezzo, il prodotto e il profitto salvo che non appartengano a persona estranea al reato, ovvero quando essa non è possibile, la confisca dei beni, di cui il reo ha la disponibilità, anche per interposta persona, per un valore corrispondente a tale prezzo, prodotto e profitto».

3.3. LA FATTISPECIE DI ABUSO DEI BENI SOCIALI
Tra gli ostacoli all’effettiva repressione del riciclaggio, e in prospettiva dell’autoriciclaggio, vi è, altresì, la carenza di un adeguato apparato di sanzioni penali avverso le condotte di illecita appropriazione a diverso titolo di beni o utilità di pertinenza di soggetti giuridici collettivi privati (società, associazioni, fondazioni, ecc.). La repressione di tali condotte sconta, oggi, l’attenuazione delle pene per false comunicazioni sociali derivante dalla riforma del “falso in bilancio”, ed è, pertanto, affidata soprattutto alle fattispecie di appropriazione indebita e truffa (le quali, tuttavia, oltre a essere procedibili a querela, sono soggette a un breve termine di prescrizione e non permettono di utilizzare le intercettazioni e le misure cautelari), di bancarotta (la quale, però, presuppone la dichiarazione dello stato di insolvenza), di infedeltà patrimoniale (la quale, tuttavia, è perseguibile solo a querela di parte). Inoltre, nessuna di queste fattispecie consente di sanzionare la costituzione di disponibiltà extrabilancio (cd. fondi neri) laddove funzionali al compimento di altri reati, come la corruzione o l’illecito finanziamento. Al fine di sopperire a siffatta carenza, si è, quindi, fatto sovente ricorso, nella prassi giudiziaria, all’utilizzo di reati associativi o alla bancarotta fraudolenta, con il correlato rischio, tra l’altro, di snaturare l’originaria funzione di tali reati, di aggravare la condizione economica delle imprese coinvolte, di non pervenire comunque al recupero dei beni o utilità illecitamente sottratti.

A giudizio del Gruppo di studio, le carenze sopra richiamate potrebbero essere colmate nel contesto di un intervento legislativo volto, tra l’altro, a: i) ricondurre i fenomeni illeciti legati alla falsificazione contabile, che rappresentano il principale strumento di illecita appropriazione in danno dei soggetti collettivi, nell’alveo del codice penale, come fattispecie distinta dalla frode fiscale, per questa via superando anche i limiti operativi derivanti dalla riforma del ”falso in bilancio”; ii) colpire, più in particolare, i fenomeni illeciti di utilizzo fraudolento di strumenti finanziari finalizzati a sottrarre denaro o utilità e/o creare disponibilità extracontabili, attualmente aggredibili solo attraverso i reati di truffa, appropriazione indebita, furto con destrezza e la fattispecie prevista dall’art. 3, D.Lgs. n. 74 del 2000; iii) prevede un’autonoma punibilità, anche al di fuori della dichiarazione di fallimento, alle condotte previste dall'art. 216, comma 1, n. 1, della Legge fallimentare, così da intervenire tempestivamente sui fenomeni di distrazione in danno di soggetti collettivi; iv) anche in alternativa a quanto sopra, introdurre un’autonoma fattispecie di abuso di beni sociali, volta a colpire i fenomeni di appropriazione in danno dei soggetti collettivi, soprattutto delle società.

Su questi aspetti, una serie di indicazioni altamente qualificate sono pervenute dagli esperti sentiti nel corso delle audizioni. In particolare, quanto alla connotazione della condotta, sarebbe opportuno tralasciare il riferimento, già contenuto nel citato art. 216 della Legge fallimentare, agli atti di distruzione e dissipazione, che si attagliano quasi esclusivamente ai casi di provocata insolvenza delle società; così come agli atti di dissimulazione, i quali, potendo essere identificati, in via interpretativa, sostanzialmente in atti di intestazione fittizia, appaiono più confacenti ai tradizionali reati fallimentari. In ogni caso, sarebbe sicuramente auspicabile omettere ogni riferimento al cd. “interesse sociale”; e ciò, sia perché trattasi di una clausola dal contenuto vago e incerto, sia perché la correlata nozione di “conflitto di interessi” è ormai oggetto di una sorta di disallineamento regolamentare nella disciplina civile e in quella penale. Il fulcro della condotta potrebbe, allora, essere identificato negli atti di distrazione, la cui sfera semantica varrebbe, per un verso, a includere tutte le forme di appropriazione, per altro verso a rendere superfluo qualsivoglia riferimento ad atti di disposizione dei beni sociali. Se, poi, si ritenesse che il riferimento alla distrazione richiami indirettamente a una condizione di conflitto di interessi, analogamente a quanto avvenuto, ad esempio, per il reato di peculato, la fattispecie potrebbe essere costruita anche intorno all’atto di “sottrarre al controllo” del soggetto collettivo.

Di grande utilità al fine di conseguire una migliore connotazione della fattispecie potrebbe poi rivelarsi l’inclusione di un riferimento al ricorso ad alterazioni o falsità contabili. Quanto, poi, ai soggetti collettivi di riferimento, se la fattispecie di abuso dei beni sociali appare più strettamente ritagliata sulle società, in particolare sulle società di capitali, essa potrebbe nondimeno essere agevolmente estesa, con gli opportuni adattamenti, anche altri soggetti, come associazioni e fondazioni, connotate da un diverso regime di segregazione del patrimonio sociale. Una simile estensione consentirebbe, perdipiù, di includere nel campo di azione della norma anche i partiti politici, per i quali si pongono pressanti esigenze di intervento a garanzia dell’integrità del patrimonio e dei suoi esponenti. In una logica di progressività nella punibilità penale sarebbe, allora, possibile, alternativamente, prevedere un’unica fattispecie applicabile anche ad associazioni e fondazioni; oppure, prevedere una più articolata fattispecie che tenga conto delle specificità di associazioni e fondazioni rispetto alle società. Da ultimo, l’introduzione della fattispecie di abuso di beni sociali richiederebbe un opportuno coordinamento con altri reati in materia societaria, tra i quali soprattutto quelli di omessa comunicazione del conflitto di interessi (art. 2629bis, c.c.) e di infedeltà patrimoniale (art. 2634, c.c.), in modo da limitare al minimo i rischi di sovapposizione oggettiva delle fattispecie e la conseguente necessità di risolvere conflitti apparenti di norme.

Alla luce di quanto osservato, il Gruppo di lavoro ha, quindi, convenuto sull’opportunità di avviare una più approfondita riflessione sulla configurazione di una fattispecie di abuso dei beni sociali, che potrebbe prendere come punto di partenza la seguente formulazione:

Abuso fraudolento di beni sociali

Chiunque sottrae ovvero occulta al controllo degli organi sociali o dei revisori legali i beni di enti forniti di personalità giuridica, di società ed associazioni anche prive di personalità giuridica e' punito con la reclusione da uno a sei anni.

Chiunque, avvalendosi di mezzi in tutto o in parte fraudolenti ovvero annotando o comunque utilizzando in contabilità fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, sottrae ovvero occulta al controllo degli organi sociali e dei revisori contabili i beni di enti forniti di personalità giuridica, di società ed associazioni anche prive di personalità giuridica e' punito con la reclusione da due a otto anni. La stessa pena si applica se ricorre taluna delle circostanze indicate nel nr 2 dell'art.61.

Rimangono, peraltro, aperti una serie di profili inerenti la costruzione della fattispecie come reato proprio, la sua delimitazione al solo ambito societario, la previsione di cui al secondo comma come circostanza aggravante e non come ipotesi autonoma di reato.

3.4. IL MONITORAGGIO FISCALE
Un’efficace azione di contrasto al riciclaggio richiede, poi, la predisposizione di adeguati strumenti di controllo sui flussi finanziari da e verso l’estero, allo scopo di intercettare trasferimenti di denaro o strumenti finanziari illeciti in quanto diretti alla commissione di reati (quali appropriazione indebita in danno di società, evasione fiscale, ecc.) o provento di reati già commessi. Allo stato attuale, il controllo sui flussi finanziari è affidato al sistema cd. di monitoraggio fiscale, che si compone principalmente di tre parti: l’obbligo per i residenti di dichiarare annualmente all’Agenzia delle Entrate l’ammontare degli investimenti e delle attività finanziarie detenuti all’estero e i relativi trasferimenti; l’obbligo per chiunque di dichiarare volta per volta all’ex Agenzia delle Dogane l’ammontare di denaro o titolo trasportato al seguito da e verso l’estero per importi superiori a un certa soglia; l’obbligo per gli intermediari finanziari di tenere evidenza per cinque anni di tutti i trasferimenti effettuati per conto della clientela da e verso l’estero per importi superiori alla stessa soglia. I dati in tal modo raccolti sono quindi resi disponibili all’Agenzia delle Entrate e alla Guardia di Finanza per lo svolgimento dei controlli di competenza e per essere messi a disposizione delle altre Autorità a cui è consentito per legge l’ accesso al sistema informativo dell’Anagrafe Tributaria.

Così configurato, il sistema del monitoraggio fiscale presenta, nondimeno, alcuni limiti: non include i trasferimenti effettuati per tramite di rapporti formalmente intestati a società commerciali; non include i trasferimenti effettuati per mezzo di talune categorie di intermediari; non è in grado di intercettare tutti i trasferimenti da o verso l’estero per importi inferiori alla soglia prestabilita, se frazionati in più operazioni di importo “sotto soglia” o eseguite da soggetti diversi ma riconducibili a un unico centro di interessi; impone agli intermediari di duplicare gli adempimenti relativi a detti trasferimenti, che devono essere registrati in Archivio unico informatico per fini antiriciclaggio e resi disponibili all’Agenzia delle Entrate per fini fiscali; si avvale di categorie di “causali” (le causali valutarie statistiche) scarsamente rappresentative; non permette uno sfruttamento massivo e strategico dei dati da parte dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza che deve limitarsi a consultare i dati riferibili a specifici contesti senza potersi spingere a condurre analisi per settore, tipologia o arco temporale; non permette di avere evidenza di quelle attività detenute all’estero il cui valore è solo formalmente sotto soglia. A questo si aggiunga che, l’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza per non hanno strumenti adeguati per richiedere agli intermediari dati per il necessario approfondimento né possono richiedere dati su scala massiva.

Al fine di superare questi limiti, sarebbe, pertanto, auspicabile procedere a una rivisitazione del sistema del monitoraggio, anche attraverso: i) l’estensione dell’obbligo di conservazione e trasmissione all’Agenzia delle Entrate a tutte le categorie di intermediari finanziari per i quali è prevista l’istituzione dell’Archivio unico informatico; ii) l’estensione del suddetto obbligo a tutte le operazioni poste in essere da soggetti che, pur non essendovi sottoposti, hanno quale beneficiario effettivo un soggetto sottoposto a monitoraggio fiscale; iii) l’integrazione dei dati relativi alle dichiarazioni di trasporto al seguito, detenuti dall’ex Agenzia delle Dogane, nel sistema informativo dell’Anagrafe Tributaria; iv) la facoltà per l’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza di accedere alle informazioni registrate massivamente dagli intermediari in AUI; v) la facoltà per l’Agenzia delle Entrate, per la Gurdia di Finanza e per le altre autorità eventualmente interessate di integrare e di sfruttare strategicamente le diverse basi informative già a disposizione di ciascuna di esse; vi) la possibilità per l’Agenzia delle Entrate, opportunamente raccordandosi con le altre autorità competenti, inclusa la UIF, di utilizzare le informazioni raccolte per fini fiscali trasmettendo gli esiti dell’ attività svolta alle autorità investigative per eventuali seguiti di competenza.

3.5. GLI STRUMENTI DI PREMIALITÀ
Un ulteriore strumento di grande utilità per la rilevazione di capitali illecitamente esportati e il conseguente incremento dei recuperi a tassazione potrebbe rivelarsi l’introduzione di meccanismi di premialità in favore dei contribuenti che si autodenuncino. Allo stato attuale, il contribuente che si autodenunci è soggetto al pagamento di tutte le imposte evase e all’irrogazione di pesanti nonché di pesanti sanzioni per la violazione degli obblighi di monitoraggio fiscale commisurate all’ entità del capitale estero (dal 10% al 50%).. Per di più, lo stesso potrebbe essere sottoposto, a seguito di autodenuncia, a procedimento penale. Non esistono, invero, nell’ attuale ordinamento, particolari meccanismi di premialità, peraltro già molto diffusi all’ estero soprattutto nei paesi anglosassoni, che favoriscano comportamenti collaborativi. In questo contesto, i meccanismi di premialità non dovrebbero, certo, configurarsi come forme di condono fiscale, anche parziale, né rappresentare un incentivo a nuovi episodi di evasione fiscale. Al contrario, dovrebbero costituire una sorta di “strada maestra” per rientrare nella legalità, attraverso una collaborazione attiva ed effettiva da parte del contribuente su tutti gli aspetti relativi all’origine, al trasferimento e all’occultamento dei capitali sottratti a tassazione.

Anche su questo tema, lo svolgimento delle audizioni ha consentito di far emergere alcune questioni centrali meritevoli di particolare attenzione. In termini generali, non può nascondersi come, comunque costruiti, simili meccanismi di premialità rappresentano una “via di fuga” per gli autori dei reati, con il rischio di poter apparire, anche impropriamente, come forme velate di amnistia. In secondo luogo, la premialità dovrebbe operare solo subordinatamente a un comportamento spontaneo da parte degli autori dei reati fiscali; ciò che pone il problema di definire quando un comportamento possa essere considerato tale. In terzo luogo, meccanismi del genere sarebbero effettivi solo ove gli autori dei reati fiscali potessero godere di un trattamento effettivamente conveniente. In questo senso, potrebbe non essere sufficiente garantire l’esclusione delle sanzioni penali – peraltro già non particolarmente severe, e quindi non tali da disincentivare in ogni caso il rientro dei capitali illecitamente esportati – dovendo piuttosto assicurare la certezza su quando e sul quantum delle sanzioni amministrative. Infine, al pari tutti gli strumenti premiali, anche il presente

Alla luce di quanto osservato, il Gruppo di lavoro ha espresso l’orientamento che i meccanismi in parola dovrebbero prevedere l’obbligo per il contribuente che si autodenuncia di provvedere al pagamento per intero delle imposte evase, senza alcuno “sconto”; un’attenuazione, anche molto sensibile, delle relative sanzioni amministrative in relazione all’effettività e alla esaustività della collaborazione offerta; una differenziazione del trattamento sanzionatorio a seconda del momento in cui l’autodenuncia avviene. In proposito, qualora l’autodenuncia avvenga prima dell’avvio di attività amministrative o di indagine, si dovrebbe escludere la sanzione penale e applicare solo quelle amministrative, calibrandone opportunamente l’importo per tener conto del comportamento collaborativo; qualora essa avvenga in corso di svolgimento di simili attività, la sanzione penale dovrebbe, invece, trovare apllicazione, magari unitamente a una attenuante a effetto speciale. Dovrebbe essere comunque assicurata parità di trattamento trai contribuenti che si autodenuncino, in particolare tra chi abbia esportato i capitali all’estero e chi li abbia mantenuti in Italia.

3.6. LE SANZIONI IN MATERIA ANTIRICICLAGGIO
Come in più occasioni osservato in seno ai principali consessi internazionali (Nazioni unite, Fondo monetario internazionale, Consiglio d’Europa, OCSE), in particolare dal Groupe d’Action Financière International – GAFI, la lotta al riciclaggio, nonché, indirettamente, ai reati che ne costituiscono più frequentemente il presupposto, passa anche attraverso un efficace sistema di prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario per finalità, appunto, di riciclaggio. Un simile sistema dovrebbe prevedere, pertanto, in capo agli intermediari e a talune categorie di professionisti, obblighi di adeguata verifica della clientela, di registrazione dei rapporti e delle operazioni, di segnalazione delle operazioni sospette, di predisporre adeguati presidi organizzativi e strumenti di controllo interno, di formazione del personale, ecc.

L’efficacia di un simile sistema postula l’adozione di un apparato di sanzioni proporzionate, effettive e dissuasive, commisurate in natura ed entità alla gravità delle violazioni e idonee a reprimere queste ultime, disincentivandone la commissione. La disciplina italiana commina sanzioni penali per la violazione degli obblighi di identificazione e per l’omessa o tardiva registrazione; sanzioni amministrative per le altre violazioni, inclusa l’omessa istituzione dell’Archivio unico informatico. Tra queste ultime, sono imputabili ai soggetti giuridici le violazioni riguardanti l’organizzazione amministrativa e i controlli interni; alle persone fisiche, seppur in solido con il soggetto giuridico, le altre violazioni, inclusa l’omessa segnalazione di operazioni sospette.

Così configurato, l’apparato sanzionatorio presenta alcune importanti criticità. Con riguardo alle fattispecie penali, il reato di violazione degli obblighi di identificazione è individuato in modo generico e non include gli altri obblighi di adeguata verifica, per i quali non è prevista, dunque, alcuna sanzione. Inoltre, la pena stabilita per l’esecutore dell’operazione che omette o fornisce false indicazioni sul soggetto per conto del quale opera non punisce tutti i casi di omessa o falsa identificazione del “titolare effettivo”; la sanzione per omessa o tardiva registrazione appare sproporzionata rispetto alla gravità della violazione e incoerente con la previsione di una sanzione amministrativa per la più grave violazione dell’obbligo di istituire l’archivio unico informatico. Anche in ragione di questi aspetti, le sanzioni penali hanno sinora trovato scarsissima applicazione.

Con riferimento, invece, alle violazioni punite in via amministrativa, la fattispecie di omessa segnalazione di operazioni sospette può risultare di difficile applicazione, non essendo prestabiliti con certezza i criteri in base ai quali verificare se un’operazione sia “sospetta” e se una segnalazione effettuata a distanza di tempo, soprattutto se a seguito dell’avvio di indagini penali o in esito a verifiche ispettive, sia da considerarsi “omessa”. Difficoltà applicative possono verificarsi anche riguardo all’individuazione del soggetto responsabile e alla quantificazione della sanzione. Poiché quest’ultima deve essere compresa tra l’1 e il 40% del valore dell’operazione, l’importo comminato potrebbe risultare grossolanamente sproporzionato rispetto alla gravità della violazione e alla condizione patrimoniale della persona fisica sanzionata. Con l’effetto, peraltro verificato, di favorire un significativo incremento delle segnalazioni di operazioni sospette cd. “cautelative”.

Sul piano procedimentale, le sanzioni per omessa segnalazione sono irrogate con decreto del Ministero dell’Economia, previa contestazione delle autorità competenti – UIF, autorità di vigilanza di settore, Guardia di Finanza e DIA, in relazione e nei limiti delle rispettive funzioni – udito il parere della Commissione consultiva. Il decreto è ricorribile nei tre gradi di giudizio. Secondo dati elaborati dalla Guardia di Finanza, tra il giugno 2009 e il giugno 2012 le contestazioni da quest’ultima elevate per omessa segnalazione di operazioni sospette sono state 233, di cui 113 sono state in seguito archiviate dal Ministero, spesso per «mancata valutazione del profilo soggettivo del cliente e/o la mancata ponderazione dell’iter valutativo seguito dal destinatario della normativa antiriciclaggio». Secondo dati dell’UIF, invece, quest’ultima ha contestato, tra il 2009 e il 2012, 146 ipotesi di omesse segnalazioni di operazioni sospette. Secondo dati elaborati dal Ministero, infine, i procedimenti sanzionatori hanno condotto all’irrogazione di sanzioni per importi complessivi non particolarmente elevati, pari a circa € 6.000 nel 2009, € 373.000 nel 2010, € 2.500.000 nel 2011, € 1.500.000 nel 2012. Degli importi di queste sanzioni sono stati riscossi € 5.000 nel 2009, € 1.200 nel 2010, € 590.000 nel 2011 (Cfr. Verbale del Gruppo di studio del 20 febbraio 2013)

Alla luce di quanto osservato, sarebbe auspicabile una rivisitazione dell’apparato sanzionatorio in materia antiriciclaggio lungo alcune linee direttrici: i) limitare la previsione di sanzioni penali a talune rilevanti violazioni degli obblighi di adeguata verifica e di registrazione in quanto connotate, sul piano oggettivo, dall’utilizzo di dati o documenti falsi o di altri mezzi fraudolenti; ii) prevedere sanzioni amministrative per le altre violazioni degli obblighi oggetto di depenalizzazione; iii) prevedere sanzioni di importo proporzionato e dissuasivo per le violazioni amministrative; iv) rivedere e snellire il procedimento sanzionatorio; v) stabilire che le omesse segnalazioni di operazioni sospette siano contestate alla persona giuridica, con diritto di regresso verso il responsabile effettivo, e che il massimo e il minimo edittale della sanzione siano determinati in misura fissa e non in relazione al valore delle operazioni non segnalate.

3.7. IL RAFFORZAMENTO DEGLI STRUMENTI DI PREVENZIONE
L’efficace contrasto al riciclaggio, compreso l’autoriciclaggio, e ai relativi reati presupposto richiede la raccolta e lo sfruttamento di tutti gli elementi informativi utili a individuare anomalie finanziarie e altri comportamenti sintomatici del compimento di tali reati. A questo scopo, l’ordinamento italiano ha predisposto un articolato sistema di segnalazione di operazioni sospette, in forza del quale intermediari finanziari, professionisti e altri operatori non finanziari segnalano alla UIF le operazioni sospette di riciclaggio. La UIF effettua un approfondimento finanziario di tali segnalazioni e le trasmette, corredate dei risultati di tali approfondimenti, al Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di Finanza e alla DIA; questi ultimi effettuano un ulteriore approfondimento investigativo delle operazioni sospette e, qualora rinvengano ipotesi di reato, inoltrano rapporto all’autorità giudiziaria competente.

Il sistema di segnalazione di operazioni sospette ha prodotto, nel tempo, risultati significativi. Il numero delle segnalazioni inviate alla UIF è cresciuto costantemente, passando da oltre 21.000 nel 2009 a oltre 64.000 nel 2012. Negli stessi anni, secondo i dati forniti dalla Guardia di Finanza, le persone arrestate nell’ambito di indagini per riciclaggio sono state 413 per un importo riciclato di oltre 7 miliardi di euro; le persone arrestate nell’ambito di indagini per reimpiego di capitali illeciti sono state, invece, 133 per un importo reimpiegato di oltre 7 miliardi di euro. Tra i reati presupposto più diffusi vi sono stati frodi fiscali, furti e appropriazioni indebite, traffico di stupefacenti. Per il riciclaggio e il reimpiego dei proventi delle sole frodi fiscali, in particolare, le persone arrestate sono state 110 per un importo riciclato o reimpiegato di oltre 4 miliardi di euro. Nel solo 2012, inoltre, l’approfondimento delle segnalazioni di operazioni sospette ha consentito l’apertura di 1.004 «nuovi contesti investigativi di natura penale», di cui la maggior parte per reati contro il patrimonio, antiriclaggio e tributari.

Il sistema della segnalazione di operazioni sospette incontra ancora rilevanti limiti. In primo luogo, i professionisti e gli operatori non finanziari inviano un numero modesto di segnalazioni. In proposito, dai dati elaborati dalla UIF risulta che, dal 2009 al 2012, le segnalazioni sono passate da 136 a circa 2.300. In particolare, nell’ultimo anno, 1.876 segnalazioni sono state inviate dai notai, 88 dai dottori commercialisti ed esperti contabili, 2 da revisori contabili e società di revisione, 4 dagli avvocati. Tali risultati, senz’altro insoddisfacenti per talune categorie di segnalanti, possono essere dovuti alla previsione di ampie esenzioni per le funzioni di patrocinio (probabilmente in parte abusata), alla natura non esclusivamente finanziaria degli incarichi professionali, alla presenza di minori economie di scala per l’impianto di efficaci sistemi interni antiriciclaggio, al carattere meno “convenzionale” di determinati incarichi professionali, alla relativamente maggiore incidenza della perdita di clienti conseguente alla segnalazione nonché alla sostanziale inefficacia dei procedimenti di contestazione per omessa segnalazione a carico di questi soggetti (a sua volta derivante dalla carenza e frammentazione dei controlli sugli stessi).

In secondo luogo, un numero significativo di segnalazioni non contiene elementi di sospetto tali da consentire immediati e specifici approfondimenti finanziari o investigativi. A dispetto di ciò, le segnalazioni contengono un importante patrimonio informativo che, oltre a poter consentire l’avvio di un numero significativo di procedimenti penali, merita di essere valorizzato in modo adeguato, evitando anche inutili adempimenti burocratici. In tal senso, di grande utilità potrebbero rivelarsi interventi volti a snellire gli adempimenti procedurali a carico della UIF e a rafforzare la circolazione di informazioni rilevanti, quali: la rivisitazione dello strumento di archiviazione da parte della UIF delle segnalazioni di operazioni sospette, nel senso di ridurne la matrice processualistica; la semplificazione della procedura di trasmissione da parte della UIF delle segnalazioni agli organi investigativi, escludendo l’obbligo di corredare della prescritta relazione tecnica le segnalazioni meno rilevanti; rafforzare il feedback informativo sul seguito dell’approfondimento finanziario e investigativo delle segnalazioni. In tal modo risulterebbero anche soddisfatti i rilievi sul sistema italiano antiriciclaggio e gli indirizzi formulati dagli organismi internazionali con riguardo, in particolare, all’esigenza di privilegiare l’analisi strategica delle segnalazioni e di consentire un adeguato flusso di ritorno a beneficio dei segnalanti.

Inoltre, la limitata disponibilità di fonti informative potrebbe ostacolare un approfondimento compiuto e tempestivo di operazioni solo apparentemente meno rischiose. Al riguardo – ferma restando la distinzione tra analisi finanziaria e strategica e analisi investigativa delle operazioni sospette, di competenza, rispettivamente, della UIF e della Guardia di Finanza – sono in corso di sperimentazione apprezzabili forme di integrazione delle informazioni, nonché di collaborazione tra la UIF e la Guardia di Finanza, volte a consentire all’Unità di conoscere il “livello di pregiudizio investigativo” dei soggetti segnalati prima l’approfondimento finanziario. Infine, la previsione degli strumenti della “denuncia” e del “rapporto” per autorizzare la UIF e la Guardia di Finanza a informare l’Autorità Giudiziaria delle operazioni sospette oggetto di segnalazione e dei relativi approfondimenti finanziari e investigativi potrebbe indurre, in ragione della matrice processualistica degli stessi, alla massima cautela nella decisione di ricorrervi, riducendo sensibilmente la trasmissione di informazioni su operazioni sospette all’autorità giudiziaria. In proposito, le denunce effettuate dalla UIF sono state 21 nel 2008, 77 nel 2009, 188 nel 2010, 101 nel 2011 e 158 nel 2012, mentre, secondo dati elaborati dalla Guardia di Finanza, le segnalazioni ritenute “positive” al reato di riciclaggio, tra il 2009 e il 2012, sono state 374.

Alla luce di quanto osservato, sarebbe, pertanto, auspicabile una rivisitazione del sistema di segnalazione di operazioni sospette, lungo alcune linee direttrici: i) arricchire il novero delle fonti informative a disposizione della UIF (anche mediante l’accesso, a determinate condizioni volte a salvaguardare la cennata distinzione tra analisi finanziaria e strategica e analisi investigativa delle operazioni sospette, al Sistema Di Indagine SDI, al casellario giudiziale, all’Anagrafe Tributaria e alle nuove funzionalità dell’Archivio dei conti e depositi, ai registri immobiliari presso l’ex Agenzia del Territorio); ii) rafforzare lo scambio di informazioni e la collaborazione tra la UIF e la Guardia di Finanza e la DIA, anche attraverso il consolidamento di protocolli sperimentali già esistenti o l’instaurazione di nuovi protocolli volti a consentire l’integrazione, per quanto possibile, dei rispettivi patrimoni informativi ed esperienziali nell’approfondimento delle segnalazioni; iii) rafforzare il coordinamento con l’autorità giudiziaria, anche allo scopo di realizzare, nei limiti imposti dalla legislazione, approfondimenti finanziari o investigativi su settori o fenomeni oggetto di segnalazione e di comune interesse istituzionale (come l’esportazione illecita di capitali, l’uso illecito di carte di pagamento); iv) rafforzare il controllo sul rispetto della normativa antiriciclaggio da parte dei professionisti e degli operatori non finanziari.

PROPOSTE DI MODIFICA LEGISLATIVA

Articolo 1 Modifiche al codice penale

1. Dopo l’articolo 517quinquies del codice penale è inserito il seguente:

«Capo IIbis (Dei delitti contro l’ordine economico e finanziario)»

2. Sotto il Libro II, Titolo VIII, Capo IIbis del codice penale è inserito il seguente articolo:

«Articolo 517sexies (Riciclaggio)

Ipotesi 1

«1. E’ punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da 5.000 a 50.000 euro chiunque impiega in attività economiche e finanziarie denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo.

2. Alla stessa pena soggiace chiunque sostituisce, trasferisce, attribuisce fittiziamente ad altri la titolarità o la disponibilità di denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo, ovvero compie altre operazioni in modo ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa.

3. La pena è diminuita se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da delitto per il quale è stabilita le pena della reclusione inferiore nel massimo a cinque anni. Si applica l'ultimo comma dell'articolo 648.

4. La pena è aumentata quando il fatto è commesso nell'esercizio di una attività professionale.

5. La pena è diminuita fino a due terzi per chi si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, anche aiutando concretamente l'autorità giudiziaria e di polizia nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei reati e nell'individuazione di denaro, beni e altre utilità provento di reato.

6. Nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'art. 444 del codice di proceduta penale, è sempre ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate alla commissione del reato e delle cose che ne costituiscono il prezzo, il prodotto e il profitto salvo che non appartengano a persona estranea al reato, ovvero quando essa non è possibile, la confisca dei beni, di cui il reo ha la disponibilità, anche per interposta persona, per un valore corrispondente a tale prezzo, prodotto e profitto».

Ipotesi 2

«1. Fuori dai casi di concorso nel reato, chiunque sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da reato doloso ovvero compie, in relazione ad essi e fuori dai casi previsti dall'art. 648, altre operazioni in modo da ostacolare l'identificazione della loro provenienza criminosa, ovvero li impiega in attività economiche o finanziarie è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da Euro 10.000 a Euro 100.000.

2. Si applica l'ultimo comma dell'art. 648.

3. La stessa pena prevista dal primo comma si applica nei confronti di chi ha commesso o ha concorso nel reatopresupposto, il quale sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità, provenienti da reato doloso, per finalità speculative, economiche o finanziarie, ovvero li impiega nelle medesime attività.

4. La disposizione di cui al comma precedente non si applica se il fatto consiste nel mero godimento dei beni, o nell'utilizzo del denaro o delle altre utilità provento del reato, con finalità non speculative, economiche o finanziarie.

5. La pena è aumentata quando il fatto è commesso nell'esercizio di una attività professionale.

6. La pena della reclusione è diminuita fino a due terzi per chi si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, anche aiutando concretamente l'autorità di polizia e giudiziaria nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei reati e nell'individuazione di denaro, beni e altre utilità provento di reato.

7. Nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'art. 444 del codice di proceduta penale, è sempre ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate alla commissione del reato e delle cose che ne costituiscono il prezzo, il prodotto e il profitto salvo che non appartengano a persona estranea al reato, ovvero quando essa non è possibile, la confisca dei beni, di cui il reo ha la disponibilità, anche per interposta persona, per un valore corrispondente a tale prezzo, prodotto e profitto».

3. Gli articoli 648bis e 648ter del codice penale sono abrogati.

Articolo 2 Modifiche al Decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231

1. L’articolo 55 è sostituito dal seguente:

«Articolo 55 (Sanzioni penali)

  1. Chiunque, essendovi obbligato ai sensi del presente decreto, fornisce informazioni o dati falsi circa il cliente, il titolare effettivo, l’esecutore dell’operazione, lo scopo e la natura del rapporto continuativo o della prestazione professionale, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 5.000 a 50.000 euro. La stessa pena si applica a chiunque si avvale di mezzi fraudolenti al fine di ostacolare l’individuazione delle informazioni o dati medesimi ovvero omette di fornirli sistematicamente o per operazioni, rapporti o prestazioni d’importo rilevante.
  2. Chiunque esegue l’adeguata verifica prevista dal presente decreto acquisendo o utilizzando consapevolmente informazioni o dati falsi circa il cliente, il titolare effettivo, l’esecutore dell’operazione, lo scopo e la natura del rapporto continuativo o della prestazione professionale, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 5.000 a 50.000 euro. La stessa pena si applica a chiunque si avvale di mezzi fraudolenti al fine di ostacolare l’individuazione delle informazioni o dati medesimi.
  3. Chiunque effettua le registrazioni previste dal presente decreto indicando dati falsi circa il cliente, il titolare effettivo, l’esecutore dell’operazione o l’operazione è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 5.000 a 50.000 euro. La stessa pena si applica a chiunque si avvale di mezzi fraudolenti al fine di alterare la registrazione dei dati ovvero omette la registrazione dei dati sistematicamente o per operazioni di importo rilevante.
  4. Chiunque viola i divieti di comunicazione previsti dagli articoli 46, commi 1 e 3, e 48, comma 4, del presente decreto è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 5.000 a 50.000 euro.
  5. Chiunque, al fine di trarne profitto per sé o per altri, indebitamente utilizza, non essendone titolare, carte di credito o di pagamento, ovvero qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all'acquisto di beni o alla prestazione di servizi, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da 5.000 a 50.000 euro. Alla stessa pena soggiace chi, al fine di trarne profitto per sé o per altri, falsifica o altera carte di credito o di pagamento o qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all'acquisto di beni o alla prestazione di servizi, ovvero possiede, cede o acquisisce tali carte o documenti di provenienza illecita o comunque falsificati o alterati, nonché ordini di pagamento prodotti con essi.».

2. L’articolo 57 è sostituito dal seguente:

«Articolo 57 (Violazione degli obblighi di adeguata verifica e registrazione)

  1. La violazione delle disposizioni in materia di adeguata verifica di cui agli articoli 15, 16, 17, 18, 19, 22, 23, 24, 25, 28, 30 e 34 del presente decreto è punita con una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 50.000 euro.
  2. Il cliente che non fornisce le informazioni previste dall’articolo 21 del presente decreto ai fini dell’esecuzione dell’adeguata verifica è punito con una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 50.000 euro.
  3. L’omessa istituzione dell'archivio unico informatico di cui all'art. 37 del presente decreto è punita con una sanzione amministrativa pecuniaria da 50.000 a 500.000 euro.
  4. L’omessa istituzione del registro della clientela di cui all'art. 38 ovvero la mancata adozione delle modalità di registrazione di cui all'art. 39 del presente decreto è punita con una sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 100.000 euro.
  5. L’inosservanza delle disposizioni di cui agli articoli 36, 37, 38 e 39 del presente decreto, in materia di tenuta degli archivi, registri o sistemi informatici, di modalità e termini di registrazione delle informazioni e dei dati e di conservazione dei documenti è punita con una sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 100.000 euro.
  6. Ai soggetti di cui all'articolo 11, comma 3, che omettono di eseguire la comunicazione prevista dall'articolo 36, comma 4, o la eseguono tardivamente o in maniera errata o incompleta, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 50.000 euro.
  7. Nei casi più gravi, tenuto conto della rilevanza della violazione e del comportamento del soggetto, la sanzione di cui ai commi precedenti può essere triplicata nell’importo minimo e massimo. Con il provvedimento di irrogazione della sanzione è ordinata la pubblicazione per estratto del decreto sanzionatorio su almeno due quotidiani a diffusione nazionale di cui uno economico, a cura e spese del sanzionato.».

3. Dopo l’articolo 57, sono inseriti i seguenti articoli:

« Art. 57 –bis (Violazione dell’obbligo di segnalazione di operazioni sospette da parte di persone fisiche)

  1. L’omessa segnalazione di operazioni sospette da parte dei soggetti destinatari del relativo obbligo non aventi natura di persona giuridica, è punita con una sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 100.000 euro.
  2. I soggetti indicati all’articolo 11, comma 3, che non adempiono all’obbligo previsto dall’art. 42, comma 3, del presente decreto sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 50.000 euro.
  3. Nei casi più gravi, tenuto conto della rilevanza della violazione e del comportamento tenuto dal soggetto, la sanzione di cui ai commi 1 e 2 può essere triplicata nell’importo minimo e massimo. Con il provvedimento di irrogazione della sanzione è ordinata la pubblicazione per estratto del decreto sanzionatorio su almeno due quotidiani a diffusione nazionale di cui uno economico, a cura e spese del sanzionato.

Art. 57 – ter (Violazione dell’obbligo di segnalazione di operazioni sospette da parte di persone giuridiche)

  1. L'omessa segnalazione di operazioni sospette da parte dei soggetti destinatari del relativo obbligo aventi natura di persona giuridica è punita con una sanzione amministrativa pecuniaria da 20.000 a 200.000 di euro.
  2. In deroga al comma 1, l'omessa segnalazione di operazioni sospette da parte dei soggetti indicati dagli articoli 10, comma 2, lett. e) e 14, comma 1, lett. a), b), c) ed f) aventi natura di persona giuridica, è punita con una sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 100.000 euro.
  3. Nei casi più gravi, tenuto conto della rilevanza dell’operazione non segnalata e del comportamento tenuto dal soggetto, la sanzione di cui ai commi 1 e 2 può essere triplicata nell’importo minimo e massimo. Con il provvedimento di irrogazione delle sanzioni di cui ai commi 1 e 2 è ordinata la pubblicazione per estratto del decreto sanzionatorio su almeno due quotidiani a diffusione nazionale di cui uno economico, a cura e spese del soggetto sanzionato.

Art. 57 quater (Violazione di altri obblighi informativi)

  1. La violazione degli obblighi di comunicazione di cui all'articolo 52, comma 2, del presente decreto è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 100.000 euro.
  2. Il mancato rispetto del provvedimento di sospensione di cui all'articolo 6, comma 7, lettera c) e la violazione degli obblighi informativi previsti dall’art. 45, comma 3, del presente decreto sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 100.000 euro.
  3. La violazione delle disposizioni contenute nell’art. 40 del presente decreto è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 20.000 a 200.000 euro.
  4. Nei casi più gravi, tenuto conto della rilevanza della violazione e del comportamento tenuto dal soggetto, la sanzione di cui ai commi 1, 2, e 3 del presente decreto può essere triplicata nell’importo minimo e massimo.
  5. La violazione della prescrizione di cui all’articolo 28, comma 6, del presente decreto è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 200.000 euro.
  6. Alla violazione della disposizione di cui all'articolo 28, comma 7ter, di importo fino ad euro 50.000 si applica una sanzione amministrativa pecuniaria pari a 5.000 euro, mentre per quelle di importo superiore a 50.000 euro si applica una sanzione amministrativa pecuniaria dal 10 per cento al 40 per cento dell'importo dell'operazione. Nel caso in cui l'importo dell'operazione non sia determinato o determinabile si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 25.000 a 250.000 euro»

4. Il comma 2 dell’articolo 42 è sostiuito dal seguente:

«2. I soggetti di cui al comma 1 trasmettono senza ritardo la segnalazione di operazione sospetta alla UIF. A tal fine, in linea con le proprie dimensioni organizzative e caratteristiche operative, definiscono una procedura interna in grado di assicurare la tempestività e la riservatezza della segnalazione»

5. Il comma 4 dell’articolo 42 è abrogato.

6. Il comma 1 dell’articolo 44 è sostituito dal seguente:

««1. Le società di revisione di cui all'articolo 13, comma 1, lettera a), trasmettono senza ritardo la segnalazione di operazione sospetta alla UIF. A tal fine, in linea con le proprie dimensioni organizzative e caratteristiche operative, definiscono una procedura interna in grado di assicurare la tempestività e la riservatezza della segnalazione».

7. All’art. 47, comma 1, lett. c), le parole «archivia le segnalazioni che ritiene infondate, mantenendone evidenza per dieci anni, secondo», sono sostituite con le parole «mantiene comunque evidenza per dieci anni delle segnalazioni che sono ritenute a basso rischio di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo, mediante».

8. All’articolo 47, comma 1, lettera d), le parole «e corredate» sono sostituite con le parole «ed eventualmente corredate».

9. L’art. 48, comma 1, è sostituito dal seguente:

«1. La UIF disciplina con apposite istruzioni le comunicazioni al segnalante direttamente, ovvero tramite gli ordini professionali di cui all’articolo 43, comma 2 – relative agli esiti delle segnalazioni, anche alla luce delle informative ricevute dagli organi investigativi di cui all'articolo 8, comma 3».

10. L’art. 48 comma 2 è abrogato.

11. Il comma 1 dell’articolo 59 è sostituito dal seguente:

«1. Per le violazioni indicate agli articoli 57, 57quater e 58, la responsabilità solidale dei soggetti di cui all'articolo 6 della legge 24 novembre 1981, n. 689, sussiste anche quando l'autore della violazione non è stato identificato ovvero quando lo stesso non è più perseguibile ai sensi della legge medesima»

12. I commi 1, 2 e 2bis dell’articolo 60 sono sostituiti dal seguente:

«Articolo 60 (Procedure)

1. La UIF, le autorità di vigilanza di settore, le amministrazioni interessate, la Guardia di finanza e la DIA accertano, in relazione ai loro compiti e nei limiti delle loro attribuzioni, le violazioni indicate agli articoli 57, 57bis, 57ter, 57quater e 58 e provvedono alla contestazione ai sensi della legge 24 novembre 1981, n. 689. La contestazione per la violazione dell’art. 57ter è effettuata nei confronti della persona giuridica responsabile.

2. All'irrogazione delle sanzioni previste dagli articoli 57, 57bis, 57quater e 58, provvede, con proprio decreto, il Ministero dell'economia e delle finanze, valutate le deduzioni presentate e tenuto conto del complesso delle informazioni raccolte. Si applicano le disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689. L'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689, si applica solo per le violazioni dell'articolo 49, commi 1, 5 e 7, il cui importo non sia superiore a 250.000 euro. Il pagamento in misura ridotta non è esercitabile da chi si è già avvalso della medesima facoltà per altra violazione dell'articolo 49, commi 1, 5 e 7, il cui atto di contestazione sia stato ricevuto dall'interessato nei 365 giorni precedenti la ricezione dell'atto di contestazione concernente l'illecito per cui si procede

2bis. All'irrogazione delle sanzioni previste dall’art. 57ter, provvede, con proprio decreto, il Ministero dell'economia e delle finanze valutate le deduzioni presentate, tenuto conto del complesso delle informazioni raccolte. Si applicano le disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689, ad eccezione degli articoli 6 e 16. La persona giuridica ha diritto di regresso nei confronti dell’autore della violazione »

Articolo 3 Modifiche al Decreto Legge 28 giugno 1990, n. 167

1. Dopo l’articolo 4 del decreto legge 28 giugno 1990, n. 167 è inserito il seguente:

«Articolo 4bis (Dichiarazioni tardive del contribuente)

  1. Nel calcolo dell’ imposta evasa di cui agli art. 4 e 5 del d.lgs n. 74/2000, non si tiene conto dell’ ammontare delle attività detenute all’ estero in violazione degli obblighi di cui all’art. 4 del presente decreto e di quello dei relativi redditi se il contribuente fornisce spontaneamente agli Uffici finanziari tutte le informazioni in ordine all’origine, al trasferimento all’estero, all’ eventuale rimpatrio e alla detenzione delle predette attività e dei relativi redditi, prima che sia stata constatata la violazione ai suddetti obblighi o siano già iniziati accessi, ispezioni, verifiche o, comunque, altre attività di accertamento tributario e contributivo di cui questi o le altre persone solidalmente responsabili della violazione hanno avuto formale conoscenza o sia stato già avviato un procedimento penale per i delitti previsti dal d.lgs n.74/2000. In tale caso, le sanzioni amministrative previste dal presente decreto possono essere diminuite sino alla metà e non si applica il disposto di cui all’art. 16 comma 3° del D.lgs 472/97.
  2. Qualora non ricorra una delle circostanze previste dal precedente comma, per il contribuente che comunque fornisce spontaneamente all’ amministrazione finanziaria o all’ autorità giudiziaria procedente tutte le informazioni di cui al precedente comma, relativamente alle attività detenute all’ estero in violazione degli obblighi di cui al presente decreto ed ai relativi redditi, le pene di cui all’ art. 4 e 5 del d.lgs 74/2000 sono diminuite fino alla metà e le sanzioni amministrative previste dal presente decreto possono essere diminuite fino a un quarto e non si applica il disposto di cui all’art. 16 comma 3° del D.lgs 472/97.
  3. Nei casi previsti dai commi precedenti, la pena per il reato di cui all’ art. 2 del dlgs. 74/2000 viene ridotta fino alla metà».

Articolo 4 Modifiche al Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74

1. Dopo l’ articolo 16 del Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74 è inserito il seguente:

«Art 16 – bis (Collaborazione attiva)

  1. Non è punibile ai sensi dell’ art. 4 e dell’ art. 5 del presente Decreto, colui che, prima che siano già iniziati accessi, ispezioni, verifiche o, comunque, altre attività di accertamento tributario e contributivo di cui ha avuto formale conoscenza o sia stato già avviato un procedimento penale per uno delitti previsti dal presente Decreto, fornisce spontaneamente agli Uffici finanziari o all’ Autorità giudiziaria tutte le informazioni in ordine agli elementi attivi sottratti all’imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi fittizi, all’impiego dell’imposta evasa e al suo occultamento.
  2. La pena per i suddetti delitti è diminuita sino alla metà qualora le informazioni siano spontaneamente fornite nel corso delle indagini preliminari»

ELENCO ALLEGATI

1. Decreto di costituzione del Gruppo Autoriciclaggio

2. Decreti di proporoga 1 2 3

3. Verbali delle riunioni

3.1 - 11 gennaio 2013 - Apertura dei lavori

3.2  -  24 gennaio 2013  -  Audizione di esperti provenienti dagli operatori, dalle associazioni di categoria, dall’accademia

3.3  -  6 febbraio 2013  -  Definizione dei criteri generali per la redazione della relazione finale dei lavori

3.4  -  20 febbraio 2013 -  Discussione dei risultati degli approfondimenti condotti dai componenti del Gruppo sulla base delle linee concordate nel corso della precedente riunione

3.5  -  27 febbraio 2013  -  Prosecuzione della discussione condotta nel corso della precedente riunione sulle fattispecie penali e sulle ulteriori proposte di modifica legislativa e di intervento amministrativo

3.6  -  27 marzo 2013  - Discussione finale e approvazione della Relazione conclusiva

3.7  -  18 aprile 2013  -  Discussione dei contenuti della versione aggiornata della relazione finale del Gruppo e delle fattispecie penali di “autoriciclaggio” e “abuso dei beni sociali”

4. Documenti depositati dai componenti

4.1  -  Gen. Bottillo  -  Dati statistici sull’attività del Nucleo – 20092012

4.2  -  Gen. Bottillo  -  Sull’incriminazione per autoriciclaggio

4.3  -  Gen. Bottillo  -  Proposte di modifica del sistema sanzionatorio antiriciclaggio

4.4  -  Gen. Bottillo  -  Il sistema di segnalazione delle operazioni sospette – Analisi critica 2

4.5  -  Prof. Carmona  -  Bozza per l’introduzione del reato di autoriciclaggio

4.6  -  Dott. Clemente  -  Sistema sanzionatorio antiriciclaggio

4.7  -  Dott. Clemente  -  Proposte di modifica del Decreto legislativo n. 231 del 2007

4.8  -  Dott. Clemente  - Fonti informative e analisi integrate

4.9  -  Dott. Clemente  -  Fenomeni antiriciclaggio – allegato 1

4.10  -  Dott. Clemente  -  Fenomeni antiriciclaggio – allegato 2

4.11  - Cons. Donadio  -  Articolato per la Commissione ministeriale in tema di autoriciclaggio

4.12  -  Dott. Martino  -  Compliance program

4.13  - Dott. Martino  -  Attività svolta dall’U.C.I.F.I.

5. Documenti pervenuti dagli esperti sentiti durante le audizioni e altri documenti

5.1 Dott. Di Fenza La rilevanza del reato presupposto nel processo di segnalazione di operazioni sospette di riciclaggio da parte degli intermediari

5.2 Dott. Di Vizio Difficoltà della prova dell’elemento soggettivo del riciclaggio con specifico riferimento alla provenienza dei capitali illeciti da particolari tipologie di reati presupposto, inclusi quelli in materia fiscale. La punizione penale dell’autoriciclaggio quale possibile soluzione

5.3 Avv. La Sorda Promemoria audizione 24 febbraio

5.4 prof. Lupoi Sui trust

5.5 Prof. Maisto Autoriciclaggio: profili fiscali e regolarizzazione

5.6 Prof. Maisto Slides

5.7 Dott. Maresca Lettera Presidente Greco

5.8. Dott. Arquila I rapporti tra riciclaggio e trasferimenti di capitale all’estero

6. Proposte di fattispecie di riciclaggio discusse nel corso dei lavori del Gruppo