Procedure di insolvenza e liquidazione delle società

aggiornamento: March 27, 2020

AVVIO, GESTIONE E CHIUSURA DI UN’IMPRESA - PROCEDURE DI INSOLVENZA E LIQUIDAZIONE DELLE SOCIETÀ

 

Principali procedure previste dal diritto italiano quando un’impresa è in crisi

  • concordato preventivo;
  • accordo di ristrutturazione;
  • liquidazione coatta amministrativa;
  • amministrazione straordinaria;

 

Differenza tra stato di crisi ed insolvenza

Lo stato di insolvenza è lo stato più grave e definitivo della crisi dell’impresa che può essere solo provvisoria.

L’insolvenza è la condizione nella quale si trova l’impresa che non riesce più a fare fronte regolarmente alle proprie obbligazioni e che si manifesta con indizi sintomatici (ad esempio inadempimenti contrattuali anche di modesta entità, fuga dell’imprenditore, chiusura improvvisa delle attività, sfratti, emissione di assegni a vuoto).

 

Imprese soggette alle procedure di insolvenza

Sono solo gli imprenditori che esercitano un'attività commerciale.

 

Imprese escluse dalle procedure di insolvenza

  • gli enti pubblici;
  • le imprese cancellate dal registro delle imprese da almeno un anno;
  • le grandi imprese (per queste si applica la disciplina dell’amministrazione straordinaria);
  • le imprese soggette solo alla liquidazione coatta amministrativa in via esclusiva (banche, cooperative esclusivamente mutualistiche);
  • i piccoli imprenditori che non superino delle soglie di dimensioni previste dalla legge.

 

Limiti dimensionali per definire i piccoli imprenditori non soggetti alle procedure di insolvenza

Sono piccoli imprenditori non soggetti alle procedure di insolvenza quelli che nei tre anni esercizi precedenti all’istanza di fallimento o di concordato non hanno superato alternativamente i seguenti limiti dimensionali:

  1. attivo patrimoniale annuo pari o superiore a € 300.000,00,
  2. ricavi lordi annui pari o superiori a € 200.000,00;
  3. debiti anche non scaduti pari o superiori a € 500.000,00

Riferimenti normativi

  • art. 2082 codice civile
  • Art. 2195 Codice civile
  • Regio decreto 16 marzo 1942 n. 267 (Legge fallimentare)
  • Decreto legislativo. 8 luglio 1999 n. 270 e Decreto Legge 23 dicembre 2003 n. 347 convertito con modificazioni dalla Legge 18 gennaio 2004 n. 39)

 

Esistenza di eventuali test di insolvenza/illiquidità che producono obblighi per società e amministratori debitori

Le società e gli amministratori dei debitori devono fare riferimento al concetto di insolvenza e tenere conto:

  • della situazione di impotenza, strutturale e non transitoria, di soddisfare regolarmente e con mezzi normali le obbligazioni assunte dall’impresa;
  • del venir meno delle condizioni di liquidità e di credito necessarie per la prosecuzione dell’attività;

La valutazione ha natura prospettica e deve riguardare tutte le obbligazioni che gravano sull’impresa, sia quelle scadute sia quelle a scadere.

Il giudizio non si limita alla sola differenza tra attivo o passivo ma si deve guardare con attenzione alla capacità o meno dell’impresa di adempiere alle obbligazioni con mezzi normali.

Se l’amministratore anche di fatto ha compiuto operazioni di grave imprudenza per ritardare il fallimento o ha aggravato il proprio dissesto astenendosi consapevolmente dal richiedere la dichiarazione del proprio fallimento commette il reato di bancarotta semplice.

Per questo reato è prevista la pena della reclusione da sei mesi a due anni se l’imprenditore e' dichiarato fallito.

La condanna comporta l'inabilitazione all'esercizio di un'impresa commerciale e l'incapacità di esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa fino a due anni.

Il Codice della crisi e dell’insolvenza ha modificato alcune norme del codice civile in materia di responsabilità degli amministratori e queste modifiche sono già entrate in vigore dal 16 marzo 2019.

L'imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di:

  1. istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell'impresa e della perdita della continuità aziendale;
  2. di attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale

Riferimenti normativi

 

Quale normativa determina la responsabilità degli amministratori in caso di oneri derivanti dall’insolvenza

Le norme che regolano gli obblighi e i doveri degli amministratori sono contenute nel codice civile (si vedano anche le schede del settore J10).

Il curatore esercita previa autorizzazione del giudice delegato e sentito il comitato dei creditori

  1. le azioni di responsabilità contro gli amministratori, i componenti degli organi di controllo i direttori generali e i liquidatori;
  2. l’azione di responsabilità contro i soci della società a responsabilità limitata nei casi in cui i soci abbiano assunto decisioni o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società.

Sono azioni il cui risultato si riverbera a vantaggio di tutti i creditori sociali ed è per questa ragione che si chiamano “azioni di massa”.

Si tratta della responsabilità:

  • per cattiva gestione da parte degli amministratori e quindi per ogni violazione fatta con dolo o colpa degli obblighi che ricadono sugli stessi dalla legge o dallo statuto della società;
  • se hanno violato gli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale che non è più sufficiente al completo soddisfacimento dei creditori sociali.

La responsabilità è solidale (rispondono quindi tutti insieme gli amministratori) salvo che le funzioni siano svolte in concreto da uno o più amministratori e in questo caso risponde solo chi ha formalmente agito.

Il curatore agisce con le diverse azioni sopra indicate sia a favore della società sia a favore dei creditori sociali.

In questo ultimo caso il curatore agisce per fare accertare la responsabilità degli amministratori nel caso cui possa rimproverarsi l'inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell'integrità del patrimonio sociale.

Si deve segnalare che il Codice della crisi e dell’insolvenza ha modificato alcune norme del codice civile in materia di responsabilità degli amministratori e queste modifiche sono già entrate in vigore dal 16 marzo 2019 innovando alcuni aspetti molto importanti delle norme in materia di responsabilità dell’organo gestorio.

E’ oggi previsto che l’imprenditore sia tenuto a creare (e conseguentemente debba rispondere in caso di non adeguatezza degli assetti organizzativi dati) “un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale” e ciò anche al fine di “attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale” (art. 2086 c.c.).

Inoltre quando è accertata la responsabilità degli amministratori per non avere proceduto ad accertare che si sia verificata una causa di scioglimento procedendo con gli adempimenti di legge, nel caso in cui abbiano compiuto atti dannosi perché non finalizzati alla conservazione dell’integrità e del valore del patrimonio sociale, “salva la prova di un diverso ammontare”, il danno risarcibile si presume pari alla differenza tra il patrimonio netto alla data in cui l'amministratore è cessato dalla carica o, in caso di apertura di una procedura concorsuale, alla data di apertura di tale procedura e il patrimonio netto determinato alla data in cui si è verificata una causa di scioglimento di cui all'articolo 2484, detratti i costi sostenuti e da sostenere, secondo un criterio di normalità, dopo il verificarsi della causa di scioglimento e fino al compimento della liquidazione. Se è stata aperta una procedura concorsuale e mancano le scritture contabili o se a causa dell'irregolarità delle stesse o per altre ragioni i netti patrimoniali non possono essere determinati, il danno è liquidato in misura pari alla differenza tra attivo e passivo accertati nella procedura” (art. 2486 c.c.).

Riferimenti normativi

  • Regio decreto 16 marzo 1942 n. 267 (Legge fallimentare)
    • Articolo 146 Amministratori, direttori generali, componenti degli organi di controllo, liquidatori e soci di società a responsabilità limitata
  • Codice civile
    • Articolo 2086 Gestione dell'impresa
    • Articolo 2476 Responsabilità degli amministratori e controllo dei soci
    • Articolo 2486 Poteri degli amministratori
    • Articolo 2392 Responsabilità verso la società
    • Articolo 2393 Azione sociale di responsabilità
    • Articolo 2394 Responsabilità verso i creditori sociali
    • Articolo 2394 bis Azioni di responsabilità nelle procedure concorsuali

 

Chi è titolato ad agire nei confronti di persone, società di persone o società insolventi in qualità di curatore fallimentare

Il curatore può agire in giudizio nei confronti di persone, società di persone o società insolventi con l'autorizzazione del giudice delegato; può agire senza tale autorizzazione in materia di contestazioni e di tardive dichiarazioni di crediti e di diritti di terzi sui beni acquisiti al fallimento, nei procedimenti promossi per impugnare atti del giudice delegato o del tribunale e in ogni altro caso in cui non occorra ministero di difensore.

Il curatore non può assumere la veste di avvocato nei giudizi che riguardano il fallimento.

 

Chi nomina i curatori fallimentari (creditori, tribunali)

I curatori fallimentari sono nominati dal Tribunale nella sentenza che dichiara il fallimento o, in caso di sostituzione o di revoca, con decreto del Tribunale (art. 27 RD 16 marzo 1942, n. 267).

È istituito presso il Ministero della giustizia un registro nazionale nel quale sono inseriti i provvedimenti di nomina dei curatori (e anche degli altri ausiliari nominati nelle altre procedure: ad esempio, nel concordato preventivo i commissari giudiziali ed i liquidatori giudiziali), i provvedimenti di chiusura del fallimento e di omologazione del concordato, nonché l'ammontare dell'attivo e del passivo delle procedure chiuse.

Il registro è tenuto con modalità informatiche ed è accessibile al pubblico.

 

Chi può essere a chiamato a ricoprire il ruolo di curatore fallimentare

  1. avvocati, dottori commercialisti, ragionieri e ragionieri commercialisti;
  2. studi professionali associati o società tra professionisti, sempre che i soci delle stesse abbiano i requisiti professionali di cui alla lettera a). In tale caso, all'atto dell'accettazione dell'incarico, deve essere designata la persona fisica responsabile della procedura;
  3. coloro che abbiano svolto funzioni di amministrazione, direzione e controllo in società per azioni, dando prova di adeguate capacità imprenditoriali e purché non sia intervenuta nei loro confronti dichiarazione di fallimento.

I curatori devono essere in possesso di una specifica formazione acquisita attraverso corsi specialisti o tirocini formativi nella materia dell’insolvenza.

Non possono invece essere nominati curatore:

  • il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado del fallito,
  • i creditori del fallito;
  • chi ha concorso al dissesto dell'impresa,
  • chi si trovi in conflitto di interessi con il fallimento
  • coloro che siano legati da rapporto di coniugio, unione civile o convivenza di fatto, parentela entro il terzo grado o affinità' entro il secondo grado con magistrati addetti all'ufficio giudiziario al quale appartiene il magistrato che conferisce l'incarico, nonché' coloro i quali hanno con tali magistrati un rapporto di assidua frequentazione (relazione sentimentale, rapporto di stretta amicizia).

I curatori devono depositare dichiarazione nella quale dichiarano che non sussistono cause di incompatibilità.

  • Regio decreto 16 marzo 1942 n. 267 (Legge fallimentare)
    • Articolo 27 Nomina del curatore
    • Articolo 28 Requisiti per la nomina a curatore
  • Decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136)

 

In quale misura e a quali condizioni possono essere nominati curatori fallimentari di un altro stato membro

Non possono essere nominati curatori fallimentari di un altro stato membro.

Il curatore può avvalersi, sotto la sua responsabilità e con l’autorizzazione del comitato dei creditori (o del giudice delegato) di coadiutori che svolgono funzioni tecniche e specialistiche ovvero esecutive e che assumono la veste di ausiliari del giudice.

In ipotesi di procedure di insolvenza transfrontaliera il Regolamento 2015/848 all’art. 7 prevede che si applica alla procedura di insolvenza e ai suoi effetti la legge dello Stato membro nel cui territorio è aperta la procedura.

Sono competenti ad aprire la procedura di insolvenza i giudici dello Stato membro nel cui territorio è situato il centro degli interessi principali del debitore (procedura principale di insolvenza).

Il centro degli interessi principali è il luogo in cui il debitore esercita la gestione dei suoi interessi in modo abituale e riconoscibile dai terzi.

Sono altresì competenti i giudici di un altro Stato membro se il debitore possiede una dipendenza nel territorio di tale altro Stato membro, con effetti limitati ai beni del debitore che si trovano in tale territorio (procedura secondaria di insolvenza).

In caso di apertura di procedure secondarie di insolvenza gli amministratori delle procedure nominati dall’autorità giudiziaria cooperano tra loro e possono concludere accordi o protocolli sempre che la collaborazione non sia incompatibile con le norme applicabili nelle rispettive procedure (possono scambiarsi informazioni utili, coordinarsi per elaborare piani di ristrutturazione del debitore o per la gestione dei beni).

Riferimenti normativi

  • Regio decreto 16 marzo 1942 n. 267 (Legge fallimentare)
  • Regolamento (UE) 2015/848 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 maggio 2015 relativo alle procedure di insolvenza

 

Come vengono gestiti i diritti dei dipendenti (retribuzioni, ferie, contributi pensionistici)

Il curatore fallimentare quando è dichiarato il fallimento deve recedere dal rapporto di lavoro perché il fallimento di per sé non comporta lo scioglimento del rapporto.

Quando il curatore recede dal rapporto di lavoro il recesso ha effetto sin dalla data del fallimento.

Il lavoratore potrà insinuarsi al passivo del fallimento per richiedere le retribuzioni e le altre indennità maturate e non percepite fino alla dichiarazione di fallimento compreso il trattamento di fine rapporto.

I dipendenti, dopo che sono stati ammessi allo stato passivo e che questo è divenuto definitivo, hanno la possibilità di ottenere il trattamento di fine rapporto e le ultime tre retribuzioni non corrisposte prima del fallimento richiedendoli al fondo di garanzia dell’INPS

Nella domanda di ammissione al passivo fallimentare i crediti da lavoro dipendente vanno esposti al lordo delle ritenute fiscali (è il curatore che al momento del pagamento del credito opererà la trattenuta) e al netto delle ritenute previdenziali.  Per ulteriori informazioni sul procedimento di ammissione al passivo fallimentare vedi link all'ufficio giudiziario Tribunale di Torino

I crediti da lavoro (che comprendono gli straordinari, indennità sostitutiva delle ferie, indennità da mancato preavviso etc.) e in particolare quelli relativi a:

  • le retribuzioni dovute, sotto qualsiasi forma, ai prestatori di lavoro subordinato;
  • tutte le indennità dovute per effetto della cessazione del rapporto di lavoro,
  • il credito del lavoratore per i danni conseguenti alla mancata corresponsione, da parte del datore di lavoro, dei contributi previdenziali ed assicurativi obbligatori;
  • il credito per il risarcimento del danno subito per effetto di un licenziamento inefficace, nullo o annullabile

sono assistiti da privilegio e quindi sono soddisfatti con preferenza sugli altri crediti.

È dovuta, ed è assistita da privilegio fino alla data in cui viene dichiarato esecutivo lo stato passivo, la rivalutazione monetaria.

Sono inoltre dovuti gli interessi sulle somme maturate sino alla data del deposito del progetto di riparto nel quale il credito è soddisfatto anche solo parzialmente.

Riferimenti normativi

Regio decreto 16 marzo 1942 n. 267 (Legge fallimentare)

  • Articolo 72 Rapporti pendenti


Codice civile

  • Articolo 2119 Disciplina del trattamento di fine rapporto
  • Articolo 2751 bis Crediti per retribuzioni e provvigioni, crediti dei coltivatori diretti, delle società od enti cooperativi e delle imprese artigiane


Decreto legislativo 27 gennaio 1992 n. 80 (Attuazione della direttiva 80/987/CEE in materia di tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro)

  • Articolo 1 Garanzia dei crediti di lavoro
  • Articolo 2 Intervento del Fondo di garanzia di cui alla legge 29 maggio 1982, n. 297.


Legge 29 maggio 1982 n. 297 (Disciplina del trattamento di fine rapporto e norme in materia pensionistica)

  • Articolo 2 Fondo di garanzia

 

Eventuali accordi speciali intesi ad agevolare le procedure di insolvenza per le PMI

Nel diritto vigente nazionale non sono ancora previsti simili accordi . È in corso l’implementazione della Direttiva UE 2019/1023.

Per le imprese non fallibili la Legge 3/2012 ha previsto l’istituto dell’accordo di composizione della crisi che si fonda su una proposta di ristrutturazione del debito ai debitori da parte dell’imprenditore insolvente. Per ulteriori informazioni sul procedimento di composizione delle crisi da sovraindebitamento puoi collegarti al sito web del Tribunale di Torino

Ai fini dell'omologazione da parte del Tribunale è necessario che l'accordo sia raggiunto con i creditori che rappresentano almeno il sessanta per cento dei crediti.

Riferimenti normativi

Legge 27 gennaio 2012 n. 3 (Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovraindebitamento)

Sezione prima - Procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento

  1. Disposizioni generali
    • Articolo 6 Finalità e definizioni
    • Articolo 7 Presupposti di ammissibilità
    • Articolo 8 Contenuto dell'accordo o del piano del consumatore
    • Articolo 9 Deposito della proposta
  2. Accordo di composizione della crisi
    • Articolo 10 Procedimento
    • Articolo 11 Raggiungimento dell'accordo
    • Articolo 12 Omologazione dell'accordo

 

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