Inaugurazione anno giudiziario 2024 - Intervento del ministro Carlo Nordio alla Corte Suprema di Cassazione

aggiornamento: 25 gennaio 2024

Corte Suprema di Cassazione
25 gennaio 2024

 

Signor Presidente della Repubblica,

Signora Prima Presidente della Corte di Cassazione,

Signor Procuratore generale,

Autorità tutte,

quello che si apre può essere considerato “l’anno giudiziario delle conferme”: conferme dei buoni risultati che cominciamo a registrare; conferme degli sforzi che non smettiamo di assicurare; conferme – soprattutto – delle opportunità che abbiamo di entrare in una nuova fase in cui la Giustizia è forza motrice di una rinnovata crescita del Paese.

In quest’anno siamo chiamati a consolidare un’inversione di tendenza, grazie anzitutto alla puntuale attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza: un’opportunità unica, che il nostro Paese ha finora colto puntualmente, non solo per onorare gli accordi con l’Europa, ma ancor di più per assolvere alle nostre responsabilità verso i cittadini, proseguendo in quel “profondo processo riformatore” che Lei, Signor Presidente, ha più volte sollecitato. Ora gli effetti cominciano a manifestarsi, in termini di abbattimento dell’arretrato e di riduzione dei tempi di definizione dei processi.

Di questi risultati positivi vorrei ringraziare, anche in questa solenne occasione, ciascun operatore della giustizia, magistrati, cancellieri, personale amministrativo tutto: conosco i vostri sforzi, conosco le vostre condizioni di lavoro e per questo vi sono ancor di più grato. Un ringraziamento sincero all’avvocatura, consustanziale al concetto di giurisdizione.

L’elemento che più ci induce ad essere fiduciosi è l’immissione di nuove risorse, massiccia e da tempo in corso: nel 2023 sono entrati in servizio, a vario titolo, oltre 4.000 unità di personale amministrativo, pari a circa il 10% della intera dotazione organica. Si tratta di preziosa energia vitale che stiamo cercando di valorizzare, con strategie delineate anche sulle specificità territoriali.

Sono in definizione tre concorsi per 1.300 posti di magistrato ordinario, nuove leve che, a fronte di croniche scoperture di organico, rappresenteranno un concreto sostegno allo sforzo degli uffici giudiziari per il raggiungimento degli obiettivi attesi. Ricordo anche, con particolare gratitudine, l’essenziale apporto della magistratura onoraria che a breve sarà oggetto di una doverosa riforma.

Più personale, dunque, ma anche mezzi più adeguati. Tra questi campeggia la digitalizzazione, che malgrado le difficoltà della transizione, sarà attuata con risorse ordinarie e straordinarie.

Questi interventi si inseriscono nella prospettiva dell’attuazione del PNRR, nel rispetto degli impegni assunti con l’Europa, recentemente oggetto di una positiva rinegoziazione.

Sono stati infatti opportunamente revisionati i target di abbattimento dell’arretrato; abbiamo ottenuto la proroga dei contratti degli addetti all’Ufficio per il processo e altre 4.000 unità entreranno a breve.

A fronte di ciò, ci siamo impegnati a definire - entro il prossimo mese di marzo - ulteriori interventi per trattenere in servizio il personale assunto per sostenere gli Uffici giudiziari nella riduzione dell'arretrato.

Questa veste di Nesso rallenta le procedure, disorienta i cittadini e allontana gli investimenti. La riforma che contiamo di attuare ci consentirà di recuperare buona parte di quel due per cento di PIL la cui perdita è intollerabilmente gravosa per la nostra economia.

In questa fase di rinnovamento, siamo convinti che l’elemento più significativo sia una nuova cultura che chiamerei della conciliazione: per questo puntiamo sulle varie forme di mediazione, in ambito civile, e sulla giustizia riparativa, in ambito penale.

In questo settore daremo piena attuazione allo spirito del Codice di procedura penale firmato dal mio illustre predecessore Giuliano Vassalli, di cui proprio ieri ho avuto l’onore di celebrare la straordinaria impresa di pianificare e realizzare la fuga dal carcere di Regina Coeli di Giuseppe Saragat e Sandro Pertini, futuri Presidenti della Repubblica. Vorrei che tutti noi indirizzassimo il nostro pensiero riverente a questo giurista insigne, che seppe coniugare la profondità dello studio con il coraggio dell’eroe e la lungimiranza del politico. 

I nostri padri costituenti conoscevano molto bene il dolore del carcere: anche per questo hanno sancito, nell’atto fondativo della Repubblica, la funzione rieducativa della pena, principio che intendiamo attuare, favorendo anzitutto il lavoro per le persone private della libertà. Al contempo, operiamo per migliorare le condizioni complessive degli istituti penitenziari, in cui migliaia di servitori dello Stato prestano ogni giorno il loro alto servizio.

Non è possibile qui nemmeno riassumere le innovazioni normative e operative per combattere la criminalità. Esse sono state oggetto di una lunga esposizione alle Camere, e di una ancor più dettagliata relazione scritta.

Ricordo che la tecnologia corre più veloce della nostra stessa fantasia, e mentre consente nuove manifestazioni del crimine impone a noi una risposta solerte, massiccia e adeguata. Il contrasto a tale invasività perniciosa sarà tra gli argomenti centrali nell’agenda del G7 Giustizia in programma, durante la presidenza italiana, nel prossimo mese di maggio a Venezia.

Dopo un anno caratterizzato da segnali incoraggianti e dialoghi costruttivi, si apre dunque un 2024 decisivo, in cui ben solida in tutti deve essere la consapevolezza della responsabilità che abbiamo verso le future generazioni: un obiettivo superiore, che muove gli sforzi di ciascuno di noi, per i diritti dei singoli e nell’interesse dell’intero Paese.

Signor Presidente, illustri autorità e colleghi:

dopo l’esposizione necessariamente sintetica di questi risultati e di queste obiettivi, permettetemi di concludere da una prospettiva più vasta.

La giustizia positiva non coincide sempre con l’equità. E’ anzi un paradosso singolare che la nostra religione, la nostra filosofia e la nostra scienza si fondino su tre processi sostanzialmente iniqui: la crocifissione di Gesù, come le condanne di Galileo e di Socrate suscitano in noi un sentimento di ripudio, malgrado siano state irrogate ed eseguite secondo procedure legali. Se dunque vogliamo tendere a una coincidenza tra l’imperativo eteronomo della norma e quello autonomo dell’etica, dobbiamo trovare una fonte di ispirazione solida e razionale. Questa fonte è costituita dalle culture che hanno formato la nostra civiltà: quella giudaico-cristiana, e quello greco-romana, filtrate dall’illuminismo.

Dall’Antico Testamento abbiamo appreso la necessità della retribuzione sanzionatoria; dai Vangeli, quella della misericordia e della redenzione; sul diritto romano abbiamo edificato la struttura portante dei nostri codici; dalla letteratura e dalla filosofia dei greci abbiamo imparato la priorità dell’edittazione formale anche quando confligge con le nostre convinzioni. Se Antigone antepone gli àgrafoi nòmoi, le leggi scolpite nei nostri cuori, agli imperativi del tiranno, non per questo si sottrae alla sanzione che affronta con serenità. Altrettanto fa Socrate, che incitato a sottrarsi con la fuga, ripudia un simile espediente come un oltraggio all’autorità della Patria.

Queste quattro fonti di ispirazione sono state integrate e consolidate dal razionalismo illuminista e sono state unificate nei concetti recepiti dalla nostra Costituzione, dove la presunzione di innocenza si affianca alla funzione rieducativa della pena e l’etica si coniuga con l’utilità del recupero sociale del reo.

In questo senso agiremo, e con questa fiducia entriamo nel nuovo anno giudiziario. 

Grazie.

Il Ministro della Giustizia
Carlo Nordio