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Circolare 28 dicembre 2006 - Modello organizzativo, operativo, funzionale e strutturale dei Centri di Prima Accoglienza

28 dicembre 2006

DIPARTIMENTO GIUSTIZIA MINORILE
Direzione Generale per l’attuazione dei provvedimenti giudiziari
UFFICIO I

INDICE

PREMESSA
DEFINIZIONE NORMATIVA
FINALITA’ ISTITUZIONALI
1. OBIETTIVI

1.1. Garantire la centralità del minore: Accoglienza
1.2. Assicurare la comunicazione con l’Autorità Giudiziaria Minorile
1.3. Promuovere l’azione del sistema servizi

2. LA DIMENSIONE STRUTTURALE

2.1. Organizzazione degli spazi
2.2. Presidi passivi

3. LA DIMENSIONE ORGANIZZATIVA

3.1. La progettualità tecnica
3.2. I livelli dell’organizzazione

3.2.1. L’intervento di sistema centrato sul percorso del minore
3.2.2 Il lavoro di invio del minore alla fase successiva
3.2.3 Il lavoro di equipe sull’intera durata delle misure cautelari e/o per l’intero iter penale
3.2.4 L’attività in connessione tra CPA e Comunità Ministeriale
3.2.5 L ‘Attività interistituzionale

3.3 Organizzazione per Aree

3.3.1 Il Coordinamento
3.3.2 L’area tecnica

A Il Servizio educativo
B Il Servizio di assistenza e vigilanza
C Il Servizio sanitario
D Il Servizio psicologico
E L’Assistenza religiosa

3.3.3. L’Area Sicurezza

3.4. Orario di servizio
3.5. Orario di lavoro
3.6. Passaggio delle informazioni
3.7. Riunioni di servizio

4. LA DIMENSIONE TECNICO-PROFESSIONALE

4.1. Accoglienza

4.1.1. Azione: Prima accoglienza
4.1.2. Azione: Identificazione del minore
4.1.3 Azione: Colloquio di accoglienza
4.1.4 Azione: Accertamento sanitario
4.1.5. Azioni: Colloquio con il difensore
4.1.6 Azione: Collaborazione con altri Servizi
4.1.7 Azione: Accoglienza di minori stranieri
4.1.8 Azione: Mediazione culturale

4.2. La Gestione della Permanenza

4.2.1 Il regolamento del servizio
4.2.2 Le attività

4.3. L’intervento individualizzato sul minore

4.3.1 Interventi educativi
4.3.2. Intervento sull’utente con problematiche di tossicodipendenza
4.3.3. Intervento sull’utente con problematiche psichiatriche

4.4. Rapporti con la Famiglia
4.5. La Documentazione Tecnica

4.5.1. Il fascicolo personale
4.5.1.1 La scheda tecnica
4.5.1.2. La relazione d’equipe
4.5.1.3. La relazione dello psicologo
4.5.1.4. La documentazione Giudiziaria
4.5.1.5. La scheda sanitaria

4.6. Il Lavoro in Équipe
4.7. La Rete dei Servizi
4.8. I Rapporti con l’Autorità Giudiziaria Minorile
4.9. Le Dimissioni

5. LA DIMENSIONE VALUTATIVA

6. LA DIMENSIONE FORMATIVA

 

PREMESSA

Il percorso di costruzione del presente documento, che costituisce il primo organico lavoro d’indirizzo gestionale ed operativo del Centro di Prima Accoglienza, si è avviato sulla base di alcune preliminari considerazioni:
 

  • Validare l’attualità del Servizio rispetto al mandato normativo che individua quale funzione primaria del CPA quella di evitare al minorenne l’impatto con la struttura detentiva;
  • valutare, a distanza di molti anni dall’emanazione del codice di procedura penale minorile ed alla luce delle modificate specificità dell’utenza, la portata ed il significato di quanto previsto dalla normativa;
  • valorizzare e sostenere tutte le prassi operative centrate sulla relazione con il minorenne , quale elemento identificante e qualificante il Servizio;
  • promuovere ed incentivare una riflessione sulla possibilità di individuare nuovi e più ampi spazi per favorire l’attivazione di una presa incarico del minorenne a più livelli, agendo su tutte le risorse presenti sul territorio.

Per la complessità delle tematiche affrontate ed allo scopo di costruire un documento condiviso e partecipato, ci si è dotati di una metodologia che ha consentito di raccogliere, da tutte le articolazioni territoriali, sia il sapere che deriva dall’esperienza che le proposte di cambiamento. Sono stati, pertanto, realizzati dei focus group con il coinvolgimento di tutti i Centri di Prima Accoglienza e le diverse aree professionali che operano al loro interno.
E’ stato quindi istituito un gruppo di lavoro composto dai referenti dei Centri di Prima Accoglienza e da funzionari di questo Dipartimento con l’incarico di redigere il documento finale. L’elaborato, valorizzando le prassi e le positive esperienze di lavoro, intende rendere omogenei i livelli essenziali di organizzazione e gestione dei CPA, nel rispetto delle differenze dovute alle caratteristiche strutturali, al flusso di utenza e alla realtà del territorio in cui sono inseriti.

Pertanto, le disposizioni di seguito esplicitate, in cui si sono fatte confluire anche le direttive pregresse, adeguandole laddove necessario, non pretendono di essere esaustive ma rappresentano una base condivisa intorno a cui proseguire l’analisi e la riflessione.
Il percorso di lavoro attuato attraverso i focus group, ha fatto emergere, innanzitutto, una forte convergenza sulla cultura di intervento che ogni CPA ha sviluppato con il tempo, confermando le finalità istituzionali dei CPA previste dalla normativa processuale penale minorile e sottolineando la specificità del servizio che si caratterizza per la “velocità” con cui è chiamato ad operare.
La dimensione temporale, tuttavia, non deroga di contro al principio della centralità del minore, alla valorizzazione del lavoro interprofessionale, alla costruzione di collaborazioni con tutti i soggetti coinvolti per garantire la continuità della presa in carico tra i servizi della giustizia minorile, i servizi di altri enti e il terzo settore.
La presente circolare è stata costruita intorno alle seguenti dimensioni, secondo una logica già sperimentata nelle elaborazioni delle altre circolari riferite ai servizi residenziali minorili :

  • Dimensione normativa
  • Dimensione strutturale ed organizzativa
  • Dimensione tecnico professionale
  • Dimensione valutativa/formativa

All’interno di ciascuna dimensione si è voluto evidenziare alcuni fattori identificativi e specifici del CPA:

  • la consapevolezza di dover rispondere ad aspettative “immediate” del minore che richiede di fornire risposte rapide, di attivare risorse, di proporre elementi di progettualità;
  • l’integrazione dei ruoli professionali che prescinde dalla rigida suddivisione e consente di dare risposte pronte e adeguate;
  • la “organizzazione della permanenza” che coniuga i concetti di regole e di attività nella molteplicità degli stimoli offerti ;
  • la relazione, il dialogo valutati come dimensioni e strumenti indispensabili nel lavoro con l’utenza;
  • la condivisione di una “cultura dei diritti del minore”, in quanto protagonista dei processi di lavoro delle diverse figure professionali.

 

DEFINIZIONE NORMATIVA

Il Centro di Prima Accoglienza, di seguito denominato CPA, è introdotto ex novo dagli artt. 8 e 9 D.Lgs. 272/1989
In particolare, l'art. 9 individua lo scopo istituzionale del servizio: “I Centri di prima accoglienza ospitano, fino all'udienza di convalida, i minorenni arrestati o fermati. Ospitano, altresì, in locali separati, fino all'udienza di convalida, i minorenni che vi sono condotti a norma del’art. 18 comma 4 del DPR 448/88.
Devono assicurare, altresì, la permanenza dei minorenni senza caratterizzarsi come strutture di tipo carcerario e sono costituiti, ove possibile, presso gli uffici giudiziari minorili. In nessun caso possono essere situati all’interno degli Istituti Penali”.
Si individua, così, lo scopo primario del CPA: accogliere, fino all’udienza di convalida, i minori arrestati o fermati autori di delitti gravi cioè di quei delitti non colposi per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a 9 anni, nonchè in ogni caso, del delitto di violenza carnale e i minori accompagnati perché autori di delitti non colposi per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel massimo a 5 anni, ex art. 18-bis, accompagnamento a seguito di flagranza.

 

FINALITA’ ISTITUZIONALI

Le finalità del Servizio trovano riferimento nella normativa ed appaiono non solo attuali ma di significativo ed elevato valore. Il principio di residualità del ricorso al carcere vede non solo una risposta nel Servizio CPA, ma un suo approfondimento legato all’efficacia del lavoro che viene impostato nella fase di accoglienza e che pone le basi per il prosieguo dell’iter processuale.
All’interno di questo quadro normativo si sottolineano le funzioni istituzionali:

  • garantire la permanenza del minore fino all'udienza di convalida, assicurando una risposta tempestiva ed efficace al momento del primo contatto fra il minore e il sistema della giustizia penale;
  • realizzare una immediata mediazione tra esigenze penali, esigenze educative e di intervento;
  • assicurare rapporti sistematici con l’autorità giudiziaria minorile procedente, fornendo alla stessa: i primi elementi di conoscenza dei minori, della loro situazione personale, familiare e sociale, le prime indicazioni su una possibile ipotesi d’intervento in base anche alle risorse disponibili;

Nell’ambito dei compiti istituzionali previsti dalla normativa processuale penale minorile, i Centri di prima accoglienza possono considerarsi una delle novità più interessanti del processo penale a carico di imputati minorenni in quanto espressione del principio di minima offensività e di destigmatizzazione. 

Finalità primaria è, quindi, quella di evitare l'impatto con la struttura carceraria, ritenuta, soprattutto per i minori alla prima esperienza penale, estremamente forte e stigmatizzante.

 

1. OBIETTIVI

1.1 Garantire la centralità del minore: Accoglienza
Il CPA è un Servizio della Giustizia che all’interno della sua dimensione penale offre un immediato intervento di qualità, fortemente connesso alle sue finalità.
L’identità del Servizio trova la sua massima espressione nella centralità del minore, elemento di primaria ed inderogabile rilevanza.
Gli interventi sono finalizzati a:

  • attivare una comunicazione efficace tra il minore ed il contesto sociale, per superare il distacco generato dal reato;
  • garantire al minore continuità e coerenza del percorso educativo;
  • aiutare il minore a comprendere che l’ingresso in CPA, quale risposta istituzionale al fatto-reato, non attenua la gravità dell’atto illecito, ma pone particolare attenzione alle esigenze della sua condizione di minorenne;
  • individuare e/o favorire nuovi elementi di progettualità.

Al momento dell'ingresso, gli operatori danno al ragazzo delle informazioni di carattere generale e provvedono ad avviare un processo comunicativo ed educativo finalizzato ad instaurare un rapporto di collaborazione, rispetto e interazione.
I compiti che il CPA svolge nei confronti del minore sono i seguenti:

  • chiarificazione circa la struttura in cui è stato portato coattivamente, sul tempo della sua permanenza, sull'udienza di convalida e sui possibili esiti della stessa;
  • sostegno e aiuto a tollerare l'ansia dell'attesa e della novità;
  • aiuto nel riflettere sull'azione-reato che ha comportato il suo arresto;
  • osservazione dei comportamenti e dinamiche interpersonali attivate con i pari, con gli operatori e con i familiari;
  • rinforzo degli aspetti positivi del suo modo di percepire la realtà e di relazionarsi con gli altri;
  • sollecitazione all'assunzione di responsabilità rispetto alle proprie azioni;
  • assistenza in sede di convalida e giudizio a norma degli artt. 6 (assistenza dei Servizi minorili dell'Amministrazione della giustizia), 12 (assistenza affettiva e psicologica del genitore o di altra persona idonea indicata dal minorenne) e 25 del D.P.R. 448/1988;
  • avvio dei primi contatti di rete nella prospettiva dell’eventuale intervento successivo;
  • attivazione di rapidi contatti con le famiglie;
  • sostegno tecnico-operativo nella fase di dimissione e nell’avvio dell’eventuale misura cautelare.

È necessaria, pertanto, l’integrazione interprofessionale degli operatori in quanto le funzioni di accoglienza e di controllo non sono da intendersi come istanze separate, bensì come attività che conformano un contesto tanto di regole e limiti quanto di ascolto e di rispetto del minore.

1.2 Assicurare la comunicazione con l’Autorità Giudiziaria Minorile

Il CPA, nel garantire una risposta rapida ed efficace nel breve tempo di permanenza del minore, assicura all'autorità giudiziaria procedente un quadro di conoscenza del ragazzo il più possibile completo relativamente a:

  • la sua situazione personale, quali: attività scolastica o lavorativa, interessi, capacità di elaborazione dell’atto illecito, altro;
  • la sua situazione familiare, stabilità o instabilità dei legami familiari, eventuale situazioni di devianza e/o di disagio in famiglia, stili educativi, attaccamento del minore alle figure genitoriali o altre figure di significativo riferimento parentale;
  • la sua situazione sociale, rete amicale e analisi dei modelli di identificazione offerti da tale rete, nonché il rapporto con le regole e l’Autorità;
  • la rete dei servizi sociali cui il minore ha accesso nella sua zona e eventuale presenza di associazionismo idoneo alla collaborazione;
  • la sua capacità di progettare in modo costruttivo il futuro e la rete di legami significativi;
  • il quadro evolutivo della personalità emerso dall’eventuale colloquio psicologico.

Il CPA deve fornire, altresì, all’Autorità Giudiziaria minorile, in base ai dati raccolti, le prime indicazioni circa l’intervento educativo, psicologico e sociale che sarebbe auspicabile compiere a favore e con il minore. Deve, altresì, offrire indicazioni sulle risorse, le strutture ed i servizi territoriali che è possibile attivare.

1.3 Promuovere l’azione del sistema servizi

Il CPA costituisce il “momento” di ingresso in un sistema di servizi, collegato in una rete che deve poter fornire al minore e agli operatori un insieme di risposte individualizzate sul caso. Si pone, inoltre, come canale facilitatore rispetto al contesto sociale di appartenenza del ragazzo finalizzando l’intervento, già in questo primo contatto, alla restituzione del minore alla comunità esterna, anche attraverso una stretta collaborazione con gli Enti territoriali che contribuiscono alla realizzazione di molteplici interventi finalizzati al reinserimento sociale.

 

2. LA DIMENSIONE STRUTTURALE

Pur consapevoli dell’attuale inadeguatezza di molte situazioni strutturali rispetto al dettato normativo si ritiene debba essere assunta ogni iniziativa utile al fine di:

  • consentire il riconoscimento dell’autonomia del CPA come servizio distinto;
  • favorire la tempestiva collaborazione con l’Autorità Giudiziaria minorile, e ove possibile, la celebrazione all’interno della struttura dell’udienza di convalida.

2.1. L’Organizzazione degli spazi

L’organizzazione interna degli spazi deve ispirarsi ai criteri utilizzati per gli appartamenti di civile abitazione, finalizzata a creare un ambiente accogliente e funzionale ed a consentire l’individuazione di condizioni idonee allo svolgimento delle varie attività della giornata.
Nell’organizzazione strutturale del servizio, la dimensione “spazio” si conferma come una variabile rilevante e strettamente connessa alla tipologia di relazioni che avvengono al suo interno. Può risultare efficace, in tale ottica, una suddivisione dei locali che preveda una ampio spazio comune: l’apertura degli spazi infatti, sembra consentire sia una maggiore interazione tra le diverse figure professionali dal momento che lo “stare insieme” facilita i contatti, sia un maggiore controllo poiché i minori sono visivamente seguiti. Gli arredi e gli infissi interni potranno essere scelti in analogia a quelli di una normale abitazione, mentre gli infissi esterni saranno muniti di sistemi atti a garantire l’incolumità dei ragazzi ospiti ed a ridurre l’eventualità di una evasione.
Tale organizzazione evidenzia quale priorità il rispetto e il riconoscimento dei bisogni e delle esigenze dei ragazzi.
Dovrà, altresì, prevedersi una differenziazione strutturale tra l’area assistita e custodita, nonché, ove possibile, per i bambini delle giovani madri.

2.2. Presidi passivi

I presidi passivi concorrono ad elevare l’indice di sicurezza in funzione della garanzia di preservare l’integrità fisica dei ragazzi, di evitare l’intrusione dall’esterno, di assicurare la presenza del minore fino all’udienza di convalida, quale strumento preordinato alla funzione istituzionale del Cpa. La peculiarità del contesto richiede di evitare di caratterizzarlo come struttura di tipo meramente contenitivo.
Detti presidi vanno coniugati con la specificità della funzione educativa a cui sono preposti tutti gli operatori e quindi anche quelli addetti alla vigilanza ed alla sicurezza.

 

3. LA DIMENSIONE ORGANIZZATIVA

Il principio cardine, che deve orientare la definizione dell’organizzazione ed il funzionamento del CPA , è il rispetto della dignità della persona, quale elemento centrale di riferimento e di reciprocità interprofessionale sia per il minore che per il personale che opera nel servizio.
Il modello organizzativo del CPA non può non tener conto della natura di “pronto intervento” del servizio e necessita, pertanto, di una “flessibilità” ed di “un’agilità” anche in relazione alla collocazione territoriale, alle risorse professionali esistenti nonchè alle caratteristiche qualitative e quantitative dell’utenza.

Le variabili che determinano le scelte organizzative sono le seguenti :

  • il contesto territoriale di riferimento, definito dall’ampiezza del territorio di competenza;
  • il carico di lavoro, definito dal flusso di utenza, dalle risorse professionali esistenti;
  • le risorse interne, quantificate dal numero e dalle qualifiche di personale attivo nel servizio, dall’entità delle risorse strumentali disponibili nonchè dalla presenza di altri servizi della giustizia minorile;
  • le risorse esterne, quantificate dal livello di collaborazione con altri Enti locali, del privato sociale e del volontariato;
  • le politiche giudiziarie minorili.

Uno dei fattori rilevanti che ha influenzato nel corso degli anni l’evoluzione di ciascun CPA, è legato al flusso di utenza. La comparazione dei CPA sotto l’aspetto degli ingressi induce a utilizzare la seguente classificazione:

  1. CPA DI PICCOLE DIMENSIONI : a bassa utenza fino a 100 ingressi l’anno;
  2. CPA DI MEDIE DIMENSIONI : a media utenza da 100 a 300 ingressi l’anno ;
  3. CPA DI GRANDI DIMENSIONI: ad alta utenza oltre i 300 ingressi l’anno.

Tale classificazione che deriva dall’estrema variabilità dei flussi di utenza nelle diverse realtà territoriali, genera una notevole complessità nell’unificare l’analisi organizzativa e funzionale.
Pur con realtà tanto differenti, si rileva, comunque una coerenza tecnica nell’operatività dei diversi CPA che può essere utilizzata come unità di riferimento per la definizione di una specifica operatività descritta attraverso una sorta di “linea continua” formata da una serie di punti che rappresentano le possibili “combinazioni” operative e su cui ciascun servizio trova la propria collocazione.
Questa impostazione volta a superare il rapporto rigido e quantitativo determinato dai flussi di utenza, valorizza l’esperienza di ciascuna realtà di servizio e quel potenziale di conoscenza e professionalità acquisita e acquisibile da cui si possono consolidare i processi operativi in atto e svilupparne dei futuri.

3.1 La Progettualità Tecnica

In tale prospettiva ciascun CPA è impegnato ad individuare la propria Progettualità Tecnica che espliciti gli orientamenti e le modalità operative del servizio, ottimizzando e razionalizzando le risorse presenti e trovando così una specifica collocazione sulla “linea operativa”. Si realizza così il privilegiato compito istituzionale che definisce il servizio CPA centrato sull’accoglienza e sull’opportunità di costruire progettualità tecnico/operative che rendano la carcerazione sempre residuale.
La progettualità tecnica dovrà prevedere:

  • i programmi e le attività da realizzare, con l’indicazione delle risorse del servizio, professionali e materiali;
  • le istituzioni pubbliche o private con cui si collabora per il perseguimento degli obiettivi prefissati;
  • il livello degli accordi di collaborazione, di integrazione operativa con gli altri servizi minorili, gli EE.LL., cooperative, associazioni, volontariato, altro;
  • gli aspetti descrittivi, organizzativi e le indicazioni metodologiche;
  • tempi e modalità di valutazione del progetto medesimo.

Premessa fondamentale per la riuscita della progettualità elaborata dovrà essere la condivisione tra tutti gli operatori del servizio. La Direzione del Centro per la Giustizia Minorile provvederà ad acquisire la progettualità tecnica del CPA di competenza e curerà l’inoltro alla Direzione Generale per l’attuazione dei provvedimenti giudiziari, per le opportune valutazioni.

3.2 I livelli dell’organizzazione

Questo modo di guardare all’organizzazione del CPA è finalizzato a promuovere una cultura di servizio che non sia ancorata al solo parametro quantitativo dell’utenza, ma si sviluppi secondo una logica d’intervento sociale capace di rispondere ai sempre più differenziati bisogni dei minori.
Il posizionamento di ciascun servizio in un punto della linea summenzionata implica necessariamente:

  • l’analisi di priorità operative,
  • la valutazione delle risorse disponibili in rapporto ai carichi di lavoro.

Si è del parere che per la costruzione della scala di priorità, di ogni singolo servizio, debba essere utilizzato quale principale parametro di riferimento il rapporto tra il numero di figure professionali e il numero di ingressi.
L’esperienza maturata nel corso di questi anni ha mostrato come per garantire l’intervento educativo, nella sola attività interna, è necessario mantenere uno standard quantitativo di un educatore per 80/100 ingressi l’anno. Se tale rapporto scende e le risorse educative del servizio sono eccedenti, le stesse possono essere impiegate per aumentare la qualità dell’intervento offerto all’interno del servizio, per progettualità di equipe di lavoro all’esterno ovvero nel caso in cui il servizio CPA fosse annesso a quello di comunità, anche all’interno di quest’ultima struttura, oppure per altre progettualità che possono essere individuate.
Il diverso impiego delle unità di personale educativo potrà realizzarsi secondo una scala di priorità che, schematicamente, in termini progressivi dovrebbe prevedere:

  • l’attività interne del servizio;
  • il lavoro di invio del minore agli operatori e/o alle strutture che lo seguiranno nella successiva fase processuale;
  • il lavoro di equipe sull’intera durata delle misure cautelari;
  • il lavoro di equipe nelle fasi successive d’intervento e per l’intero iter penale;
  • l’attività in connessione tra CPA e Comunità Ministeriale: in tali situazioni gli educatori sono impegnati nella comunità e garantiscono anche gli interventi nei CPA annessi, con una valida ottimizzazione delle risorse nelle realtà a bassa utenza;
  • attività di progettualità interistituzionale con Enti ed organismi territoriali pubblici, privati e di volontariato.

In questo quadro complessivo di attività ogni Servizio definisce una specifica progettualità connessa alla propria realtà operativa. Non si tratta ovviamente di realizzare una “fotografia” dell’esistente ma di avvalorare in modo dinamico lo sviluppo della propria attività.
Nell’ottica di una effettiva realizzazione di integrazione e continuità degli interventi, diventa fondamentale il supporto del Centro per la Giustizia Minorile e la piena e condivisa collaborazione con l’USSM.

3.2.1 L’intervento di sistema centrato sul percorso del minore

La sfida a superare la settorialità dell’intervento si concretizza nella piena realizzazione di un sistema integrato di servizi che centri sul percorso del minore la sua azione, sviluppando un “ modus agendi” che completa l’operatività dei servizi all’interno del sistema organizzativo esistente.

Il grafico di seguito riportato è volto a descrivere l’intervento di sistema centrato sul minore : sono stati messi in rapporto le due variabili della durata ( tempo ) e dell’intensità dell’intervento del CPA e dell’USSM , secondo le varie fasi dell’iter penale.

L'immagine rappresenta il grafico che descrive l’intervento di sistema centrato sul minore: sono stati messi in rapporto le due variabili della  durata (tempo) e dell’intensità dell’intervento del CPA e dell’USSM, secondo le varie fasi dell’iter penale

Il grafico evidenzia che per garantire l’accompagnamento del minore e la continuità dell’intervento si rende necessaria una valida collaborazione d’equipe.
L’ampiezza di questa collaborazione dipende dal rapporto risorse/utenza di ciascun Servizio coinvolto.
L’USSM può intervenire, a seconda delle possibilità organizzative, durante la permanenza in CPA, al momento dell’Udienza, dopo l’avvio della misura. Il CPA può limitarsi ad un rapido passaggio del caso o mantenere l’impegno dell’Educatore incaricato per l’intera durata della misura.
Per una valida centratura sulla continuità ed efficacia del percorso del minore è evidentemente che non ci siano “vuoti” di intervento e che il passaggio del caso veda una collaborazione funzionale anche per la percezione, da parte del minore, di continuità della sua presa in carico di un unico sistema di Servizi che assicura una coerente progressione delle risposte di giustizia.

3.2.2 Il lavoro di invio del minore alla fase successiva

La fase di passaggio del caso costituisce un compito primario del sistema a garanzia del percorso del minore. Questa dimensione di continuità tecnica che caratterizza la qualità dell’intervento valorizza il CPA come risorsa del sistema servizi .Il principio di centralità del minore trova qui uno dei suoi momenti di espressione più significativi in quanto personalizza la risposta alle esigenze specifiche, nonché alla singola personalità del minore.
 
3.2.3 Il lavoro di equipe sull’intera durata delle misure cautelari e/o per l’intero iter penale

Il lavoro d’équipe di medio – lungo periodo soddisfa efficacemente sia l’esigenza di ottimizzazione delle risorse che quella di condivisione ed interdisciplinarietà dell’intervento.
Nell’ottica di una dimensione di lavoro interprofessionale l’equipe, nella predisposizione del progetto personalizzato nei confronti di minori, valuterà l’opportunità di proseguire l’intervento educativo, definendo anche le modalità di partecipazione dell’ operatore del CPA nel caso di :

  • applicazione delle misure previste dagli artt. 20, 21 e 22 del DPR 448/88;
  • collocamento in una comunità del privato sociale laddove la presenza dell’educatore appare significativa;
  • articolo 28 del DPR 448/88, se l’educatore ha partecipato alla elaborazione del progetto.

3.2.4 L’attività in connessione tra CPA e Comunità Ministeriale

In alcune realtà l’attività del CPA si esplica in connessione con la Comunità ministeriale. Dove questo si realizza è opportuno, comunque, garantire le attività interne del servizio secondo linee di indirizzo analizzate nel presente documento.
In particolare poiché il lavoro in comunità condivide con la dimensione operativa del CPA l’impegno verso l’esterno e la restituzione del minore al territorio, si potrà attuare una progettazione integrata dei due servizi, in cui la fase dell’intervento in comunità consente di ottimizzare e razionalizzare le risorse esistenti.

3.2.5 Attività interistituzionale

Fondamentale è ragionare sulla promozione di azioni rivolte alla ricerca ed al potenziamento di collaborazioni interistituzionali a livello locale con enti ed organismi sia pubblici, privati che di volontariato.
Dette azioni dovranno permettere un intervento multidisciplinare in grado di riconoscere ed incrementare le attività in favore del minore preso in carico a seguito dell’evento-reato, in particolare per affrontare le peculiari esigenze espresse dai soggetti in situazioni di disagio psicosociale e dai minori stranieri non accompagnati.
Questa descrizione dell’operatività e dell’organizzazione riguarda ogni singolo CPA, fermo restando, infatti, il rapporto risorse/utenza nei termini numerici già considerati, si reputa necessaria la realizzazione di progettualità interistituzionale, con apertura di canali comunicativi che ricerchino soluzioni appropriate capaci di dare efficacia alle linee d’indirizzo in materia d’integrazione e continuità degli interventi socio-educativi in favore dei minori anche oltre il periodo del processo penale.

3.3 L’Organizzazione per Aree

All'interno del CPA, si possono riconoscere tre diverse aree operative che ne delineano la struttura organizzativa:

  • L'Area Tecnica composta dagli educatori e dall'assistente sociale qualora già inserito nell'organico, psicologo, mediatori culturali, animatori, volontari, medico, operatori di assistenza e vigilanza, altro;
  • L'Area della Sicurezza costituita dal personale di polizia penitenziaria;
  • L'Area Amministrativa composta da operatori amministrativi addetti al funzionamento complessivo della segreteria e della gestione contabile.

l'immagine rappresenta l'organigramma del CPA dove la direzione è in rapporto con l'arera sicurezza, gli operatori in convenzione, l'area tecnica e l'area amministrativa che a loro volta sono in costante rapporto tra loro e con l'utenza

L’organigramma di cui sopra mostra la presenza di diverse professionalità all’interno del Servizio. Ciò consente una pluralità di competenze mentre la loro interconnessione permette la realizzazione di processi unitari orientati a risultati condivisi.
Pertanto si prevede la presenza dei seguenti profili professionali :

  • Direttore: funzionario dell’area direttiva,
  • educatori, area funzionale C,
  • psicologi, area funzionale C ,
  • collaboratore, area funzionale B o C
  • contabile, area funzionale B,
  • ausiliario, area funzionale B,
  • personale di polizia penitenziaria: ispettori, sovrintendenti, agenti ed assistenti.

L’organizzazione del CPA può altresì prevedere la presenza programmata e pianificata di volontari, mediatori culturali, tirocinanti e altro, che collaborino all’attuazione di specifici progetti di intervento.

3.3.1 Il Coordinamento

Il Direttore è un funzionario dell’area direttiva, inquadrato nei profili professionali dell’area tecnica. Ha la responsabilità di coordinare l’organizzazione e la gestione tecnica-operativo del Servizio. Si richiama, a tale proposito, la lettera circolare n. 365080 del 7 novembre 1989 che delinea i compiti e le funzioni del Direttore : "il ruolo del coordinatore è finalizzato ad assumere la necessaria rappresentatività e responsabilità complessiva del Centro di Prima Accoglienza nei riguardi dell'Amministrazione e dell'Autorità Giudiziaria minorile, oltre che ad assicurare la funzionalità e la interconnessione con gli altri servizi anche attraverso il collegamento contabile-amministrativo con il competente Centro per la giustizia minorile. Ne consegue che il coordinatore, organizza l'attività degli operatori incaricati di prestare servizio nel CPA, nel rispetto dell'autonomia professionale riconosciuta dalla vigente normativa a ciascuna categoria".
Inoltre, tra le attività svolte dal Direttore si indicano a seguire quelle di maggiore rilievo:
funzioni di controllo e di coordinamento delle aree;
coordinamento per il mantenimento della sicurezza, dell’ordine e della disciplina avvalendosi della collaborazione del personale appartenente all’area della sicurezza e all’area tecnica, secondo le rispettive competenze;
assegnazione dei carichi di lavoro e degli incarichi relativi a progetti, gruppi di lavoro, altro;
monitoraggio e verifica degli interventi educativi a garanzia dei diritti dei minori.

3.3.2. L’area tecnica

A - Il Servizio Educativo
Nel particolare contesto del CPA nevralgica e necessaria è la presenza attenta e continua dell’educatore relativamente a tutte le fasi dell’intervento: colloqui, presenza in CPA, in udienza, alle dimissioni ed eventuale accompagnamento nelle strutture minorili, quale protagonista attivo della tutela dell’adolescente, in un momento particolarmente critico della sua vita, che richiede un approccio pedagogico immediato e significativo.
All'interno del CPA l'educatore è la figura centrale. Il suo ruolo è essenzialmente quello di fungere da mediatore tra l'utenza e la magistratura, fornendo all’autorità giudiziaria le informazioni relative al caso e l’indicazioni riguardo all’ipotesi di progetto educativo individuale.
L'ampiezza e la complessità della funzione educativa trova la sua essenza nella “relazione empatica” che l'operatore instaura con il minore all'interno di un rapporto umano fondato sul rispetto della dignità dell'altro.
Tale relazione deve considerarsi lo strumento dell'azione educativa in quanto, caratterizzandosi per rispetto, lealtà e chiarezza, è finalizzata a sviluppare un maggiore senso di fiducia favorendo un percorso di crescita e maturazione che, concludendosi con la fuoriuscita del minore dal circuito penale, lo coadiuvi anche sul piano:

  • relazionale/affettivo,
  • comportamentale,
  • progettuale, attivando la rete dei servizi territoriali.

La sua funzione educativa si sviluppa nella:

  • promozione di un clima sereno, attraverso la cura della qualità degli spazi e dell’ambiente umano e delle interazioni personali che coinvolgono il minore;
  • comunicazione al minore e ai suoi genitori di informazioni sulla struttura che accoglie il ragazzo, su ciò che lo attende nei giorni successivi, sul significato e i contenuti dell'udienza di convalida, sui possibili esiti di tale udienza;
  • raccolta di informazioni sulla storia del minore dal punto di vista dei rapporti intrafamiliari, dei percorsi scolastici e lavorativi ed infine del contesto amicale.

All’interno della presa in carico del minore, l’educatore svolge:

  • colloquio di accoglienza,
  • interventi di chiarificazione, sostegno e responsabilizzazione,
  • registrazione delle esigenze dei minori in vista della predisposizione dei programmi d’intervento individualizzati,
  • raccordo ed integrazione con gli altri servizi della giustizia e del territorio,
  • interazione con la famiglia e con le altre agenzie educative,
  • coordinamento alle attività di gruppo di pari,
  • collaborazione con l’A.G. nella fase istruttoria e nell’applicazione delle misure cautelari non detentive,
  • preparazione e partecipazione alle riunioni dell’equipe.

Tale sequenza di azioni risultano funzionali alla stesura di una relazione di osservazione per l’A.G. che contiene anche la proposta di intervento.

B - Il Servizio di Assistenza e Vigilanza
Nelle more del completamento degli organici di Polizia Penitenziaria in via eccezionale e transitoria, è consentito l’impiego di personale attraverso convenzioni esterne e secondo le modalità previste dalla normativa vigente, al fine di garantire la copertura del servizio per le 24 ore e la piena funzionalità della struttura.
La Direzione di ciascun servizio, d’intesa con la Direzione del CGM, dovrà operare pertanto un’attenta analisi organizzativa che tenga conto di tutto il personale in servizio per definire compitamente l’assetto funzionale che salvaguardando i criteri di efficienza, efficacia ed economicità, limiti il ricorso all’utilizzo di personale esterno esclusivamente alle esigenze alle quali non si possa far fronte con il personale dell’Amministrazione in servizio.
Laddove siano presenti cooperative di vigilanza, gli operatori in convenzione devono operare in piena integrazione con il restante personale, secondo le indicazioni fornite dalla Direzione.
Gli operatori di assistenza e vigilanza in convenzione rappresentano delle figure di supporto alle professionalità già presenti che hanno la titolarità del caso e la loro attività deve essere volta a supportare e garantire:

  • il rispetto dell’ordine e della disciplina;
  • l’osservanza delle regole;
  • il contenimento di eventuali vissuti di tensione del singolo minore;
  • il contenimento delle dinamiche del gruppo di pari;
  • la presenza per far fronte ad ogni situazione si manifesti relativamente al minore ed al gruppo dei pari;
  • al minore il sostegno nei bisogni emergenziali quotidiani.

In via eccezionale e se non è possibile impegnare personale di servizio, può essere previsto che la perquisizione e l’accompagnamento, possa essere effettuata anche da detti operatori in convenzione, ciò in particolare per l’utenza femminile, a motivo della carenza in organico del corpo di polizia penitenziaria femminile.
L’impegno nello svolgimento delle proprie funzioni contribuisce all’osservazione sul minore, coadiuvando, in tal modo, l’educatore nel suo compito pedagogico.

C - Il Servizio sanitario
Il servizio sanitario, in considerazione delle diverse e a volte complesse esigenze sanitarie dell’utenza minorile, deve assumere un assetto organizzativo specifico.
Tra i compiti del medico incaricato previsti dalla normativa vigente, si ricordano i seguenti:

  • la visita di ingresso deve essere effettuata nel più breve tempo possibile, e comunque non oltre le 12 ore al fine di assicurare l’assistenza sanitaria e prevenire situazioni di grave nocumento per la salute dei minori e per la tutela operativa del personale e altro;
  • attivazione dei servizi specialistici quali i Centri di Salute mentale delle ASL per quanto riguarda l’intervento sulla sofferenza psichica e con il SERT per quanto riguarda gli interventi sugli assuntori di sostanze stupefacenti, con la ginecologia per le minori in stato di gravidanza e la pediatria nel caso di bambini a seguito delle madri;
  • valutazione qualitativa e quantitativa del vitto in rapporto alle tabelle nutrizionali e controlli igienici del personale addetto alla catena alimentare: vaccinazioni e libretto di lavoro;
  • la prevenzione igienico-ambientale, che comprende la verifica ed il controllo dei locali in cui il minore abitualmente soggiorna.

Fanno parte del servizio sanitario: i medici e gli infermieri professionali convenzionati, i sostituti dei medici incaricati, i medici specialisti, la guardia medica quelli dei presidi sanitari del territorio.
Il servizio sanitario è garantito dal medico incaricato, nel caso in cui il CPA è logisticamente non distante da un altro Servizio residenziale minorile ove il sanitario presti la sua opera.
In tutti i CPA è comunque necessario garantire la presenza del sanitario attraverso una convenzione con l’ASL competente per territorio. Nelle more di dette convenzioni, in casi eccezionali e documentati, in ossequio alle normative vigenti in materia, è possibile avvalersi dell’intervento di un medico ed infermieri professionali a parcella o convenzionati che assicurino le prestazioni ordinarie nei tempi dovuti.
E’ necessario che l’attività del personale sanitario, in considerazione della particolare età dell’utenza caratterizzata dai fenomeni adolescenziali, sia attenta e sensibile allo sviluppo armonico del minore.

D - Il Servizio psicologico
Nella pianta organica nazionale è previsto l'inserimento della figura dello psicologo nei Centri di Prima Accoglienza. In tale prospettiva si ritiene utile definire alcune linee d’indirizzo del servizio psicologico. All'interno del CPA, il limitato tempo di permanenza del minore fa sì che l'area di operatività dello psicologo sia incentrata sul livello dell'azione individuale che si esplicita attraverso i colloqui con il ragazzo, i colloqui con la famiglia ed in situazioni particolari, attraverso l’osservazione diretta in CPA. Di fatto, nel CPA, lo psicologo deve riuscire di volta in volta ad individuare modalità di intervento significative per il ragazzo, valutare il singolo caso e nell’ambito dell’equipe, contribuire alla definizione dei bisogni e all'individuazione degli obiettivi da perseguire.
Lo psicologo deve, altresì, curare i rapporti e le comunicazioni con i referenti della medesima area psicologica del Servizio Sanitario Nazionale, degli Enti Locali o del privato sociale.
Qualora siano presenti più di un’unità di personale, il coordinamento del servizio psicologico è affidato allo psicologo di ruolo più alto in grado; fanno parte del servizio psicologico anche gli psicologi in convenzione.
Nelle more della copertura totale delle piante organiche nel caso in cui lo psicologo non sia presente, va comunque assicurato il servizio con convenzioni con le ASL, oppure avvalendosi di esperti con incarico giornaliero.

E - L’ Assistenza religiosa
L’assistenza spirituale e religiosa ai minori ristretti viene assicurata all’interno dei CPA:

  • attraverso il coinvolgimento del personale religioso già operante nei servizi minorili residenziali laddove il CPA sia ubicato in sedi relativamente vicine ad altri servizi;
  • attraverso contatti finalizzati a soddisfare specifiche richieste di assistenza religiosa da parte dei minori.

Non va trascurata anche la possibilità che i ministri di culto possano agevolare i contatti con le rispettive comunità, con associazioni o gruppi di volontariato, incrementando pertanto la rete delle risorse utilizzabili per un sostegno al minore ed alla famiglia nel momento delle dimissioni.

3.3.3 L’Area Sicurezza

La gestione della permanenza del minore richiede un’attività di controllo volta ad assicurare la presenza del minorenne fino all’udienza di convalida e l’ordinato svolgimento della vita comunitaria.
La presenza della Polizia Penitenziaria nel CPA assume una particolare specificità: si tratta di valorizzare la portata del dettato normativo, attualizzandolo alla peculiarità del servizio e favorendo l’impegno della Polizia Penitenziaria non solo nell’espletamento delle attività di vigilanza, ma anche nello sviluppo di una più attenta competenza nell’ambito dell’osservazione e trattamento dei minori, così da fornire all’equipe quel contributo di conoscenza insostituibile che deriva dal quotidiano contatto professionale con l’utenza
Il personale del Corpo assicura che i minori:

  • non si allontanino dal CPA , commettendo il reato di evasione;
  • non mettano in atto gesti auto ed etero-lesivi,
  • non commettano ulteriori reati,
  • rispettino le regole di vita comune.

Devono garantire, inoltre, l’accesso alla struttura ai soli soggetti aventi diritto e a tutti coloro che vengono autorizzati, di volta in volta, dagli organi giudiziari competenti.
La presenza della Polizia Penitenziaria all’interno dei Centri di Prima Accoglienza è prevista istituzionalmente: infatti l’esecuzione dei provvedimenti restrittivi della libertà personale è di competenza del Corpo di Polizia Penitenziaria ai sensi dell’articolo 5 comma 2 della legge 395/90. Dalla stessa norma derivano l’esclusività di alcune competenze, in particolare di tutte le attività che non possono essere svolte da altri operatori, quali le perquisizioni, le traduzioni, gli atti di P.G., i collegamenti con le altre Forze di Polizia e così via.
Gli operatori di Polizia Penitenziaria concorrono al raggiungimento degli obiettivi del servizio, integrandosi con le altre figure professionali nell’accoglienza e nella attività di chiarificazione e di sostegno dei minori. Essi registrano il comportamento dei minori e ne condividono le osservazioni con il personale dell’area tecnica, partecipando all’equipe. In questo ambito si inserisce in piena integrazione il contributo della Polizia Penitenziaria, in una chiave di specializzazione nel settore minorile, di interazione con le altre figure istituzionali, di compartecipazione alla realizzazione degli obiettivi del servizio.

3.4. Orario di servizio

Il CPA si connota come servizio di emergenza e rientra nella fattispecie dei servizi pubblici essenziali da erogarsi con carattere di continuità.
La struttura garantisce il funzionamento nell’arco delle 24 ore.

3.5. Orario di lavoro

L’orario di lavoro degli operatori deve essere assicurato in modo tale da garantire l’espletamento dei compiti e delle funzioni connesse :

  • all’intervento nei confronti dei minorenni accolti nella struttura, ivi compresa la presenza in udienza;
  • all’eventuale intervento nei confronti dei minorenni sottoposti a misure cautelari non detentive.

Si rimanda alle sedi di contrattazione decentrata l’articolazione dell’orario di lavoro.
Nell’articolazione dell’orario di lavoro sarebbe auspicabile prevedere momenti di compresenza per il passaggio delle consegne tra gli educatori.
La Direzione e/o l’èquipe potrà valutare l’opportunità della presenza dell’educatore nei giorni festivi e pre-festivi.

3.6. Passaggio delle informazioni

Per favorire il passaggio ,tra gli operatori, delle informazioni relative ai minori potrebbe essere auspicabile la predisposizione di uno strumento di raccolta e consultazione che consenta l’annotazione giornaliera dei fatti o notizie ritenute importanti e assicuri la trasmissione delle informazioni a tutti gli operatori anche quando non possono incontrarsi fisicamente.

3.7. Riunioni di servizio

Devono essere programmate, almeno con cadenza mensile, riunioni degli operatori del servizio finalizzate alla organizzazione, programmazione e valutazione del lavoro, alla verifica dei risultati, alla circolazione delle informazioni e all’approfondimento di aree tematiche. Le riunioni dovranno sempre prevedere l’ordine del giorno e la verbalizzazione. In relazione alle problematiche da trattare potrà essere prevista la presenza di partecipanti esterni.
Le riunioni di servizio hanno anche lo scopo di sviluppare e consolidare modalità di comunicazione finalizzate alla migliore definizione dei ruoli e delle competenze negli interventi progettuali nei confronti del minore.

 

4. LA DIMENSIONE TECNICO-PROFESSIONALE

4.1. Accoglienza

Con l'ingresso del minore al CPA si avvia l'intervento di accoglienza che prevede lo svolgimento di diverse attività: dalle procedure di accettazione e perquisizione svolte dal personale della sicurezza, al colloquio d’ingresso a cura dell’operatore dell’area tecnico-pedagogica presente nella struttura in quel momento. In questa fase assume particolare significato l’attivazione di un sistema di comunicazione circolare che consenta al minore di avere informazioni sul Servizio e sulla vicenda giudiziaria in atto e agli operatori di acquisire elementi di conoscenza sulla situazione del minore a livello soggettivo, relazionale e sociale.

4.1.1. Azione: Prima accoglienza

La figura professionale deputata alle prime azioni nella fase dell'accoglienza è l'agente di polizia penitenziaria. Le azioni principali sono le seguenti:

  • registrazione dell’ingresso;
  • perquisizione e annotazione di tutto ciò che è stato sottratto al minore sul registro perquisizioni;
  • identificazione;
  • registrazione e invio degli atti matricolari;
  • notificazione dei provvedimenti e atti di indagine;
  • fornitura dei beni di prima necessità ( vestiario, prodotti per l’igiene personale).

4.1.2. Azione: Identificazione del minore

Le procedure di identificazione del minorenne che entra nel CPA sono correlate alla necessità di avere informazioni certe sull’identità di colui che fa ingresso nel sistema penale, così come disposto dalla circolare n. 365072 del 21.10.89.

4.1.3. Azione: Colloquio di accoglienza

L'intervento di accoglienza si identifica fondamentalmente con il colloquio d'ingresso. E’ il principale strumento di cui si avvale l’educatore ed è funzionale alla raccolta di informazioni e ad aiutare il minore a riflettere sulla propria storia e sulle cause o contesti che lo hanno portato a delinquere. Le primissime informazioni prevedono un’attività di chiarificazione e sostegno con lo scopo di aiutare il minore a contestualizzare l'evento del reato e quello che sta vivendo.
Poiché il CPA è un servizio che accoglie 24 ore su 24, l’agente di polizia penitenziaria, sempre presente, può fornire al minore le prime informazioni riguardo alla struttura ed ai motivi per i quali il soggetto è stato condotto presso il servizio.    Se il minore straniero non conosce o non parla la lingua italiana, o ove questo si rendesse necessario, l'educatore del CPA, per lo svolgimento del primo colloquio soprattutto se è al primo ingresso, può avvalersi della collaborazione del mediatore culturale.

4.1.4. Azione: Accertamento sanitario

La visita medica è da effettuarsi nel più breve tempo possibile (al massimo entro le 12 ore) dall’ingresso del minore ed è mirata ad accertare le sue condizioni di salute, ad evidenziare la presenza di traumi, malattie contagiose o di assunzioni di sostanze stupefacenti, a tutela della salute del minore stesso e del gruppo di convivenza nonché a predisporre le azioni opportune in caso di problematiche sanitarie presenti. A seguito di ingresso di minorenni femmine, dichiaranti o in evidente stato di gravidanza, si procederà agli accertamenti clinici necessari.
L’accertamento sanitario è finalizzata a riconoscere qualsiasi elemento, ivi compresa l’eventuale presenza di disturbi psicopatologici tali da determinare incompatibilità con un’eventuale misura restrittiva.
In presenza di sospette o conclamate malattie esantematiche (scarlattina, morbillo, rosolia, varicella) o epidermiche (scabbia, micosi), dovrà essere garantito, ove possibile l'isolamento sanitario del minore infetto. Laddove i locali del CPA non consentano l’isolamento sanitario, si fa obbligo, in casi gravi e conclamati, a salvaguardia di tutti i presenti, il trasferimento del minore in una struttura ospedaliera.

4.1.5. Azioni: Colloquio con il difensore

Come previsto anche nella circolare n. 365080 del 7/11/1989 il minore può avere colloqui con l'avvocato difensore sin dal suo ingresso nella struttura. È, quindi cura degli operatori agevolare la relazione con il difensore per rendere possibile l'esercizio di tale diritto.

4.1.6. Azione: Collaborazione con altri Servizi

La fase di accoglienza continua con la segnalazione dell'ingresso del minore all'Ufficio del Servizio Sociale per i Minorenni, che attiva l'assistente sociale per il caso, qualora tale figura non sia presente in forma stabile nel servizio e/o secondo quanto stabilito dagli accordi tra i rispettivi Servizi.
L’educatore, in accordo con l'assistente sociale, contatta sempre il Servizio sociale del territorio. Ciò avviene sia nella fase preliminare per acquisire elementi di conoscenza del minore, sia nella fase immediatamente successiva all’udienza di convalida, per comunicare il provvedimento emesso dall’Autorità Giudiziaria.
Al fine di costruire una rete di collaborazione tra servizi che consenta all’intervento posto in essere di connotarsi in termini qualitativi e temporali, risulta altresì importante l’attività di censimento e mobilitazione delle risorse presenti sul territorio.
La collaborazione con il territorio può essere concretizzata attraverso la formalizzazione di protocolli d’intesa, in particolare con i Centri di Salute Mentale delle ASL, per quanto riguarda l’intervento sulla sofferenza psichica, con il SERT per l’intervento sui casi di assunzione di sostanze stupefacenti.

4.1.7. Azione: Accoglienza minore straniero e/ nomade

In considerazione del notevole aumento dell’utenza straniera, particolare attenzione dovrà essere prestata alla ricerca di tutte le risorse interne ed esterne rappresentate da enti pubblici, del privato sociale e del volontariato che si occupano dell’assistenza degli stranieri.
Il servizio inoltre, nella operatività quotidiana, deve mettere in atto iniziative volte a tutelare i diritti del minore straniero, attraverso:

  • la distribuzione del Regolamento interno nella lingue di maggiore diffusione tra l’utenza penale;
  • rispettando le abitudini alimentari legate alla cultura di appartenenza,
  • attivando convenzioni con i mediatori culturali per facilitare la comunicazione linguistica e la comprensione della cultura di appartenenza del minore straniero.

E’ buona prassi, inoltre, anche con l’ausilio del mediatore culturale, effettuare un colloquio volto ad ottenere più informazioni possibili sull’identità e sulla situazione del minore per la segnalazione di rito al Comitato Minori Stranieri come previsto dal DPCM 535 /99.
Al riguardo si ribadisce quanto disposto con la circolare n° 1 prot. 392 del 5 gennaio 2001 di questo Dipartimento con la quale si invitava i responsabili dei Servizi ad informare l’Autorità Giudiziaria competente della presenza di un minorenne straniero non accompagnato per l’apertura della tutela (artt. n. 343 e segg. codice civile e artt. n. 8 e segg. della legge 184/83).

4.1.8. Azione: Mediazione culturale

Particolare attenzione dovrà essere prestata al delicato momento dell’accoglienza del minorenne straniero. L’intervento dovrà prevedere l’attivazione del mediatore culturale che provvederà a:

  • curare la traduzione linguistica;
  • agevolare la comprensione della finalità istituzionale del servizio, dei ruoli e delle regole interne di convivenza;
  • informare sul processo penale minorile e sui possibili percorsi;
  • facilitare l’educatore nell’acquisizione di elementi di conoscenza sul minore;
  • agevolare i contatti con la famiglia e gli operatori.

Si rimanda alla circolare n.6 del 23 marzo 2002 “linee guida sull’attività di mediazione culturale nei Servizi Minorili della Giustizia”, relativamente ai requisiti minimi di cui dovrà essere in possesso il mediatore culturale che voglia svolgere la propria attività nell’ambito della Giustizia Minorile.

4.2. La Gestione della permanenza

La gestione della permanenza deve essere adeguata alle esigenze del minore ed ai tempi strettissimi di lavoro che la struttura penale richiede. Naturalmente la gestione della permanenza così come l’organizzazione, sono condizionate dalla dimensione strutturale e spaziale che si conferma essere una variabile rilevante .
Sussistono, comunque, elementi caratterizzanti la gestione della permanenza che devono essere assicurati quali una positiva atmosfera di relazioni umane e una efficace integrazione e collaborazione professionale. Tali elementi, seppur in un contesto di limitazione della libertà personale, aiutano il minorenne a gestire la crisi e le ansie e lo responsabilizzano rispetto all’azione-reato .
Durante la permanenza al minore è garantito, da parte di tutto il personale, un intervento di ascolto, informazione, orientamento, osservazione, sostegno ed assistenza.

4.2.1. Il regolamento del servizio

Il CPA, connotandosi come un servizio di pronto intervento, sia sul piano contenitivo che su quello educativo, deve articolarsi in maniera flessibile ed agile per far fronte alle necessità che si presentano.
Appare opportuno, pertanto, che si doti di uno strumento che espliciti i diritti ed i doveri e che regolamenti la vita quotidiana: l’organizzazione della giornata tipo, la scansione temporale di alcune azioni-funzioni come la sveglia, l’igiene personale, la colazione, le visite mediche, i colloqui con gli operatori, con i familiari, con gli avvocati, le udienze, il pranzo, il riposo in camera, i programmi televisivi, il riposo notturno, le varie attività di tempo libero.
Il regolamento prevederà anche la formulazione di una serie di regole minime inerenti l’organizzazione a cui dovranno attenersi i ragazzi, i visitatori e quanti, a qualsiasi titolo, entrano in contatto con la struttura. Il regolamento rappresenta il punto di riferimento per tutti in quanto contribuisce a garantire un esercizio decisionale trasparente e assicura chiarezza nei rapporti tra i minori e tra questi e gli operatori.

4.2.2. Le attività

Le attività che vengono proposte al minore sono finalizzate prevalentemente a contrastare l’isolamento, a favorire l’adattamento al contesto e la socializzazione con gli operatori e tra i minori presenti.
 L’area tecnica è deputata alla funzione di coordinamento delle attività quotidiane: riordino delle camere e degli spazi comuni, preparazione e consumazione dei pasti, attività ludico- ricreative e quant’altro.
Lo svolgimento di dette attività, implica una responsabilità collettiva del servizio e di chi in quel momento è presente, facilita la relazione interpersonale, la vicinanza educativa e consente di approfondire la conoscenza del minorenne.
La disponibilità all’ascolto di tutti gli operatori, indipendentemente dal ruolo di ciascuno, rappresenta un elemento indispensabile alla creazione di un contesto relazionale che agevoli la partecipazione dell’utenza alle attività.
Lo svolgimento delle attività, con una precisa articolazione temporale, è necessaria nei CPA che registrano un elevato numero di ingressi ed auspicabile in tutti gli altri.

4.3. L’ intervento individualizzato sul minore
   
Si intendono interventi individualizzati quelli strettamente afferenti la situazione personale del singolo ragazzo.

4.3.1. Interventi educativi

Gli elementi principali che caratterizzano, all’interno del servizio, l’intervento educativo nei confronti del minore, sono:
 

  • Capacità di “aggancio” del minore. La crisi che genera l’impatto con il sistema penale può agevolare la costruzione di una relazione in grado di avviare un processo di riflessione ed auto-percezione personale che può favorire la messa in discussione il proprio stile di vita.
  • Attitudine responsabilizzante. L’intervento deve essere occasione per attivare percorsi di responsabilizzazione riguardante il reato commesso, la vittima, le conseguenze della trasgressione, le problematiche personali relazionali ed ambientali connesse al reato.

4.3.2. Intervento sull’utente con problematiche di tossicodipendenza

Il SERT e l’ASL del territorio assicurano, sulla base di apposita convenzione, gli interventi sui minori con problematiche di tossicodipendenza. La diagnosi tossicologica iniziale accertata dai medici di detti servizi permette di effettuare il trattamento necessario all’interno del CPA, in collaborazione con l’area psico-socio-educativa e sanitaria.

4.3.3. Intervento sull’utente con problematiche psichiatriche

L’intervento dello specialista è opportuno in presenza di specifiche problematiche psicopatologiche e/o di grave sofferenza psicologica al fine di favorire una risposta più efficace ai bisogni del minore e contenere eventuali comportamenti etero e autolesivi.
Lo specialista collaborerà in stretto contatto con l’area psico-socio-educativa e con quella sanitaria, soprattutto laddove si faccia uso di sostanze farmacologiche.

4.4. Rapporti con la Famiglia

Al momento dell’ingresso del minorenne nella struttura, l’educatore o l’assistente sociale attiva il contatto con la famiglia, pur se avvertita dalle Forze dell’ordine, sollecitando e garantendo in tal modo la visita dei familiari.
Il contenimento della crisi che la famiglia insieme al ragazzo attraversa può diventare, per gli operatori, una chiave di accesso alla sofferenza e quindi all’azione di aiuto da intraprendere, ma anche un’occasione per agire un cambiamento rispetto al processo di responsabilizzazione ed alla modalità di attuazione delle funzioni genitoriali.
Attraverso i colloqui con la famiglia e con il minore, si attuano interventi di informazione, chiarificazione, sostegno sia durante la permanenza del CPA che nelle varie fasi dell’iter penale, nonché di coinvolgimento nella costruzione della proposta educativa.
Il coinvolgimento dei familiari avviene per il tramite di momenti strutturati di incontro con l’educatore, con l’equipe, con specifiche figure professionali in relazione a particolari problematiche del minore. Dopo l’udienza di convalida gli operatori si preoccupano di chiarire al minore ed alla famiglia le diverse fasi dell’iter penale e le modalità di esecuzione della misura cautelare eventualmente applicata.

4.5. La Documentazione Tecnica

4.5.1 Il fascicolo personale

In attesa dell’entrata a regime del sistema informatizzato di cui si sta dotando il Dipartimento per la Giustizia Minorile e che prevede anche la realizzazione di un fascicolo informatizzato, nell’attuale fascicolo cartaceo personale, che deve essere conservato presso ogni servizio, devono trovare collocazione i seguenti documenti:

  • Comunicazione d’ingresso;
  • Verbale arresto;
  • Copia di documenti identificativi;
  • Scheda tecnica;
  • Relazione di sintesi;
  • Eventuali relazioni pregresse anche inviate dagli altri Servizi;
  • Atti giuridici notificati al minore;
  • Cartella clinica;
  • Comunicazione di dimissione.

Nel fascicolo personale sono custoditi oltre ai documenti specificatamente giuridici acquisiti al momento dell’ingresso: verbale d’arresto, di perquisizione, atti di notifica ed altro, anche quelli che di volta in volta possono esser prodotti dal servizio, come la cartella clinica del sanitario, la scheda tecnica, la relazione di sintesi ed eventuali relazioni pregresse prodotte dal CPA o da altri servizi minorili o territoriali. Al momento delle dimissioni, si acquisiranno gli atti relativi all’udienza di convalida, la comunicazione delle dimissioni e la presa in consegna del ragazzo.
In caso di ragazzi recidivi o già conosciuti dai servizi territoriali, vi è la necessità di recuperare la documentazione precedente per ricostruire la storia del singolo ragazzo utilizzando tutti gli elementi di conoscenza a disposizione.
Eventuali note di osservazione della polizia penitenziaria, completano il fascicolo personale.

4.5.1.1 La Scheda Tecnica

La scheda tecnica deve considerarsi come uno strumento di sintesi dei principali dati di conoscenza del minore e viene prodotta dagli operatori dell’area tecnica al momento del primo ingresso del minore in CPA, aggiornata in caso di recidiva. Essa deve essere inviata alle altre strutture al momento delle dimissioni.
La scheda, potrà dividersi in sezioni che, in ordine, concernono i dati anagrafici, la scuola, il lavoro, il rapporto con sostanze stupefacenti, le eventuali patologie fisiche e psichiche, precedenti interventi giudiziari , domicilio del minore , composizione del nucleo familiare, il reato, annotazioni relative all'udienza di convalida.

4.5.1.2 La Relazione d’equipe

La relazione è prodotta durante la permanenza del minore in CPA dai componenti dell’èquipe che si attiva sul caso. Viene redatta in tempi brevi al fine di fornire all’A.G. un quadro di conoscenza il più approfondito possibile sulle condizioni personali, familiari e sociali del minore e un opportuno orientamento nell’eventuale emissione di misura cautelare. L’educatore e/o l’èquipe si occupa di redigere tale relazione che verrà poi inviata agli altri servizi che seguiranno il ragazzo nel corso del suo iter giudiziario.

4.5.1.3. La relazione dello psicologo

Le annotazioni specifiche dello psicologo costituiscono un ulteriore elemento conoscitivo di approfondimento, possono rendersi necessarie in casi particolari a completamento della relazione d’èquipe.

4.5.1.4. La Documentazione giudiziaria

La documentazione giudiziaria viene acquisita nei diversi momenti della permanenza del minore in CPA ad opera soprattutto del personale di polizia penitenziaria che adempie gli atti.

4.5.1.5. La Scheda Sanitaria

La scheda del sanitario deve attestare lo stato di salute e la compatibilità con la struttura restrittiva.

4.6 Il Lavoro in Equipe

Il lavoro d’èquipe quale strumento operativo rappresenta una vera e propria risorsa per tutta l’attività all’interno del servizio ed è il metodo più efficace di lavoro per favorire il raggiungimento degli obiettivi professionali, per tutelare l’operatore da eventuali rischi di isolamento e di <burn-out> professionale.
L'équipe è costituita da un gruppo di lavoro che rappresenta nel suo insieme la convergenza di competenze professionali ed una multidisciplinarietà nell’approccio alle problematiche del minore.
La richiesta di discussione dei casi diventa per l'équipe l'espressione di un bisogno di attivazione di una serie di funzioni che debbono essere maturate in gruppo e non relegate al lavoro e alla 'memoria' del singolo membro del gruppo di lavoro.
In alcune realtà e nelle more del completamento delle piante organiche, potrà prevedersi un’attivazione dell’èquipe a chiamata, con l’impiego di operatori che lavorano presso un altro servizio minorile adiacente.
Al fine di garantire comunque la specificità dell’èquipe, dovrà prevedersi un gruppo di operatori stabili con una rotazione delle medesime unità di personale, sia dell’area tecnica che di sicurezza e che si attivino a richiesta nel momento dell’ingresso del minorenne.
Si ritiene indispensabile che la Direzione del Centro per la Giustizia minorile impartisca al riguardo disposizioni ai servizi dipendenti e ove necessario favorisca anche l’impiego, per tale servizio a chiamata, del personale di Polizia Penitenziaria eventualmente operante presso il C.G.M.

4.7 La Rete dei Servizi

Il CPA è inserito nella rete dei Servizi, anzi ne costituisce un nodo nevralgico chiamato com’è ad attivarsi in tempi ristrettissimi per fornire alla Autorità Giudiziaria gli elementi necessari per l’udienza di convalida.
L’inderogabilità della costruzione di contesti collaborativi, è strettamente collegata alla necessità di integrazione imposta dalla presenza di elementi di complessità quali ad esempio la molteplicità dei bisogni dell’utenza.
Pertanto il CPA deve progressivamente costruire e sviluppare con la Magistratura, con i Servizi della Giustizia e con tutto il territorio, enti locali e agenzie del privato sociale, collaborazioni che tengano conto della tipologia dell’utenza al fine di ampliare la possibilità di risposte calibrandole sulle reali esigenze dei minori.
La comunicazione con tutti gli altri servizi deve, pertanto, consentire lo scambio di informazioni, aumentare l’offerta delle opportunità, evitare la duplicazione e la sovrapposizione degli interventi.
In tale ottica appare determinante ed imprescindibile un elevato livello di collaborazione con l’Ufficio di Servizio Sociale per i Minorenni per l’attivazione delle risorse e la costruzione del progetto socio-educativo.
Il Servizio Sociale dell'Amministrazione della giustizia, deve essere informato sempre dell’avvenuto ingresso di un minore nella struttura e delle successive dimissioni per la presa in carico congiunta e per garantire la continuità dell’intervento.
Anche in questo caso si richiama il ruolo del CGM nella sua funzione di stimolo e di coordinamento.

4.8 I Rapporti con l’Autorità Giudiziaria Minorile

Indispensabili appaiono per il CPA la collaborazione ed il confronto formale ed informale con l’Autorità Giudiziaria, connotati da continuità e stabilità, collaborazione che trova la sua massima espressione nella fase di convalida. Il CPA , infatti oltre alle informazioni di rito fornisce all’Autorità Giudiziaria uno strumento privilegiato di orientamento nella fase decisionale, quale la relazione d’equipe che contiene sia gli elementi di conoscenza della condizione psico-sociale del minore che la proposta educativa.
In ragione di ciò e non solo per garantire un intervento di chiarificazione e sostegno al minore è necessario che il personale dell’area tecnica accompagni il minorenne all’udienza di convalida. Su casi specifici, a giudizio dell’équipe tecnica, potrebbe ritenersi utile la presenza dello psicologo e, ove necessario, del mediatore culturale.

4.9 Le Dimissioni

In questa fase l’operatore dell’area tecnica svolge il colloquio di dimissione allo scopo di creare un collegamento ed una continuità con le fasi successive dell’iter penale.
Il minore viene, pertanto, accompagnato e sostenuto a rileggere la sua posizione alla luce dell’esito dell’udienza di convalida e a tollerare le limitazioni dell’eventuale misura.
Gli operatori seguono anche il passaggio e la presa in carico del caso da parte degli altri Servizi sia della Giustizia che degli Entri Locali o del privato sociale, inoltre curano con particolare attenzione la comunicazione e la preparazione della famiglia della fase di dimissione.
Nello specifico, nel caso di custodia cautelare o di collocamento in comunità, l'educatore del CPA provvede a prendere contatti immediati con l'educatore della struttura che lo accoglierà, al fine di favorire il completo passaggio di informazioni. In caso di collocamento in comunità, l’educatore si occupa anche di accompagnare fisicamente il ragazzo nella struttura individuata presentando personalmente il minore.
Nel caso in cui, invece, il Gip disponga, in sede di udienza di convalida, la misura cautelare delle prescrizioni o della permanenza in casa, si potrà prevedere come già indicato sopra una presa in carico più o meno lunga da parte dell'educatore che ha seguito il minore in CPA, e sarà pertanto, detto educatore, al momento delle dimissioni, a consegnare il minore direttamente ai genitori e a continuare a seguirlo per tutta o parte della durata della misura.
In questa specifica fase l’educatore curerà la compilazione dei moduli statistici relativi ai flussi d’ingresso, al monitoraggio dell’assunzione di sostanze stupefacenti e l’eventuale aggiornamento della scheda per il Comitato per i Minori Stranieri non accompagnati.

 

5. LA DIMENSIONE VALUTATIVA

In attesa di un sistema complessivo di valutazione dell’intervento nel sistema penale minorile, di cui è avvertita sempre più l’esigenza, risulta fondamentale per il Servizio sviluppare un sistema di valutazione e di verifica dei processi di lavoro, al fine di migliorare la qualità del Servizio, di accertare la congruenza degli strumenti utilizzati e degli obiettivi scelti e, attraverso una efficace distribuzione delle risorse, tutelare i diritti fondamentali del minore.
La centratura è sulla dimensione valutativa intesa come risorsa professionale e come modalità strategica, in grado di sviluppare i processi di lavoro e di renderli più consapevoli, espliciti, condivisi. Il processo di valutazione consente di verificare funzionalmente la qualità e l’efficacia delle azioni intraprese, ottimizzando le decisioni, l’utilizzo delle risorse, il raggiungimento degli obiettivi e apportando, se necessario, le opportune modifiche. In sintesi pone in luce il valore che i prodotti erogati hanno per l’utenza e il valore, più in generale, creato dai Servizi.
Il riferimento è a molteplici dimensioni quali:

  • flessibilità organizzativa;
  • collaborazione interistituzionale;
  • coerenza tra bisogni dell’utenza e risorse attivate;
  • comunicazione interprofessionale;
  • completezza e tempestività nello scambio delle informazioni;
  • efficacia del percorso educativo;
  • continuità educativa;
  • coinvolgimento della famiglia;
  • preparazione adeguata all’uscita e accompagnamento educativo del minore.

Acquisire e sviluppare la metodologia di valutazione e di verifica consente di orientare con maggiore efficacia, efficienza ed economicità l’intervento, ponendo attenzione ai processi lavorativi, ai prodotti che ne derivano e ai destinatari.
L’attività di valutazione richiede innanzitutto una rappresentazione dei processi di lavoro analizzati ponendo delle priorità conoscitive che porteranno all’identificazione degli indicatori e delle tecniche metodologiche più pertinenti a tali priorità.
In senso più ampio genera apprendimento sociale e organizzativo nel momento in cui favorisce la costruzione di prassi condivise, integrate e potenzia la dimensione operativa complessiva del Servizio, incidendo positivamente sull’assetto organizzativo intra e interistituzionale.
Tali premesse sottolineano la rilevanza di investire risorse per lo sviluppo di una cultura della valutazione, che superi logiche di coerenza interna dei processi di sistema e ponga in evidenza le interazioni di rete con le altre organizzazioni del contesto socio-culturale.

 

6. LA DIMENSIONE FORMATIVA

La formazione, intesa come luogo d’incontro tra i bisogni, interessi e motivazioni degli operatori e le esigenze di sviluppo della Giustizia minorile, si caratterizza sempre più come formazione permanente – longlife learning, che accompagna i Servizi nelle loro evoluzioni e gli operatori nella loro crescita professionale.
Si avverte la necessità sia di una formazione su un piano strategico-gestionale sia su un piano gestionale-operativo. Si fa riferimento nel primo caso alla proposta e costruzione di modelli (es. qualità totale), nel secondo caso alla costruzione di modelli-schemi di esperienze, alla standardizzazione e unificazione di ciò che è stato fatto (seminari, proposta di esempi di successo, “formazione al ruolo”). Gli oggetti di intervento, rispetto ad interlocutori che possono differire, sono il lavoro sulle conoscenze, sulle abilità, sugli orientamenti gestionali, sui valori.
Si tratta di una formazione specialistica, contestualizzata al settore minorile; di una formazione quale strumento di potenziamento delle professionalità vs la dimensione interprofessionale, di supporto ai processi di lavoro vs l’efficacia ed efficienza delle prestazioni nei Servizi.
L’orientamento è quello di garantire una proposta formativa adeguata alle funzioni e ai livelli di responsabilità rivestiti, di consolidare le capacità di intervento nei confronti delle esigenze dell’utenza e di elaborare modalità organizzative più adeguate alla complessità dei fenomeni sociali e minorili; l’orientamento, in sintesi, è vs lo sviluppo e il potenziamento della dimensione di qualità del lavoro nei Servizi.

Sono, in particolare, interessate dimensioni quali, per la formazione iniziale, la conoscenza approfondita del sapere giuridico, con particolare attenzione al diritto minorile, l’analisi istituzionale del contesto, le tematiche e questioni minorili, gli aspetti metodologici dell’intervento, attuato in un contesto fondamentalmente interdisciplinare e di decentramento amministrativo e territoriale.
Per la formazione - aggiornamento, l’acquisizione di metodi e tecniche innovative, comprese le innovazioni tecnologiche, la conoscenza di modifiche normative.
Per la formazione permanente, il perfezionamento della professionalità di base, l’approfondimento di metodi di lavoro e strumenti di valutazione dei processi, l’analisi dell’esperienza e degli obiettivi conseguiti, lo sviluppo dell’approccio di ricerca-azione, in cui la teoria e la prassi si connettono in modo dialettico e circolare.

In un contesto interprofessionale e di attivazione di reti intra ed interistituzionali la formazione si declina come formazione interprofessionale, in grado di sviluppare la cultura del servizio e il senso di appartenenza all’organizzazione.
La posizione nevralgica del C.P.A., chiamato ad affrontare questioni complesse, richiama ad una formazione continua ed attenta ai diversi bisogni, espressi sia dal personale sia dall’utenza specifica; alla valutazione di casi e situazioni in una prospettiva ampia, che consenta di tenere costantemente presente il funzionamento complessivo del Servizio.

I “saperi” connessi alla formazione, quale “spazio” di apprendimento, richiamano a:

  • saper promuovere la cultura di difesa dei diritti del minore, in primis quello di educazione;
  • capacità di leggere e interpretare il disagio del minore in un’ottica sistemica, per favorire la connessione e integrazione dei molteplici sguardi di lettura;
  • capacità di promuovere e sviluppare le possibilità di cambiamento del minore;
  • saper costruire, in sintonia con altri soggetti referenti, progetti specifici di intervento educativo;
  • capacità di riflettere sull’esperienza, rilevando nodi problematici e proponendo ipotesi di soluzione capaci di innovare le prassi;
  • saper riconoscere, costruire e potenziare la rete, rapportandosi ai diversi professionisti del sistema processuale penale e amministrativo sviluppando la competenza del saper lavorare in équipe.

Risultati dell’azione formativa sono, a livello gestionale, oltre allo sviluppo delle specifiche competenze, la promozione della consapevolezza delle strategie comunicative e relazionali più idonee ad una efficace gestione delle risorse, potenziando le capacità di ascolto, di valorizzazione e di motivazione.
Possono, altresì, costituire prodotti dell’azione formativa lo sviluppo della capacità di auto-monitoraggio costante, quale strumento utile alla ricerca di chiavi di lettura adeguate all’analisi del rapporto tra norma e prassi e alla gestione delle competenze discrezionali inerenti il ruolo professionale, nonché la verifica di un modus operandi condiviso, efficace e congruente con gli obiettivi dell’intervento professionale.
Le riflessioni e indicazioni date sulla formazione dovranno comunque connettersi alle linee formative e alle attività individuate dall’Istituto Centrale di Formazione del Personale, che coniugherà le modalità di offerta formativa più idonee rispetto alle esigenze rilevate e agli obiettivi da raggiungere, in modo da avere personale formato, specializzato e costantemente aggiornato.

IL CAPO DEL DIPARTIMENTO
Rosario Priore