Circolare 20 gennaio 2021 - modalità di recupero delle spese prenotate a debito e anticipate dallo Stato nelle procedure concorsuali prive di liquidità. Rif. prot. DAG 9219.E 18.01.2017, 64693.U 31.03.2017, 231640.U 3.12.2019 e 51115.E 19.03.2020

20 gennaio 2021

Ministero della Giustizia
Dipartimento per gli affari di giustizia
Direzione Generale degli Affari Interni - Ufficio I
Reparto I - Servizi relativi alla Gistizia Civile

 

Al sig. Presidente della Corte Suprema di cassazione

Al sig. Presidente del Tribunale superiore delle acque pubbliche

Ai sigg. Presidenti di Corte di appello

Ai sigg. Presidenti dei Tribunali

e, p.c.

al sig. Capo di Gabinetto
(rif. prot. GAB 47906.E del 3.12.2019 E 48160.E del 4.12.2019)

al sig. Capo dell’Ufficio legislativo
(rif. prot. LEG 3022.U del 19.03.2020)

Al sig. Capo dell’Ispettorato generale
(rif. prot. IGE 613.U del 18.01.2017 e 4238.U del 4.04.2017)

Oggetto: modalità di recupero delle spese prenotate a debito e anticipate dallo Stato nelle procedure concorsuali prive di liquidità.
(Rif. prot. DAG n. 9219.E del 18.01.2017, n. 64693.U del 31.03.2017, n. 231640.U del 3.12.2019 e 51115.E del 19.03.2020)

L’Ispettorato generale, con riferimento ad un quesito posto da un ufficio giudiziario e sulla base delle diverse prassi riscontrate in sede ispettiva, ha chiesto di valutare le modalità di recupero delle spese prenotate a debito e anticipate dallo Stato nelle procedure concorsuali prive di liquidità per verificare se sia conforme alla legge la prassi adottata da alcune sezioni fallimentari di trasferire nel foglio notizie della procedura fallimentare le spese ricomprese nei fogli notizie di altri procedimenti ad essa connessi (quali, ad esempio, quelli delle procedure prefallimentari istaurate dalla parte ammessa al patrocinio a spese delle Stato, ovvero dei procedimenti promossi dalla curatela fallimentare ammessa al medesimo beneficio ai sensi dell’art. 144 d.P.R. n. 115/2002 e risultata poi soccombente o comunque tenuta al pagamento delle spese di lite per effetto del provvedimento di compensazione delle stesse disposto dal giudice).

In particolare, l’Ispettorato ha evidenziato che il recupero delle spese da parte dell’Erario è consentito nei soli casi previsti dall’art. 133, 134 e 136 del T.U. sulle spese di giustizia, ovverosia in caso di esito vittorioso della lite della parte ammessa al patrocinio ovvero di revoca del provvedimento di ammissione; al di fuori di tali ipotesi, dunque, le spese del processo rimangono definitivamente a carico dell’Erario.

Nel caso di soccombenza della curatela, a parere dell’Ispettorato, ove non intervenga revoca di ammissione al patrocinio a carico dello Stato per sopravvenienza di liquidità prima della chiusura del processo in cui essa è parte, l’Erario non avrebbe titolo per il recupero delle somme e il foglio notizie dovrebbe chiudersi con la dicitura “senza titolo per il recupero”, in quanto una volta chiuso il procedimento non sarebbe più consentito provvedere alla revoca del decreto di ammissione, poiché la norma dell’art. 136 del citato Testo Unico prevede espressamente che la revoca debba avvenire nel corso del processo. Una diversa interpretazione, a parere dell’Ispettorato, sarebbe in contrasto con il tenore letterale della norma di cui all’art. 146 del d.P.R. n. 115 del 2002, la quale, limitando espressamente il campo di applicazione alla procedura fallimentare quale procedura che va “dalla sentenza dichiarativa di fallimento alla chiusura”, esclude che nell’elenco delle spese prenotate a debito o anticipate dall’Erario in caso di mancanza di denaro tra i beni compresi nel fallimento possano rientrare anche le spese dei processi promossi dalla curatela ammessa al patrocinio a spese dello Stato o le spese dei procedimenti della fase prefallimentare la cui parte istante sia stata ammessa al medesimo beneficio.

Questa Direzione generale, pur condividendo l’impostazione generale della ricostruzione svolta dall’Ispettorato, ha manifestato alcuni dubbi in merito alla soluzione relativa alle spese anticipate o prenotate a debito dalla curatela fallimentare ammessa al patrocinio a spese dello Stato nelle ipotesi in cui la curatela risulti soccombente o in caso di compensazione delle spese di lite.

In particolare, questo Ufficio ha ritenuto che i giudizi nei quali è parte la curatela si innestino all’interno della procedura fallimentare e siano temporalmente successivi alla sentenza dichiarativa di fallimento (anche quando costituiscono la prosecuzione di cause in cui era parte il fallito); gli stessi, dunque, ben possono essere ricompresi nel dettato letterale della norma di cui all’art. 146 del testo unico sulle spese di giustizia, in quanto la partecipazione ad essi da parte della curatela è stata autorizzata dal giudice delegato dopo la sentenza dichiarativa del fallimento e prima della chiusura della relativa procedura.

Inoltre, tali giudizi sono strettamente funzionali alla procedura fallimentare, essendo preordinati a conseguire un incremento del patrimonio del fallito ovvero la sua conservazione (in caso in cui la curatela sia parte convenuta) e perseguono lo scopo di assicurare la migliore gestione dell’attivo fallimentare, e dunque la concreta realizzazione dell’obiettivo della procedura (ossia il maggior soddisfacimento possibile dei creditori nel rispetto del principio della par condicio creditorum). In tale fattispecie, dunque, la ratio delle norme degli artt. 144 e 146 del testo unico coincide, in quanto l’autorizzazione del giudice delegato ad agire o resistere in giudizio da parte della curatela fallimentare, anche quando non vi sia disponibilità di denaro per sostenere le spese del giudizio, viene concessa solo se vi siano ragionevoli possibilità – all’esito di un giudizio prognostico sull’esito della lite – di realizzare un incremento dell’attivo fallimentare o di scongiurare un decremento dello stesso.

Entrambe le posizioni sono state sottoposte all’attenzione del Gabinetto del Ministro per valutare la possibilità di coinvolgere l’Ufficio legislativo e giungere “alla corretta esegesi da attribuire alla normativa in esame, al fine di pervenire ad una soluzione condivisa sulla delicata questione interpretativa sollevata dall’Ispettorato generale con la nota in oggetto”.

Con nota n. prot. LEG 3022.U del 19 marzo 2020 l’Ufficio legislativo, nel rendere il parere richiesto, ha evidenziato che “si ritengono pienamente condivisibili le argomentate conclusioni rassegnate nella nota del DAG del 31/03/2017-0064693.U”.

In particolare, nella nota citata si osserva che “l'interpretazione seguita dall'Ispettorato, per quanto in linea con il dato letterale delle previsioni in esame, non sembra tenere in adeguata considerazione le peculiarità che caratterizzano l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato nel caso in cui la parte sia una procedura fallimentare. Tale ammissione è regolata unicamente dall'art 144 T.U.S.G., con esclusione dell'applicazione degli artt. 138 e 139, «prevalendo le funzioni di vigilanza del giudice delegato rispetto a quelle delle Commissioni del patrocinio a spese dello Stato» (così Cass. civ. Sez. V Sent., 17/04/2015, n. 7842). L'attestazione del G.D. relativa alla mancanza di fondi non può essere data in via generale ed astratta, ma in relazione allo specifico giudizio nel quale il curatore dovrà costituirsi, quale rappresentante della massa, in veste di attore o di convenuto (Cass. civ. Sez. I, 09/06/2014, n. 12947) e deve ritenersi operata rebus sic stantibus, nel senso che il sopravvenire nella procedura di flussi attivi idonei a far fronte alle spese di lite (comunque spese prededucibili), comporta - come peraltro desumibile in via indiretta anche dal disposto di cui all'art. 79, comma 1, lett. d), T.U.S.G.. nonché dallo stesso art. 136 T.U.S.G. - il dovere per il curatore di informare il G.D., affinché questi valuti l'opportunità di revocare l'attestazione, onde non gravare l'Erario di un onere che, alla luce della ratio dell'intero sistema del gratuito patrocino, non deve essere posto a carico della collettività”.

L’Ufficio legislativo richiama, in particolare, la considerazione svolta da questa Direzione generale secondo cui “i giudizi promossi dalla curatela sono connessi, strutturalmente e funzionalmente alla procedura fallimentare e di essa devono seguire le regole anche con riferimento all'istituto del patrocinio a spese dello Stato (rispetto al quale, infatti, la disposizione speciale dell'art. 144 del testo unico esclude che possano trovare applicazione le norme previste per il patrocinio a spese dello Stato che risultino incompatibili con l'ammissione di ufficio)”.

In particolare, si fa osservare che il meccanismo previsto dall’art. 144 del d.P.R. n. 115 del 2002 deve far ritenere che l’art. 136 del medesimo Testo Unico trovi un parziale limite di applicazione proprio con riferimento alla procedura fallimentare, in quanto “il G.D. ha il potere di revocare l'attestazione anche una volta che il giudizio si sia concluso”.

Se è vero, infatti, che il potere di revocare l’ammissione al patrocinio a carico dello Stato spetta “al magistrato che procede”, l’art. 144 del d.P.R. 115 del 2002 “contempla indirettamente un autonomo potere di revoca in capo allo stesso organo che ha generato l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato e cioè il G.D.”.

Di conseguenza, prosegue l’Ufficio legislativo, “è corretta l'affermazione dell'Ispettorato, per cui il recupero delle spese da parte dell'Erario presuppone la revoca del provvedimento di ammissione” ma tale revoca non può essere limitata “alla sola ipotesi generale dell'art. 136 T.U.S.G., senza valutare la possibilità che la revoca intervenga sulla scorta della previsione speciale dell'art. 144 T.U.S.G., secondo il regime ivi contemplato e nel più ampio ambito temporale da essa implicitamente consentito”.

Sulla scorta di tali valutazioni l’Ufficio legislativo ha condiviso l’affermazione di questa Direzione generale secondo cui la peculiarità del giudizio instaurato dalla curatela fallimentare, che si innesta nella procedura fallimentare, deve fare ritenere “incompatibile con l'art. 144 la previsione dell'art. 136 per cui la revoca del decreto di ammissione debba avvenire nel corso del processo; con l'applicazione di tale inciso, infatti, si priverebbe il giudice delegato della potestas iudicandi sull'intera procedura, in evidente contrasto con la ratio e le finalità dell'ammissione di ufficio al patrocinio a spese dello Stato, prevista proprio al fine di garantire il controllo dell'organo pubblico sulla procedura e sul rispetto dell'interesse pubblico sotteso alla stessa”.

Infine, conclude l’Ufficio legislativo, deve ricordarsi che “l'art. 134 T.U.S.G. consente in ogni caso la rivalsa dello Stato sulla parte ammessa al patrocinio che, per effetto della conclusione favorevole del giudizio (non esclusa l'ipotesi di compensazione delle spese di lite) sia in condizione di restituire le spese erogate in proprio favore. La previsione evidenzia - a ben vedere - la regola per cui il venire meno delle ragioni che hanno fondato l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato legittima anche a giudizio concluso il recupero medesimo delle spese da parte dello Stato, evidenziando il carattere rebus sic stantibus dell'ammissione, seppur, nel caso contemplato dallo stesso art. 134 T.U.S.G., limitatamente allo specifico giudizio in relazione al quale è avvenuta l'ammissione. Se la previsione espressa è costruita sull'ipotesi standard dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato di una persona fisica (o di un ente che non persegue finalità economiche), sembra tuttavia potersi desumere dalla stessa il principio - operante anche per la procedura fallimentare - per cui il venire meno della condizione che ha condotto all'ammissione al patrocinio a spese dello Stato legittima l'attività recuperatoria dello Stato medesimo, nell'ottica di una gestione delle risorse pubbliche che deve comunque tenere conto dell'incidenza del relativo costo sull'intera collettività (Cass. civ. Sez. II, 21/10/2015, n. 21461; Cass. civ. Sez. II Sent. 21/10/2015, n. 21461; Cass. pen. Sez. IV Sent., 19/02/2013, Il. 10673). Il tutto non senza osservare che, considerata la veste pubblicistica assunta da tutti i protagonisti della procedura fallimentare, una difforme interpretazione potrebbe risultare non pienamente compatibile con i principi di buon andamento della pubblica amministrazione, e di tutela dell'equilibrio dei bilanci e della sostenibilità del debito pubblico di cui all'art. 97 Cost”.

Ciò posto, per corrispondere alla richiesta dell’Ispettorato di “uniformare il comportamento degli uffici e quello degli ispettori”, si invitano le cancellerie civili, all’esito della causa ordinaria - in cui la curatela ammessa al patrocinio a spese dello Stato risulti soccombente o comunque tenuta a sopportare le spese per effetto del provvedimento giudiziale di compensazione – a comunicare le spese relative al procedimento civile concluso alla cancelleria fallimentare, in modo da poter essere recuperate in caso di sopravvenienza di attivo nella massa fallimentare.

Le SS.LL. sono pregate, per quanto di rispettiva competenza, di assicurare idonea diffusione della presente circolare.

Roma, 20 gennaio 2021

Il direttore Generale
Giovanni Mimmo