Circolare del 12 gennaio 2010 - Spese di trasferta sostenute ex art. 295 c.p.p. da ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria. Estensibilità del regime delle spese di trasferta di cui all’art. 43 D.P.R. n. 115/2002 all’attività di esecuzione di ordinanza di custodia cautelare. Esclusione delle attribuzioni di polizia giudiziaria al personale dell’Interpol.

12 gennaio 2010


Prot.: m_dg.DAG. 14/1/2010.0005799.U

 

Ai Sigg. Presidenti delle Corti di Appello
Loro Sedi

Ai Sigg. Procuratori Generali presso le Corti di Appello
Loro Sedi

e, p.c.,

all’Ispettorato Generale
Sede


Con nota in data 27 ottobre 2009 l’Ispettorato Generale richiedeva a questo Ufficio determinazioni relativamente alle questioni indicate in oggetto.

In particolare, rappresentava che nel corso di attività di ispezione ordinaria erano state rilevate spese di giustizia – liquidate ai sensi dell’art. 43 D.P.R. n. 115/2002 - per operazioni di polizia giudiziaria eseguite in trasferta, delegate dall’A.G. nell’ambito di attività volte alla cattura di latitanti, eseguite ricorrendo anche ad operazioni di intercettazione telefonica, a norma dell’art. 295 c.p.p..
L’Ispettorato Generale osservava che la “cattura” di soggetti nei cui confronti sia stato emesso provvedimento restrittivo della libertà personale esulerebbe dalle specifiche competenze dell’A.G., rientrando invece tra le “normali attribuzioni dei soggetti di cui può avvalersi il magistrato, ancorché richiesti dall’Autorità giudiziaria”, con la conseguenza che le spese sostenute a questo titolo non andrebbero imputate al Ministero della Giustizia, anche in considerazione dei principi generali fissati al punto 6 della circolare del Capo del Dipartimento per gli Affari di Giustizia in data 15.3.2006.
Ulteriore quesito riguardava la possibilità di delegare per attività di polizia giudiziaria il personale del Servizio Cooperazione Internazionale di Polizia (Interpol) e di procedere, conseguentemente, alla liquidazione delle spese da esso sostenute.

A norma del citato art. 43 T.U. (Trasferte di appartenenti all’ufficio, di ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria), “Per il compimento di atti del processo penale e civile fuori dalla sede in cui si svolge, gli appartenenti all’ufficio, nonché gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria per gli atti ad essi direttamente delegati dal magistrato, hanno diritto alle spese di viaggio e alle indennità di trasferta secondo le norme che disciplinano la missione dei dipendenti statali”.
E’ altresì utile richiamare la circolare in materia di razionalizzazione e contenimento delle spese di giustizia in data 15.3.2006, che - al punto 6 - analizza proprio le trasferte degli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria. Essa afferma, tra l’altro:

“… Il magistrato, per il compimento degli atti processuali, può avvalersi, oltre che del personale incardinato nelle Sezioni di polizia giudiziaria, anche di quello presente nei servizi istituiti presso le Questure, i Comandi dell'Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, quando per assicurare esigenze processuali sia necessaria la collaborazione di soggetti già impegnati nelle indagini oppure in possesso di particolari conoscenze o capacità (vedi circolare n. 18 del 13 agosto 1996).
Orbene, poiché l'esame dei dati di spesa evidenzia una crescita notevole dei costi delle trasferte connesse al compimento di atti processuali fuori dalla sede in cui si svolge il processo e poiché gli oneri di tali attività trovano imputazione nel più volte citato capitolo 1360, si invitano le SS.LL. a richiamare l'attenzione dei magistrati circa l'opportunità di un uso accorto delle possibilità pur garantite dalla legge.
Si suggerisce dunque che il compimento degli atti processuali da assumersi fuori dalla sede del processo venga delegato, prevalentemente, al personale delle Sezioni di polizia giudiziaria o ai Corpi di polizia del luogo in cui l'atto deve essere compiuto, a meno che non si tratti di atti per i quali sia necessario conferire l'incarico a personale in possesso di specifiche conoscenze o capacità, non altrimenti reperibili nel luogo in cui l'atto deve essere compiuto, oppure sia strettamente necessario che l'atto venga svolto da soggetti già impegnati nelle indagini.
Quand'anche, poi, fosse necessario disporre l'invio in trasferta di ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, sarebbe opportuno che il magistrato procedesse ad una attenta valutazione del numero delle deleghe da conferire in relazione alla natura e al numero degli atti da compiere. Frequenti sono, infatti, i casi di deleghe conferite genericamente alle Sezioni di Polizia Giudiziaria o ai Comandi dell'Arma dei Carabinieri, della Guardia di Finanza, ecc, a fronte delle quali vengono inviate in missione svariate unità di personale, il cui costo è a carico di questa Amministrazione.
Infine, si rammenta che la competenza passiva di questo Ministero dovrebbe essere limitata soltanto alle trasferte connesse ad atti attribuiti per legge al magistrato e che questi decide di delegare espressamente, sia in via autonoma che di collaborazione, ai soggetti predetti. Di tal ché, le spese originate dal compimento di atti che rientrano nelle normali attribuzioni dei soggetti di cui può avvalersi il magistrato, ancorché richiesti dall'Autorità giudiziaria, non possono essere imputate alle spese di giustizia. Analogamente, trasferte occasionate da atti assunti di iniziativa od anche da semplici informazioni od indagini non espressamente e direttamente delegate dal magistrato non possono trovare imputazione nelle spese di giustizia. …”.

La predetta circolare ministeriale, in sintonia con il dettato normativo, ha inteso, pertanto, sensibilizzare gli uffici giudiziari affinché sia prestata attenzione al contenimento delle spese di trasferta del personale di polizia giudiziaria, gravanti sul Ministero della Giustizia.
Va, quindi, verificato se le attività dirette alla ricerca e cattura dei latitanti (o, comunque, di soggetti da sottoporre a misura cautelare) rientrino tra le “normali attribuzioni dei soggetti di cui può avvalersi il magistrato” ovvero se costituiscano esercizio di poteri giudiziari di cui può essere delegata l’esecuzione ad ufficiali di polizia giudiziaria.
Soltanto nel secondo caso le relative spese rientrerebbero sotto la portata del menzionato art. 43 del T.U., gravando sul Ministero della Giustizia, atteso che può essere delegato unicamente il compimento di atti espletabili direttamente dal soggetto delegante.


Si osserva, in primo luogo, che il riferimento al “processo” contenuto nell’art. 43 D.P.R. n. 115/2002 non comporta alcuna restrizione interpretativa, trattandosi di formulazione impiegata anche genericamente sia nel settore civile sia in quello penale e, quindi, insuscettibile di trovare applicazione alle sole fasi strictu sensu processuali. Depongono ulteriormente in questa direzione la lettura sistematica del Titolo V del testo normativo, che, quando necessario, richiama espressamente il dibattimento (art. 42), e l’analisi complessiva del Testo Unico, che, all’art. 204, definisce indistintamente come “processo” le procedure di prevenzione e di sorveglianza e – nello specifico – la fase di esecuzione.
Non possono sussistere dubbi, pertanto, circa l’astratta applicabilità dell’art. 43 anche alle spese sostenute durante le indagini preliminari e nel corso dell’esecuzione.
Deve, in secondo luogo, escludersi che l’attività investigativa finalizzata alla cattura di latitanti, siano essi tali in base a provvedimenti cautelari o definitivi, e, più in generale, di persone da sottoporre a provvedimento coercitivo, resti sottratta all’intervento diretto del pubblico ministero competente per l’esecuzione, il quale mantiene integri i propri poteri di iniziativa, di direzione e di impulso, da esercitare nei casi, nei limiti e con gli strumenti consentiti dalle varie disposizioni di legge (tra tali poteri rientra, in determinate ipotesi, anche quello relativo alla possibilità di effettuare attività di intercettazione).
Sotto il suddetto profilo occorre peraltro operare una netta distinzione tra l’atto della “cattura” in senso stretto e gli accertamenti diretti a dare concreta esecuzione al provvedimento.
Al riguardo, l’art. 655, comma 1, c.p.p. (per le sentenze definitive) e l’art. 92, seconda parte, disp. att. c.p.p. (per le misure cautelari) prevedono entrambi che il pubblico ministero “cura” l’esecuzione, con ciò dovendosi necessariamente intendere che egli predisponga ogni attività necessaria per raggiungere il risultato della cattura. La giurisprudenza della Corte di Cassazione, in merito, ha affermato (Sez. VI, n. 2426, 28.6.1999) che “… il pubblico ministero ha il potere-dovere di “curare” l’esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali. Spettano dunque a tale organo tutti gli adempimenti funzionali a tale scopo”.
Il principio resta ulteriormente rafforzato e precisato dall’analisi sistematica del quadro normativo, che impone di procedere ad una netta distinzione tra le attribuzioni del pubblico ministero e quelle del giudice che ha emesso il provvedimento. Infatti, in perfetta sintonia con l’art. 655 c.p.p., l’art. 92 disp. att. riconosce poteri investigativi al solo pubblico ministero (che “cura” l’esecuzione anche delle ordinanze cautelari, oltre che delle condanne definitive) mentre esclude che analoghe attività possano essere compiute dal giudice, il quale deve limitarsi a trasmettere il provvedimento “all’organo che deve provvedere all’esecuzione”.
Risulta, quindi, chiaro che soltanto gli adempimenti esecutivi in senso stretto competono in via esclusiva alla polizia giudiziaria e sono conseguentemente insuscettibili di essere delegati, come appare confermato dal tenore letterale dell’art. 293 c.p.p., il quale – proprio con riguardo alla cattura - fa esplicito riferimento a “l’ufficiale o l’agente di polizia giudiziara incaricato di eseguire l’ordinanza”, così rimarcando, anche sotto il profilo terminologico, che l’attività svolta è collegata direttamente a poteri conferiti dall’ordinamento e non costituisce esercizio delegato di attribuzioni altrui (in modo corrispondente è dato leggere nei provvedimenti coercitivi dell’Autorità giudiziaria che questa “manda” per l’esecuzione e non “delega” l’esecuzione).
Assodata questa basilare distinzione tra “esecuzione del provvedimento restrittivo mediante cattura” ed “attività preliminari di ricerca ed individuazione” e ricondotte le attività dirette alla ricerca dei soggetti da catturare nell’alveo delle attribuzioni dell’Autorità giudiziaria che cura l’esecuzione, risulta evidente che fanno carico all’Amministrazione di competenza, esulando in ogni caso dalla portata dell’art. 43 D.P.R. n. 115/2002, le spese derivanti dall’esercizio dei poteri di iniziativa spettanti autonomamente agli organismi di polizia giudiziaria incaricati di eseguire la cattura di un soggetto (ad esempio, le spese per gli spostamenti imposti dalla necessità di raggiungere il catturando in una determinata località), mentre andranno imputate al Ministero della Giustizia le spese sostenute dal personale di polizia giudiziaria in base a delega per il compimento di atti necessari per la ricerca del soggetto (ad esempio, le spese per gli spostamenti imposti dalla necessità di assumere dichiarazioni di persone informate).
Lo spunto interpretativo riportato nella nota dell’Ispettorato Generale, teso a distinguere tra spese di intercettazione e spese di esecuzione (pag 3, lett. b e d della richiesta di parere), non appare a questo punto dirimente, atteso che, qualora le attività discendano direttamente dall’esercizio di poteri giudiziari, non si rinvengono nell’ordinamento agganci normativi per differenziarne l’imputazione dei relativi costi, tenuto anche conto che l’attività intercettativa costituisce soltanto uno degli strumenti mediante i quali cercare di dare attuazione al provvedimento ancora ineseguito.
Depone in questo senso il parere reso dal Consiglio di Stato il 2 aprile 2003 in materia di intercettazioni preventive (espressamente richiamato al punto 2.2. della citata circolare del 15.3.2006), laddove, proprio in virtù del particolare ed atipico ruolo attribuito all’Autorità giudiziaria al di fuori del processo penale, è stato rilevato che gravano sul Ministero della Giustizia i soli costi connessi all'attivazione delle intercettazioni, con esclusione delle spese generali riguardanti la disponibilità degli impianti installati presso le strutture delle forze di polizia e delle spese di carattere organizzativo concernenti l'impiego del personale delle forze di polizia preposto alle intercettazioni. Così affermandosi indirettamente che sono a carico di questo Ministero le spese conseguenti all’esercizio dei poteri giudiziari tipicamente preordinati – in campo penale – all’accertamento ed alla repressione dei reati, alla punizione dei colpevoli ed all’esecuzione dei provvedimenti emessi.

In relazione all’ulteriore quesito attinente alla delega del compimento di atti a personale del Servizio Cooperazione Internazionale di Polizia, corre l’obbligo di svolgere alcune precisazioni che integrano la considerazione espressa dall’Ispettorato Generale, la quale si fonda sul generico riconoscimento della qualifica di ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria ai sensi dell’art. 57 c.p.p..
L’Interpol (Organizzazione Internazionale di Polizia Criminale) si compone di una struttura centrale e di Uffici Centrali Nazionali. L’articolazione italiana – a composizione interforze - è collocata nell’ambito del Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia del Minsitero dell’Interno ed ha il compito di assicurare assistenza (attiva e passiva) in attività che travalicano i confini nazionali, provvedendo al necessario raccordo tra le strutture straniere ed i reparti italiani ordinariamente deputati a svolgere funzioni di polizia giudiziaria, a norma degli artt. 55 e 56 c.p.p. e 12 disp. att. c.p.p..
Il Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia, pertanto, non è strutturato per svolgere in via prioritaria o continuativa le funzioni elencate all’art. 55 c.p.p. e deve conseguentemente escludersi che l’Autorità giudiziaria possa delegare ad esso il compimento di specifici atti di indagine, ferma restando la generica possibilità, qualora si prospetti la necessità di operare anche in territorio estero, di richiedere al reparto direttamente delegato di avvalersi della collaborazione dell’Interpol, che sosterrà le spese del proprio intervento.

In definitiva, alla luce delle argomentazioni di cui sopra, deve concludersi che :

  • le spese derivanti da attività d’indagine disposte dal pubblico ministero per la ricerca e la cattura di latitanti o di persone, comunque, da sottoporre a cattura vanno imputate al Ministero della Giustizia, ivi comprese quelle di trasferta di ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria per il compimento fuori sede di atti espressamente delegati dal magistrato procedente;
     
  • restano a carico delle Amministrazioni di appartenenza le spese sostenute dal rispettivo personale per dare esecuzione a provvedimenti restrittivi della libertà personale emessi dall’Autorità giudiziaria nonché quelle derivanti da attività investigative intraprese di propria iniziativa per la ricerca, l’individuazione e la successiva cattura di latitanti o di persone, comunque, da sottoporre a cattura.

 Restano, ovviamente, valide e attuali le raccomandazioni impartite con la circolare del Capo del Dipartimento per gli Affari di Giustizia in data 15.3.2006 al fine di limitare - per quanto possibile e considerate tuttavia le specifiche necessità d’indagine da valutare nel caso concreto – ogni inutile o inopportuno aggravio di spesa.

Si pregano le SS.LL. di portare la presente nota a conoscenza degli uffici giudicanti e requirenti dei rispettivi distretti.

Roma, 12 gennaio 2010

Il Direttore Generale
Luigi Frunzio