Circolare 18 marzo 2013 - Modello d'intervento e revisione dell'organizzazione e dell'operatività del Sistema dei Servizi Minorili della Giustizia e relativi disciplinari

18 marzo 2013

 

Dipartimento per la giustizia minorile

Circolare n.1 del 18 marzo 2013

 

"Modello d'intervento e revisione dell'organizzazione e dell'operatività del Sistema dei Servizi Minorili della Giustizia"

e relativi disciplinari

 

Il Sistema della Giustizia minorile pone al centro del suo operato la promozione del benessere dei minori e della collettività più in generale; il rispetto delle norme e delle regole di settore nell’ambito dell’esecuzione dei provvedimenti giudiziari; la progettazione e l’attivazione di progetti individualizzati volti alla rieducazione e al reinserimento sociale e lavorativo dei minorenni entrati nel circuito penale, promuovendo i valori della convivenza civile e assicurando a tutti i minorenni parità di trattamento.

Ciò con riferimento:

  • al “peculiare interesse-dovere dello Stato al recupero del minore", cui "é addirittura subordinata la realizzazione o meno della pretesa punitiva” (Corte Costituzionale, sentenza n. 49 del 1973);
  • al principio per il quale "la giustizia minorile deve essere improntata all'essenziale finalità di recupero del minore deviante mediante la sua rieducazione e il suo reinserimento sociale" (Corte Costituzionale, sentenza n. 125 del 1992);
  • all’orientamento in base al quale tale finalità "caratterizza tutti i momenti e le fasi attraverso le quali la giurisdizione penale si esplica nei confronti dei minori", e in particolare connota "il trattamento del minore anche nella fase esecutiva" (Corte Costituzionale, sentenza n. 125 del 1992; sentenza n. 46 del 1978);
  • al fatto che la funzione rieducativa della pena "per i soggetti minori di età é da considerarsi, se non esclusiva, certamente preminente" (Corte Costituzionale, sentenza n. 168 del 1994);
  • alla necessità di “valutazioni fondate su prognosi individualizzate in funzione del recupero del minore deviante" (Corte Costituzionale, sentenze n. 143 del 1996, n.182 del 1991, n.128 del 1987, n.222 del 1983, n.46 del 1978), vale a dire della "esigenza di specifica individualizzazione e flessibilità del trattamento che l'evoluzione della personalità del minore e la preminenza della funzione rieducativa richiedono" (Corte Costituzionale, sentenza n. 125 del 1992);
  • alla considerazione che “la giustizia minorile ha una particolare struttura in quanto é diretta in modo specifico alla ricerca delle forme più adatte per la rieducazione dei minorenni” (Corte Costituzionale, sentenza 25 del 1964).

 

L'essenziale finalità di recupero del minore e la conseguente necessità di costruire percorsi individualizzati d'intervento richiedono una particolare attenzione ai cambiamenti che hanno investito sia la società che, più specificamente, l’utenza.

I Servizi, da alcuni anni, si fanno carico di una parte di utenza straniera molto diversificata, sia per i paesi di provenienza sia per lo status dei minori (ad esempio, minori non accompagnati, minori di seconda generazione); di un’utenza sempre più vicina alla maggior età, con una significativa quota di giovani adulti; di una consistente percentuale di minorenni e giovani adulti portatori di patologie psichiatriche e poliassuntori di sostanze.

Al cambiamento dell’utenza si aggiunge il passaggio della medicina penitenziaria al Servizio Sanitario Nazionale, che ha reso necessario negoziare, nelle diverse Regioni, con le competenti Aziende Sanitarie Locali, nuove modalità di gestione del servizio, degli interventi, del personale sanitario per garantire ai minori in conflitto con la legge il diritto alla salute. E specificatamente il passaggio degli psicologi al SSN ha richiesto di ripensare e rimodulare le modalità organizzative e operative interistituzionali e interprofessionali, in modo da assicurare una dimensione multidisciplinare delle progettualità e degli interventi.

Peraltro i cambiamenti apportati dal titolo V – Parte III - della Costituzione hanno comportato una progressiva differenziazione dei servizi e delle modalità operative, non solo in ambito sanitario, ma anche in ambito socio-educativo-assistenziale, con inevitabili ripercussioni anche sulle tipologie e qualità degli interventi e delle prestazioni offerte dallo stesso Sistema della Giustizia Minorile nei diversi territori. E’ quindi necessario ridurre le disomogeneità, addivenendo ad accordi e protocolli con le istituzioni e gli enti locali, volti a garantire su tutti i territori standard uniformi di opportunità in ordine a programmi e percorsi educativi, d'istruzione e di formazione, di orientamento e di avviamento al lavoro: risorse essenziali per dare concretezza alla funzione rieducativa e di reinserimento sociale propria del Sistema della Giustizia Minorile.

Pertanto, questo Dipartimento, attraverso le Direzioni Generali e in particolare la Direzione Generale per l’attuazione dei provvedimenti giudiziari, verificherà la qualità dei livelli d'intervento e la tipologia dei servizi attivati, così da assicurare una funzione di coordinamento centrale che garantisca omogeneità delle opportunità e standard minimi di risorse e di qualità delle prestazioni.

I cambiamenti inerenti lo specifico settore della Giustizia minorile sono peraltro inscritti nelle trasformazioni che investono tutta la Pubblica Amministrazione in ordine alla necessità di ammodernamento di competenze e stili di lavoro (utilizzando al massimo i vantaggi offerti dalle nuove tecnologie) e all’adozione di ogni misura utile per garantire efficienza nei/dei servizi e riduzione degli sprechi.

Da ultimo va sottolineato che i cambiamenti sociali che hanno investito la struttura, la conformazione e la cultura della società hanno moltiplicato i disagi sociali, producendo nuove povertà e marginalità, e nello stesso tempo hanno indebolito funzioni e tenuta della famiglia e delle altre agenzie educative. Tali aspetti di particolare complessità assegnano alla Giustizia minorile e alla Magistratura minorile una responsabilità ancora maggiore nella costruzione di percorsi capaci di dare attuazione all’interesse-dovere dello Stato al recupero del minore e al suo reinserimento responsabile nel contesto famigliare e sociale di appartenenza.

Prima di entrare nel merito delle modifiche e innovazioni che la presente circolare intende apportare al modello d'intervento e, conseguentemente, all’organizzazione dei servizi e al loro funzionamento, si ribadiscono alcune linee generali che devono ispirare il lavoro nel Sistema della Giustizia Minorile, quale sistema complesso e integrato, capace di garantire la massima cooperazione tra i servizi e la costante circolarità dell’informazione.

I Servizi della Giustizia Minorile (IPM, Comunità, Comunità/Cpa, CPA, USSM, Centri polifunzionali, Centri Diurni) sono articolazioni funzionali che devono condividere criteri e stili di lavoro e, in accordo con quanto previsto dalle normative di settore, devono esercitare la loro funzione educativa e socio-riabilitativa stimolando nei minori lo sviluppo di un sentimento di fiducia in sé, negli altri e nelle istituzioni. Il minore deve vedere accolta la sua dimensione personale, esprimere interessi ed esperienze, ma deve anche acquisire un saper essere cooperativo in una dimensione sociale. Sono questi i processi che, come richiamato dall’art.27 della Costituzione in ordine alla finalità rieducativa della pena, mettono in primo piano una presa di coscienza dell’autore di reato in ordine all’illecito e una revisione critica del comportamento deviante, ricostruendo, in tal modo, un nuovo equilibrio tra il minore e la società.

In questo senso i Servizi della Giustizia Minorile si configurano come “luoghi” e “tempi” in cui è sempre preminente la fiducia nelle potenzialità dell’individuo e nelle sue capacità di recupero, e in cui ogni operatore concorre a promuovere nell’adolescente l’imprescindibile processo di responsabilizzazione che si pone alla base del percorso di crescita, di cambiamento e di reinserimento. Tali processi devono essere sostenuti dai Servizi della Giustizia Minorile assicurando che la famiglia in particolare, ma anche le altre agenzie socio-educative siano coinvolte e possano esercitare al meglio le funzioni affettive, pedagogiche e di socializzazione che loro competono.

Centrale, nell’attività dei Servizi, è l’attenta organizzazione di spazi e tempi: essi devono essere pensati per privilegiare il “concreto fare” dei ragazzi, per dare vita a forme adeguate di socializzazione, nelle quali sia possibile al ragazzo la narrazione e la riflessione/rielaborazione della sua esperienza di vita, così come l’ascolto degli altri. In tali contesti diventa prioritario sviluppare apprendimenti di riconoscimento e apprezzamento della propria e delle altrui specificità; di costruzione di una personale responsabilità verso l’evento-reato, il danno e l’offesa arrecata, verso se stessi e verso la collettività; di regolazione di se stessi all’interno della norma e delle regole di relazione e di convivenza civile e sociale.

Tenendo ferme le linee sopraindicate, la Giustizia Minorile si trova oggi a dover ripensare il proprio modello d'intervento, sia nei propri servizi sia nel lavoro con le altre agenzie socio-educative e con la famiglia, sulla scorta delle competenze, delle professionalità e degli stili di lavoro sin qui acquisiti.

Tale processo pone al centro un nuovo concetto di sicurezza, inteso come condizione indispensabile affinché il minore possa acquisire responsabilità in ordine al reato e al comportamento deviante e contestualmente possa sviluppare il senso di fiducia in sé, negli altri e nelle istituzioni. La sicurezza è così il risultato di una piena condivisione degli obiettivi educativi e di controllo da parte di tutti gli attori interni ed esterni al Sistema della Giustizia Minorile, superando rigide distinzioni di ruolo e funzioni centrate più su adempimenti che su processi complessivi d'intervento.

La sicurezza in tal senso intesa è resa possibile attraverso un processo costante di acquisizione e circolazione delle informazioni relative al minore, alla sua storia e al suo contesto, che devono essere considerate un patrimonio del Sistema e devono essere rese sempre disponibili nel Sistema.

Inoltre, il ripensamento del modello comporta una riconsiderazione del concetto di responsabilità che deve essere intesa sempre come complessiva e pluridimensionale, non esclusiva né delegabile o limitata a una specifica funzione, bensì integrata e condivisa con tutti gli attori del Sistema.

Si configura così un modello di intervento e di interazione nel/del sistema dinamico che vede la centralità del progetto rieducativo del ragazzo, dove l’organizzazione del lavoro e le diverse funzioni/compiti devono essere funzionali alla realizzazione del progetto. In questo quadro il progetto rieducativo non è dipendente dall’organizzazione del Servizio ma è l’organizzazione del Servizio che deve diventare funzionale alle esigenze socio-educative e rieducative del minore.

Il Sistema della Giustizia minorile deve sempre più connotarsi come un Sistema aperto, che chiama alla responsabilità la famiglia, che impegna attivamente gli attori territoriali, pur mantenendo la titolarità e la responsabilità dell’intervento.

In questo modello si riattualizza un approccio multidisciplinare (che preveda cioè la dimensione sociale, pedagogica, psicologica) e multidimensionale (che preveda cioè la dimensione individuale, famigliare, gruppale e sociale), ma al contempo si potenzia la dimensione riparativa della giustizia oltre a quella retributiva.

La sicurezza dinamica viene così intesa quale condizione co-essenziale per la realizzazione delle finalità del trattamento e, come tale, non affidata unicamente all'onere e alla responsabilità degli organi deputati alle attività di controllo. Così come non è estraneo al Corpo della Polizia Penitenziaria essere parte delle iniziative trattamentali, così come specificato nell’art. 5 comma 2 della legge 395/90, laddove il dettato normativo prevede, infatti, tra i compiti istituzionali del personale di polizia penitenziaria quello di partecipare “anche nell’ambito di gruppi di lavoro, alle attività di osservazione e trattamento rieducativi dei detenuti e degli internati”.

L'apporto multidisciplinare di tutti gli altri operatori, compresi quelli non strettamente appartenenti all'Amministrazione della Giustizia, deve concorrere a rafforzare la sicurezza in una visione integrata di gestione e promozione della persona e non di certo limitata al mero controllo del detenuto o dell’imputato.

Ne consegue che il trattamento in una prospettiva di “risocializzazione” così come specificata, riguarda l’applicazione delle regole sulla sicurezza e la loro concreta attuazione senza “ (...) restrizioni non giustificabili con le esigenze di ordine e disciplina o, nei confronti degli imputati, non indispensabili a fini giudiziari”, come specificato dall’art. 1, comma 3, dell’Ordinamento Penitenziario, tenendo presente sempre e comunque che la funzione rieducativa della pena per i soggetti di minore età "è da considerarsi, se non esclusiva, certamente preminente" (Cort. Cost. sent. n. 168 del 1994).

Il modello, così come illustrato, richiede ai Servizi residenziali di riconsiderare lo stesso concetto di sorveglianza, anch’esso da intendersi in senso dinamico. L’evoluzione del concetto di sorveglianza include anche la necessità di potenziare gli impianti tecnologici di videosorveglianza e di automazione, che consentano di trasformare le attuali sale regia in vere e proprie sale operative. Tutto ciò come peraltro previsto dalla Raccomandazione R 2006 2 sulle Regole penitenziarie europee del 2006, adottata l’11 gennaio 2006 dal Comitato Ministri che, al numero 51, recita "Le misure di sicurezza applicate nei confronti dei singoli detenuti devono corrispondere al minimo necessario per garantirne una custodia sicura. La sicurezza fornita dalle barriere fisiche e da altri mezzi tecnici deve essere completata dalla sicurezza dinamica costituita da personale pronto a intervenire che conosce i detenuti affidati al proprio controllo".

Quanto sin qui esposto rende chiaro come la finalità della presente circolare sia la rimodulazione del Sistema della Giustizia Minorile, alla luce delle priorità politiche indicate dal Ministro della Giustizia quali obiettivi strategici del Dipartimento Giustizia Minorile da perseguire nell’anno 2013.

Nello specifico gli obiettivi strategici sono:

  • l’attuazione del programma di definizione degli standard di qualità dei servizi resi al cittadino, con particolare riguardo all’individuazione di migliori forme di rilevazione dei bisogni della generalità degli utenti e del grado di soddisfazione dei servizi resi dall’Amministrazione;
  • il potenziamento e la diffusione delle attività trattamentali e di osservazione, la diffusione capillare delle attività di istruzione, di attività professionale e di avviamento al lavoro all’interno degli istituti penitenziari, da conseguirsi ricercando ogni forma di collaborazione con le altre istituzioni e gli enti locali;
  • l’individuazione di nuovi e più moderni modelli organizzativi per la differenziazione dei diversi circuiti detentivi;
  • una nuova organizzazione nella gestione dell’esecuzione penale esterna;
  • la revisione del sistema dei servizi minorili della giustizia, anche in funzione di prevenzione della delinquenza minorile.

Con riferimento a tali obiettivi, ne conseguono le strategie dipartimentali e specificatamente quelle della Direzione Generale per l’attuazione dei provvedimenti giudiziari orientate a:

  • definire livelli essenziali di trattamento socio-educativi, atti a garantire la protezione e la tutela dei diritti dei minori e la loro responsabilizzazione ai doveri di cittadinanza attiva;
  • elaborare proposte di rimodulazione dei modelli d'intervento trattamentale e di sicurezza, anche di tipo sperimentale;
  • sostenere linee guida per una rete integrata con soggetti pubblici e privati, volta a realizzare percorsi di reinserimento sociale e azioni di contrasto al disagio adolescenziale;
  • promuovere politiche attive di reinserimento dei minori e giovani adulti attraverso opportunità di istruzione, formazione professionale e avviamento al lavoro;
  • organizzare l’operatività dei Servizi Minorili con un pieno utilizzo del sistema informativo dei servizi minorili (SISM).

 

La presente circolare interviene quindi nelle dimensioni sotto indicate, che verranno successivamente ricondotte alle singole tipologie di Servizi, così da definire dei disciplinari appositamente dedicati.

 

  1. La dimensione strutturale: i dati in possesso all’Amministrazione consentono di fornire criteri oggettivi per una riorganizzazione delle strutture residenziali, che potenzi quelle ad alta utenza, riconfiguri quelle a media o bassa utenza, sospenda o riconverta quelle a bassissima utenza.
    Tutte le strutture residenziali devono dotarsi di strumenti di videosorveglianza, con l’obiettivo di garantire forme più evolute di sicurezza.
  1. La dimensione organizzativa: l’esperienza acquisita negli anni consente di verificare l’efficacia e la funzionalità dei modelli organizzativi ed operativi al fine di ottimizzare le risorse umane; di differenziare e riqualificare le risposte in termini di strutture, programmi ed interventi; di individuare livelli essenziali di intervento.
    In particolare per ciò che concerne le diverse tipologie di strutture residenziali si dovrà, laddove ne esistono le condizioni, giungere all’unificazione dei servizi direttivi, armonizzando quelli socio-educativi, di sicurezza e quelli amministrativi.
  1. La dimensione operativa: nel Sistema dei Servizi della Giustizia Minorile questa deve comprendere il livello delle professionalità, l’uso delle informazioni e delle nuove tecnologie, la tutela della salute, la valutazione del rischio, la concretezza dell’intervento socio-educativo, il lavoro con le famiglie:
  1. il livello delle professionalità: la professionalità acquisita nel lavoro con i minorenni caratterizza tutti gli operatori, aldilà della individuale funzione. Polizia penitenziaria, educatori, assistenti sociali nelle specificità delle professionalità di appartenenza hanno imparato a condividere gli obiettivi del progetto socio-educativo, gli stili di lavoro e la responsabilità educativa, e sono tutte le funzioni che concorrono in egual misura a garantire la sicurezza del minorenne.
    E’ da valorizzare e implementare l’alta capacità di interazione/integrazione tra servizi e operatori con il supporto di programmi di ricerca e percorsi formativi, come richiamato dagli obiettivi strategici del Documento di Programmazione Generale anno 2013 inerenti la valorizzazione delle risorse umane e la razionalizzazione del sistema della formazione.
  2. la disponibilità delle informazioni e l’uso delle nuove tecnologie: la circolazione e il passaggio puntuale delle informazioni, la loro costante disponibilità per ogni servizio/attore del sistema è uno degli elementi fondanti a garanzia della sicurezza del minorenne, dell’efficacia dell’intervento e del pieno contributo di tutti gli attori alla riuscita del progetto educativo. L’uso delle moderne tecnologie informatiche consente oggi il raggiungimento di questo obiettivo. Il Sistema Informativo dei Servizi Minorili (SISM) deve essere utilizzato in tutte le sue potenzialità sia con riferimento alla casistica che alle progettualità, oltreché all’aggregazione di informazioni utili per leggere i fenomeni e gli interventi, implementando conoscenza nel sistema e trasferendo conoscenza nel contesto sociale allargato degli Enti Locali e delle comunità territoriali.
    Si devono, altresì, porre in essere, a cura delle Direzioni dei Servizi, in particolar modo per le strutture residenziali, strumenti informativi e comunicativi snelli, flessibili, quale ad esempio la costituzione di un registro informatizzato, che consentiranno a tutti gli operatori di monitorare la quotidianità degli eventi. Per la realizzazione di tale registro informatizzato viene garantito a livello centrale il supporto di questo Dipartimento, attraverso il competente ufficio. Nelle more della informatizzazione detto strumento deve comunque essere istituito ed attivato.
  3. la dimensione della salute: il passaggio della medicina penitenziaria al SSN ha aperto nuove aree di problematicità soprattutto per quanto riguarda il servizio medico di base, la salute psichiatrica e la cura delle dipendenze, la cooperazione tra psicologi e équipe trattamentale, così come previsto dalla più volte ribadita necessità di una presa in carico multidisciplinare del minore. Dette evidenze rendono necessario che i Direttori dei Centri implementino tutte le necessarie azioni per dare realizzazione a quanto previsto nell’Accordo tra Stato e Regioni, anche con riferimento all’attivazione degli osservatori sanitari regionali, con necessaria negoziazione di attuazione nei Servizi degli accordi sottoscritti a livello nazionale, nel deputato organismo interistituzionale.
  4. la valutazione del rischio: le trasformazioni dell’utenza sopra ricordate rendono necessario il ripensamento dei criteri di presa in carico dei minorenni e dei giovani adulti, garantendo a tutti livelli essenziali di intervento.
    D’intesa con la Magistratura è indispensabile realizzare un’attenta valutazione del rischio psico-sociale, oltreché del rischio psicopatologico e dei comportamenti sociopatici, anche con una attenzione alla dimensione etnoculturale, sia nell’area penale esterna, per sostenere il minore adeguatamente nel percorso trattamentale, sia nelle strutture residenziali, così da individuare i criteri più idonei per l’inserimento nei gruppi.
  5. la concretezza dell’intervento socio-educativo: si ritiene che debba avere assoluta preminenza nella definizione dei programmi generali e dei progetti individuali la dimensione socio-educativa dell’istruzione, della formazione, dell’inserimento lavorativo, anche attraverso l’utilizzo di strumenti di alternanza scuola-lavoro e di transizione al lavoro, quali tirocini formativi e professionalizzanti, borse lavoro, apprendistato e altre forme di avviamento al lavoro. Il lavoro nei gruppi o negli intergruppi, così come i momenti di socialità quali ad esempio quelli legati alla consumazione dei pasti o all’uso del tempo libero, consentiranno di porre attenzione allo sviluppo di competenze trasversali, quali le capacità partecipative e solidali, i valori della socialità, le competenze conciliative.
    Un ruolo particolarmente significativo deve essere dato all’attivazione di percorsi di giustizia riparativa e di mediazione penale orientati all’assunzione di responsabilità nei confronti della vittima e della collettività, anche con concrete azioni di riparazione e di riconciliazione. Azioni che richiedono e comportano una riflessione sul sé nel rapporto con la norma, con la legalità, con la cittadinanza attiva.
  6. i rapporti con le famiglie: è necessario avviare specifiche azioni di lavoro con le famiglie così da rafforzare e risignificare le progettualità. Sia le misure cautelari, che le misure alternative o sostitutive della pena detentiva e le misure di sicurezza, nonché i programmi di messa alla prova, richiedono una presenza e una partecipazione attiva della famiglia, con un richiamo e un sostegno all’assunzione e/o al recupero di una responsabilità educativa diretta.
  7. la conclusione del percorso: si vuole riaffermare che la fase conclusiva del percorso rieducativo/riabilitativo è da considerarsi come un momento strategico dell’intero processo di presa in carico, poiché è in tale fase che, oltre ad impegnare i servizi nella valutazione dei processi di crescita e acquisita consapevolezza e responsabilità del minorenne, è necessario operare affinché tutte le agenzie territoriali, a partire dalla famiglia, siano pronte a riassumere la piena responsabilità educativa del minorenne. Si ribadisce pertanto, la necessità di programmare per tempo e con attenzione tutte le attività necessarie per il rientro del minorenne nel contesto sociale e famigliare: l’attenzione posta a tale importante lavoro con le famiglie e le altre agenzie educative rappresenta anche un segmento significativo delle strategie volte alla riduzione del fenomeno delle recidive.
  1. La dimensione interistituzionale: la condizione necessaria per sviluppare le finalità del Sistema della Giustizia Minorile è la continua costruzione e ridefinizione di accordi, protocolli, intese, a livello centrale e periferico, con le Istituzioni/Servizi pubblici, con gli Enti/Agenzie di promozione sociale e di volontariato, cooperative, imprese, imprese artigiane, in una rete sinergica capace di offrire concrete e fruibili opportunità/risorse di reinserimento sociale. Dette intese devono trovare coerenza con gli orientamenti e le strategie definite dal Dipartimento della Giustizia Minorile, in particolare dalla Direzione Generale per l’attuazione dei provvedimenti giudiziari.

A conclusione si vuole ribadire:

  • la necessità di rendere ancora più stringente ed efficace il raccordo con la Magistratura Minorile, assicurandone la necessaria costanza e stabilità, per garantire una esatta esecuzione dei provvedimenti emessi e, comunque, per coordinare scelte e strategie volte a migliorare le risposte nei confronti dell’utenza minorile;
  • scrupolosa osservanza dell’obbligo di rapporto all’Autorità Giudiziaria dei fatti che possano avere rilievo penale.

Fatte salve le leggi in materia e le circolari di settore già in vigore, laddove non modificate, i sotto indicati disciplinari formano parte integrante della presente e specificatamente:

  • disciplinare n. 1: Uffici di Servizio Sociale per i Minorenni;
  • disciplinare n. 2: Istituti Penali per i Minorenni;
  • disciplinare n. 3: Centri di Prima Accoglienza, Comunità Ministeriali e Centri diurni;
  • disciplinare n. 4: Collocamenti in Comunità autorizzate.

Viene, altresì, allegato il “ Vademecum operativo per le Comunità del privato sociale” che forma anch’esso parte integrante della presente circolare.

I disciplinari sono i dispositivi attuativi della presente circolare, che dovrà essere implementata attraverso un attento monitoraggio e verifica da parte delle Direzioni Generali di questo Dipartimento e specificatamente dalla Direzione Generale per l’attuazione dei provvedimenti giudiziari che supporteranno, altresì, i Direttori dei Centri e dei Servizi Minorili nel processo di revisione organizzativa e di riqualificazione degli interventi.

La presente Circolare e gli allegati documenti produrranno modifiche nei Servizi e, pertanto, si dispone che gli Uffici medesimi, non oltre 60 gg. dal recepimento del visto di conformità sui Progetti di Servizio elaborati in adempimento ai citati disciplinari, provvedano ad aggiornare, se necessario, i Regolamenti di Istituto, i Regolamenti di ciascun Servizio e le Carte di Servizio.

Rimane in vigore nella sua interezza la Circolare dipartimentale n.37326 del 28 dicembre 2006 “Modello organizzativo ed operativo del Servizio Tecnico dei Centri per la Giustizia Minorile”.

Si riafferma la centralità delle funzioni dei Centri per la Giustizia Minorile di promozione, coordinamento e verifica nel proprio territorio del Sistema dei Servizi della Giustizia Minorile per quanto disposto dalla presente circolare e dai relativi disciplinari attuativi.

Si confida nella più ampia forma di collaborazione da parte delle SS.LL. significando che le linee programmatiche e le disposizioni qui contenute intendono contribuire al raggiungimento di un Sistema dipartimentale di Giustizia Minorile più rispondente alle attuali esigenze.

 

Il Capo Dipartimento
Caterina Chinnici

 

DISCIPLINARE N° 1

  UFFICI DI SERVIZIO SOCIALE PER I MINORENNI

Allegato 1 alla Circolare del Capo Dipartimento n° 1 del 18 marzo 2013: “Modello d’intervento e revisione dell’organizzazione e dell’operatività del Sistema dei Servizi Minorili della  Giustizia “

PREMESSA

Il presente disciplinare integra gli orientamenti e le indicazioni normate dalla Circolare Dipartimentale n. 5351 del 17 febbraio 2006 “Organizzazione e gestione tecnica degli Uffici di Servizio Sociale per i Minorenni”.

Nello specifico ridefinisce, all’interno di un modello di sicurezza dinamica, due aspetti essenziali del lavoro degli Uffici di Servizio Sociale per i Minorenni (USSM), che rimandano al loro ruolo di coordinamento e responsabilità rispetto ad ogni minore preso in carico dal Sistema dei Servizi della Giustizia Minorile.

 

Nel Sistema dei Servizi, gli Uffici di Servizio Sociale per i Minorenni svolgono infatti una funzione di garanzia affinché:

  1. le modalità operative poste in essere da tutti gli attori del Sistema e della rete territoriale operino assicurando il massimo livello di sicurezza dinamica;
  2. tutti i minorenni e giovani adulti, a qualunque dei servizi della rete territoriale afferiscano, siano assicurati livelli essenziali di presa in carico.

La necessità di assicurare uguaglianza dei diritti e delle opportunità a tutti i minorenni che entrano nel circuito penale si pone in coerenza con il concetto di sicurezza dinamica.

Con riferimento a tale esigenza è imprescindibile definire linee di intervento articolate in base alle diverse posizioni giuridiche dei minorenni e/o dei giovani adulti e alle diverse misure disposte dall’Autorità Giudiziaria Minorile.

Tutti gli USSM sono tenuti a garantire:

  • livelli di intervento condivisi sul territorio nazionale rispetto alla presa in carico del ragazzo e della sua famiglia attraverso il piano educativo individualizzato PEI che contenga un percorso valido che indirizzi l’azione tenendo conto della personalità del minore, del tessuto sociale di riferimento, del suo percorso di vita e comprendere dove e come direzionare l’azione;
  • tempestività dell’intervento attraverso l’individuazione degli obiettivi che si intendono raggiungere a breve, medio e lungo termine con il minore;
  • sinergia tra i Servizi della Giustizia Minorile al fine di garantire interventi socio-educativi e modalità finalizzate a salvaguardare, avviare e rafforzare i processi di maturazione e di risocializzazione individuale, di gruppo ed intergruppo;
  • sinergia con i diversi attori territoriali, attraverso accordi che definiscano la tipologia dei servizi resi e assicurino agli USSM la possibilità di verifica e coordinamento dell’azione al fine di individuare e promuovere attività culturali, di tempo libero, di studio, di formazione professionale, di orientamento ed inserimento lavorativo, e lo svolgimento di attività riparatorie e di prestazioni di pubblica utilità che permettano una riparazione del danno prodotto verso la collettività;
  • costante raccordo con la Magistratura.

La notevole attività sul territorio degli Uffici di Servizio Sociale per i Minorenni ha visto negli ultimi anni la costruzione e condivisione di sinergie tra la Magistratura Minorile e gli attori locali, che spesso sono confluite in formali intese, accordi di programma e protocolli.

Attraverso una maggiore attenzione a quanto messo in opera nei vari territori, si ritiene necessario in questa fase avviare un processo che consenta di ricondurre la varietà delle esperienze ad un livello di coerenza interna e, quindi, di possibile standardizzazione, obiettivo cui il presente disciplinare tende.

 

LIVELLI ESSENZIALI DI INTERVENTO

 

Gli Uffici di Servizio Sociale per i Minorenni sono garanti dei seguenti livelli essenziali di intervento, indipendentemente dagli accordi esistenti a livello territoriale e dal Servizio cui il minorenne e/o il giovane adulto accede:

  • presa in carico, con riferimento agli artt. 6, 9, 12 del DPR 448/88;
  • sostegno e di controllo nelle misure cautelari, detentive e non detentive agli artt. 20,21,22,23 de DPR 448/88;
  • osservazione, trattamento e sostegno nella sospensione del processo e messa alla prova art. 28 del DPR 448/88 e art.27 .Lgs.272/89;
  • sostegno e controllo nell’esecuzione della pena sia in detenzione, che in misure alternative e/o sostitutive della detenzione;
  • assistenza alle vittime di abuso sessuale, con riferimento alla legge 66/96.

 

Livelli essenziali di presa in carico, con riferimento agli artt. 6, 9, 12  DPR 448/88

All’interno di un quadro di accordi con i Servizi degli Enti Locali e delle Aziende Sanitarie, che ogni Uffici di Servizio Sociale per i Minorenni provvede ad aggiornare, devono essere garantite le seguenti prestazioni/azioni:

  • una pronta attivazione, a seguito della segnalazione/richiesta dell’Autorità Giudiziaria Minorile, dei Servizi degli Enti Locali e/o delle Aziende Sanitarie;
  • un intervento di informazione, conoscenza e valutazione della situazione del minore e della famiglia, ivi compresa la valutazione e contestuale (ri)attivazione delle competenze genitoriali,  delle risorse di contesto presenti e da promuovere. Tale intervento deve realizzarsi anche attraverso una collaborazione con i Servizi sociali e sanitari locali, in un processo di costante e puntuale verifica e valutazione del percorso di conoscenza-intervento;
  • la promozione presso l’Autorità Giudiziaria Minorile di eventuali provvedimenti in ambito civile e amministrativo a garanzia dei diritti di tutela e di accoglienza, ivi compresi provvedimenti di affidamento all’Ente locale, anche con la valorizzazione di forme di affidamento famigliare, qualora sia necessario disporre il collocamento in comunità sia per misura diversa dalla custodia in carcere, sia nel prosieguo del procedimento per sospensione del processo e messa alla prova, per misura alternativa e/o sostitutiva della detenzione;
  • la segnalazione agli Organi istituzionali competenti dei minori e giovani adulti stranieri con o privi dell’esercente la potestà genitoriale e l’attivazione per il rilascio del permesso per minor età, ma anche per il riconoscimento della protezione internazionale, sussidiaria, per motivi umanitari, temporanea, di protezione sociale; 
  • la valutazione delle condizioni per una proposta di giustizia riparativa e l’eventuale invio ai centri/servizi di mediazione (con contestuale comunicazione all’Autorità Giudiziaria Minorile);
  • la predisposizione e verifica della documentazione da produrre in relazione all’art.9;
  • la presenza in udienza, con organizzazione adeguata all’assetto di ogni Servizio e coerente con gli accordi stabiliti con l’Autorità Giudiziaria, per assistenza al minore e alla famiglia.

 

Livelli essenziali di sostegno e di controllo nelle misure cautelari, con riferimento agli artt. 19, 20,21,22,23.

All’interno dei protocolli operativi con i Centri di prima Accoglienza, gli Istituti Penali per i Minorenni e le Comunità, nel rispetto dei vincoli posti dall’Autorità Giudiziaria Minorile, al fine di dare piena attuazione ai medesimi provvedimenti devono essere garantite:

 

1. per le misure cautelari non detentive (art. 20 e 21), le seguenti prestazioni/azioni:

  • l’accompagnamento del minorenne nelle prescrizioni disposte dal Giudice e nelle restrizioni da esso determinate, con un controllo dinamico del percorso, che deve prevedere anche una prima rivisitazione critica dell’azione deviante;
  • l’attivazione delle risorse della famiglia come parte del percorso e dell’esecuzione della misura, con un accompagnamento nelle difficoltà di gestione dei compiti di cura e di vigilanza;

 

2. per la misura cautelare del collocamento in comunità (art. 22), le seguenti prestazioni/azioni:

  • una tempestiva trasmissione al Servizio Tecnico, competente per l’assegnazione, di tutte le informazioni affinché venga individuata la comunità più rispondente alle problematiche e alle esigenze del minore;
  • un coinvolgimento attivo della famiglia nel progetto educativo del minore;
  • una costante e periodica verifica in comunità dell’evoluzione del percorso educativo dell’adolescente, anche in funzione del reinserimento in famiglia e nel contesto di appartenenza ed il rispetto dei vincoli posti dall’Autorità Giudiziaria Minorile competente;
  • l’intervento deve in ogni caso essere finalizzato ad un ripristino della progettualità nell’ambito di vita e di relazione del minore, anche attraverso documentate proposte di attenuazione della misura;

 

3. per la misura della custodia cautelare (art. 23), le seguenti prestazioni/azioni:

  • la trasmissione, in tempo reale, della documentazione agli atti posseduta;
  • la tempestiva presenza in IPM per un incontro con il minore e gli operatori   coinvolti nel progetto di accoglienza anche al fine di una presa in carico congiunta dei soggetti ristretti e per le funzioni di collegamento con gli altri USSM nel caso di soggetto proveniente da altro distretto;
  • la partecipazione all’equipe per lo sviluppo del progetto educativo, con particolare attenzione al raccordo con la famiglia e con le risorse del territorio di appartenenza  dell’adolescente. Tutto ciò deve essere garantito sia nella permanenza del minore e /o del giovane in Istituto, sia nell’ipotesi di elaborazione progettuale per una trasformazione della misura, sia nella successiva progettualità  per misure penali eseguibili sul territorio (art. 28 DPR 448/88, art.47 L.354/75);
  • l’Ussm deve provvedere ad accompagnare la fase di dimissioni dalla comunità o dall’Ipm e comunque dal circuito penale e l’eventuale passaggio a strutture del Dap prestando particolare attenzione al mantenimento dei risultati già raggiunti, al coinvolgimento ed al supporto alla famiglia di origine e se nel caso a quella a cui il minore/giovane adulto fa riferimento, alla scuola, al lavoro, o altro luogo di accoglienza, in cui il minorenne deve reinserirsi;

 

Nel caso di minori e/o giovani adulti ospiti di IPM e/o di comunità pubbliche e private in territori diversi da quello di provenienza, l’USSM competente deve darne segnalazione e trasmettere tutta la documentazione all’USSM di riferimento per i successivi interventi, tra i quali anche il dovuto ed adeguato coinvolgimento dei Servizi Locali, così come disposto dalla Circolare Dipartimentale n.3835 del 1 febbraio 2012.

 

Siffatta attività dovrà essere realizzata attraverso modalità integrate con tutte le istituzioni e gli enti territoriali competenti in materia sociale, sanitaria, scolastica, formativa, professionale e lavorativa utilizzando anche le opportunità fornite dal Volontariato e dal Privato Sociale. Particolare attenzione dovrà essere dedicata al supporto ed alla motivazione della famiglia da parte dell’Ufficio di Servizio Sociale per i Minorenni di provenienza.

 

Livelli essenziali di osservazione, trattamento e sostegno nelle sospensione del processo e messa alla prova (at.28 DPR 448/88 e art.27 .Lgs.272/89).

Data per consolidata la procedura di attivazione delle progettualità di messa alla prova già in atto, devono essere garantite le seguenti prestazioni/azioni:

  • l’elaborazione di progetti orientati:
    - all’acquisizione di competenze finalizzate all’inclusione sociale e lavorativa;
    - alla sperimentazione di pratiche di giustizia ripartiva;
    - al raggiungimento di un’autonomia che consenta la rimodulazione del progetto in relazione alla sua evoluzione;
    - al coinvolgimento, al supporto  e responsabilizzazione della famiglia.
    In relazione a tali esigenze l’eventuale collocamento in comunità deve essere progettato e organizzato come una fase del progetto stesso che preveda quale ambito di elezione il contesto di vita dell’adolescente.
  • il coinvolgimento attivo della famiglia nel progetto e nella realizzazione della misura;
  • l’attivazione partecipe dei servizi e delle risorse dell’ente locale, del privato sociale, del volontariato nella progettazione, realizzazione e verifica della messa alla prova;
  • il costante monitoraggio e la verifica della messa alla prova, anche con aggiornamenti alla magistratura;

Dette garanzie devono essere assicurate anche nelle progettualità, realizzazioni e valutazione degli affidamenti in prova al servizio sociale (art. 47 ordinamento penitenziario).

Considerata la significatività nella riduzione della recidiva a seguito dell’applicazione della sospensione del processo e messa alla prova, tale istituto deve essere potenziato, attentamente progettato e valutato.

Considerato altresì che la sospensione del processo con contestuale messa alla prova, oltre a rispondere ad istanze processuali, soddisfa anche esigenze di sicurezza e di  tutela sociale (in percorsi peraltro extragiudiziali), la stessa deve ricomprendere una partecipazione attiva dell’Ente Locale con l’assunzione anche dei relativi e corrispondenti oneri economici.

 

Livelli essenziali di sostegno e di controllo nell’esecuzione della pena sia in detenzione, che in misure alternative e/o sostitutive della detenzione.

Date per consolidate le procedure e le modalità di collaborazione con gli IPM, comunque da richiamare in appositi protocolli operativi, si rinnova quanto indicato nella parte relativa alla custodia cautelare e si ferma l’attenzione sul valore dei permessi premio (art.21 Ord.Pen) e del lavoro all’esterno (art.30 Ord.Pen.), quali momenti/occasioni trattamentali particolarmente significativi al fine del reinserimento sociale, che richiedono sia assicurato un ruolo attivo dell’USSM a garanzia, oltreché di fattibilità, di coerenza dell’esperienza con il progetto complessivo all’interno di un quadro di sicurezza dinamica.

Deve essere inoltre garantito l’accompagnamento e il sostegno del minore, della sua famiglia, del contesto, nell’esecuzione delle misure sostitutive della detenzione.

Per quanto attiene alle misure alternative alla detenzione, in particolare all’art. 47 L.354/75 si richiama quanto definito per l’art. 28 DPR 448/88 .

 

Livelli essenziali di assistenza alle vittime di abuso sessuale, con riferimento alla legge 66/96 e alla Legge 1° ottobre 2012, n. 172 “Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale”, fatta a Lanzarote il 25 ottobre 2007, nonché norme di adeguamento dell’ordinamento interno.

Deve essere garantita l’assistenza alle vittime di tali reati attraverso l’invio ai servizi sociali e sanitari territoriali.

Il puntuale e corretto inserimento nel Sistema Informativo dei Servizi Minorili (SISM)  dei dati inerenti i fascicoli dei minori, nonché dei dati relativi alle progettualità, consente una più efficace documentazione, verifica e valutazione dei livelli di intervento assicurati.

E’ altresì indispensabile che le Direzioni dei Centri per la Giustizia Minorile unitamente alle Direzioni degli Uffici di Servizio Sociale sviluppino e sostengano ulteriori accordi di programma, modalità operative e di collaborazione anche attraverso Conferenze di Servizi tra: i Servizi della Giustizia Minorile, la Magistratura Minorile territorialmente competente e gli altri soggetti del territorio legittimati dalla normativa.

In considerazione della specificità della materia e della necessità che la stessa sia ampiamente recepita, si dovrà garantire la partecipazione degli operatori degli Uffici di Servizio Sociale ad incontri di aggiornamento ed approfondimento sulla tematiche relative alla normativa di cui trattasi anche proposte dal Ministero dell’Interno, dall’Università, dagli Enti locali, dalle Direzioni scolastiche.

 

ACCORDI CON LA MAGISTRATURA MINORILE

Per assicurare i sopradetti livelli essenziali di intervento i Direttori degli Uffici di Servizio Sociale definiscono con l’Autorità Giudiziaria Minorile di riferimento processi di regolazione che consentano un buon funzionamento dell’interazione tra sistema giuridico e sistema sociale, a garanzia di una effettiva esigibilità degli interventi.

Detti processi richiedono in ogni caso, con riferimento all’art.6 DPR 448/88, una segnalazione della Magistratura Minorile congiunta e contestuale ai Servizi della Amministrazione della giustizia e ai Servizi territoriali istituiti dagli enti locali.

Le regolazioni condivise con l’Autorità Giudiziaria Minorile competente, e di seguito anche con il Direttore del Centro, devono essere da quest’ultimo comunicate alla Direzione Generale per l’attuazione dei provvedimenti giudiziari per la successiva ratifica a garanzia delle decisioni adottate. Tali accordi devono essere definiti entro e non oltre 60gg. dalla emanazione del presente disciplinare.

Si ribadisce, infine, la scrupolosa osservanza dell’obbligo di rapporto all’Autorità Giudiziaria dei fatti che possano avere rilievo penale.

 

INTESE LOCALI

Le modalità di interazione e cooperazione tra USSM, Servizi degli Enti Locali, delle Aziende Sanitarie, del Terzo Settore e del Volontariato devono inscriversi all’interno di un processo di garanzia dell’intervento da assicurare ad ogni minorenne e/o giovane adulto, e pertanto gli accordi devono essere autorizzati dalla Direzione Generale per l’attuazione dei provvedimenti giudiziari. Il Servizio Tecnico del Centro deve provvedere a monitorare le concrete ricadute di detti accordi e ad inviare i risultati di tali monitoraggi con cadenza trimestrale alla Direzione Generale per l’attuazione dei provvedimenti giudiziari.

In tale quadro gli Uffici di Servizio Sociale, in stretta correlazione con le politiche attivate dai Centri per la Giustizia Minorile, sono chiamati a favorire, nei tavoli di partecipazione ai piani di zona, la messa a disposizione di risorse a supporto dei processi e degli interventi per il reinserimento sociale dei minori (in conflitto con la legge)entrati nel circuito penale, ivi comprese opportunità e risorse atte a garantire ai minorenni e ai giovani adulti un’assistenza post-penitenziaria. Le Direzioni degli Uffici di Servizio Sociale sono altresì sollecitate ad attivare, d’intesa con il Direttori dei Centri per la Giustizia Minorile,  sedi recapito in strutture degli Enti Locali per avvicinare al Servizio il cittadino, senza introdurre ulteriori costi di funzionamento, cosi da rendere anche simbolicamente visibili le sinergie interistituzionali.

Nell’area degli interventi che interessano trasversalmente i Servizi della Giustizia Minorile e i Servizi degli Enti Locali, in un’ottica di sicurezza dinamica, gli Uffici di servizio Sociale devono orientare il loro intervento nella direzione del rafforzamento delle strategie di giustizia riparativa, da sperimentare nell’ambito degli accordi con la Magistratura Minorile.

Nell’ambito di tale orientamento devono essere valorizzati gli interventi di mediazione penale, quali strumenti di giustizia riparativa ad alta valenza sociale e rieducativa, in quanto riconoscono la vittima, supportano la responsabilizzazione del minorenne,  contribuiscono a ricomporre il conflitto apertosi con il reato e a rinsaldare i legami sociali. Sarà cura dei Servizi Tecnici dei Centri per la Giustizia Minorile, in accordo con le Direzioni degli Uffici di Servizio Sociale, assicurare il puntuale inserimento di tutte le attività inerenti gli interventi summenzionati, nella cartella del Sistema Informativo.

 

ORARIO DI SERVIZIO E DI LAVORO

I Direttori dei Centri per la Giustizia Minorile, unitamente ai Direttori degli Uffici di Servizio Sociale, al fine di assicurare tempestività e qualità degli interventi, devono rivisitare l’organizzazione del lavoro all’interno del quadro di riferimento normativo contrattuale ed in relazione all’effettivo contingente in servizio, anche rispetto ad una articolazione dell’orario di  lavoro che deve essere diversificata nell’arco della giornata e della settimana, garantendo la copertura di un orario di servizio dal lunedì al sabato, con articolate presenze pomeridiane.

Il Capo Dipartimento

Caterina Chinnici

Il Direttore Generale per l'attuazione dei provvedimenti giudiziari

Serenella Pesarin

                                                                     

DISCIPLINARE N° 2

  ISTITUTI PENALI PER I MINORENNI

Allegato 2 alla Circolare del Capo Dipartimento n° 1 del 18 marzo 2013: “Modello d’intervento e revisione dell’organizzazione e dell’operatività del Sistema dei Servizi Minorili della  Giustizia “

PREMESSA

Il presente disciplinare integra gli elementi già definiti nella Circolare n. 5391 del 17/2/2006 ed intende riattualizzare il modello operativo degli Istituti penali minorili recependo, altresì, gli orientamenti contenuti nella Raccomandazione Rec (2006) 2 del Comitato dei Ministri agli Stati membri sulle Regole Penitenziarie Europee del 2006. Prima di indicare gli elementi di novità del presente dispositivo si ritiene utile ribadire  che:

  • le finalità degli Istituti Penali per i minorenni  sono quelle di eseguire i provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria e  garantire i diritti soggettivi dei minori e/o giovani adulti -così come previsto nelle Carte internazionali a partire dalla Carta di New York;
  • le azioni trattamentali devono essere tutte finalizzate  ad assicurare la preminenza dell’azione educativa della pena e  la  rapida e definitiva fuoriuscita del minorenne e/o giovane adulto dal circuito penale;
  • i processi di responsabilizzazione e di promozione umana del minore e/o giovane adulto devono essere attivati garantendo l’ordinato svolgimento della vita comunitaria; condizione prioritaria per il raggiungimento di detta finalità è la cura del contesto istituzionale caratterizzato da un sistema di relazioni  interprofessionali teso a realizzare una prospettiva di integrazione  e di collaborazione;
  • le opportunità di cura delle relazioni affettive devono essere implementate e ad esse è necessario prestare particolare attenzione, riaffermando la funzione risocializzante del rapporto con i familiari; in questa prospettiva l’attività trattamentale è orientata a modificare le condizioni e gli atteggiamenti personali, nonché le relazioni familiari e sociali, che sono di ostacolo ad una costruttiva partecipazione sociale, e  stimolare nella famiglia la consapevolezza di essere co-protagonista  di ogni possibile processo di maturazione e di crescita del giovane;
  • al perseguimento di predette finalità concorrono i Servizi Minorili di cui all’art. 8 del D.L.vo n. 272/89, i Servizi e gli Enti territoriali, attraverso modalità operative che privilegiano l’interdisciplinarietà, la multiprofessionalità e la interconnessione delle risorse.

Gli elementi di novità rappresentati nel presente disciplinare sono principalmente focalizzati  su tre dimensioni:

  1. La sicurezza e la sorveglianza dinamica: dovranno essere garantite sia attraverso modalità operative relative alle funzioni svolte dal diverso personale dell’Istituto Penale per i Minorenni (dimensione professionale/organizzativa); sia attraverso l’acquisizione di adeguata strumentazione di video sorveglianza (dimensione strutturale).
  2. L’acquisizione, l’accessibilità, la qualità e la riservatezza delle informazioni relative ai ristretti: tali processi di lavoro sono prevalentemente afferenti alla dimensione strumentale (Information technology) e alle modalità operative relative all’implementazione dei fascicoli e/o all’applicazione di nuovi strumenti di raccolta informazioni da porre in essere.
  3. Il progetto di istituto: viene ad acquisire una nuova centralità. Il progetto d’Istituto costituirà  lo strumento attraverso il quale le professionalità presenti nell’Istituto e l’insieme degli attori territoriali - che concorrono a garantire i livelli essenziali di presa in carico dei minorenni ristretti-  definiranno con chiarezza modalità organizzative ed operative dei servizi e delle attività secondo criteri omogenei sul territorio nazionale.

 

a) La sicurezza e la sorveglianza dinamica

Nel richiamare quanto esplicitamente descritto nella Circolare n°1/2013 riguardo al concetto di Sicurezza, come  previsto dal combinato disposto dell’art. 5 della legge 395/90 e degli artt. 24 e 42 del Regolamento di servizio, ciascun operatore, secondo la specifica professionalità, partecipa fattivamente e con senso di responsabilità al mantenimento della sicurezza e delle regole individuate nel Progetto d'Istituto. Quindi, la sicurezza intesa in senso dinamico -non identificandosi con il mero controllo-  deve avvalersi dell’apporto di tutti gli operatori, compresi quelli non appartenenti ai ruoli dell’Amministrazione della Giustizia, i quali devono concorrere in maniera integrata ad assicurarla. Pertanto, la sicurezza, nel contesto detentivo minorile, già tradizionalmente qualificato come sistema aperto, costituisce la condizione che favorisce la  realizzazione del trattamento.

Del resto già l’articolo 2 del Regolamento di esecuzione dell’ordinamento penitenziario prevede che “il mantenimento della sicurezza e del rispetto delle regole” è demandatoal personale penitenziario secondo le rispettive competenze”; così come l’articolo 4 della stessa legge richiede che “gli interventi devono contribuire alla realizzazione di una positiva atmosfera di relazioni umane e svolgersi in una prospettiva di integrazione e collaborazione”.

Non vi é dubbio che in tale prospettiva ciascun operatore partecipa alle responsabilità comuni derivanti dagli obblighi giuridici connessi ai principi della culpa in eligendo e della culpa in vigilando.

Pertanto, durante lo svolgimento di tutte le attività trattamentali e conviviali, gli ambienti devono essere lasciati aperti per quanto possibile, in particolare se il personale di polizia è presente in maniera continuativa contestualmente ad altri operatori, sia appartenenti ai ruoli all’Amministrazione della Giustizia che esterni ad essa. Il personale di polizia penitenziaria addetto alla sorveglianza opera con discrezione, assicurando presenza costante al fine di evitare ogni possibile inconveniente ed intervenendo come presenza-valore, congiuntamente ed in stretta collaborazione con gli operatori dell’area trattamentale presenti e gli operatori responsabili della conduzione delle attività, al fine di risolvere in modo tempestivo e pacifico l’insorgere di qualunque situazione conflittuale. Parimenti con discrezione viene assicurato il controllo durante i colloqui dei detenuti con gli operatori di settore, sia interni che esterni.

Laddove ritenuto opportuno, secondo la valutazione del Comandante di reparto, condivisa preventivamente con il Direttore della struttura, la sorveglianza delle attività potrà essere assegnata ad almeno una coppia di operatori di polizia penitenziaria che, coordinandosi tra loro e supervisionati dal Comandante o da un suo delegato, garantiscano un controllo dinamico attraverso frequenti passaggi nelle attività e secondo modalità che saranno dettagliate con singoli ordini di servizio.

I predetti operatori dovranno essere dotati di apparati rice-trasmittenti o altra strumentazione elettronica che consenta l’immediata comunicazione con il coordinatore di servizio.

I locali  dovranno  essere dotati di sistema di video-sorveglianza al fine di accertare, prevenire e reprimere violazioni delle regole di pacifica convivenza.

Al fine di rendere  praticabili gli orientamenti sopra delineati, si rendono necessari alcuni interventi sul piano strutturale, tecnologico ed operativo e, pertanto, le direzioni dei CGM, d’intesa con le direzioni degli Istituti Penali per i Minorenni, dovranno:

  •  presentare all'Amministrazione Centrale, entro 30 gg. dall’emanazione della  Circolare n°1/2013 e  secondo le procedure previste dalla normativa vigente, una proposta  per dotare  le strutture penitenziarie  di impianti di video sorveglianza, di automazione dei cancelli, di una sala controllo,  nonché per ottimizzare l'utilizzo degli  spazi in relazione alle esigenze della sicurezza e del trattamento. Per la definizione di tale proposta sarà costituita una commissione composta dal direttore del Centro per la Giustizia Minorile, che la presiede, dal responsabile della sicurezza del Centro (ove presente), dal direttore dell'Istituto, dal comandante di reparto e dal responsabile  dell'area tecnica. La proposta  sarà approvata dal Capo Dipartimento, d’intesa con il Direttore  Generale delle Risorse Materiali, Beni e Servizi;  
  • individuare, entro 30 gg dall’emanazione della Circolare n°1/2013,  i posti  di servizio della polizia penitenziaria sulla base del personale effettivamente a disposizione, previa decurtazione della percentuale di assenze programmabili.
    La loro identificazione, per gli evidenti profili di responsabilità correlati è rimessa ad una commissione composta dal direttore del Centro per la Giustizia Minorile, che la presiede, dal responsabile della sicurezza del Centro (ove presente), dal direttore dell'Istituto, dal comandante di reparto e dal responsabile dell'area tecnica, con approvazione finale del Capo Dipartimento d’intesa con il Direttore Generale per l’Attuazione dei Provvedimenti Giudiziari e il Direttore Generale del Personale.

                  

b) L’acquisizione, l’accessibilità, la qualità e la riservatezza delle informazioni relative ai minorenni ristretti

Centrale per la riuscita del piano trattamentale e per la costruzione di un modello di sicurezza dinamica è la costante disponibilità, per tutti gli attori del sistema, delle informazioni relative ai minorenni e/o giovani  adulti ristretti. L’informazione deve essere, come detto, costantemente disponibile e aggiornata, affidabile e accessibile pur garantendo adeguati livelli di riservatezza. La costruzione di un siffatto sistema di informazione rende tutti gli operatori responsabili dell’implementazione del sistema e della garanzia della qualità delle informazioni contenute. Il Dipartimento della Giustizia Minorile ha già predisposto il Sistema Informativo dei Servizi Minorili (SISM) quale strumento per la gestione del fascicolo informatizzato di ogni minorenne in carico:  i Direttori degli Istituti Penali per i Minorenni devono provvedere  affinchè sia  assicurato il miglior utilizzo dello strumento informatico e garantirne costante e completo aggiornamento.

In ordine, però, ad una più agevole raccolta delle informazioni che possono essere rilevate nell’interazione con i minorenni e/o giovani adulti, nell’ambito delle attività svolte dai diversi operatori o dal personale di polizia penitenziaria sarà istituito un apposito strumento informatico riservando ai Direttori degli Istituti Penali per i Minorenni la regolamentazione delle modalità di accesso e utilizzo. Nelle more potrà essere definito e utilizzato un apposito registro cartaceo regolamentando, anche in questo caso, modalità di accesso, utilizzazione e conservazione dello strumento.

L’Amministrazione Centrale si impegna a sostenere ed a uniformare lo sviluppo di adeguate tecnologie informatiche, attraverso l’Ufficio dipartimentale competente.

 

c) Il Progetto di Istituto

Il Progetto di Istituto, così come inteso nel presente disciplinare, costituisce uno strumento nuovo attraverso il quale è possibile ai Direttori degli Istituti organizzare e pianificare l’insieme dei servizi e delle attività  avviati  nell’Istituto e all’Amministrazione Centrale verificare i livelli di presa in carico garantiti in ogni Istituto Penale per i Minorenni, anche al fine di assicurare quanto  più possibile  un’omogeneità di intervento su tutto il territorio nazionale. In tal senso, il Progetto d’Istituto si connota come uno strumento del tutto nuovo e  dovrà obbligatoriamente contenere gli aspetti sotto definiti. I Direttori degli Istituti Penali per i Minorenni, al compimento dell’iter di approvazione di seguito dettagliato, predisporranno le eventuali proposte di modifica al Regolamento di Istituto, entro e non oltre 60 gg. dalla data di approvazione del Progetto d’istituto;  modifiche che dovranno essere effettuate attraverso le procedure previste dalle normative vigenti e dalle direttive dipartimentali già emanate e che qui vengono riconfermate.

Il Progetto di Istituto dovrà avere durata triennale con la previsione di verifiche  periodiche, almeno  annuali. Si ritiene fondamentale ribadire la necessità di delineare un modello di organizzazione in cui i livelli di responsabilità siano partecipati e permettano di superare la dicotomia, a volte troppo accentuata, tra la sicurezza e il trattamento.

Il Progetto di Istituto, condiviso con l’Autorità Giudiziaria Minorile competente per distretto e con il Magistrato di Sorveglianza, dovrà essere trasmesso, entro e non oltre 60 giorni dalla data della Circolare n°1/2013, dal Direttore del Centro per la Giustizia Minorile territorialmente competente, che lo avrà ratificato, alla Direzione Generale per l’Attuazione dei Provvedimenti Giudiziari per il necessario visto di conformità e relativa autorizzazione.

Completato l’iter di approvazione, sarà cura del Direttore dell’Istituto unitamente al Comandante ed al Responsabile dell’ area tecnica, rendere il Progetto immediatamente attuativo, e comunque entro e non oltre 15 gg dalla data di comunicazione del visto di conformità e relativa autorizzazione, attraverso l’emanazione di specifici ordini di servizio.

Nel progetto di Istituto dovranno essere chiaramente specificati sia il modello organizzativo che quello operativo, attenendosi a quanto di seguito dettagliato e prescritto:

Modelli organizzativi

La suddivisione dei detenuti in piccoli gruppi, come determinato con la lettera circolare n53391/2006 (cfr. punto 5.2),  si presenta valida sul piano pedagogico ed organizzativo.

Detti gruppi dovranno ispirarsi ai seguenti principi:

  1. separazione dei minorenni dai maggiorenni: l’età anagrafica tuttavia non dovrà essere l’unico criterio di riferimento e sarà l’équipe trattamentale  a valutare sulla base delle caratteristiche del soggetto (precedenti penali, appartenenza a criminalità organizzata, altro) l’assegnazione ad uno dei  due gruppi;
  2. integrazione tra le diverse etnie ;
  3. contrasto della formazione spontanea di gruppi sulla base di dinamiche di preminenza, leadership negativa e sopraffazione.

 

La suddivisione in gruppi deve essere garantita soprattutto in alcuni momenti specifici della giornata: pernottamento, consumazione dei pasti, attività ludico-ricreative non strutturate. Eccezioni a questi principi potranno essere valutate dalla Direzione, anche su proposta dell’equipe dell’Istituto o del responsabile della sicurezza e del responsabile dell’area tecnica, in presenza di situazioni particolari.

Gli Istituti di dimensioni strutturali con una capienza massima di 12/15 unità, non potendo applicare la suddivisione in gruppi per oggettivi limiti di spazio, dovranno comunque prestare particolare attenzione all’assegnazione nelle stanze secondo i predetti principi. Negli Istituti con una capienza di 15/30 unità dovrà essere applicata la suddivisione in gruppi secondo i principi citati ai punti a)b)c).

Negli Istituti di dimensioni strutturali superiori a 30/36 unità, fatti salvi i principi sopra richiamati, per la suddivisione in gruppi si dovrà rispettare anche un criterio correlato al percorso trattamentale definito secondo le fasi denominate: dell’accoglienza, della permanenza, dello sviluppo dell’autonomia.    

Ad ogni gruppo è assegnata una équipe di lavoro, composta da più operatori di diversa qualifica funzionale  (Funzionari della professionalità pedagogica, Operatori del Corpo di Polizia Penitenziaria, Assistenti di Area pedagogica, eventuali ulteriori operatori), il cui compito precipuo è la gestione congiunta della vita quotidiana del gruppo attraverso un’azione sinergica tra le funzioni educative e di custodia.

Pertanto è necessario diversificare l’articolazione dell’orario di lavoro degli operatori dell’area trattamentale (all’interno delle previsioni dei CCNL di comparto) per garantire la gestione congiunta con il personale di polizia penitenziaria della vita istituzionale, con particolare riferimento ai momenti  più significativi della giornata e della settimana ai periodi estivi e alle festività più rappresentative dell’anno.

Modelli operativi

  • Il progetto di Istituto deve prevedere anche la precisa definizione del modello operativo, da articolarsi, obbligatoriamente, in tre fasi, come sotto dettagliato. Si segnala, peraltro, anche  se non espressamente indicata quale”fase autonoma “, la necessità di porre la massima attenzione nella puntuale preparazione della dimissione del detenuto e del suo ricollocamento nel contesto famigliare e sociale.

Fase di Accoglienza : Entro le 24 ore dall’ingresso, il ragazzo, oltre a ricevere la visita del sanitario, effettua il colloquio di primo ingresso (art. 23 cc. 3, 5 R.E.) con un Operatore dell’Area trattamentale.  Al riguardo si richiamano le disposizioni di legge di cui al Regolamento di esecuzione, i contenuti della circolare n. 5391/ 2006 circa la rilevanza, le modalità e la finalità del colloquio di primo ingresso. 

In particolare, per consentire gli opportuni provvedimenti, saranno sollecitamente segnalate al Direttore e contestualmente al  Responsabile dell’area tecnica ed al Comandante di reparto, le problematiche di tossicodipendenza, di disagio psichico e tutte le situazioni o condizioni che possono essere amplificate dalla condizione detentiva. Saranno, inoltre, fornite al detenuto  informazioni relative all’organizzazione interna dell’Istituto, alla sua posizione giuridica e all’iter processuale oltre che, nel caso di soggetto in espiazione pena, informazioni sulla possibilità di accedere alle misure alternative alla detenzione ed agli altri benefici di legge. Si dovrà assicurare, altresì, la consegna al detenuto del Regolamento d’istituto e della Carta dei diritti e dei doveri dei minorenni che incontrano i Servizi Minorili della Giustizia.

Il risultato (relazione o scheda) del colloquio di primo ingresso dovrà essere tempestivamente inserito nel SISM.

Si deve evitare, se non per motivi sanitari o su disposizioni dell’Autorità Giudiziaria, di mantenere i detenuti  in stanze singole al momento dell’ingresso, curando invece, ogni volta che risulti possibile, la condivisione del locale di pernottamento. Ciò nella consapevolezza che l’isolamento da altri pari può determinare uno stato di forte apprensione ed una accentuazione del processo di spersonalizzazione già avviato con l’inserimento in un contesto comunque coattivo.

Fase di permanenza: Esplicita l’articolazione dei tempi e dei modi per la definizione del Piano educativo individualizzato (PEI), delle risorse e delle attività rese disponibili (le modalità di attivazione, in collaborazione con le agenzie territoriali, per lo svolgimento di attività di studio, di formazione professionale, di orientamento ed eventuale inserimento lavorativo nonché culturali, sportive e di tempo libero; le risposte ai bisogni che derivano dalle diversità culturali; la possibilità di svolgere attività riparatorie).

Riguardo al Piano Educativo Individualizzato si  ricorda che:

  • Non deve contenere modalità standardizzate di percorsi socio-educativi, ma un itinerario preciso di attività previste e di obiettivi di crescita, itinerario costruito a partire dall’ascolto del minore e dalla ricostruzione del suo percorso di vita; tenendo conto della sua personalità, della situazione  famigliare, del tessuto sociale di riferimento. 
  • Deve individuare un operatore socio-educativo di riferimento stabile.
  • Deve essere assicurata la presenza dei  mediatori culturali nell’équipe trattamentale per i giovani stranieri o appartenenti a minoranze etniche.
  • Deve essere predisposto dall’équipe multidisciplinare, al massimo entro trenta giorni dall’entrata del minore nell’istituto,  indipendentemente dalla misura penale applicata nei suoi confronti, in accordo con i Servizi territorialmente competenti ed  in esecuzione di quanto disposto dalla Autorità Giudiziaria Minorile.
  • Deve sempre comprendere il “patto educativo” con il minore/giovane adulto, condiviso con l’esercente la potestà genitoriale in caso di minore età,  e le regole che il minore deve rispettare.
  • Deve seguire il giovane in tutte le fasi della carcerazione anche nel caso di trasferimento presso altri istituti; pertanto all’ atto della sua prima redazione dovrà essere inserito nel SISM ed ivi aggiornato. In caso di trasferimento – o di lunga aggregazione - del giovane ad altro istituto penale, l’aggiornamento del PEI – ed il successivo inserimento nel SISM - dovrà avvenire nel più breve tempo possibile.
  • Il Piano educativo individualizzato deve indicare, altresì, gli obiettivi che si intendono raggiungere a breve (3 mesi), medio (6 mesi) e lungo termine (12 mesi) e le eventuali variazioni ed aggiornamenti devono essere inseriti nel SISM.

Fase dello sviluppo dell’autonomia: Tenendo presenti gli elementi di innovazione introdotti dall’assunzione del modello di sicurezza dinamica, sarà necessario individuare i criteri di scelta di coloro che potranno fruire delle nuove opportunità trattamentali  che includono i seguenti parametri, il mancato possesso dei quali, tuttavia, non preclude l’accesso al gruppo:

- soggetti che abbiano aderito al Piano educativo individualizzato (PEI) sviluppato nelle pregresse fasi; 

- soggetti  che non abbiano commesso reati di particolare allarme sociale;

- soggetti che per il lungo periodo di pena non presentino i presupposti per l’applicazione di misure meno afflittive.

Per tale gruppo si prevede la presenza fissa dell’agente di reparto solo in particolari momenti della giornata; il controllo avverrà attraverso il sistema di video-sorveglianza al fine di accertare, prevenire e reprimere violazioni delle regole di pacifica convivenza. Le modalità del controllo verranno definite di volta in volta, a seconda delle specifiche esigenze. Le stanze saranno aperte fino alla chiusura notturna, come da Regolamento interno.

In questa fase del percorso trattamentale  si dovrà definire anche una  modalità operativa relativa a piani di  responsabilizzazione di  detenuti che possono essere ammessi a fruire di benefici in un’ottica, già collaudata attraverso gli istituti giuridici ispirati alla probation, di previsione della differenziazione dell’intervento e dell’attenuazione delle modalità di sorveglianza.

In tale prospettiva potrà essere sperimentato un più vasto impiego degli istituti previsti dall’ordinamento penitenziario, ritenuti dalla Corte Costituzionale strumenti indispensabili per la cura degli interessi affettivi, culturali e di lavoro.

In questo modo, parallelamente al processo di crescita  e di revisione critica dei propri agiti, si riconoscono ai detenuti  maggiori spazi di sperimentazione della  responsabilità individuale, nella convinzione che tali programmi possano incidere nel breve periodo sulle attitudini dei ragazzi, riducendone l'impulsività e accrescendone il senso della disciplina e lo spirito sociale.

Attività trattamentali

Si richiama la necessità di una modulazione dell‘articolazione delle attività trattamentali nell’arco dell’intera giornata di vita istituzionale, con particolare riferimento ai periodi festivi ed estivi, in modo da evitare il più possibile pericolosi momenti di inoperosità  che possono avere pesanti ricadute sia sul singolo soggetto che sulle dinamiche di gruppo e di intergruppo (aumento degli atti di violenza, auto ed etero diretti, delle infrazioni disciplinari, dei tentativi di sopraffazione, altro). E’ indispensabile che l’offerta delle attività trattamentali risponda sempre di più alla costruzione di percorsi di orientamento e di inserimento lavorativo collegati attraverso esperienze che riproducano, per quanto possibile, la reale condizione lavorativa e rispondano alle esigenze del mercato del lavoro. A tale scopo si reputa significativo ottimizzare le risorse economiche con iniziative che prevedano attività lavorative o di avviamento al lavoro anche negli ambiti di manutenzione ordinaria e di pulizia degli ambienti per i minori e/o giovani adulti. Andranno potenziate tutte le collaborazioni con le istituzioni e con gli enti territoriali con particolare riguardo ai settori dell’istruzione e della formazione professionale, delle attività artigianali, di work experience, di giustizia ripartiva.

In considerazione della prevalente presenza di giovani adulti, si ritiene opportuno che le proposte trattamentali siano tarate sui differenti bisogni formativi e lavorativi.

La condizione detentiva deve essere improntata al rispetto di un ambiente fisico e relazionale  capace di assicurare la dignità della persona e dei suoi diritti. In quest’ottica le Direzioni degli II.PP.MM. sono tenute ad assicurare il decoro degli  spazi detentivi sia quelli strettamente personali che quelli destinati alla vita di gruppo. Una condizione detentiva dignitosa per i detenuti è strettamente correlata al miglioramento della vita lavorativa di tutti gli operatori .

Le attività trattamentali devono  essere  previste e pianificate  anche per quei minorenni presenti in Istituto temporaneamente per transiti, colloqui con famigliari o per aggravamento delle misure cautelari non detentive, così da garantire loro giornate sempre impegnate in attività educative e/o formative  e, così, dare continuità e senso al percorso trattamentale.

Sistema disciplinare

Dovranno essere definite le procedure di applicazione del sistema disciplinare  in maniera dettagliata, e portate a conoscenza dei detenuti. La sanzione, oltre e prima che essere una risposta proporzionata alla gravità dell’azione, deve promuovere un processo di responsabilizzazione nell’autore.

Il sistema disciplinare dovrà pertanto articolarsi in due fasi:

  1. intervento di responsabilizzazione;
  2. intervento  più prettamente sanzionatorio.

Si fa presente, comunque, che nel caso di infrazioni lievi non sanzionabili ai sensi dell’art. 39 o.p., per la risoluzione pacifica del conflitto, dovrà prevedersi un’ intervento trattamentale che si ponga come la fase conclusiva di un’azione dell’intero gruppo operativo tecnico a cui fa riferimento il detenuto; un’ intervento in cui siano coinvolti sia gli operatori dell’area  tecnica, sia  gli altri detenuti eventualmente implicati nell’infrazione, che il personale di polizia penitenziaria preposto stabilmente al gruppo.

In tutti gli altri casi il procedimento dovrà essere svolto in ossequio alle disposizioni di legge con il massimo rispetto della ritualità e della forma.

Le infrazioni disciplinari di qualsiasi natura richiedono una valutazione congiunta da parte dell’area tecnica e dall’area di sicurezza che effettueranno altresì gli interventi di competenza, riferendo al Direttore per le decisioni che dovrà adottare.

Si ribadisce infine la scrupolosa osservanza dell’obbligo di rapporto all’Autorità Giudiziaria dei fatti che possano avere rilievo penale.

Sistema delle ricompense

Parimenti al sistema sanzionatorio, deve essere applicato il sistema delle ricompense per riconoscere tutti quei comportamenti meritevoli di apprezzamento, così come previsto dal Regolamento di esecuzione, anche al fine di dare ai giovani un risposta istituzionale alle loro azioni positive.

Appare opportuno che per la concessione delle ricompense venga avviato un iter procedurale analogo a quello sanzionatorio.

Modalità di trasferimento giovani-adulti

Nel caso si debba trasferire un giovane nella struttura per adulti, per il proseguimento dell’esecuzione della misura,  nel ribadire i  contenuti della  circolare dipartimentale prot. n°22542  del 26 luglio 2012, si puntualizza che le  richieste di trasferimento da inoltrare al PRAP dovranno essere formulate con congruo anticipo rispetto ai tempi previsti, corredate da informazioni sanitarie e socio familiari, sul livello d’istruzione, di specifiche e particolari condizioni, del numero e tipologia delle infrazioni disciplinari rapportate. Condizione imprescindibile affinché tali informazioni siano  puntuali è il costante raccordo con l’Ufficio di Servizio Sociale per i Minorenni, sia del luogo di provenienza del giovane (in caso di trasferimento) sia di quello territorialmente competente.

Movimentazione extradistrettuale di detenuti

Riguardo alle movimentazioni extradistrettuali, nel richiamare quanto già disposto con le circolari:  prot.n.°26533 del 14 settembre 2000, prot.n.°38523 del 31 dicembre 2002, prot.n. 5391 del 17 febbraio 2006, prot.n. 36280  del 4 dicembre 2009, prot.n.°1328 del 31 marzo 2011, si ribadisce che, nei casi non espressamente previsti dalla normativa vigente, le richieste di trasferimento devono rivestire carattere di eccezionalità. In particolare, si riafferma che  la gestione dei detenuti di “difficile governo”, come più volte ribadito nelle precedenti disposizioni dipartimentali (prot.n. 5391 del 17 febbraio 2006, prot.n.36280 del 14 dicembre 2009, prot.n. 15775 del 17 maggio 2010) dovrà essere “prioritariamente” risolta all’interno del distretto di provenienza.

In ogni caso, le richieste di trasferimento devono essere sempre corredate da aggiornata documentazione tecnica, dalla posizione  giuridica, dalla valutazione dell’equipe in merito alla capacità/opportunità del detenuto di affrontare l’inserimento in un diverso contesto territoriale ed istituzionale. L’invio cartaceo della predetta documentazione potrà non essere effettuato se tale documentazione fosse già presente nel SISM; in tal caso è necessario che nell’istanza di trasferimento si faccia esplicito rinvio alle informazioni e alle relazioni inserite in detto Sistema Informatizzato. 

Sanità penitenziaria

Il trasferimento della medicina penitenziaria al Servizio Sanitario Nazionale rende indispensabile un fattivo impegno al fine di attivare i servizi sanitari competenti per l’immediata presa in carico del soggetto all’atto dell’ingresso, al fine di assicurare il benessere psico-fisico dello stesso, realizzare percorsi terapeutici, anche di tipo psicologico e specialistico: quali percorsi di prevenzione integrati mirati all’educazione della salute, dei disturbi del comportamento alimentare, del rischio suicidiario, dell’uso e degli effetti delle sostanze psicotrope, dell’affettività e sessualità e della genitorialità responsabile.

Istituto Penale per Minorenni e Sezioni femminili

L’organizzazione generale degli istituti e delle sezioni femminili, deve garantire le pari opportunità previste ed attivate nei confronti dell’utenza maschile, tenendo conto, comunque, delle peculiarità di genere.

Infatti, dovranno essere attivate tutte quelle iniziative volte all’accoglienza di ragazze madri o in stato di gravidanza, non soltanto dal punto di vista sanitario ma anche dell’opportuno sostegno all’infanzia.

Ove la sezione femminile insista in un Istituto Penale per i Minorenni, dovendo garantire alle ragazze la pari opportunità di fruizione di attività trattamentali, laddove per il ridotto numero di presenze non sia razionale in termini di rapporto costi/benefici duplicare locali debitamente attrezzati, le giovani dovranno fruire di alcuni locali (biblioteca, palestra...) in orari differenziati rispetto a quelli previsti per i giovani.

Particolare attenzione deve essere posta all’adeguamento degli spazi in funzione della possibile presenza di bambini da 0 a 3 anni, con la creazione, quindi, di spazi ludico ricreativi attrezzati per i bambini di tale età.

La popolazione detenuta femminile necessita di cure e attenzioni da definire attraverso programmi mirati tra le strutture minorili e le aziende sanitarie competenti. In particolare si devono strutturare corsi di informazione sulla salute, rinviando alle indicazioni contenute nelle “Linee di indirizzo per gli interventi del servizio sanitario nazionale a tutela dei detenuti negli istituti penitenziari e dei minorenni sottoposti a provvedimento penale” – Allegato A al DPCM 1.4.2008.

L’orario di servizio e di lavoro

L’Istituto Penale per i Minorenni garantisce il suo funzionamento nell’arco delle 24 ore.

L’orario di lavoro, in forma coordinata ed integrata, del personale del comparto ministeri, della Polizia Penitenziaria e dell’eventuale personale in convenzione, deve assicurare il corretto funzionamento delle attività istituzionali . In particolare deve prevedere:

  1. la presenza di personale dell’area trattamentale dalle ore 8.00 alle ore 20.00 di tutti i giorni feriali e prefestivi, e dalle ore 8.00 alle ore 14.00 dei giorni festivi;
  2. la presenza di personale di polizia penitenziaria, ottimizzando l’impiego anche delle cosiddette cariche speciali, nelle 24 ore dei giorni feriali e festivi.

Nell’ambito della contrattazione decentrata  potranno essere  adottate  forme di flessibilità tali da garantire comunque la presenza nelle fasce orarie sopra indicate.

                                                                    

Il Capo Dipartimento

Caterina Chinnici

Il Direttore Generale per l'attuazione dei provvedimenti giudiziari

Serenella Pesarin

 

DISCIPLINARE N° 3

CENTRI DI PRIMA ACCOGLIENZA, COMUNITA’ MINISTERIALI E CENTRI DIURNI

Allegato 3 alla Circolare del Capo Dipartimento n° 1 del 18 marzo 2013: “Modello d’intervento e revisione dell’organizzazione e dell’operatività del Sistema dei Servizi Minorili della  Giustizia “

 

Il presente disciplinare integra gli elementi già definiti ed indicati nella Circolare del 28.12.2006 n. 37326 “Modello organizzativo, operativo funzionale e strutturale dei Centri di Prima Accoglienza” e nella Circolare del 16.06.2004 n. 19259 “Organizzazione e gestione tecnica delle Comunità dell’Amministrazione”, così da garantire più elevati standard dei Servizi Minorili agendo anche sulle modalità di funzionamento delle strutture e sui modelli organizzativo/gestionali.

Integrazioni al modello organizzativo dei Centri di Prima Accoglienza

Tenuto conto dei flussi di utenza, della struttura, anche in relazione all’eventuale compresenza di altro Servizio, della consistenza del personale e della prioritaria necessità di garantire un’adeguata attuazione territoriale ai provvedimenti disposti dall’Autorità Giudiziaria, si determinano le direttrici principali di un nuovo assetto organizzativo per il Servizio di CPA.

A tal fine vengono individuate le seguenti tipologie funzionali:

  • Servizio CPA autonomo
  • Servizio CPA a chiamata
  • Servizio CPA in Comunità Ministeriale
  • Servizio CPA in “Centro Polifunzionale”.

Il Servizio di CPA “autonomo” (presenza di strutture specifiche con numero rilevante di ingressi) si organizza secondo i seguenti orientamenti:

  • direzione autonoma con assegnazione e gestione del personale educativo, amministrativo e di Polizia Penitenziaria;
  • reparto di Polizia Penitenziaria con relativo Comandante di reparto;
  • definizione di progettualità socio-educative di assistenza e vigilanza coerenti con la finalità istituzionali, i tempi della permanenza e gli spazi del Centro;
  • stipula di accordi con il PRAP per l’eventuale impiego di personale di Polizia Penitenziaria di supporto nelle traduzioni e piantonamenti, nonché di personale femminile.

Il Servizio di CPA “a chiamata” nelle situazioni in cui la struttura è “adiacente” all’IPM, si organizza secondo i seguenti orientamenti:

  • direzione unificata IPM/CPA che è unica responsabile della gestione del personale educativo, amministrativo e di Polizia Penitenziaria;
  • attivazione del Servizio all’ingresso di minori;
  • unicità del Reparto di Polizia Penitenziaria costituito presso la Direzione unificata;
  • flessibilità dell’organizzazione del lavoro per garantire che il posto di servizio della vigilanza del minore sia coperto esclusivamente in caso di presenza di minori in CPA;
  • flessibilità dell’organizzazione del lavoro per garantire che l’intervento trattamentale sul minore sia effettuato esclusivamente in caso di presenza di minori in CPA;
  • incarichi di servizio della Polizia Penitenziaria per funzioni inerenti il servizio CPA (es. presenza in udienza di convalida), garantiti esclusivamente per lo svolgimento della specifica attività istituzionale, prevedendo il reimpiego immediato del personale in IPM al termine della stessa;
  • unificazione delle aree operative-funzionali (area tecnica, amministrativa, contabile, altro) e di  servizio ( portineria, matricola, traduzioni, uffici, altro);
  • definizione di progettualità socio educative di assistenza e vigilanza coerenti con le priorità definite nel Progetto del Servizio e comunque limitate allo stretto indispensabile;
  • stipula di accordi con il PRAP per l’eventuale impiego di personale di Polizia Penitenziaria di supporto nelle traduzioni e piantonamenti, nonché di personale femminile.

Il Servizio di CPA in “Comunità Ministeriale” (anche con trasformazione delle attuali strutture di CPA, idonee e con numero ridotto di ingressi, in Comunità ministeriali) si organizza secondo i seguenti orientamenti:

  • direzione di Comunità;
  • esecuzione delle disposizioni dell’Autorità Giudiziaria a seguito di arresto in flagranza, fermo o accompagnamento ai sensi dell’art.18 – D.P.R.448/88;
  • presenza di solo personale educativo e amministrativo; l’eventuale, eccezionale presenza di Personale di Polizia penitenziaria assicura primariamente funzioni di vigilanza, di accompagnamento dei minori in custodia cautelare o in misura di sicurezza e di attività di polizia giudiziaria;
  • definizione di progettualità socio-educative di assistenza e vigilanza limitate ad obiettivi specifici definiti nel progetto del Servizio;
  • utilizzo del personale del Comparto Ministeri per l’accompagnamento del minore che, a seguito dell’udienza di convalida, venga sottoposto a misura cautelare non detentiva, salvo diversa disposizione dell’Autorità Giudiziaria;
  • utilizzo del personale di Polizia Penitenziaria, per l’accompagnamento del minore che, a seguito dell’udienza di convalida, venga sottoposto a custodia cautelare;
  • traduzioni in IPM a carico del personale di Polizia Penitenziaria dell’IPM di destinazione;
  • stipula di accordi con il PRAP per l’eventuale supporto di personale di Polizia Penitenziaria per eventuali accompagnamenti/traduzioni.

Il Servizio di CPA in “Centro Polifunzionale” – comprendente Istituto Penale, Centro di Prima Accoglienza, Comunità e, ove previsto, il Centro Diurno si organizza secondo i seguenti orientamenti:

  • direzione unificata nell’ambito del Centro Polifunzionale che è unica responsabile della gestione del personale educativo, amministrativo e di Polizia Penitenziaria;
  • attivazione del Servizio CPA “a chiamata”, in caso di ingresso di minori arrestati, fermati o accompagnati;
  • unicità del Reparto di Polizia Penitenziaria costituito presso la Direzione unificata;
  • flessibilità dell’organizzazione del lavoro per garantire che il posto di servizio della vigilanza del minore sia coperto esclusivamente in caso di presenza di minori in CPA;
  • flessibilità dell’organizzazione del lavoro per garantire che l’intervento trattamentale sul minore sia effettuato esclusivamente in caso di presenza di minori in CPA;
  • incarichi di servizio della Polizia Penitenziaria per funzioni inerenti il servizio CPA (es. presenza in udienza di convalida), garantiti esclusivamente per lo svolgimento della specifica attività istituzionale, prevedendo il reimpiego immediato del personale in IPM al termine della stessa;
  • unificazione delle aree operative-funzionali (area tecnica, amministrativa, contabile, altro) e di  servizio ( portineria, matricola, traduzioni, uffici, altro);
  • definizione di progettualità socio educative di assistenza e vigilanza limitate ad obiettivi specifici definiti nel Progetto del Servizio.

Con il sopra indicato assetto organizzativo si garantisce alla Magistratura la possibilità di eseguire i provvedimenti di arresto, fermo ed accompagnamento in strutture ministeriali diversificate oltre alla possibilità già presente di eseguire i provvedimenti presso le comunità del privato sociale.

L'azione del Sistema Servizi nel modello dinaminco

Il modello organizzativo sopra individuato corrisponde all’esigenza di rafforzare il Sistema dei Servizi della Giustizia, per meglio configurare l’azione nei confronti del minore durante il suo iter penale, anche attraverso una stretta collaborazione con gli Enti locali che contribuiscono alla realizzazione dei molteplici interventi finalizzati al reinserimento sociale.

La sfida a superare la settorialità dell’intervento si concretizza nella piena realizzazione di un sistema integrato dei servizi che centri sul percorso del minore la sua azione, attraverso un intervento dinamico che si caratterizzi per condivisione degli obiettivi, flessibilità operativa e partecipazione responsabile da parte di tutti gli attori del sistema.

Richiede, inoltre, una complessiva azione di comunicazione e di interessamento della  Magistratura Minorile, oltreché un’ampia apertura al territorio, capace di attivare collaborazioni atte a garantire risorse ed opportunità calibrate sulle specifiche esigenze dei minori presenti in CPA, Comunità Ministeriale o Centro diurno.

In tale ottica appare determinante ed imprescindibile l’azione dell’Ufficio di Servizio Sociale per i Minorenni nella costruzione del progetto socio-educativo, garantendo la presa in carico dall’ingresso nella struttura residenziale e la continuità dell’intervento durante tutto l’iter penale.

Per tutte le modalità di servizio indicate, la Direzione assicura la piena funzionalità del Servizio (CPA, CPA-Comunità, Comunità, Centri diurni), garantendo l’interconnessione operativa anche attraverso il collegamento con il competente Centro per la Giustizia Minorile.

Compiti specifici della Direzione sono:

  • mantenimento di rapporti costanti ed accordi operativi con l’Autorità Giudiziaria Minorile;
  • scrupolosa osservanza dell’obbligo di rapporto all’Autorità Giudiziaria dei fatti che possono avere rilievo penale;
  • elaborazione del progetto del Servizio, integrando le modalità operative laddove presenti più Servizi, per ottimizzare e razionalizzare le risorse esistenti e assicurare le attività istituzionali e la funzionalità dei Servizi;
  • organizzazione dell’orario di lavoro del personale civile dell’amministrazione, dei turni di servizio del personale di Polizia Penitenziaria, ove operanti, d’intesa con il Responsabile dell’area trattamentale e del Comandante di reparto;
  • verifica e controllo dell’osservanza dell’ordine e della disciplina, oltre che della sicurezza dell’utenza e del personale;
  • assegnazione dei minori agli operatori;
  • verifica dell’esatta applicazione delle normative di settore, delle disposizioni dipartimentali, del Centro per la Giustizia Minorile competente e delle regolamentazioni interne;
  • verifica e controllo delle attività interne poste in essere da personale esterno, volontari, operatori in convenzione, tirocinanti.

Il Progetto di Servizio CPA e di Comunità Ministeriale

Per ogni Servizio di CPA, in attuazione delle finalità, dei compiti specifici e del modello organizzativo individuato, viene elaborato un “Progetto di Servizio CPA” che definisce, in relazione all’utenza ed alle risorse disponibili:

  • la funzionalità e la flessibilità delle modalità operative di intervento;
  • la circolazione delle informazioni;
  • l’attuazione degli interventi multidisciplinari e multidimensionali;
  • le modalità di coinvolgimento della famiglia e degli enti territoriali.

Nel “Progetto di Servizio CPA” devono essere specificati:

  • l’organizzazione e le modalità di funzionamento del Servizio;
  • le attività di accoglienza, presa in carico e gestione della permanenza;
  • le attività in vista delle dimissioni;
  • le modalità di collaborazione interne e con le istituzioni esterne.

Nel “Progetto di Comunità Ministeriale”, oltre a quanto sopra previsto per il “Progetto di Servizio CPA”, per i minori collocati in misura cautelare, devono essere specificati:

  • le modalità di attuazione dell’intervento educativo in relazione all’impegno del minore nella gestione quotidiana della comunità e nelle attività socialmente utili, da realizzare in collaborazione con enti pubblici e privati;
  • le condizioni di realizzazione e fruizione di attività, interne ed esterne, di tipo scolastico e formativo, di orientamento professionale e di avviamento al lavoro;
  • le modalità operative individuate rispetto all’elaborazione, attuazione e realizzazione del PEI (Piano Educativo Individualizzato).

I Progetti di Servizio CPA e i Progetti di Comunità Ministeriale, così come intesi nel presente Disciplinare, costituiscono lo strumento nuovo attraverso il quale è possibile ai Direttori del CPA o della Comunità Ministeriale organizzare e pianificare l’insieme dei servizi e delle attività avviati e all’Amministrazione Centrale verificare i livelli di presa in carico garantiti, anche al fine di assicurare quanto più possibile omogeneità di intervento su tutto il territorio nazionale. In tal senso, i Progetti  si connotano come uno strumento del tutto nuovo e dovranno obbligatoriamente contenere gli aspetti sopra definiti.

I Direttori dei CPA e delle Comunità Ministeriali, al compimento dell’iter  di approvazione  di seguito dettagliato, predisporranno le eventuali proposte di modifica al Regolamento di Servizio, entro e non oltre sessanta giorni dalla data di approvazione del Progetto di Servizio;  modifiche che dovranno essere effettuate attraverso le procedure previste dalle normative vigenti e dalle direttive dipartimentali già emanate e che qui vengono riconfermate.

I Progetti di Servizio CPA e i Progetti di Comunità Ministeriale avranno durata triennale con  la previsione di verifiche  periodiche, almeno  annuali.

I Progetti di Servizio CPA e i Progetti di Comunità Ministeriale, condivisi con l’Autorità Giudiziaria Minorile competente per distretto e con il Magistrato di Sorveglianza, dovranno essere presentati al Direttore del CGM e da questi trasmessi, dopo l’approvazione, alla Direzione Generale per l’attuazione dei provvedimenti giudiziari per il necessario visto di conformità.

Completato l’iter di approvazione sarà cura del Direttore del Servizio rendere il Progetto immediatamente attuativo, e comunque entro e non oltre 15 gg dalla data di comunicazione del visto di conformità, attraverso l’emanazione di specifici ordini di servizio.

Il Progetto Educativo Individuale

Il P.E.I. deve essere inteso quale “patto educativo” tra il minore e gli operatori della struttura, affinché il minore sia protagonista attivo del percorso ipotizzato e soggetto consapevole e responsabile nella relativa attuazione.

Il P.E.I. deve prevedere azioni che favoriscano:

  • il processo di crescita e di responsabilizzazione;
  • il rispetto del sé e degli altri;
  • l’educazione alla cura del sé;
  • l’educazione alla cittadinanza attiva;
  • l’esercizio del diritto/dovere alla salute, all’istruzione e alla formazione;
  • lo sviluppo di competenze personali, mediative, conciliative e sociali che prevengano le recidive e l’insorgere di comportamenti violenti e conflittuali.

Per l’attuazione del progetto educativo è necessario:

  • motivare e sostenere il ragazzo a proseguire il percorso avviato;
  • motivare il minore ad usufruire dei servizi del territorio in grado di dare supporto al nuovo progetto di vita ed eventualmente predisporre l’invio del ragazzo agli stessi individuando percorsi specifici per i minori non accompagnati;
  • condividere con la famiglia il progetto avviato per un’azione congiunta e congrua rispetto agli obiettivi prefissati.

La Sicurezza dinamica

La gestione della permanenza del minore richiede un’attività partecipata di controllo volta ad assicurare la presenza del minorenne fino all’udienza di convalida e l’ordinato svolgimento della vita comunitaria.

E’ compito di tutti gli operatori dell’amministrazione condividere, in modo responsabilizzante, con tutti coloro che a vario titolo operano nella struttura, la necessità che i minori:

  • non si allontanino dalla struttura;
  • non mettano in atto gesti auto ed etero – lesivi;
  • non commettano reati;
  • rispettino le regole di vita comune, dell’ordine e della disciplina.

Nel modello organizzativo sopra definito, il funzionario della professionalità pedagogica è la figura centrale per il minore in stato di arresto, fermo o accompagnamento, garantendo anche la continuità dei percorsi  nel caso di disposizione di misura cautelare in comunità (art. 22 D.P.R. 448/88) o di custodia cautelare (art. 23 D.P.R. 448/88) qualora la struttura ricevente sia nello stesso plesso architettonico. Tale continuità deve prevedersi anche per l’assistente di area pedagogica nella sua azione di supporto al funzionario.

Nei CPA il ruolo della Polizia Penitenziaria assume una duplice valenza nelle attività di vigilanza e nello sviluppo di una più attenta competenza nell’ambito dell’osservazione e trattamento dei minori, così da fornire all’équipe un ulteriore contributo di conoscenza.

Gli operatori di Polizia Penitenziaria concorrono al raggiungimento degli obiettivi del servizio, integrandosi con le altre figure professionali nell’accoglienza e nell’attività di trattamento.

Per le Comunità Ministeriali dovrà prevedersi l’accertamento di avvenuta perquisizione da parte delle Forze dell’Ordine che accompagnano il minore e la sottoscrizione di apposita dichiarazione da parte delle stesse, da allegare alla registrazione dell’ingresso; nel caso in cui il minore non sia stato ancora perquisito, si dovrà richiedere la perquisizione in loco alle Forze dell’Ordine che accompagnano il minore.

Per la piena funzionalità del Servizio è possibile attivare progettualità educative e di vigilanza attraverso convenzioni esterne, secondo le modalità previste dalla normativa vigente.

La Direzione, d’intesa con la Direzione del CGM, dovrà operare pertanto un’attenta analisi organizzativa che tenga conto di tutto il personale in servizio per definire l’assetto funzionale limitando il ricorso all’utilizzo di progettualità a titolo oneroso.

In attuazione del D.P.C.M. 1° aprile 2008 è necessario definire accordi e/o aggiornare i protocolli operativi con le Aziende Sanitarie locali per rispondere adeguatamente ai bisogni di cura dei minori. La visita medica è da effettuarsi nel più breve tempo possibile, al massimo entro le 12 ore dall’ingresso del minore, ed è mirata ad accertare le sue condizioni di salute, ad evidenziare la presenza di traumi, di malattie contagiose o di assunzioni di sostanze stupefacenti, a tutela della salute del minore stesso e del gruppo di convivenza, nonché a predisporre le azioni opportune in caso di presenza di problematiche sanitarie.

E' importante l'utilizzo di strumentazioni tecnologiche, quali gli impianti di videosorveglianza, che possono coadiuvare il controllo degli spazi, costituire un deterrente per possibili azioni trasgressive e favorire un ordinato svolgimento delle funzioni istituzionali.

La circolarità delle informazioni

E’ altresì fondamentale l’aggiornamento, la circolazione e la condivisione delle informazioni sulla vita del Servizio e sui minorenni in esso presenti.

A tale scopo si ritiene necessario che ogni Servizio:

  • consegni al minore al momento dell’ingresso nella struttura il “Regolamento di Servizio”, (vds. circolari n. 37326 del 28.12.2006 “Modello organizzativo, operativo funzionale e strutturale dei Centri di Prima Accoglienza” e n. 19259 del 16.06.2004 “Organizzazione e gestione tecnica delle Comunità dell’Amministrazione”);
  • consegni al minore al momento dell’ingresso nella struttura la “Carta dei diritti e dei doveri dei minorenni che incontrano i Servizi Minorili della Giustizia”;
  • istituisca un registro informativo sulla vita quotidiana per favorire la circolarità delle notizie tra gli operatori;
  • curi l’aggiornamento dei fascicoli dei minori e la registrazione delle informazioni e della documentazione sul sistema SISM.

L’orario di servizio e di lavoro

Il CPA e la Comunità garantiscono di norma il loro funzionamento nell’arco delle 24 ore.

L’orario di lavoro, in forma coordinata ed integrata, del personale del comparto ministeri, della Polizia Penitenziaria e in convenzione, deve assicurare il corretto funzionamento delle attività istituzionali il cui orario di servizio è così stabilito:

  • Per il Servizio CPA autonomo, nelle 24 ore in relazione alla presenza effettiva di minori e comunque con la reperibilità nelle 24 ore.
  • Per il Servizio CPA a chiamata, nei momenti di effettiva presenza dei minori e mediante l’impiego, nell’immediato, del personale presente nella struttura principale.
  • Per il Servizio CPA in Comunità Ministeriale, nei momenti di effettiva permanenza dei minori, con la presenza di personale dell’area trattamentale dalle ore 8.00 alle ore 20.00 di tutti i giorni feriali e prefestivi e dalle ore 8.00 alle ore 14.00 dei giorni festivi e con la presenza di personale di vigilanza nelle 24 ore.
  • Per il Servizio CPA in “Centro Polifunzionale”, nei momenti di effettiva presenza dei minori e mediante l’impiego, nell’immediato, del personale presente nella struttura principale.
  • Per le Comunità Ministeriali, nei momenti di effettiva permanenza dei minori, con la presenza di personale dell’area trattamentale dalle ore 8.00 alle ore 20.00 di tutti i giorni feriali e prefestivi e dalle ore 8.00 alle ore 14.00 dei giorni festivi e con la presenza di personale di vigilanza nelle 24 ore.

La contrattazione locale può, nell’organizzazione dettagliata dell’orario di lavoro, individuare forme di flessibilità tali da garantire comunque la presenza nelle fasce orario sopra indicate.

I Centri Diurni

Il Centro Diurno viene previsto, laddove possibile, annesso alla Comunità Ministeriale per offrire attività dirette ai minori e giovani-adulti del circuito penale, con possibilità di accoglienza di minori in situazione di devianza, disagio sociale e a rischio, non sottoposti a procedimenti penali.

La Direzione ed il personale sono quelli della Comunità Ministeriale presso cui è annesso.

Il Centro Diurno si configura come un Servizio non residenziale che si propone l’accoglienza diurna dei minori sottoposti a provvedimenti penali. Opera con operatori istituzionali e di cooperative sociali ed associazioni del privato sociale.

Presso il Centro Diurno sono attivi:

  • programmi educativi, di studio e di formazione lavoro;
  • attività ludico-ricreative, sportive e di animazione;
  • laboratori artigianali, informatici e di formazione professionale.

Presso il Centro Diurno possono essere svolte attività inerenti l’esecuzione di misure alternative e sostitutive alla detenzione.

Il Centro Diurno attiva un rapporto istituzionale con gli Enti Locali per il reperimento di risorse utili per il trattamento, con il Privato Sociale nell’ottica di reperire e realizzare risorse utili per il trattamento interno ed esterno, con il Volontariato per favorire la partecipazione della comunità esterna al trattamento, con il Centro Territoriale Permanente per la realizzazione dei corsi scolastici interni.

Disposizioni finali e transitorie

L’Amministrazione Centrale procederà, con provvedimento del Capo del Dipartimento, all’attribuzione a ogni Centro di Prima Accoglienza di una delle tipologie di funzionamento individuate nel presente disciplinare.

Al fine di rendere praticabili gli orientamenti sopra delineati, le direzioni dei CGM, d’intesa con le direzioni dei Servizi minorili interessati, dovranno:

  • per le Comunità Ministeriali e per i Servizi CPA autonomo - presentare all'Amministrazione Centrale, entro i 30 giorni successivi all’atto con il quale l’Amministrazione centrale individua per ogni attuale CPA e Comunità la tipologia di funzionamento indicata nel presente disciplinare, una proposta per dotare le strutture di impianti di video sorveglianza e di automazione dei cancelli nonché per ottimizzare l'utilizzo degli  spazi in relazione alle esigenze della sicurezza e del trattamento. Tale proposta, che  deve prevedere anche l’attivazione di una postazione di controllo, sarà ratificata dal Capo Dipartimento con il supporto della Direzione Generale delle Risorse Materiali, Beni e Servizi; 
  • per i Servizi CPA autonomo - individuare, entro i 30 giorni successivi all’atto con il quale l’Amministrazione centrale lo ha individuato come tale tra le tipologie di funzionamento indicate nel presente disciplinare, i posti  di servizio della Polizia Penitenziaria sulla base del personale effettivamente a disposizione, previa decurtazione della percentuale di assenze  programmabili. La loro identificazione, per gli evidenti profili di responsabilità correlati è rimessa ad una commissione composta dal direttore del Centro per la Giustizia Minorile, che la presiede, dal responsabile della sicurezza del Centro (ove presente), dal direttore del CPA, dal Comandante di reparto e dal responsabile  dell'area tecnica, con ratifica finale ad opera del Capo Dipartimento con il supporto della Direzione Generale Attuazione Provvedimenti Giudiziari e della Direzione Generale del Personale.

L’avvio del processo di revisione completa dei Progetti di Servizio CPA e dei Progetti di Comunità Ministeriale con i relativi Regolamenti di Servizio dovrà essere avviato entro i 30 giorni successivi all’atto con il quale l’Amministrazione centrale individua per ogni attuale CPA e Comunità la tipologia di funzionamento indicata nel presente disciplinare.

 

                                                                      

Il Capo Dipartimento

Caterina Chinnici

Il Direttore Generale per l'attuazione dei provvedimenti giudiziari

Serenella Pesarin

 

 

DISCIPLINARE N° 4

COLLOCAMENTI IN COMUNITA' AUTORIZZATE

Allegato 4 alla Circolare del Capo Dipartimento n° 1 del 18 marzo 2013: “Modello d’intervento e revisione dell’organizzazione e dell’operatività del Sistema dei Servizi Minorili della  Giustizia “

 

Il presente disciplinare, in riferimento al corpus normativo esistente, si prefigge la finalità di presentare le direttive e gli orientamenti nell’utilizzo delle Comunità esterne all’Amministrazione per i collocamenti dei minorenni sottoposti a provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria, definendo le procedure, le competenze e le collaborazioni tra i Servizi Minorili e tra questi ultimi e le Comunità del territorio.

La Comunità è il Servizio Minorile finalizzato all’applicazione degli artt. 18 comma 2, 18 bis, 22 e 36-37 del DPR 448/88. Può, inoltre, essere utilizzata, pur in assenza di riferimenti normativi espliciti, in associazione all’art. 28 DPR 448/88 ed agli artt. 47, 47 bis e 47 ter della Legge n. 354/75.

Negli ultimi anni, da una parte l’incremento delle richieste di collocamento in comunità e il cambiamento della tipologia dell’utenza per la quale è richiesto tale tipo di intervento, che sempre più frequentemente necessita di strutture di tipo specialistico, e dall’altra il mutamento dei riferimenti normativi nazionali e regionali, hanno determinato la necessità di procedere ad una “ridefinizione” delle prassi operative.

 

Procedure per l’attuazione dei collocamenti in Comunità autorizzate

 

  1. Riferimenti normativi

Le competenze per l’inserimento dei minori in comunità sono attribuite dalle norme vigenti ai Centri per la Giustizia Minorile.

Nel corso degli anni l’emanazione di nuove regole, con particolare riferimento alla Legge n. 328/2000, al DPCM 1.04.08 e alla Riforma del Titolo V della Costituzione, ha contribuito a modificare, rendendolo più composito, il quadro normativo di seguito indicato entro il quale  si delineano le competenze organizzative e procedurali.  

  • DPR 28 giugno 1955, n. 1533 – Decentramento dei servizi del Ministero di grazia e giustizia relativi agli istituti di prevenzione e pena;
  • DPR n. 448 del 22 settembre 1988;
  • D. l.vo 28 luglio 1989 n. 272, Art. 10;
  • Legge n. 354/75 (Ordinamento Penitenziario)
  • Legge n. 328/2000;
  • Legge 149/2001;
  • D.M. n. 308, 21 maggio 2001;
  • Legge 21 febbraio 2006 n. 49 “Disposizioni per favorire il recupero di tossicodipendenti” (modifiche al DPR 309/90).

Sono parte integrante del quadro normativo di riferimento anche le Circolari già disposte dall’ex Ufficio Centrale per la Giustizia Minorile e dal Dipartimento per la Giustizia Minorile.

 

  1. Il  ricorso al collocamento in comunità

Nelle Comunità si assicura l’esecuzione dei provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria nei confronti dei minorenni autori di reato nelle seguenti ipotesi:

  • arresto o fermo ai sensi dell’art.18 comma 2, DPR 448/88;
  • accompagnamento ai sensi dell’art.18 bis, DPR 448/88;
  • applicazione della misura cautelare del collocamento in comunità ai sensi dell’art. 22, DPR 448/88;
  • gravi e ripetute violazioni degli obblighi imposti dall’Autorità Giudiziaria nell’ambito della misura cautelare della permanenza in casa, ai sensi dell’art. 21, comma 5, DPR 448/88;
  • applicazione della misura di sicurezza del riformatorio giudiziario, ai sensi degli artt. 36 e 37 del DPR 448/88.

L’Autorità Giudiziaria, inoltre, può disporre che l’esecuzione avvenga in comunità nei seguenti casi:

  • sospensione del processo e messa alla prova, art. 28 comma 2  DPR 448/88;
  • affidamento in prova al Servizio Sociale ai sensi dell’art. 47 e 47 bis Legge n. 354/75 (Ordinamento Penitenziario);
  • detenzione domiciliare di persona di età inferiore agli anni 21 per comprovate esigenze di salute, di studio, di lavoro e di famiglia, art. 47 ter Legge n. 354/75 (Ordinamento Penitenziario).

In questi ultimi casi, sebbene non previsto esplicitamente dalla norma, l’Autorità Giudiziaria può disporre che il minorenne soggiorni all’interno di una comunità.

Il collocamento avviene in presenza di condizioni di rischio o di accertato pregiudizio del minore, in assenza di riferimenti parentali (minore straniero non accompagnato), in particolari condizioni di salute del minore (comunità terapeutica per il trattamento della dipendenza da sostanze o per disturbi di tipo psichiatrico).

 

  1. L’individuazione, il monitoraggio e il controllo delle Comunità operanti sul territorio distrettuale

Il Centro per la Giustizia Minorile individua, in collaborazione con i Servizi Minorili, le Comunità utilizzabili presenti sul territorio distrettuale sulla base del possesso dei requisiti che sanciscono, in base alle normative regionali, l’autorizzazione e l’accreditamento dei servizi di tutela, protezione e cura del minorenne.

Con la Comunità si può stipulare, se ritenuto necessario, una convenzione con la quale sono disciplinati i rapporti e i termini di esecuzione dei collocamenti.

Il Centro per la Giustizia Minorile, competente per territorio, aggiorna l’elenco delle Comunità convenzionate presente sul sistema SISM – Anagrafe delle Comunità.

Le attività di monitoraggio e di controllo delle Comunità sono attribuite a “Gruppi di monitoraggio delle Comunità” istituiti presso i CGM, e composti da operatori del Servizio Tecnico e da operatori esperti indicati dalle Direzioni degli Uffici di Servizio Sociale per i Minorenni dei vari distretti di competenza.

Il “Gruppo di monitoraggio delle Comunità” effettua visite di controllo, anche senza preavviso, presso le strutture convenzionate, recependo anche le eventuali indicazioni e valutazioni dei Servizi socio – sanitari degli Enti Locali e delle Aziende sanitarie regionali.

Nel corso delle visite il gruppo verifica la sussistenza dei requisiti funzionali ed organizzativi delle Comunità e acquisisce la necessaria documentazione: autorizzazioni al funzionamento, progetto quadro, progetti educativi individuali, organigramma, carta dei servizi.

Al termine di ciascuna visita il gruppo redige una relazione tecnica che viene consegnata al Direttore del Centro. Le relazioni restano agli atti del Servizio Tecnico nei rispettivi fascicoli delle Comunità.

         3.1   Caratteristiche strutturali della comunità

L’art. 10, comma 2 del Decreto legislativo 28 luglio 1989 n. 272 – “Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del DPR 448/88” regola l’organizzazione e la gestione delle Comunità.

Esse “devono rispondere ai seguenti criteri”:

  • Organizzazione di tipo familiare;
  • Presenza di operatori con professionalità riconosciuta;
  • Presenza di minori non sottoposti a provvedimento penale;
  • Capienza massima di 10 unità;
  • Attuazione di progetti educativi individualizzati (PEI);
  • Utilizzo delle risorse del territorio.

Le caratteristiche strutturali sono definite e regolamentate da specifica normativa regionale, che prevede il rilascio dell’autorizzazione e/o accreditamento, secondo parametri determinati a livello di standard regionali. Pertanto è necessario che il Gruppo di Monitoraggio collabori con gli organismi regionali e locali deputati al rilascio delle autorizzazioni specifiche.

        3.2 Documentazione inerente le comunità

Per ogni Comunità occorre acquisire la seguente documentazione:

  • copia dell’autorizzazione al funzionamento e/o accreditamento (rilasciata dal Comune/Ente d’Ambito o Regione);
  • progetto quadro;
  • criteri per la definizione del progetto educativo;
  • retta giornaliera e criteri di definizione della stessa;
  • regolamento interno;
  • pianta organica, nominativo del responsabile e suoi recapiti;
  • recapiti telefonici, fax, e-mail.

Soltanto in via straordinaria è possibile proporre, da parte dei Servizi, l’inserimento in una Comunità non ancora autorizzata, comunque in presenza di documentazione ufficiale che determini l’avvio della domanda di autorizzazione. In tal caso il Servizio proponente avrà cura di reperire e trasmettere al CGM tutta la documentazione sopra indicata inerente la struttura, corredata da una relazione sulla comunità e contenente le motivazioni tecniche per le quali si propone la specifica struttura. Il CGM provvede, in tal caso, ad inserire la Comunità nell’anagrafe delle strutture del SISM onde consentire la registrazione del collocamento.

 

  1. Competenze nel collocamento in Comunità

Il Centro per la Giustizia Minorile, attraverso il proprio Servizio Tecnico, provvede all’inserimento in Comunità dei minori italiani e stranieri, indipendentemente dalla loro residenza o domicilio, su provvedimento emesso dall’Autorità Giudiziaria competente per distretto e per i minori in uscita dai CPA con l’applicazione della misura cautelare del collocamento in Comunità e in uscita dall’IPM con applicazione della misura cautelare del collocamento in Comunità.

E’ indispensabile che il CGM e i Servizi Minorili sviluppino intese con gli Enti locali e le ASL per favorire un corretto approccio e definire alti livelli di collaborazione in modo da garantire la continuità e la coerenza dei percorsi di presa in carico e di intervento complessivo.

         4.1 Gli attori coinvolti

Gli attori coinvolti in tale percorso, oltre al minore sono:

I Servizi Minorili della Giustizia (C.G.M., C.P.A., I.P.M., U.S.S.M.);

  • La Magistratura Minorile (Procura, Giudice per le Indagini Preliminari, Giudice per l’Udienza Preliminare, Presidente dell’Udienza Dibattimentale, Tribunale e Magistrato di Sorveglianza);
  • La famiglia del minore;
  • L’Ente Locale;
  • I Servizi del Servizio Sanitario Nazionale;
  • Le Comunità convenzionate;
  • Le risorse del privato sociale presenti nel territorio.

         4.2 – Modalità operative concordate con le Procure per Minori

Si dispone che i Centri per la Giustizia Minorile, entro trenta giorni dall’emanazione del presente disciplinare, formalizzino specifici accordi con le locali Procure volti a definire le modalità di valutazione dell’idoneità delle Comunità utilizzate per i minori del circuito penale, nonché per regolamentare le modalità di esecuzione dei provvedimenti di collocamento in Comunità.

         4.3 – L’individuazione della struttura

Il Servizio Tecnico del C.G.M., di norma, individua ed assegna il minore alla Comunità, a seguito di provvedimenti emessi dall’Autorità Giudiziaria.

Nei casi di minori già conosciuti dai Servizi Minorili, il Servizio Tecnico concorda con gli stessi l’individuazione della Comunità più idonea all’accoglienza del minore.

Il Servizio Tecnico, attraverso i Servizi Minorili acquisisce la documentazione sociale sul minore e individua con gli stessi Servizi la struttura maggiormente rispondente alle esigenze di quest’ultimo tenendo presente:

  • Le indicazioni dell’Autorità Giudiziaria;
  • La residenza del nucleo familiare (garantire la “territorialità” per favorire il mantenimento dei rapporti con i familiari);
  • La continuità del trattamento;
  • Le caratteristiche del minore e della struttura;
  • La disponibilità di posti nelle strutture.

L’inserimento in comunità deve tener conto della compatibilità tra le caratteristiche del minore e l’articolazione del progetto quadro della Comunità, per favorire adeguati percorsi di responsabilizzazione, di tutela e di cura del minorenne.

Quando l’applicazione della misura cautelare riguarda minori che si trovano in CPA e/o quando le Ordinanze non seguono l’arresto dei minori ed i minori non sono conosciuti dai Servizi, è necessario provvedere comunque all’individuazione della comunità anche in assenza di informazioni approfondite sul minore.

        I Servizi Minorili concordano con il Servizio Tecnico gli inserimenti in Comunità osservando le seguenti modalità operative:

  • il CPA contatta il Servizio Tecnico per le vie brevi e trasmette al CGM, qualora non inseriti nel sistema SISM, la documentazione inerente il minore: relazione sociale ed eventuale altra documentazione acquisita dall’USSM e/o dall’Ente Locale, Ordinanza dell’Autorità Giudiziaria;
  • l’USSM trasmette al CGM, qualora non inseriti nel sistema SISM, i provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria che dispongono l’inserimento del minore in Comunità, i provvedimenti di cessazione degli stessi, le documentazione sociale comprensiva dei progetti d’intervento e le comunicazioni su eventuali allontanamenti del minore dalla comunità;
  • l’IPM trasmette al CGM, qualora non inserito nel sistema SISM, copia del progetto d’intervento e dell’eventuale proposta di cambiamento della misura inoltrati all’Autorità Giudiziaria, nonché copia dell’Ordinanza emessa.

I Servizi Minorili, sulla base delle informazioni acquisite sulla situazione psico-socio-familiare del minore e sulla base di valutazioni tecniche propongono al CGM la struttura comunitaria in possesso dei requisiti e delle caratteristiche idonee allo specifico collocamento, valutando l’opportunità dell’inserimento in raccordo con  il Servizio Tecnico.

In questo caso i Servizi Minorili devono attenersi ai criteri descritti nel punto 3.1 e ricercare prioritariamente la comunità tra quelle che risultano inserite nel SISM – Anagrafe delle Comunità. Qualora non sia possibile un inserimento in tali comunità si potrà indicare un’altra struttura, previa acquisizione di tutta la documentazione di cui al punto 3.2. che viene trasmessa al CGM per le necessarie verifiche.

Nel caso in cui si debba procedere al collocamento urgente in comunità (generalmente per l’applicazione dell’art.22 del DPR 448/88)  il Servizio Tecnico provvede all’individuazione della struttura, garantendo per quanto possibile il principio della territorialità.

Gli IPM e l’USSM sono tenuti ad attivarsi celermente con il CGM nell’evenienza di un possibile provvedimento di inserimento in comunità, ove possibile con congruo anticipo rispetto all’udienza penale, in modo da garantire e predisporre un adeguato percorso di intervento.

        4.4 - Assegnazione alla Comunità

Il CGM provvede ad assegnare formalmente il minore alla Comunità e a darne comunicazione scritta alla Autorità Giudiziaria competente ed ai Servizi Minorili coinvolti.

Il CGM provvede, altresì, a seguito di comunicazione fatta pervenire dalla comunità sull’avvenuto ingresso del minore, a predisporre la “lettera contratto” contenente le indicazioni inerenti gli impegni assunti nella convenzione, i requisiti minimi trattamentali richiesti, i compiti e gli adempimenti formali, le modalità di collaborazione con i Servizi Minorili della Giustizia, l’impegno di spesa.

La disponibilità all’accoglienza deve, di norma, essere acquisita formalmente e deve contenere esplicita indicazione degli elementi concordati.

In caso d’urgenza è possibile concordare telefonicamente con i Responsabili delle Comunità l’inserimento dei minori.

La nota di assegnazione, che il Servizio Tecnico predispone, viene trasmessa:

  • alla Direzione del Servizio Minorile che ha in carico il minore (CPA, IPM);
  • all’Autorità Giudiziaria che ha emesso l’Ordinanza;
  • alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni competente;
  • all’Ufficio di Servizio Sociale per i Minorenni competente per territorio di residenza del minore;
  • all’Ufficio di Servizio Sociale per i Minorenni competente per il territorio regionale nel quale opera la Comunità individuata;
  • alla Stazione dei Carabinieri competente.

Fermo restando che per il principio della territorialità è fondamentale garantire ai minori la permanenza nei territori d’origine, solo nei casi particolari di seguito elencati è possibile, fare ricorso a strutture che si trovano al di fuori della Regione o del territorio distrettuale:

  • a seguito di specifiche disposizioni da parte dell’Autorità Giudiziaria;
  • in caso di inserimento in strutture specialistiche (terapeutiche) non presenti sul territorio o indisponibili all’accoglienza.

E’ altresì solo eccezionalmente possibile inserire il minore in una struttura fuori regione,  in caso di indisponibilità di posti nelle strutture convenzionate operanti nel distretto.

L’inserimento dei minori in strutture extraregionali, o extradistrettuali, può avvenire “solo temporaneamente”, subordinando il collocamento alla “ratifica” da parte della Direzione Generale per l’attuazione dei provvedimenti giudiziari.

La Comunità deve essere già registrata nella relativa anagrafe del sistema SISM.

La richiesta di “ratifica” alla Direzione Generale per l’attuazione dei provvedimenti giudiziari

deve essere inoltrata per conoscenza anche alla Direzione del CGM competente territorialmente per la Comunità.

Nella richiesta di ratifica indirizzata alla Direzione Generale per l’attuazione dei provvedimenti giudiziari devono essere riportate le motivazioni per le quali è stata individuata la specifica comunità, le modalità seguite per l’accompagnamento del minore e l’eventuale richiesta di ratifica anche per il servizio di missione fuori regione/distretto svolto dal personale, secondo le specifiche direttive già emanate in materia.

In caso di mancata ratifica da parte della Direzione Generale per l’attuazione dei provvedimenti giudiziari occorrerà provvedere secondo le indicazioni che saranno fornite dalla stessa.

Al collocamento in comunità di minori residenti e/o domiciliati in altre regioni, provvede il CGM competente per sede dell’Autorità Giudiziaria procedente, coinvolgendo, se necessario, nella scelta il Servizio Tecnico del CGM competente per luogo di residenza del minore.

 

  1. Assegnazione alle comunità terapeutiche autorizzate dal Sistema Sanitario Nazionale

L’entrata in vigore del DPCM 1/04/08 sulla Sanità penitenziaria, nell’ambito del trasferimento delle competenze relative alla sfera della salute, ha comportato un cambiamento sostanziale per quanto riguarda i collocamenti nelle comunità terapeutiche, sia per il trattamento delle dipendenze che per le problematiche inerenti la salute mentale.

La materia è regolamentata, oltre che dal DPCM dell’1.04.08 e dalle ulteriori disposizioni di attuazione, anche dai protocolli sottoscritti dai CGM in sede regionale.

Il collocamento in comunità di tipo terapeutico è possibile solo da parte del Servizio Sanitario Regionale competente, che assume gli oneri relativi alle rette.

I suddetti Servizi Sanitari Regionali, di regola, non consentono il collocamento in comunità terapeutica senza una valutazione o prescrizione sanitaria.

Per quanto riguarda l’applicazione dell’art. 22 DPR 448/88, talvolta si rende necessario conciliare le esigenze di “collocamento immediato” per l’esecuzione delle Ordinanze nei confronti di minori in stato di arresto e/o di modifica delle misure cautelari per le quali l’Autorità Giudiziaria richieda specificamente il ricovero in strutture specialistiche, con le esigenze dei Servizi specialistici delle ASL che, non disponendo del tempo necessario, spesso non possono definire le effettive necessità di salute dei minori, né i conseguenti programmi trattamentali. In tali casi, il Centro richiederà comunque all’ASL l’individuazione di strutture specialistiche convenzionate con il Servizio Sanitario per l’inserimento dei minori, mentre queste ultime accerteranno successivamente le necessità di salute dell’utenza, esprimendosi anche rispetto alla necessità del ricovero in comunità per quanto attiene i percorsi trattamentali.

In tutti gli altri casi, qualora agli operatori dei Servizi Minorili pervenga la necessità di un inserimento presso comunità di tipo specialistico per lo svolgimento dell’art. 28 DPR 448/88 e/o di misure alternative/sostitutive alla detenzione, gli stessi dovranno necessariamente segnalare al CGM tale esigenza, concordando con il Servizio della ASL di riferimento le modalità di collocamento e di intervento.

In assenza di diagnosi e di esplicita indicazione da parte dell’Autorità Giudiziaria, il Centro provvederà all’individuazione e all’inserimento temporaneo dei minori con evidenti problematiche in strutture socio-educative maggiormente organizzate alla gestione di tali adolescenti, le quali predisporranno presso i Servizi specialistici delle ASL un accertamento sulle necessità di salute e quindi un eventuale ricovero presso una struttura specialistica.

 

  1. Compartecipazione dell’Ente Locale alla presa in carico di minori e/o giovani adulti sottoposti a procedimento penale con collocamento in comunità

Negli ultimi anni si è registrato un incremento dei collocamenti in comunità dei minori in abbinamento ad altri istituti giuridici, per i quali  si rende necessaria la sistemazione residenziale anche quando questa non è esplicitamente contemplata ai fini dell’esecuzione penale (messa alla prova, affidamento in prova al servizio sociale, detenzione domiciliare).

In tali casi il ricorso alla comunità è determinato dalle particolari condizioni di vita dei minori e dalla necessità di attuare interventi di tutela.

Come già definito nella Circolare n. 2598 del 25.01.2006, “quando l’esigenza di tutela o di salute del minore influenza le modalità di svolgimento dei provvedimenti penali è necessario attuare interventi tesi all’adozione di provvedimenti di natura civile, condizione che determina l’assunzione da parte dei Comuni di una corresponsabilità professionale ed amministrativo-economica rispetto al collocamento in comunità”.

A tale riguardo, per ulteriori orientamenti, si rimanda anche alla Circolare DGM prot. n. 52903 dell’11.10.2004 “Percorsi sul Governo delle Politiche Sociali – interventi interistituzionali in materia socio-assistenziale e sanitaria” e alla Direttiva della Direzione Generale per l’attuazione dei provvedimenti giudiziari prot. n. 21769 del 18.07.2006 “Collocamenti in comunità”.

Per rendere effettiva l’assunzione delle specifiche funzioni assegnate agli Enti Locali, di seguito si articola la procedura da adottare nelle relazioni con tali Enti.

 

Minorenni per i quali risulta già emesso un provvedimento civile di affidamento al Servizio Sociale Territoriale con  ricovero in comunità.

 

Il Servizio Minorile provvede a richiedere formalmente la collaborazione al competente Servizio Sociale Territoriale per la programmazione congiunta degli interventi da attuare presso la Comunità, segnalando la continuità, da parte dello stesso, del pagamento della retta.

L’impegno al pagamento della retta da parte dell’ente locale deve risultare formalmente sul progetto di intervento congiunto sottoscritto da entrambi i servizi sociali.

Il Servizio Minorile, inoltre, è tenuto ad informare contestualmente il CGM, inviando una relazione sociale sul caso, nella quale dovranno essere indicati i nominativi dei responsabili dei servizi territoriali.

Qualora il provvedimento penale dovesse proseguire dopo il compimento della maggiore età, il Servizio Minorile deve raccordarsi con l’Ente Locale per valutare la necessità della prosecuzione degli interventi civili individuando, tra le seguenti, la modalità più corrispondente alle esigenze educative e di trattamento:

  • proposta di emissione di un provvedimento che assicuri la prosecuzione degli interventi da parte dell’Ente Locale oltre il 18° anno di età (ex art.25 RDL 1404/1934);
  • richiesta al Servizio Sociale Territoriale e al Comune di riferimento di prosecuzione degli interventi per consentire la  conclusione delle attività previste nel piano di trattamento in atto;
  • segnalazione al Comune di residenza/domicilio (e per conoscenza al T.M. di riferimento e al CGM) della necessità di attivare interventi atti a favorire l’attuazione di percorsi di messa alla prova, di affidamento in prova al Servizio Sociale o di detenzione domiciliare, nell’ambito delle attività demandate agli Enti Locali in materia di assistenza penitenziaria e post-penitenziaria.

Il CGM provvede successivamente a richiedere l’assunzione o la compartecipazione alle rette derivanti dallo svolgimento in comunità delle suddette misure penali.

 

Minorenni per i quali risulta già emesso un provvedimento civile di affidamento al Servizio Sociale Territoriale senza ricovero in Comunità

 

In questo caso il Servizio Minorile che ha in carico il minore richiede la collaborazione al competente Servizio Sociale Territoriale per la programmazione congiunta degli interventi, compreso l’eventuale inserimento in comunità.  Il Servizio Minorile è tenuto ad informare contestualmente il CGM, inviando una relazione conoscitiva nella quale dovranno essere indicati i responsabili dei servizi territoriali. Ove la necessità del collocamento in comunità non sia emersa nel corso dell’affidamento civile ma durante il procedimento penale, il Servizio Minorile segnala al Comune di residenza/domicilio del minore (e per conoscenza al T.M. di riferimento) l’esigenza del collocamento in Comunità, la cui retta è a carico del Giustizia minorile.

Il Servizio Minorile avrà cura di informare sia il CGM, sia l’Ente Locale della durata della misura cui è sottoposto il minore.

 

Minorenni per i quali i Servizi della Giustizia e i Servizi Territoriali ritengono necessaria l’adozione di un provvedimento civile con collocamento in comunità

 

Nell’ambito del necessario raccordo con il Servizio Sociale Territoriale, qualora se ne ravvisi la necessità, il Servizio Minorile d’intesa con il  Servizio Sociale Territoriale propone al T.M. competente l’adozione di un provvedimento civile con ricovero in comunità. Il Servizio Minorile segnala al Comune di residenza del minore l’esigenza del collocamento, la cui retta è a carico del Comune stesso in quanto trattasi di intervento di natura civilistica o assistenziale. 

 

Minorenni e giovani adulti sottoposti a percorsi di messa alla prova con collocamento in comunità

 

In assenza di provvedimenti di tipo civile, il CGM assume l’onere delle rette derivanti da percorsi di messa alla prova in comunità per il solo periodo di sospensione del processo penale.

L’assunzione delle rette sino alla celebrazione dell’Udienza è consentita eccezionalmente ed unicamente per i minorenni senza provvedimento civile, qualora sia necessaria una loro permanenza in comunità per poter presenziare all’Udienza di verifica fissata dall’Autorità Giudiziaria.

Eventuali situazioni non ricomprese nella casistica sin qui riassunta saranno di volta in volta valutate dal CGM competente.

 

  1. L’accompagnamento in comunità

Per l’accompagnamento dei minori in comunità è necessario fare riferimento a quanto disposto dalla circolare 40495 del 21.12.2010. Si specifica altresì che in caso di applicazione dell’art. 22 DPR 448/88, salvo diverse disposizioni da parte dell’Autorità Giudiziaria procedente, l’accompagnamento è incombenza propria delle Forze di Polizia, alle quali è demandato anche il compito di redigere l’apposito verbale di affidamento del minore al Responsabile della Comunità designata dal Centro per la Giustizia Minorile.

Per garantire comunque il necessario sostegno educativo al minore, sarebbe opportuna la presenza di personale tecnico, cui è demandato anche il compito della comunicazione delle informazioni sul caso agli operatori della struttura ospitante.

Per effettuare l’accompagnamento in comunità di minori in uscita dal CPA  e/o dall’IPM può essere utilizzata l’autovettura di servizio.

 

  1. Il progetto educativo individuale e la valutazione

Il progetto educativo individuale (PEI) dovrà essere concordato con il responsabile della comunità e formalizzato dopo un primo periodo di osservazione della durata massima di 15 giorni. 

Il PEI viene strutturato sulla base di quanto prescritto dall’Autorità Giudiziaria e in relazione alle valutazioni dei servizi a vario titolo coinvolti. E’ opportuno che sia sottoscritto dai componenti l’èquipe interistituzionale (responsabile della comunità, operatore del servizio minorile, operatore del servizio sociale territoriale, operatore del servizio sanitario nazionale) e necessariamente deve dettagliare:

  • gli obiettivi da conseguire nel breve, medio e/o lungo periodo;
  • le modalità di assunzione di responsabilità da parte del minore;
  • le attività che il minore dovrà svolgere per il raggiungimento degli obiettivi fissati;
  • le modalità di svolgimento delle attività;
  • le modalità e la periodicità delle verifiche con il minore e con gli operatori;
  • le mansioni ed i compiti specifici in capo ai diversi servizi;
  • gli impegni assunti dai familiari e le modalità di relazione tra questi ed il minore;
  • le modalità di collaborazione tra i vari attori coinvolti nel percorso di sostegno al minore.

La valutazione del percorso deve necessariamente riferirsi al raggiungimento degli obiettivi individuati nel PEI. Viene effettuata in itinere ed ex- post.

La valutazione in itinere consente di orientare gli interventi in atto e di valutare l’effettiva corrispondenza tra le caratteristiche della struttura comunitaria e le effettive esigenze di crescita e di responsabilizzazione del minore. Assume una duplice finalità, poiché ,consente la verifica del grado di efficacia dell’intervento realizzato e, contestualmente, permette di osservare e riscontrare la congruenza esistente tra gli impegni assunti dalla comunità e la qualità delle azioni effettivamente realizzate.

La valutazione complessiva del percorso dei minori (ex post) consiste nella verifica della congruenza tra gli obiettivi preposti, i risultati attesi e gli esiti raggiunti.

La Circolare del DGM n. 19259 del 16.06.04 “Organizzazione e gestione delle Comunità dell’Amministrazione” definisce alcuni indicatori di riferimento per la valutazione del percorso, quali:

Indicatori quantitativi

  • numero degli allontanamenti;
  • numero dei rientri dall’allontanamento e modalità;
  • numero dei rientri dalle uscite concordate e modalità;
  • numero delle uscite per attenuazione della misura;
  • numero delle uscite per aggravamento della misura;
  • frequenza nelle attività proposte;
  • numero degli episodi di violenza e di autolesionismo.

Indicatori qualitativi

  • grado di coinvolgimento e partecipazione del minore  nelle attività quotidiane;
  • cura della persona;
  • cura degli spazi personali e comuni;
  • rispetto degli orari;
  • comunicazione verbale comprensibile;
  • rapporti con la famiglia;
  • convenzioni e collaborazioni avviate.

Ulteriori parametri utili alla valutazione all’esito del collocamento in Comunità sono:

  • il grado di miglioramento delle capacità relazionali;
  • la valorizzazione del Sé e delle proprie attitudini;
  • il grado di miglioramento e di controllo dell’aggressività;
  • il rispetto delle regole della Comunità e di convivenza civile;
  • l’acquisizione di abilità cognitive e comportamentali;
  • il miglioramento del rendimento scolastico e delle attività formative;
  • l’impegno assunto in attività professionali o lavorative.

 

  1. Informazioni sul  minore

L’acquisizione e l’aggiornamento delle informazioni sul minore è necessaria nelle diverse fasi del collocamento in comunità, sia per l’articolazione degli interventi sia per gli adempimenti amministrativo-contabili che ne conseguono.

E’ necessario, pertanto, che nella fase del reperimento della struttura e dell’’assegnazione, nel corso della permanenza nelle comunità e nella fase della dimissione, i Servizi Minorili tengano costantemente informato il CGM attraverso l’invio della documentazione sociale e degli atti dell’Autorità Giudiziaria inerenti disposizioni di collocamento e/o di  modifica rispetto allo svolgimento degli stessi. Tutte le informazioni sul collocamento in comunità dei minori confluiscono nel fascicolo nominativo che i Servizi Minorili aprono per ogni minore segnalato e nel sistema SISM.

         9.1 - Informazioni al CGM

  • Il Servizio Minorile trasmette copia del progetto educativo individualizzato concordato con la comunità.
  • Le comunità sono tenute ad informare immediatamente il CGM su eventuali allontanamenti arbitrari, sui  permessi per rientro in famiglia e su ogni altra eventuale uscita temporanea dei minori dalle comunità.
  • Il Servizio Minorile inoltra le relazioni periodiche di aggiornamento sull’andamento del progetto educativo.
  • Ogni eventuale criticità inerente lo svolgimento del collocamento in comunità deve essere immediatamente comunicato al CGM per una valutazione congiunta.

 

         9.2 - Informazioni e comunicazioni da parte della comunità

  • I Responsabili delle comunità provvedono a trasmettere al CGM la comunicazione dell’avvenuto ingresso del minore nella struttura, con l’indicazione della data e dell’orario d’ingresso.
  • La comunità trasmette le relazioni periodiche sull’andamento del progetto educativo al CGM e all’USSM di riferimento.
  • La comunità comunica al CGM e al Servizio Minorile di riferimento ogni eventuale  uscita dalla comunità per la fruizione di permessi, per il rientro in famiglia e altro, specificandone la durata e gli estremi dell’autorizzazione da parte dell’Autorità Giudiziaria, nonché eventuali ricoveri o uscite per altri motivi che comportino il pernottamento al di fuori della struttura.
  • Comunicazione di dimissione del minore.
  • Obbligo di rapporto all’Autorità Giudiziaria Minorile dei fatti che possano avere rilievo penale. Detta comunicazione dovrà, altresì, essere inviata alla Direzione del CGM e alla Direzione dell’USSM istituzionalmente competenti.

 

         9.3 - Informazioni e comunicazioni in caso di allontanamento arbitrario

Nel caso di allontanamento arbitrario del minore, la comunità è tenuta a darne immediata comunicazione:

  • alle Forze dell’Ordine locali e alla Polizia Ferroviaria ove presente, ai fini del rintraccio del minore;
  • all’Autorità Giudiziaria competente, al Centro per la Giustizia Minorile che ha disposto l’assegnazione del minore alla comunità, all’Ufficio di Servizio Sociale per i Minorenni;
  • ai genitori del minore o agli esercenti la potestà genitoriale.

La comunità provvederà, altresì, a dare immediata comunicazione in caso di rientro del minore, avvenuto spontaneamente o in seguito ad accompagnamento da parte delle Forze dell’Ordine.

 

  1. Sistema Informativo Servizi Minorili - SISM

Per l’inserimento dei dati nel SISM si fa riferimento alle relative direttive.

Il CGM provvede all’inserimento dei seguenti dati:

  • Anagrafe comunità;
  • Assegnazione del minore alla Comunità individuata;
  • Ingresso del minore presso la comunità;
  • Uscita per dimissioni.

L’USSM provvede all’inserimento dei seguenti dati:

  • Movimento dei minori (uscite temporanee per permesso);
  • Informazioni, anche giuridiche, inerenti il minore collocato;
  • Inserimento relazioni sociali.

Il SISM è lo strumento operativo che consente, contestualmente, di effettuare la rilevazione statistica e di acquisire informazioni sui minori. Affinché sia fruibile “in tempo reale” è necessario un aggiornamento costante dei fascicoli e delle informazioni in esso contenute.

 

  1. Documentazione contabile

Il rapporto con le comunità è disciplinato dalla convenzione, se presente, e dalla lettera-contratto che viene predisposta dal Servizio Tecnico del CGM in seguito all’assegnazione dei minori nelle comunità e alla comunicazione dell’ingresso effettivo del minore nella struttura.

La lettera-contratto si perfeziona con la sottoscrizione per accettazione da parte della Comunità. In essa sono indicate le condizioni contrattuali relative alle reciproche prestazioni, con particolare riferimento agli adempimenti trattamentali, amministrativi e contabili.

La lettera contratto viene inviata anche all’USSM di riferimento, che è chiamato a monitorare, in stretto raccordo con il CGM, il rispetto delle clausole indicate. Per quanto riguarda i permessi concessi nell’ambito della messa alla prova, già previsti nel relativo progetto, l’USSM avrà cura di darne comunicazione al CGM di volta in volta, qualora effettivamente fruiti.

Prima di provvedere al saldo, le fatture emesse dalla Comunità possono essere inviate all’USSM di riferimento il quale è tenuto a concorrere all’attestazione della regolarità del servizio, effettuando un riscontro sui giorni di presenza dichiarati e sulla qualità del servizio svolto.

Si allega fac-simile della lettera contratto.

 

                                                                    

Il Capo Dipartimento

Caterina Chinnici

Il Direttore Generale per l'attuazione dei provvedimenti giudiziari

Serenella Pesarin

P.S. La modulistica della Circolare è reperibile presso gli uffici competenti.

 

 

 

 

 

 


Allegati