Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 17 novembre 2015 - Ricorso n. 35532/12 - Bondavalli c. Italia

© Ministero della Giustizia, Direzione generale del contenzioso e dei diritti umani, traduzione effettuata dal Rita Carnevali, assistente linguistico, e rivista con la dott.ssa Martina Scantamburlo, funzionario linguistico.

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CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

QUARTA SEZIONE

CAUSA BONDAVALLI c. ITALIA

(Ricorso n. 35532/12)

SENTENZA

STRASBURGO

17 novembre 2015

Questa sentenza diverrà definitiva alle condizioni definite nell’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire modifiche di forma.

Nella causa Bondavalli c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell'uomo (quarta sezione), riunita in una camera composta da:
Päivi Hirvelä, presidente,
Guido Raimondi,
George Nicolaou,
Ledi Bianku,
Paul Mahoney,
Krzysztof Wojtyczek,
Yonko Grozev, giudici,
e da Françoise Elens-Passos, cancelliere di sezione,
Dopo aver deliberato in camera di consiglio il 20 ottobre 2015,
Rende la seguente sentenza, adottata in tale data:

PROCEDURA

1. All'origine della causa vi è un ricorso (n. 35532/12) proposto contro la Repubblica italiana con il quale un cittadino di tale Stato, sig. Claudio Bondavalli («il ricorrente»), ha adito la Corte il 20 maggio 2012 in virtù dell'articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali («la Convenzione»).

2. Il ricorrente è stato rappresentato dall’avvocato A. Mascia, del foro di Verona. Il governo italiano («il Governo») è stato rappresentato dal suo agente, E. Spatafora.

3. Il ricorso è stato comunicato al Governo il 3 settembre 2014.

IN FATTO

LE CIRCOSTANZE DEL CASO DI SPECIE

4. Il ricorrente è nato nel 1964 e risiede a Chiozza di Scandiano.

5. I fatti di causa, come esposti dal ricorrente, si possono riassumere come segue.

6. Il 5 settembre 2004 nacque il figlio di E.G. e del ricorrente.

7. Nel mese di agosto 2004, a causa di continui conflitti, E.G. e il ricorrente decisero di separarsi. Essi convennero che E.G. avrebbe avuto l’affidamento esclusivo del figlio e che il ricorrente lo avrebbe potuto incontrare due giorni a settimana.

8. Nell’ottobre 2006, in seguito alle difficoltà incontrate nell’esercitare il suo diritto di visita, il ricorrente si rivolse al tribunale per i minorenni di Bologna («il tribunale») al fine di ottenere l’affido condiviso del figlio e un diritto di visita più ampio.

9. All’epoca E.G. esercitava la professione di psichiatra presso l’amministrazione sanitaria locale (ASL) di Scandiano.

10. Con decisione dell’8 maggio 2008, il tribunale affidò la custodia esclusiva del figlio a E.G. e concesse al ricorrente un diritto di visita di due pomeriggi a settimana, di un weekend su due con alloggio, di tre giorni a Pasqua, di una settimana a Natale e di due settimane durante le vacanze estive. Inoltre ordinò ai servizi sociali di Scandiano di seguire la situazione del minore.

11. In una data non precisata, la corte d’appello di Bologna confermò tale decisione.

12. Nell’aprile 2009 il ricorrente indicò ai servizi sociali che suo figlio spesso aveva dei graffi sul viso, che quest’ultimo gli aveva detto che sua madre lo picchiava e che i segni erano quelli delle sue unghie.

13. I medici constatarono la presenza di una lesione a livello dell’orecchio destro e di due vecchie cicatrici al naso e al ginocchio. Il bambino fu ricoverato in ospedale per ventiquattro ore.

14. Il 4 giugno 2009 E.G. chiese al tribunale di adottare delle misure di protezione nei confronti di suo figlio.

15. Nel giugno 2009 i servizi sociali depositarono una relazione nella quale attestavano una situazione stressante per il minore che, secondo loro, era dovuta al comportamento del padre.

16. Il 16 giugno 2009 il tribunale incaricò i servizi sociali di seguire la situazione del bambino e di regolare la questione del diritto di visita, eventualmente anche tramite incontri protetti.

17. Nel corso dei mesi successivi, il ricorrente fece constatare da vari medici i graffi che continuavano ad essere visibili sul corpo del figlio.

18. Il 4 settembre 2009 i servizi sociali di Parma informarono i loro omologhi di Scandiano che il ricorrente aveva portato il figlio al pronto soccorso di Parma sostenendo che era vittima di maltrattamenti da parte di sua madre. I medici del pronto soccorso constatarono che il ricorrente era in uno stato di disagio psicologico.

19. Il 10 settembre 2009, tenuto conto dello stato di agitazione e di stress del ricorrente e della necessità di proteggere il minore, i servizi sociali di Scandiano decisero che le visite si sarebbero ormai svolte sotto forma di incontri protetti.

20. Il 10 settembre 2009 i servizi sociali informarono il tribunale che i maltrattamenti denunciati dal ricorrente non erano provati e suggerirono di disporre l’esecuzione di una perizia psicologica sul ricorrente e su E.G.

21. Lo stesso giorno il ricorrente denunciò al tribunale il comportamento e la parzialità dei servizi sociali, aggiungendo che E.G., psichiatra nella stessa struttura amministrativa, aveva legami professionali con il personale di questi servizi.

22. Il 12 settembre 2009 il ricorrente sporse denuncia contro E.G. per maltrattamento di minore.

23. Questa denuncia fu archiviata in una data non precisata. Gli incontri tra il ricorrente e suo figlio furono sospesi dal mese di settembre 2009 al 4 dicembre 2009.

24. Il 28 ottobre 2009 il ricorrente informò il tribunale che i servizi sociali avevano sospeso gli incontri con suo figlio e chiese che quest’ultimo venisse seguito dai servizi sociali di un altro comune.

25. L’11 gennaio 2010 il tribunale, senza pronunciarsi sulle richieste del ricorrente e al fine di valutare la situazione del minore e dei genitori, dispose che venisse eseguita una perizia e affidò l’incarico a L.M., psichiatra di Bologna.

26. Il 15 novembre 2010 il perito depositò la relazione psicologica in cui indicava che l’interessato era convinto che E.G. maltrattasse psicologicamente e fisicamente il figlio e concludeva che il ricorrente era affetto da disturbo delirante paranoide.

27. Quanto a E.G., il perito ritenne che quest’ultima avesse una personalità ossessiva e che soffrisse di depressione, raccomandò di affidare la custodia esclusiva del figlio a E.G. autorizzando il ricorrente ad incontrare suo figlio una volta a settimana per due ore.

28. Il 20 dicembre 2010 il ricorrente contestò le conclusioni della perizia indicando, in particolare, che la psichiatra che ne era l’autrice ed E.G. avevano fatto insieme lo stage di laurea.

29. Nel rapporto del 7 gennaio 2011, un perito nominato dal ricorrente riferiva che questi si era dichiarato pronto ad accettare un sostegno psicologico e riteneva che fosse nell’interesse del minore che quest’ultimo continuasse a vedere suo padre.

30. Con decreto del 24 febbraio 2011, il tribunale, sulla base della perizia depositata il 15 novembre 2010, ordinò ai servizi sociali di Scandiano di regolamentare gli incontri protetti tra il ricorrente e suo figlio (due ore al mese, di cui un’ora presso la casa del ricorrente). Osservando che il minore aveva espresso il desiderio di vedere suo padre, il tribunale rigettò la domanda che E.G. aveva presentato per ottenere la decadenza dalla potestà genitoriale del ricorrente.

31. Il 7 giugno 2011 il ricorrente si rivolse alla corte d’appello di Bologna reiterando le sue argomentazioni e chiedendo che venisse ordinata l’esecuzione di una nuova perizia da parte di un medico imparziale. Inoltre chiese che i servizi sociali si facessero carico del sostegno psicologico suo e di quello di suo figlio, e che il suo diritto di visita fosse ampliato.

32. Nel frattempo i servizi sociali avevano fatto pervenire al tribunale un’altra relazione che attestava un comportamento «delirante» del ricorrente, il quale, secondo il rapporto, si dichiarava vittima di un complotto dei servizi sociali e accusava questi ultimi di agire nell'interesse di E.G. e non in quello del minore.

33. Nel novembre 2011 il ricorrente si sottopose a perizia psichiatrica. Secondo lo psichiatra che lo visitò, l'interessato non presentava alcuna patologia né disturbi della personalità.

34. Il 5 dicembre 2011 la corte d'appello di Bologna respinse l'appello del ricorrente. Per quanto riguarda la domanda volta ad ottenere una nuova perizia, essa sottolineò che gli argomenti del ricorrente riguardanti la parzialità della perizia e dei servizi sociali di Scandiano erano legati al suo stato psicologico. In merito alle lesioni sul corpo del bambino, essa indicò che, se la madre avesse picchiato il figlio, vi sarebbero stati segni diversi dai graffi. Peraltro la corte d’appello precisò che i servizi sociali che seguivano la situazione della famiglia avevano sottolineato che il ricorrente era ossessionato dal fatto che E.G. maltrattasse suo figlio. Dopo avere ritenuto inaffidabili le perizie prodotte dal ricorrente sul suo stato psicologico, la corte d'appello confermò la decisione impugnata e incaricò i servizi sociali di assicurare un sostegno psicologico al minore e al ricorrente nonché di organizzare incontri protetti in funzione dei risultati di questo sostegno.

35. I servizi sociali vietarono qualsiasi contatto telefonico tra il ricorrente e suo figlio. A partire dal mese di marzo 2012, gli incontri tra loro furono sospesi su richiesta dei servizi sociali e ripresero soltanto qualche mese dopo.

36. Il 12 maggio 2012 il ricorrente si rivolse al giudice tutelare chiedendo di ordinare ai servizi sociali il rispetto della decisione del tribunale. Il 31 maggio 2012 il giudice tutelare si dichiarò incompetente.

37. L’8 luglio 2012 il ricorrente depositò un parere emesso da un'associazione indipendente di medici psichiatri. Secondo questo rapporto, i servizi sociali non avevano adottato misure positive volte a instaurare una vera relazione padre-figlio, avevano sempre agito in favore di E.G: in tal modo avevano ostacolato il diritto di visita del ricorrente. Inoltre, secondo questo rapporto, la perizia del novembre 2010 riguardante lo stato di salute psichica del ricorrente si basava su dei pregiudizi che gli assistenti sociali nutrivano nei suoi confronti e non poteva pertanto che essere inesatta. Per i periti era auspicabile che il ricorrente e suo figlio potessero vivere insieme e che la situazione familiare fosse seguita da altri assistenti sociali.

38. Il 21 gennaio 2013 il ricorrente chiese al tribunale per i minorenni di Reggio Emilia di modificare le condizioni di affidamento del minore e di ordinare una nuova perizia sul suo stato di salute psichica.

39. Il 27 febbraio 2013 il tribunale respinse la domanda non essendo intervenuti fatti nuovi.

40. Il ricorrente propose impugnazione e presentò una nuova perizia psichiatrica in cui si attestava che non soffriva di alcun disturbo della personalità. Il 19 aprile 2013 la corte d'appello, dopo aver preso nota dei miglioramenti riguardanti la salute psichica del ricorrente, affermò che la modifica delle condizioni di custodia del minore era prematura.

41. Nel frattempo il ricorrente aveva depositato un ricorso dinanzi al tribunale civile di Bologna contro la psichiatra L.M., autrice della perizia del 15 novembre 2010 (si vedano i paragrafi 25-28 supra), della quale metteva in discussione la responsabilità professionale. Il procedimento è ancora pendente.

42. Il 29 settembre 2014 il minore subì un intervento chirurgico alle adenoidi. I servizi sociali annullarono l'incontro che si sarebbe dovuto svolgere il 30 settembre.

43. Un altro incontro fu annullato il 6 gennaio 2015 in quanto si trattava di un giorno festivo. I servizi sociali informarono il ricorrente che questo incontro non poteva essere recuperato.

44. In ragione delle difficoltà di fronte alle quali egli diceva di essersi trovato nell'esercitare il suo diritto di visita, il 4 febbraio 2015 il ricorrente sporse denuncia contro il responsabile dei servizi sociali, lamentando che si erano svolti più di 170 incontri senza che i servizi sociali avessero apportato o previsto cambiamenti per favorire una buona relazione padre-figlio.

45. Dal mese di marzo 2015 il ricorrente incontra suo figlio due ore a settimana in presenza di un assistente sociale a casa sua o in un luogo pubblico, e due ore e mezza in presenza di E.G. Il ricorrente non può andare in vacanza con suo figlio né ospitarlo a casa sua. Può invece chiamarlo al telefono una volta a settimana sul cellulare di E.G.

IN DIRITTO

I.  SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE

46. Il ricorrente contesta ai servizi sociali di essersi accordati troppa autonomia nell'attuare le decisioni del tribunale per i minorenni di Bologna e a quest'ultimo contesta di non aver esercitato un controllo regolare sul lavoro di questi stessi servizi. In particolare sostiene che gli psicologi che hanno redatto la perizia e il personale dei servizi sociali hanno subito l'influenza della madre del minore che esercitava la professione di psichiatra all'interno della stessa struttura amministrativa. Lamenta una violazione dell'articolo 8 della Convenzione, così formulato:

«1. Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza.

2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute e della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui.»

47. Il Governo contesta la tesi del ricorrente.

A.  Obiezioni preliminari

48. Il Governo ritiene che il ricorso sia irricevibile in quanto il ricorrente non avrebbe rispettato l'articolo 47 del regolamento, come modificato nel 2013 e in vigore dal gennaio 2014. Invita la Corte ad esaminare il ricorso alla luce degli atti allegati al fascicolo fino al 29 maggio 2012, data in cui è stata proposta questa causa.

49. Il ricorrente chiede innanzitutto alla Corte di pronunciarsi sulla validità delle osservazioni del Governo, precisando che nel fascicolo non figura il nome dell'agente che ha firmato le osservazioni.

50. Indica poi che la sua prima lettera è stata trasmessa alla Corte il 29 maggio 2012 e ritiene che il ricorso si debba considerare presentato in tale data, in quanto il suo contenuto soddisfa le condizioni richieste ed egli ha successivamente presentato il formulario di ricorso debitamente compilato entro il termine fissato dalla Corte. A tale riguardo fa riferimento alla decisione Kemevuako c. Paesi Bassi ((dec.), n. 65938/09, 1° giugno 2010).

51. La Corte risponde subito alla questione di stabilire se si debba tenere conto delle osservazioni del Governo e al riguardo essa nota che, anche se non compare il nome e cognome dell'agente del Governo che le aveva redatte, le osservazioni in questione sono state siglate e di conseguenza non possono essere considerate irricevibili.

52. La Corte nota peraltro che il Governo non ha indicato in cosa il ricorrente non avrebbe rispettato le istruzioni enunciate dall'articolo 47 del regolamento. Essa rammenta anche che le condizioni più severe per la presentazione di un ricorso sono state introdotte a partire dal °1 gennaio 2014 con il nuovo articolo 47 del suo regolamento. Nel caso di specie essa constata che il ricorso è stato presentato il 29 maggio 2012 e che, di conseguenza, non vi è alcun motivo per considerare che il ricorrente non abbia rispettato le condizioni richieste dall'articolo 47 come era in vigore all'epoca dei fatti (Oliari e altri c. Italia, nn. 18766/11 e 36030/11, §§ 67-68, 21 luglio 2015).

53. Pertanto essa rigetta l'obiezione del Governo.

B. Sulla ricevibilità

54. La Corte constata che il ricorso non è manifestamente infondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 a) della Convenzione e che non incorre in altri motivi di irricevibilità, lo dichiara quindi ricevibile.

C.  Sul merito

1.  Tesi delle parti

a)  Il ricorrente

55. Il ricorrente sostiene innanzitutto che le espressioni utilizzate dal Governo per descrivere la relazione con suo figlio non hanno alcuna base legale e, per di più, in una certa misura sono anche offensive nei suoi confronti.

56. Secondo il ricorrente, i giudici interni non hanno rispettato e garantito concretamente il suo diritto di visita. Inoltre egli contesta loro di non essere intervenuti per far rispettare un giusto equilibrio tra i diversi interessi presenti, soprattutto visto il legame professionale esistente tra E.G., gli assistenti sociali e gli psicologi.

57. A tale proposito il ricorrente indica che, a partire dal 2009, il tribunale per i minorenni di Bologna era stato informato che il personale dei servizi sociali interessati e E.G. erano legati sul piano professionale, in quanto quest’ultima lavorava come psichiatra all’interno della stessa struttura amministrativa. Egli aggiunge di aver denunciato il comportamento dei servizi sociali di Scandiano e la loro parzialità, e di aver chiesto che il sostegno psicologico di suo figlio fosse affidato ai servizi sociali di un altro comune.

58. Il ricorrente indica inoltre che la perizia psicologica disposta dal tribunale nel 2010 è stata affidata a L.M., che anche questa psichiatra aveva un rapporto di lavoro con E.G. e che ha denunciato la sua parzialità. Egli contesta al tribunale di avere comunque definito il suo diritto di visita sulla base della perizia in causa, depositata il 15 novembre 2012, e di aver incaricato questi stessi servizi sociali di regolamentare gli incontri protetti con suo figlio.

59. Il ricorrente espone poi di aver ripresentato i suoi argomenti dinanzi alla corte di appello di Bologna e, in particolare, di aver domandato che un medico imparziale eseguisse una nuova perizia, di aver anche richiesto che il sostegno psicologico suo e quello di suo figlio fosse affidato ai servizi sociali e di essersi sottoposto a perizia psichiatrica. Secondo il ricorrente, questa perizia, trasmessa alla corte d’appello, concludeva che egli non presentava alcuna patologia né disturbi della personalità.

60. Il ricorrente sostiene poi che la corte d’appello di Bologna ha rigettato il suo appello. Secondo lui quest’ultima ha ritenuto che i suoi argomenti riguardanti la parzialità della perizia e dei servizi sociali di Scandiano fossero legati al suo stato psicologico; in merito alle lesioni sul corpo del figlio, la corte d’appello ha considerato che, se la madre avesse picchiato realmente il figlio, vi sarebbero stati segni più evidenti; ha rilevato che, secondo i servizi sociali che seguivano la situazione della famiglia, egli era ossessionato dall’idea che E.G. maltrattasse suo figlio; ha ritenuto che le perizie prodotte dal ricorrente relativamente al suo stato psicologico non fossero affidabili; ha confermato la decisione impugnata ed ha incaricato i servizi sociali di Scandiano di prevedere un sostegno psicologico del minore e del ricorrente e di organizzare gli incontri protetti in funzione dei risultati di questo sostegno.

61. Il ricorrente poi rammenta che, nel 2009, i servizi sociali di Scandiano hanno sospeso il suo diritto di visita, che nel 2012 hanno vietato per un lungo periodo i contatti telefonici tra padre e figlio, che non hanno mai proposto modifiche del suo diritto di visita nonostante si siano svolti più di 170 incontri; che hanno annullato delle visite senza avvisarli e senza fissare un’altra data al fine di permettere al ricorrente e a suo figlio di recuperare quelle che erano state annullate.

62. Peraltro il ricorrente sostiene che i giudici interni si sono limitati a esaminare il suo caso in maniera superficiale.

63. A tale riguardo aggiunge che lo svolgimento dei procedimenti dinanzi alle autorità giudiziarie interne mostra bene il carattere automatico e stereotipato delle misure adottate. In altre parole, secondo lui, le autorità nazionali hanno lasciato che perdurasse una situazione di diritto di visita eccessivamente limitato che lo costringeva, a partire dal 2009, a vedere il figlio soltanto in occasione di incontri protetti di breve durata durante la settimana o in presenza di E.G. Per di più i giudici interni – così come il governo nelle sue osservazioni – non avrebbero mai preso in considerazione il legame professionale di E.G. con i servizi sociali di Scandiano e gli psicologi intervenuti nella presente causa. A questo proposito il ricorrente rinvia, mutatis mutandis, alla sentenza Piazzi c. Italia (n. 36168/09, § 61, 2 novembre 2010).
Pertanto il ricorrente ritiene che le autorità avrebbero dovuto adottare misure più dirette e più specifiche per favorire un legame più stretto tra lui e suo figlio.

b)  Il Governo

64. Dopo aver riepilogato lo svolgimento dei procedimenti giudiziari nazionali, il Governo indica che i giudici interni hanno trattato la presente causa con la massima attenzione ed hanno adottato tutte le misure utili per preservare la relazione padre-figlio.

65. Al riguardo precisa che i giudici nazionali hanno attentamente esaminato la situazione del ricorrente e che hanno affidato ai servizi sociali soltanto le attività di sostegno e una perizia sul comportamento della famiglia al fine di verificare la relazione esistente tra l’interessato e suo figlio. Secondo il Governo, i risultati dei rapporti ottenuti hanno evidenziato che il ricorrente dimostrava un comportamento ostile nei confronti dei servizi sociali, dei giudici e della madre del bambino, e che non riusciva a mantenere una relazione equilibrata con suo figlio.

66. Dinanzi alla difficoltà della situazione, le autorità interne avrebbero adottato tutte le misure necessarie per mettere in atto un percorso di riavvicinamento tra padre e figlio, garantire il diritto di visita del ricorrente e preservare il legame con suo figlio. Di conseguenza il Governo ritiene che il ricorrente non possa ritenersi vittima.

67. Il Governo aggiunge che gli interventi dei servizi sociali sono stati corretti, che erano sottoposti alla supervisione dei giudici (al riguardo rinvia alla sentenza R.K. e A.K. c. Regno Unito, n. 38000/05, §§ 32-39, 30 settembre 2008) e che queste stesse autorità hanno vigilato affinché venisse mantenuto un giusto equilibrio tra gli interessi in gioco.

68. Il Governo dichiara di fare riferimento alla giurisprudenza della Corte secondo la quale non spetterebbe a quest’ultima sostituirsi alle autorità interne per regolamentare la situazione del minore.

69. Per quanto riguarda la questione della parzialità della perizia, il Governo si limita a indicare che la corte d’appello, ritenendo che nel fascicolo non vi fossero elementi concreti per poter dubitare del comportamento dei periti, ha rigettato il ricorso del ricorrente il 5 dicembre 2011. Aggiunge che il pronto soccorso di Parma, all’esito di un colloquio con il ricorrente, aveva certificato che quest’ultimo si trovava in uno stato di disagio psicologico e necessitava di aiuto.

70. In conclusione, il Govern è del parere che l’ingerenza nel diritto alla vita familiare del ricorrente fosse prevista dalla legge e perseguisse uno scopo legittimo, e che l’intervento dei giudici si fondasse su motivi che sarebbero stati verificati più volte dai servizi sociali e dal perito.

71. Per questo il Governo ritiene che le autorità abbiano agito esclusivamente nell’interesse del minore, che sarebbe di importanza fondamentale in questo tipo di cause.

2.  Valutazione della Corte

a)  Principi generali

72. Come la Corte ha più volte rammentato, se l’articolo 8 della Convenzione ha essenzialmente ad oggetto la tutela dell’individuo dalle ingerenze arbitrarie dei poteri pubblici, esso non si limita ad ordinare allo Stato di astenersi da tali ingerenze: a tale obbligo negativo possono aggiungersi obblighi positivi attinenti ad un effettivo rispetto della vita privata o familiare. Essi possono implicare l’adozione di misure volte al rispetto della vita familiare, incluse le relazioni reciproche fra individui, tra cui la predisposizione di strumenti giuridici adeguati e sufficienti ad assicurare i legittimi diritti degli interessati, nonché il rispetto delle decisioni giudiziarie ovvero di misure specifiche appropriate (si veda, mutatis mutandis, Zawadka c. Polonia, n. 48542/99, § 53, 23 giugno 2005). Tali strumenti giuridici devono permettere allo Stato di adottare misure atte a riunire genitore e figlio, anche in presenza di conflitti fra i genitori (si vedano, mutatis mutandis, Ignaccolo-Zenide c. Romania, n. 31679/96, § 108, CEDU 2000 I, Sylvester c. Austria, nn. 36812/97 e 40104/98, § 68, 24 aprile 2003, ZavÅ™el c. Repubblica ceca, n. 14044/05, § 47, 18 gennaio 2007, e Mihailova c. Bulgaria, n. 35978/02, § 80, 12 gennaio 2006). Essa rammenta altresì che gli obblighi positivi non implicano solo che si vigili affinché il minore possa raggiungere il genitore o mantenere un contatto con lui, bensì comprendono anche tutte le misure propedeutiche che consentono di giungere a tale risultato (si vedano, mutatis mutandis, Kosmopoulou c. Grecia, n. 60457/00, § 45, 5 febbraio 2004, Amanalachioai c. Romania, n. 4023/04, § 95, 26 maggio 2009, Ignaccolo-Zenide, sopra citata, §§ 105 e 112, e Sylvester, sopra citata, § 70).

73. Per essere adeguate, le misure volte a riunire genitore e figlio devono essere attuate rapidamente, in quanto il decorso del tempo può avere conseguenze irrimediabili sulle relazioni tra il minore e il genitore non convivente (si vedano, mutatis mutandis, Ignaccolo-Zenide, sopra citata, § 102; Maire c. Portogallo, n. 48206/99, § 74, CEDU 2003 VII; Pini e altri c. Romania, nn. 78028/01 e 78030/01, § 175, CEDU 2004 V; Bianchi c. Svizzera, n. 7548/04, § 85, 22 giugno 2006; Piazzi, sopra citata; Lombardo c. Italia, n. 25704/11, 29 gennaio 2013; e Nicolò Santilli c. Italia, n. 51930/10, 17 dicembre 2013).

b)& Applicazione di questi principi al caso di specie

74. Nell’esame della presente causa, la Corte nota innanzitutto che, al momento della loro separazione, il ricorrente e la madre del bambino non avevano raggiunto un accordo sulle modalità del diritto di visita paterno.

75. La Corte ritiene che, di fronte alle circostanze che le vengono sottoposte, il suo compito consista nell’esaminare se la risposta delle autorità italiane alla necessità di adottare misure idonee a mantenere il legame tra il ricorrente e suo figlio nel corso del procedimento sia stata conforme ai loro obblighi positivi derivanti dall’articolo 8 della Convenzione.

76. La Corte rileva che a partire da settembre 2009, nonostante la decisione del tribunale per i minorenni di Bologna gli riconoscesse un diritto di visita molto ampio, il ricorrente ha potuto esercitare questo diritto in maniera molto limitata in ragione, da una parte, dei rapporti negativi dei servizi sociali che facevano parte della stessa struttura amministrativa di quella nella quale la madre del bambino esercitava in quanto psichiatra e, dall’altra parte, di una perizia realizzata da una psichiatra che aveva frequentato lo stage di laurea con quest’ultima.

77. La Corte nota anche che il ricorrente ha più volte denunciato la parzialità della psichiatra e dei servizi sociali e che ha chiesto ai giudici di affidare il suo sostegno psicologico e quello di suo figlio ad altri servizi sociali e di ordinare che un medico imparziale eseguisse una nuova perizia. I giudici interni hanno tuttavia continuato ad affidare il sostegno psicologico ai servizi sociali di Scandiano e, nonostante una perizia prodotta dal ricorrente concludesse che egli non soffriva di alcun disturbo della personalità, esse hanno rigettato il suo ricorso, ritenendo che i suoi argomenti fossero legati al suo stato psicologico (paragrafo 34 supra). In seguito, sulla base della perizia prodotta nel novembre 2010 dai servizi sociali di Scandiano, i giudici interni hanno vietato qualsiasi contatto telefonico tra il ricorrente e suo figlio e, nel marzo 2012, hanno sospeso i loro incontri che poi sono ripresi soltanto in maniera molto limitata.

78. Inoltre la Corte nota che, successivamente, nonostante due nuove perizie prodotte dal ricorrente attestassero che egli non soffriva di alcun disturbo psicologico e suggerissero un riavvicinamento con suo figlio, i giudici, basandosi sulle perizie dei servizi sociali di Scandiano del 2011, hanno limitato il diritto di visita dell’interessato. A partire da questa data, le condizioni di esercizio del diritto di visita sono rimaste pressoché immutate.

79. La Corte rammenta che non ha il compito di sostituire la sua valutazione a quella delle autorità nazionali competenti in merito alle misure che avrebbero dovuto essere adottate, in quanto tali autorità sono in linea di principio in una posizione migliore per procedere ad una valutazione di questo tipo, in particolare perché sono in contatto diretto con il contesto della causa e con le parti coinvolte (Reigado Ramos, sopra citata, § 53). Tuttavia, nel caso di specie, essa non può ignorare il fatto che, più volte, il ricorrente ha messo in discussione la parzialità dei servizi sociali e della psichiatra autrice della perizia in ragione dell’esistenza di un legame tra loro e la madre del minore, e che questi ricorsi sono stati rigettati dai giudici interni.

80. La Corte fa presente di aver già sanzionato le autorità italiane perché non avevano tenuto conto dell’esistenza di un legame tra il perito incaricato di eseguire una valutazione psicologica del minore e il nonno di quest’ultimo (Piazzi, sopra citata, § 61). Nella presente causa, la Corte rileva che l’esistenza di un legame tra la madre del minore, i servizi sociali e la psichiatra incaricata di redigere la perizia sulla famiglia era evidente dal momento che fra loro vi erano legami professionali (si veda paragrafo 21 supra).

81. La Corte ritiene che non soltanto sarebbe stato nell’interesse del ricorrente ma ancora più in particolare nell’interesse del minore che i giudici interni rispondessero favorevolmente alle richieste del ricorrente, che incaricassero un altro esperto – indipendente e imparziale – di eseguire una nuova perizia, e che affidassero il sostegno psicologico del minore ai servizi sociali di un altro comune. Sulla base di questi nuovi rapporti, il tribunale e la corte d’appello avrebbero potuto valutare meglio la necessità di restringere o ampliare il diritto di visita del ricorrente, tenendo anche conto delle perizie prodotte da quest’ultimo secondo le quali egli non soffriva di disturbi della personalità tali da giustificare la restrizione del diritto di visita lamentata.
La Corte rileva che i giudici interni non hanno adottato alcuna misura appropriata per creare le condizioni necessarie alla piena realizzazione del diritto di visita del padre del minore (Macready c. Repubblica ceca, nn. 4824/06 e 15512/08, § 66, 22 aprile 2010).

82. Ciò premesso, essa ammette che, nel caso di specie, le autorità si trovassero di fronte a una situazione molto difficile dovuta soprattutto alle tensioni esistenti tra i genitori del minore. Tuttavia rammenta che una mancanza di collaborazione tra genitori separati non può dispensare le autorità competenti dal mettere in atto tutti i mezzi che permettono di mantenere il legame familiare (si vedano Nicolò Santilli, sopra citata, § 74, Lombardo, sopra citata, § 91, e, mutatis mutandis, Reigado Ramos c. Portogallo, n. 73229/01, § 55, 22 novembre 2005). Nel caso di specie, le autorità nazionali sono rimaste al di sotto di quello che si poteva ragionevolmente attendere da loro dal momento che il tribunale e la corte d’appello si sono limitati a restringere il diritto di visita del ricorrente sulla base delle perizie negative prodotte dai servizi sociali e dagli psicologi che lavoravano nella stessa struttura amministrativa della madre del minore.

83. La Corte ritiene che la procedura avrebbe dovuto prevedere delle garanzie appropriate per proteggere i diritti del ricorrente e prendere in considerazione i suoi interessi. Ora, essa constata che i giudici interni non hanno proceduto con la diligenza necessaria e che, da circa sette anni, il ricorrente dispone di un diritto di visita molto limitato. Inoltre, tenuto conto delle conseguenze irrimediabili che il trascorrere del tempo può avere sulle relazioni tra il figlio e il ricorrente, la Corte ritiene a questo proposito che spetterebbe alle autorità interne riesaminare, entro breve tempo, il diritto di visita del ricorrente tenendo conto della situazione attuale del minore e del suo interesse superiore.

84. Considerato quanto esposto sopra e nonostante il margine di apprezzamento dello Stato convenuto in materia, la Corte considera che le autorità nazionali non si siano adoperate in maniera adeguata e sufficiente per far rispettare il diritto di visita del ricorrente e abbiano dunque violato il diritto dell’interessato al rispetto della sua vita familiare.

85. Pertanto vi è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione.

II. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE

86. Ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione,

«Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi protocolli e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa.»

A.  Danni

87. Il ricorrente reclama 16.037,08 euro (EUR) a titolo di danno materiale. Questa somma rappresenta secondo lui il totale delle somme che ha versato agli psichiatri che sono intervenuti nei procedimenti interni.

88. Chiede inoltre 25.000 EUR a titolo di danno morale.

89. Il Governo contesta tali richieste.

90. La Corte non rileva un nesso di causalità tra la violazione constatata e il danno materiale dedotto e rigetta tale richiesta. Al contrario essa ritiene doversi riconoscere al ricorrente la somma di 10.000 EUR a titolo di danno morale.

91. Per quanto riguarda la domanda del ricorrente volta ad ordinare allo Stato convenuto di riconoscergli un diritto di visita ampliato, la Corte ritiene, nelle circostanze particolari della causa, che non le spetti dare seguito a questa richiesta. Rammenta che in linea di principio lo Stato convenuto rimane libero, sotto il controllo del Comitato dei Ministri, di scegliere i mezzi per adempiere i suoi obblighi a titolo dell’articolo 46 § 1 della Convenzione, nella misura in cui questi mezzi siano compatibili con le conclusioni contenute nella sentenza della Corte (Verein gegen Tierfabriken Schweiz (VgT) c. Svizzera (n. 2) [GC], n. 32772/02, § 88, 30 giugno 2009 ; Ferré Gisbert c. Spagna, n. 39590/05, § 46, 13 ottobre 2009). La Corte fa comunque riferimento alle esigenze di rapidità menzionate nel paragrafo 83 supra.

B. Spese

92. Il ricorrente chiede anche 27.465,50 EUR per le spese affrontate dinanzi alle autorità giudiziarie interne e 11.520 EUR per le spese sostenute dinanzi alla Corte.

93. Il Governo contesta queste richieste.

94. Secondo la giurisprudenza della Corte, un ricorrente può ottenere il rimborso delle spese sostenute solo nella misura in cui ne siano accertate la realtà e la necessità, ed il loro importo sia ragionevole. Nel caso di specie, tenuto conto dei documenti in suo possesso e della sua giurisprudenza, la Corte ritiene ragionevole la somma di 15.000 EUR a titolo di rimborso di tutte le spese e la accorda al ricorrente.

C.  Interessi moratori

95. La Corte ritiene opportuno basare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea maggiorato di tre punti percentuali.

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,

  1. Dichiara il ricorso ricevibile;
  2. Dichiara che vi è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione;
  3. Dichiara
    1. che lo Stato convenuto deve versare al ricorrente, entro tre mesi a decorrere dalla data in cui la sentenza sarà divenuta definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
      1. 10.000 EUR (diecimila euro), più l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta, per il danno morale,
      2. 15.000 EUR (quindicimila euro), più l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta dal ricorrente, per le spese;
    2. che a decorrere dalla scadenza di detto termine e fino al versamento tale importo dovrà essere maggiorato di un interesse semplice a un tasso equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante quel periodo, aumentato di tre punti percentuali
  4. Rigetta la domanda di equa soddisfazione per il resto.

Fatta in francese, poi comunicata per iscritto il 17 novembre 2015, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del regolamento della Corte.

Päivi Hirvelä
Presidente

Françoise Elens-Passos
Cancelliere