Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 28 aprile 2022 - Ricorso n. 18549/20 - Causa Fiagbe c. Italia


© Ministero della Giustizia, Direzione Generale degli Affari giuridici e legali, traduzione eseguita dalla dott.ssa Martina Scantamburlo, funzionario linguistico, e rivista con la sig.ra Rita Carnevali, assistente linguistico.

Permission to re-publish this translation has been granted by the Italian Ministry of Justice for the sole purpose of its inclusion in the Court's database HUDOC


CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

PRIMA SEZIONE

CAUSA FIAGBE c. ITALIA
(Ricorso n. 18549/20)

SENTENZA

STRASBURGO

28 aprile 2022

Questa sentenza è definitiva. Può subire modifiche di forma.

Nella causa Fiagbe c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo (prima sezione), riunita in un comitato composto da:
Péter Paczolay, presidente,
Raffaele Sabato,
Davor Derenčinović, giudici,
e da Liv Tigerstedt, cancelliere aggiunto di sezione,
Visti:
il ricorso (n. 18549/20) proposto contro la Repubblica italiana da una cittadina ghanese, la sig.ra Angela Sedina Fiagbe («la ricorrente»), nata nel 1992, residente ad Ancona, e rappresentata dagli avv. S. Menichetti e G. Suparaku, del foro di Roma, che l’11 aprile 2020 ha adito la Corte ai sensi dell'articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali («la Convenzione»),
la decisione di portare il ricorso a conoscenza del governo italiano («il Governo»), rappresentato dal suo agente, L. D’Ascia, avvocato dello Stato,
le osservazioni delle parti,
la decisione con la quale la Corte ha respinto l’opposizione del governo all’esame del ricorso da parte di un comitato,
Dopo avere deliberato in camera di consiglio il 29 marzo 2022,
Emette la seguente sentenza, adottata in tale data:

OGGETTO DELLA CAUSA

1. Il ricorso riguarda l'impossibilità per la ricorrente, cittadina ghanese, di riallacciare un legame con suo figlio collocato presso una famiglia affidataria dal 2016, nonché l'inerzia dei servizi sociali nell’attuazione del progetto di ripristino degli incontri madre-figlio disposto dal tribunale.

2. La ricorrente arrivò in Italia all'età di 9 anni. A seguito di una segnalazione per maltrattamenti in famiglia, fu collocata in un istituto e in diverse comunità.

3. Il 21 marzo 2013, quando aveva 18 anni, la ricorrente diede alla luce un figlio. Il padre dichiarò di non voler riconoscere il figlio.

4. Il 13 aprile 2013 il tribunale dispose l'affidamento del minore ai servizi sociali, ordinò che fosse collocato insieme alla ricorrente in una struttura di accoglienza, e dispose una perizia per valutare le capacità genitoriali di quest'ultima.

5. Nel giugno 2013, l’esperto sottolineò che la ricorrente aveva un profilo borderline, che compensava probabilmente i traumi subiti, ma dimostrava eccellenti capacità nella cura del bambino. L'esperto suggeriva di individuare una comunità idonea per il collocamento del minore insieme alla ricorrente, allo scopo di fornirle un sostegno psicologico.

6. Nel febbraio 2014 la ricorrente e suo figlio furono trasferiti in via provvisoria in una comunità a Fermo. Una seconda valutazione psichiatrica suggerì che la ricorrente doveva seguire un percorso di sostegno alla genitorialità, in quanto manifestava delle carenze nell'esercizio delle sue capacità genitoriali.

7. Con un provvedimento emesso il 13 novembre 2015 il tribunale, dopo aver constatato l'impossibilità per la ricorrente di divenire autonoma nonostante l'assistenza fornita, in quanto non era più in grado di occuparsi del minore, revocò l'autorizzazione alla ricorrente a permanere nella struttura di accoglienza, sospese la sua responsabilità genitoriale e nominò un tutore per il bambino.
Inoltre, il tribunale incaricò i servizi sociali di organizzare degli incontri protetti e di mettere in atto un progetto di sostegno per la ricorrente allo scopo di favorire la sua autonomia e di rafforzare le sue capacità genitoriali, e ordinò una nuova valutazione psichiatrica. La ricorrente fu autorizzata a vedere suo figlio, in luogo neutrale, un'ora a settimana e, successivamente, un'ora ogni 15 giorni.

8. Il 24 giugno 2016 l’esperto depositò la sua terza relazione, raccomandando una psicoterapia per la ricorrente e il collocamento del bambino in una famiglia affidataria.

9. Nel luglio 2016 il tribunale dispose l’affido provvisorio del minore a una coppia di coniugi. Il percorso di sostegno per la ricorrente tardò a iniziare a causa dell’eccessivo carico di lavoro dei servizi sociali.

10. Nel maggio 2017 gli incontri furono sospesi dai servizi sociali a causa delle difficoltà del bambino.

11. Nel luglio 2018 i servizi sociali, nonché l'avvocato della ricorrente, informarono il tribunale che quest'ultima era favorevole a un'adozione semplice del minore da parte della famiglia affidataria, così da poter riallacciare dei contatti con suo figlio.

12. Nel novembre 2018 il tribunale decise di subordinare il ripristino degli incontri a una quarta valutazione psicodiagnostica della ricorrente, e l'adozione semplice alla collaborazione della ricorrente con i servizi sociali e al proseguimento del progetto di sostegno alla genitorialità.

13. Nell'agosto 2019 il perito sottolineò che la ricorrente era una madre affettuosa che comprendeva le esigenze primarie del figlio, ed era in grado di favorire la sua autonomia e di rispondere ai suoi bisogni. Per quanto riguarda il bambino, l'esperto raccomandava che seguisse un percorso psicoterapeutico di almeno otto mesi per riavvicinarsi alle sue origini, comprendere e accettare il suo passato e considerare la sua madre biologica come un valore aggiunto nella sua vita: «una madre con la quale avrebbe potuto condividere dei momenti della sua vita». L'esperto sottolineò che il minore non era mai stato aiutato né a comprendere né a elaborare ciò che gli era successo in passato. Anche la famiglia affidataria doveva essere sostenuta dai servizi sociali in questo percorso di accompagnamento del minore, che manifestava una forte aggressività nei confronti della propria madre biologica. Secondo l'esperto, sarebbe stato possibile riprendere gli incontri una volta concluso questo percorso.

14. Il 30 settembre 2019 il tribunale decise di subordinare la ripresa dei contatti a una psicoterapia del bambino. La ricorrente avrebbe potuto incontrarlo in presenza dei servizi sociali e dei genitori affidatari soltanto nell'aprile 2020.

15. Il 19 dicembre 2019 la ricorrente si rivolse al tribunale facendo presente che i servizi sociali avevano scelto una psicoterapeuta che non era specializzata in psicoterapia infantile. L’interessata chiese che quest’ultima fosse sostituita, e chiese inoltre la revoca dell’incarico al tutore e ai servizi sociali.

16. Nel marzo e nell'aprile 2020 il tribunale fu informato dai servizi sociali che gli incontri madre-figlio che erano stati ordinati non si erano svolti.

17. Il 4 novembre 2020 il tribunale fu informato dai servizi sociali che le sedute di psicoterapia del minore erano state sospese nel marzo 2020 a causa del confinamento durante la pandemia di COVID-19, e non erano riprese.

18. Il 25 novembre 2020 il tribunale ordinò che il minore forse seguito a livello psicologico a condizione che la ricorrente, il tutore del minore e la famiglia affidataria fossero d'accordo.

19. L'8 marzo 2021 la psicologa comunicò al tribunale che, poiché la situazione si era stabilizzata e il progetto di riavvicinamento tra il minore e la ricorrente era a un punto morto, sarebbe stata auspicabile una psicoterapia nel momento in cui fosse prevista la ripresa dei contatti. Soltanto in quel momento, con l'aiuto di tutti gli adulti, tra cui la famiglia affidataria, il minore avrebbe potuto trovare i suoi punti di riferimento familiari.

20. Il 20 aprile 2021 la ricorrente, sentita dal tribunale, si rifiutò di acconsentire all'adozione semplice.

21. Il 6 maggio 2021 il procuratore chiese al tribunale di adottare misure di protezione nei confronti del secondo figlio della ricorrente in quanto, durante un litigio nel dicembre 2020, quest'ultima aveva ferito il suo compagno.

22. Il 28 giugno 2021 il tribunale dispose l’affido del secondo figlio ai servizi sociali, incaricandoli di effettuare una nuova perizia psichiatrica sulle capacità genitoriali della ricorrente.

23. Invocando l'articolo 8 della Convenzione, la ricorrente afferma che le autorità non hanno adottato misure idonee a salvaguardare il legame tra lei e suo figlio, collocato presso una famiglia affidataria dal 2016, e lamenta l'inerzia dei servizi sociali, che non hanno dato esecuzione alle decisioni giudiziarie che prevedevano nuovi incontri.

VALUTAZIONE DELLA CORTE

I. SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE

24. Constatando che questa doglianza non è manifestamente infondata né irricevibile per uno degli altri motivi di cui all'articolo 35 della Convenzione, la Corte la dichiara ricevibile.

25. I principi generali applicabili sono consolidati nella giurisprudenza della Corte, e sono stati di recente ampiamente esposti nelle sentenze A.I. c. Italia, (n. 70896/17, 1° aprile 2021), Strand Lobben e altri c. Norvegia ([GC], n. 37283/13, 10 settembre 2019), e R.V. e altri c. Italia (n. 37748/13, 18 luglio 2019).

26. La Corte osserva che, in seguito al collocamento del minore presso la famiglia affidataria, a causa del fallimento del progetto di sostegno seguito dalla ricorrente e delle difficoltà del minore manifestate durante gli incontri, questi ultimi sono stati sospesi dai servizi sociali nel 2017. Essa osserva, inoltre, che, con un provvedimento emesso il 30 settembre 2019, il tribunale si è espresso in favore di un progetto di riavvicinamento tra la ricorrente e suo figlio, e ha deciso che gli incontri avrebbero dovuto svolgersi a partire da aprile 2020, in seguito a un percorso di psicoterapia in favore del minore.

27. Ora, la Corte osserva che, sebbene sia stato seguito il percorso terapeutico ordinato, e nonostante il provvedimento del tribunale che prevedeva gli incontri (si veda il paragrafo 14 supra), questi ultimi non hanno mai avuto luogo, in quanto i servizi sociali non li hanno organizzati, il tutore del minore ha preso atto di tale situazione senza intervenire e/o proporre ulteriori misure, e lo stesso tribunale non ha utilizzato gli strumenti giuridici esistenti per controllare l'attività e le omissioni dei servizi sociali (A.T. c. Italia, n. 40910/19, § 82, 24 giugno 2021).
Essa osserva, inoltre, che la psicoterapia del minore, necessaria affinché egli potesse comprendere il suo passato e riavvicinarsi alla sua madre biologica, è stata interrotta. Inoltre, la procedura per l'adozione semplice è sospesa in quanto la ricorrente ha revocato il consenso precedentemente accordato (paragrafo 11 supra) e il tribunale non ha adottato altre misure allo scopo di garantire al minore la possibilità di una riunione con la sua madre biologica (Strand Lobben e altri, sopra citata, §§ 205 e 208).

28. La Corte constata che il tribunale non ha spiegato quali siano i gravi motivi che l'hanno condotto a sospendere i contatti per circa cinque anni e a interrompere qualsiasi legame tra la ricorrente e suo figlio. Nel caso di specie, nonostante l'assenza di indizi di violenza o di abusi commessi su suo figlio, e contrariamente alle conclusioni dell'esperto, la ricorrente è stata privata di qualsiasi contatto e il tribunale, nelle sue ultime decisioni, non ha indicato se esistessero ancora motivi pertinenti e sufficienti per misure che non permettevano alcun contatto tra la ricorrente e suo figlio. Il tribunale si è limitato a ripetere le considerazioni già fatte nelle decisioni precedenti, sebbene fosse stato indicato che la situazione, nel frattempo, era migliorata.

29. La Corte osserva anche che la procedura riguardante l'adozione semplice del minore è bloccata in mancanza del consenso della ricorrente, e in assenza di utilizzo, da parte del tribunale, degli strumenti giuridici esistenti (paragrafo 27 supra), il che provoca un protrarsi dell'affidamento del minore a tempo indeterminato, in virtù di una legislazione che prevede «misure temporanee», senza che sia fissato alcun termine né per quanto riguarda la durata delle misure, né per quanto riguarda il controllo giudiziario delle stesse, con un'ampia delega dei poteri in favore dei servizi sociali, e senza che siano infine determinati i diritti genitoriali (R.V. e altri, sopra citata, § 107).

30. La Corte conclude che, nel caso di specie, l'assenza di qualsiasi contatto per cinque anni ha reso impossibile lo sviluppo di una relazione significativa tra la ricorrente e suo figlio, che si trova presso una famiglia affidataria dal 2016.

31. Alla luce di quanto sopra esposto, e dopo avere analizzato in maniera approfondita le osservazioni delle parti e la giurisprudenza pertinente, nonostante il margine di apprezzamento dello Stato convenuto in materia, la Corte considera che le autorità non abbiano rispettato gli obblighi positivi imposti dall'articolo 8 della Convenzione di assicurare il mantenimento del legame familiare che univa la ricorrente e suo figlio. Essa ammette che, in questo tipo di procedura, si deve agire con prudenza per non affrettare un riavvicinamento che potrebbe non corrispondere all'interesse superiore del minore. Ciò premesso, nel caso di specie le autorità competenti sono responsabili dell'interruzione dei contatti tra la ricorrente e il figlio dal 2017, e hanno omesso di adottare misure per permettere all’interessata di beneficiare di un contatto regolare con suo figlio e di mantenere un legame familiare.

32. Pertanto, vi è stata violazione dell'articolo 8 della Convenzione.

II. SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DELL'ARTICOLO 13 DELLA CONVENZIONE

33. La ricorrente lamenta di non disporre di un ricorso effettivo che le permetta di far valere la sua doglianza fondata sull'articolo 8. Essa invoca l'articolo 13 della Convenzione, così formulato:
«Ogni persona i cui diritti e le cui libertà riconosciuti nella (…) Convenzione siano stati violati, ha diritto a un ricorso effettivo davanti a un’istanza nazionale, anche quando la violazione sia stata commessa da persone che agiscono nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali.»

34. Tenuto conto della conclusione alla quale è giunta in merito all'articolo 8 della Convenzione (paragrafo 31 supra), la Corte ritiene non doversi esaminare separatamente la ricevibilità e la fondatezza di questa doglianza.

III. SULL'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE

35. La ricorrente chiede la somma di 40.000 euro (EUR) per il danno morale che ritiene di avere subìto, nonché la somma di 14.803,58 euro (EUR) per le spese sostenute per il procedimento dinanzi alla Corte.

36. Il Governo si oppone e ritiene che le somme siano elevate, in quanto non è stato dichiarato lo stato di adottabilità del minore. Un risarcimento equo sarebbe costituito dalle somme di 5.000 EUR per il danno morale e di 1.000 EUR per le spese.

37. La Corte accorda alla ricorrente la somma di 15.000 EUR per danno morale, più l'importo eventualmente dovuto su tale somma a titolo di imposta.

38. Tenuto conto dei documenti in suo possesso e della sua giurisprudenza, la Corte ritiene ragionevole accordare alla ricorrente la somma di 10.000 EUR per il procedimento condotto dinanzi ad essa, più l'importo eventualmente dovuto su tale somma dalla ricorrente a titolo di imposta.

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL'UNANIMITÀ,

  1. Dichiara la doglianza relativa all'articolo 8 della Convenzione ricevibile;
  2. Dichiara che vi è stata violazione dell'articolo 8 della Convenzione;
  3. Dichiara non doversi esaminare separatamente la ricevibilità e la fondatezza della doglianza formulata sotto il profilo dell'articolo 13 della Convenzione;
  4. Dichiara,
    1. che lo Stato convenuto deve versare alla ricorrente, entro tre mesi, le somme seguenti:
      1. 15.000 EUR (quindicimila euro), più l'importo eventualmente dovuto su tale somma a titolo di imposta, per danno morale;
      2. 10.000 EUR (diecimila euro), più l'importo eventualmente dovuto su tale somma dalla ricorrente a titolo di imposta, per le spese;
    2. che a decorrere dalla scadenza di detto termine e fino al versamento tali importi dovranno essere maggiorati di un interesse semplice a un tasso equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante quel periodo, aumentato di tre punti percentuali;
  5. Respinge la domanda di equa soddisfazione per il resto.

Fatta in francese, e poi comunicata per iscritto il 28 aprile 2022, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del regolamento.

Péter Paczolay
Presidente

Liv Tigerstedt
Cancelliere aggiunto