Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 24 giugno 2021 - Ricorso n.14833/16 - Causa D.S. contro Italia

© Ministero della Giustizia, Direzione Generale degli Affari giuridici e legali, traduzione eseguita e rivista dalla sig.ra Rita Carnevali, assistente linguistico, e dalla dott.ssa Martina Scantamburlo, funzionario linguistico.

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CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

PRIMA SEZIONE

CAUSA D.S. c. ITALIA

(Ricorso n. 14833/16)

SENTENZA

Art 6 § 1 - Accesso a un tribunale - Art 1 P1 - Rispetto dei beni - Esecuzione tardiva, quasi nove anni dopo la sua adozione, di una decisione interna definitiva che ha accolto la domanda di indennizzo per una infezione post-trasfusionale

STRASBURGO
24 giugno 2021

DEFINITIVA
24/09/2021

 

Questa sentenza è divenuta definitiva ai sensi dell’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire modifiche di forma

Nella causa D.S. c. Italia,

La Corte europea dei diritti dell'uomo (prima sezione), riunita in una Camera composta da:

  • Péter Paczolay, presidente,
  • Krzysztof Wojtyczek,
  • Alena Poláčková,
  • Erik Wennerström,
  • Raffaele Sabato,
  • Lorraine Schembri Orland,
  • Ioannis Ktistakis, giudici,
  • e da Liv Tigerstedt, cancelliere aggiunto di sezione,

Visto il ricorso (n. 14833/16) proposto contro la Repubblica italiana da un cittadino di questo Stato, il sig. D.S. («il ricorrente»), che il 31 dicembre 2015 ha adito la Corte ai sensi dell'articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali («la Convenzione»),

Vista la decisione di portare a conoscenza del governo italiano («il Governo») le doglianze relative all’articolo 6 § 1 della Convenzione e all’articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione,

Vista la decisione di non divulgare l’identità del ricorrente,

Viste le osservazioni delle parti,

Dopo avere deliberato in camera di consiglio il 1° giugno 2021,

Emette la seguente sentenza, adottata in tale data:

INTRODUZIONE

  1. Il ricorso riguarda l’esecuzione tardiva di una decisione interna definitiva che ha riconosciuto al ricorrente un diritto di essere risarcito per il danno da lui subito per una infezione post-trasfusionale.

IN FATTO

  1. Il ricorrente è nato nel 1962 a Rocca di Papa. È stato rappresentato dall’avvocatoG. Lana.
  2. Il Governo è stato rappresentato dal suo ex co-agente, M.G. Civinini.
  3. Nel 1999 il ricorrente avviò un procedimento civile dinanzi al tribunale di Roma contro il Ministero della Salute per ottenere il risarcimento del danno che riteneva di aver subìto a seguito di un'infezione post-trasfusionale avvenuta nel 1980.
  4. Con sentenza del 14 giugno 2001, il tribunale accolse la domanda del ricorrente e condannò il Ministero della Salute a risarcire il ricorrente versandogli una somma da quantificare nell'ambito di un procedimento separato. Con sentenza del 12 gennaio 2004, la corte d'appello di Roma confermò la decisione di primo grado.
  5. Il Ministero della Salute propose ricorso per cassazione. Il ricorrente presentò un controricorso il 6 aprile 2005. Con sentenza dell’11 gennaio 2008, la Corte di cassazione, a Sezioni Unite, annullò la sentenza della corte d’appello e rinviò la causa ad un’altra sezione della medesima corte.
  6. Con una sentenza del 23 febbraio 2015, la nuova sezione della corte d'appello respinse il ricorso del Ministero. Questa sentenza fu notificata al Ministero il giorno stesso.
  7. Nel frattempo, il 4 ottobre 2005, il ricorrente aveva avviato un nuovo procedimento civile dinanzi al tribunale di Roma al fine di ottenere la quantificazione della somma alla quale aveva diritto.
  8. Con una sentenza provvisoriamente esecutiva del 21 gennaio 2011, il tribunale di Roma riconobbe al ricorrente la somma di 251.732,38 EUR.
  9. Il ricorrente e il Ministero della Salute interposero appello. Con una sentenza del 14 gennaio 2017 che divenne definitiva il 22 dicembre 2017, la corte d’appello di Roma respinse il ricorso del Ministero della Salute e confermò la sentenza di primo grado.
  10. Secondo le informazioni fornite dalle parti, la sentenza fu eseguita il 31 gennaio 2019.

IL QUADRO GIURIDICO INTERNO PERTINENTE

  1. Il capo IV del codice di procedura civile (Dell’esecutorietà e della notificazione delle sentenze) contiene il seguente articolo:

Articolo 282

«La sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva tra le parti.»

IN DIRITTO

  1. SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DEGLI ARTICOLI 6 § 1 deLLA CONVENZIONE, 1 DEL PROTOCOLLO N. 1 ALLA CONVENZIONE E 14 DELLA CONVENZIONE

 

  1. Il ricorrente lamenta il protrarsi della mancata esecuzione della sentenza che gli aveva riconosciuto un diritto di essere risarcito per il danno che aveva subìto a seguito di una infezione post-trasfusionale. A tale riguardo lamenta innanzitutto la violazione del suo diritto di accesso a un tribunale, sancito dall’articolo 6 § 1 della Convenzione. Invocando l’articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione, il ricorrente ritiene anche di aver subìto una violazione del suo diritto di proprietà a causa del protrarsi della mancata esecuzione della decisione che aveva riconosciuto il suo credito. Infine, lamenta una violazione dell’articolo 14 della Convenzione, senza tuttavia documentare questa doglianza.
  2. Gli articoli in questione sono così formulati:

Articolo 6 § 1 della Convenzione

«Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente (...) da un tribunale (...) il quale sia chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile (...).»

Articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione

«Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di pubblica utilità e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.

Le disposizioni precedenti non portano pregiudizio al diritto degli Stati di porre in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l’uso dei beni in modo conforme all’interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle ammende.»

Articolo 14 della Convenzione

«Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella (…) Convenzione deve essere assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o quelle di altro genere, l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita od ogni altra condizione.»

  1. Sulla ricevibilità

 

  1. Il Governo osserva che il ricorrente poteva avvalersi del ricorso previsto dall'articolo 27-bis del decreto-legge n. 90/2014, e aggiunge che l'interessato ha omesso di intentare un'azione giudiziaria per ottenere l'esecuzione della sentenza emessa in suo favore. Pertanto, il Governo considera che la doglianza del ricorrente debba essere dichiarata irricevibile per mancato esaurimento delle vie di ricorso interne in applicazione dell'articolo 35 § 1 della Convenzione.
  2. Il ricorrente afferma che il ricorso previsto dall'articolo 27-bis del decreto-legge n. 90/2014 non poteva essere validamente utilizzato per porre rimedio a una situazione di mancata esecuzione di una decisione interna definitiva.
  3. La Corte osserva anzitutto che la doglianza relativa alla violazione dell'articolo 14 della Convenzione non è stata comunicata al Governo. Essa rileva che, in ogni caso, la stessa non è stata sufficientemente documentata e decide di dichiararla irricevibile in quanto manifestamente infondata, in applicazione dell'articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
  4. Per quanto riguarda le altre doglianze, la Corte ha dichiarato nella sentenza A. e altri c. Italia (nn. 68060/12 e altri 18, §§ 102-197, 14 gennaio 2016) che il ricorso introdotto dall'articolo 27-bis del decreto-legge n. 90/2014 costituiva per i ricorrenti una via di ricorso che essi dovevano esercitare per lamentare l'impossibilità di avere accesso alla procedura transattiva prevista dal diritto interno. Ora, nella presente causa, il ricorrente lamenta non la sua impossibilità di avere accesso a una composizione amichevole, ma la mancata esecuzione della sentenza pronunciata in suo favore. Di conseguenza, l'articolo 27-bis del decreto-legge n. 90/2014 non costituisce, nel caso di specie, un rimedio di cui ricorrente doveva avvalersi.
  5. Per quanto riguarda l'argomentazione del Governo secondo la quale il ricorrente avrebbe dovuto adire le giurisdizioni interne per ottenere l'esecuzione della sentenza controversa, la Corte rammenta che non si può esigere da un individuo, al quale è stato riconosciuto un credito nei confronti dello Stato all'esito di un procedimento giudiziario, che egli intenti anche una procedura di esecuzione forzata per ottenere quanto a lui dovuto (Metaxas c. Grecia, n. 8415/02, § 19, 27 maggio 2004).
  6. L’eccezione di mancato esaurimento delle vie di ricorso interne formulata dal Governo non può pertanto essere accolta.
  7. Constatando che questa parte del ricorso non è manifestamente infondata, né irricevibile per uno degli altri motivi di cui all'articolo 35 della Convenzione, la Corte la dichiara ricevibile.

 

  1. Sul merito

 

  1. Il ricorrente conferma le proprie doglianze.
  2. Il Governo considera che, poiché nel frattempo è intervenuta l'esecuzione della sentenza controversa, il ricorso dovrebbe essere radiato dal ruolo, ma precisa in ogni caso che comprenderebbe se la Corte decidesse di accordare al ricorrente una somma per il danno che gli è derivato dal ritardo con il quale è stato versato il risarcimento che aveva ottenuto a livello nazionale.
  3. La Corte richiama i principi elaborati nella sua sentenza A. e altri (sopra citata, §§ 60-79).
  4. Per quanto riguarda la dedotta violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione, essa constata che, con la sua sentenza del 21 gennaio 2011, il tribunale di Roma ha accolto la domanda del ricorrente e quantificato la somma che doveva essere versata in riparazione del pregiudizio che gli era stato riconosciuto. Questa sentenza, provvisoriamente esecutiva, è stata confermata da una sentenza emessa dalla corte d'appello di Roma il 14 gennaio 2017, successivamente passata in giudicato. Tuttavia, la sentenza controversa è stata eseguita soltanto il 31 dicembre 2019, ossia quasi nove anni dopo la sua adozione.
  5. La Corte ritiene che il ricorrente non avrebbe dovuto trovarsi, per così tanto tempo, nell'impossibilità di beneficiare dell'attuazione di una decisione emessa in suo favore, tanto più che si trattava, nel caso di specie, di una materia delicata che riguardava la sfera della salute.
  6. Pertanto, si deve concludere che vi è stata violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione.
  7. Per quanto riguarda la dedotta violazione dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione, la Corte ritiene che il ricorrente fosse titolare di un credito esigibile in virtù di una sentenza divenuta definitiva che quantificava la somma alla quale aveva diritto. Di conseguenza, l'impossibilità nella quale si è trovato per molto tempo di ottenere l'esecuzione di tale sentenza si traduce in un'ingerenza nell'esercizio da parte sua del diritto al rispetto dei suoi beni, enunciato nella prima frase del primo paragrafo dell'articolo 1 del Protocollo n. 1.
  8. Non conformandosi alle decisioni sopra citate, le autorità nazionali, per il lungo periodo sopra menzionato, hanno impedito al ricorrente di percepire l'importo che gli era stato accordato. Il Governo non ha fornito alcuna argomentazione che possa giustificare questa ingerenza (Burdov c. Russia, n. 59498/00, § 39-42, CEDU 2002‑III, e si veda, mutatis mutandis, Ambruosi c. Italia, n. 31227/96, §§ 28-34, 19 ottobre 2000).
  9. In conclusione, vi è stata anche violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1.

 

  1. Sull'applicazione dell'articolo 41 della convenzione
  1. Ai sensi dell'articolo 41 della Convenzione,

«Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa.»

  1. Danno

 

  1. Il ricorrente chiede la somma di 30.000 euro (EUR) per il danno morale che ritiene di avere subìto.
  2. Il Governo non formula osservazioni su questo punto.
  3. La Corte accorda al ricorrente la somma di 10 000 EUR per danno morale, più l’importo eventualmente dovuto su tale somma a titolo di imposta.

 

  1. Spese

 

  1. Il ricorrente chiede la somma di 12.060,24 EUR per le spese sostenute per i procedimenti dinanzi ai giudici nazionali e la somma di 5.000 EUR per quelle sostenute per il procedimento dinanzi alla Corte, senza tuttavia produrre documenti giustificativi relativamente a quest’ultima somma.
  2. Il Governo non formula osservazioni su questo punto.
  3. Secondo la giurisprudenza della Corte, un ricorrente può ottenere il rimborso delle spese sostenute solo nella misura in cui ne siano accertate la realtà e la necessità, e il loro importo sia ragionevole. Nella fattispecie, tenuto conto dei documenti in suo possesso e dei criteri sopra menzionati, la Corte respinge la domanda formulata dal ricorrente per quanto riguarda le spese sostenute per il procedimento dinanzi ad essa e ritiene ragionevole accordare all’interessato la somma di 12.060,24 EUR per le spese sostenute per i procedimenti dinanzi alle giurisdizioni interne, più l’importo eventualmente dovuto su tale somma a titolo di imposta.
  4. La Corte ritiene opportuno basare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea maggiorato di tre punti percentuali.

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,

  1. Dichiara le doglianze fondate sugli articoli 6 § 1 della Convenzione e 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione ricevibili e il resto del ricorso irricevibile;
  2. Dichiara che vi è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
  3. Dichiara che vi è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione;
  4. Dichiara,
    1. che lo Stato convenuto deve versare al ricorrente, entro tre mesi a decorrere dalla data in cui la sentenza sarà divenuta definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le somme seguenti al tasso applicabile alla data del versamento:
      1. 000 EUR (diecimila euro), più l’importo eventualmente dovuto su tale somma a titolo di imposta, per danno morale,
      2. 060,24 EUR (dodicimilasessanta euro e ventiquattro centesimi), più l’importo eventualmente dovuto dal ricorrente su tale somma a titolo di imposta, per le spese sostenute per i procedimenti dinanzi alle giurisdizioni interne;
    2. che a decorrere dalla scadenza di detto termine e fino al versamento, tali importi dovranno essere maggiorati di un interesse semplice ad un tasso equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante quel periodo, aumentato di tre punti percentuali;
  5. Respinge la domanda di equa soddisfazione per il resto.

Fatta in francese, e poi comunicata per iscritto il 24 giugno 2021, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del regolamento.

Liv Tigerstedt
Cancelliere aggiunto

Péter Paczolay
Presidente