Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 4 giugno 2020 - Ricorso n. 24813/03 - Causa Morelli contro l'Italia


© Ministero della Giustizia, Direzione Generale degli Affari giuridici e legali, traduzione eseguita dalla dott.ssa Martina Scantamburlo, funzionario linguistico, e rivista con la sig.ra Rita Carnevali, assistente linguistico.

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CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

PRIMA SEZIONE

CAUSA MORELLI c. ITALIA

(Ricorso n. 24813/03)

SENTENZA

STRASBURGO

4 giugno 2020

Questa sentenza è definitiva. Può subire modifiche di forma.
Nella causa Morelli c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo (prima sezione) riunita in un comitato composto da:
Tim Eicke, presidente,
Jovan Ilievski,
Raffaele Sabato, giudici,
e da Renata Degener, cancelliere aggiunto di sezione,
Visti:
il ricorso sopra menzionato (n. 24813/03) presentato contro la Repubblica italiana da una cittadina italiana, la sig.ra Maria Morelli («la ricorrente») che ha adito la Corte ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali («la Convenzione») il 22 giugno 1999,
le osservazioni delle parti,
Osservando che, il 1° giugno 2006, il ricorso è stato comunicato al Governo,
Dopo avere deliberato in camera di consiglio il 28 aprile 2020,
Emette la seguente sentenza, adottata in tale data:

INTRODUZIONE

La ricorrente lamenta l'espropriazione del terreno di cui era locataria agricola e l’eccessiva durata del procedimento che aveva avviato dinanzi al tribunale di Benevento.

IN FATTO

1. La ricorrente, la sig.ra Maria Morelli, è una cittadina italiana, nata nel 1952 e residente a Benevento. È rappresentata dinanzi alla Corte dall'avv. S. Ferrara, del foro di Benevento.

2. Il governo italiano («il Governo») è stato rappresentato dai suoi ex agenti, I.M. Braguglia e E. Spatafora, e dai suoi ex co-agenti, F. Crisafulli e P. Accardo.

3. La ricorrente era locataria di un terreno agricolo di 85.090 metri quadrati situato a Benevento e vi esercitava la professione di agricoltrice.

4. Il 19 dicembre 1985 il Ministero dei Trasporti approvò il progetto di costruzione di una ferrovia che attraversava tale terreno.

5. Con due decreti adottati rispettivamente il 29 gennaio 1986 e il 18 maggio 1988, il prefetto di Benevento autorizzò il Consortium C. a occupare d'urgenza una parte del terreno, ossia 39.023 metri quadrati, in vista della sua espropriazione, allo scopo di procedere alla costruzione della ferrovia.

6. Il 10 marzo 1986 e il 30 giugno 1988 il Consortium C. procedette all'occupazione e iniziò i lavori di costruzione.

I. IL PROCEDIMENTO PRINCIPALE

7. Con atto di citazione notificato il 13 marzo 1992 , la ricorrente intentò un’azione di risarcimento nei confronti del Consortium C. dinanzi al tribunale di Benevento deducendo l'impossibilità di esercitare la propria professione di agricoltrice. A suo parere, l'occupazione del terreno era inoltre divenuta illegale.

8. Nella perizia del 2 settembre 1997, il perito nominato dal tribunale valutò in 27.517.000 ITL e 48.298.000 ITL l’importo delle indennità dovute, ai sensi dell'articolo 17 della legge n. 865 del 1971, al locatario di un terreno espropriato.

9. La perizia supplementare depositata in cancelleria il 14 settembre 2002 confermò tale valutazione.

10. Con sentenza depositata in cancelleria il 18 aprile 2008, il tribunale di Benevento stabilì che la ricorrente, che aveva fornito le prove della sua qualità di locatario del terreno, aveva diritto all’indennità dovuta dalla legge ai locatari agricoli dei terreni espropriati, e accordò le somme stabilite dalla perizia, rivalutate e maggiorate di interessi a partire dalle date dell’occupazione.

11. Dal fascicolo risulta che tale sentenza non è stata impugnata dinanzi ai giudici interni competenti e, di conseguenza, è passata in giudicato.

II. IL PROCEDIMENTO «PINTO»

12. Il 5 aprile 2002 la ricorrente adì la corte d’appello di Roma ai sensi della legge n. 89 del 24 marzo 2001, detta «legge Pinto», per lamentare la eccessiva durata del procedimento sopra descritto.

13. Con decisione depositata il 22 aprile 2003 la corte d’appello constatò il superamento di una durata ragionevole e accordò la somma di 1.400 EUR per danno morale e la somma di 700 EUR per le spese.

14. Dal fascicolo risulta che la decisione fu notificata all’amministrazione il 29 maggio 2003 e divenne definitiva il 28 luglio 2003.

IN DIRITTO

I. SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO N. 1 ALLA CONVENZIONE

15. La ricorrente considera che l’espropriazione del terreno di cui era locataria agricola, in assenza di risarcimento, abbia violato l’articolo 1 del Protocollo n. 1, ai sensi del quale:
«Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di pubblica utilità e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non portano pregiudizio al diritto degli Stati di porre in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l’uso dei beni in modo conforme all’interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle ammende.»

16. Il Governo contesta questa tesi.

Sulla ricevibilità

1. Tesi delle parti

(a) Il Governo

17. Il Governo sottolinea anzitutto che la ricorrente non era proprietaria del terreno controverso. Quest’ultima affermava di averlo semplicemente coltivato in qualità di locataria senza avere fornito la prova di essere locataria «coltivatrice diretta» del terreno, il che le avrebbe dato diritto a una indennità a livello nazionale.
18. Poiché la ricorrente non era proprietaria, le circostanze in questione non riguardavano una privazione di proprietà.

19. Sul merito, il Governo contesta che vi sia stata, al momento della presentazione del ricorso, un’«assenza di indennizzo» nel caso di specie. I giudici nazionali non si erano rifiutati di accordare un indennizzo alla ricorrente in qualità di locataria agricola in quanto, in realtà, il procedimento dinanzi al tribunale di Benevento era, semplicemente, ancora pendente.

20. Il 19 giugno 2014 il Governo ha informato la Corte che il procedimento intentato dinanzi al tribunale di Benevento si era concluso con una sentenza depositata in cancelleria il 18 aprile 2008, con il quale il tribunale aveva accordato un indennizzo alla ricorrente.

(b) La ricorrente

21. La ricorrente afferma che l’assenza di un risarcimento per il danno subito in seguito all’espropriazione del terreno di cui era locataria ha costituito una violazione sproporzionata del diritto sancito dall’articolo 1 del Protocollo n. 1.

22. Inoltre, riconoscendo che la procedura di risarcimento era pendente in primo grado, lamentava che in ogni caso non sarebbe stata in grado di ottenere una riparazione corrispondente agli importi che la Corte le avrebbe accordato per porre rimedio alla violazione dedotta e, in particolare, una somma equivalente al valore commerciale del terreno.

23. Con una lettera datata 5 maggio 2015, la ricorrente riconobbe di avere ottenuto una decisione favorevole dal tribunale di Benevento e percepito il risarcimento. Tuttavia, la stessa dichiarava di non essere soddisfatta dell’importo ricevuto in quanto quest’ultimo non corrispondeva al valore commerciale del terreno espropriato, e affermava a tale proposito che la Corte si era già pronunciata sull’incompatibilità di un tale risarcimento con la Convenzione.

2. Valutazione della Corte

24. Per quanto riguarda l’eccezione preliminare sollevata dal Governo, la Corte osserva che il tribunale di Benevento aveva riconosciuto la qualità di locataria della ricorrente che esercitava un’attività agricola sul terreno (si veda il paragrafo 10 supra). La Corte non vede alcun motivo per discostarsi dalle conclusioni del tribunale, Pertanto, questa eccezione non può essere accolta.

25. Sul merito, per quanto riguarda gli argomenti della ricorrente relativi all’assenza di indennizzo per il danno subìto, la Corte prende atto del fatto che il tribunale di Benevento, dinanzi al quale era pendente il procedimento al momento della presentazione del ricorso, ha riconosciuto con la sentenza del 18 aprile 2008 il diritto della ricorrente a un’indennità in quanto locataria agricola di un terreno espropriato (si vedano i paragrafi 10 e 23 supra).

26. La Corte rammenta che, con la lettera del 5 maggio 2015, posteriore dunque alla pronuncia della sentenza del tribunale di Benevento, la ricorrente, in termini generali, si dichiarava insoddisfatta delle somme ottenute (si veda il paragrafo 23 supra).

27. Se è vero che nella sua giurisprudenza consolidata in materia di privazione della proprietà la Corte ha stabilito che la riparazione da accordare al proprietario espropriato deve essere, in assenza di situazioni eccezionali, ragionevolmente in rapporto con il valore del bene (si vedano, tra molti altri precedenti, Scordino c. Italia (n. 1) [GC], n. 36813/97, § 256, CEDU 2006 V; e VistiƆš e Perepjolkins c. Lettonia (equa soddisfazione) [GC], n. 71243/01, § 36, CEDU 2014), questa giurisprudenza riguarda una situazione diversa da quella della presente causa, in quanto la ricorrente non era la proprietaria del terreno espropriato, ma la locataria dello stesso.

28. Inoltre, considerata la natura generica delle osservazioni della ricorrente, la Corte ritiene che quest’ultima non abbia suffragato con elementi di prova l’argomentazione secondo la quale avrebbe dovuto ottenere, in qualità di locataria del terreno controverso, una somma equivalente al valore commerciale di quest’ultimo affinché le indennità ricevute a livello nazionale potessero essere considerate proporzionate ai sensi della giurisprudenza della Corte.

29. La ricorrente non ha spiegato nemmeno per quali altri motivi la quantificazione dell’indennità da parte del tribunale di Benevento, che lei non ha del resto contestato a livello nazionale, non sarebbe stata conforme all’articolo 1 del Protocollo n. 1.

30. Pertanto la Corte conclude che la ricorrente non ha presentato sufficienti elementi di prova a sostegno della doglianza inerente all’inadeguatezza dell’indennità ricevuta a livello nazionale.

31. Alla luce delle considerazioni sopra esposte, le doglianze della ricorrente basate sull’articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione sono manifestamente infondate ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione e devono essere respinte, in applicazione dell’articolo 35 § 4.

II. SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE

32. La ricorrente lamentava l’eccessiva durata del procedimento nonché l’insufficienza del risarcimento ottenuto dalla corte d’appello «Pinto».

33. Il Governo contesta questa tesi.

34. Ai sensi dell’articolo 6 § 1,
«Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata (…) entro un termine ragionevole, da un tribunale (…) il quale sia chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile (...).»

A. Sulla ricevibilità

35. Il Governo solleva un’eccezione di mancato esaurimento delle vie di ricorso interne affermando che la ricorrente non avrebbe proposto ricorso per cassazione avverso la decisione della corte d’appello di Roma.

36. La Corte osserva che la decisione della corte d’appello di Roma è divenuta definitiva il 28 luglio 2003. Alla luce della sua giurisprudenza (si veda Di Sante c. Italia (dec.), n. 56079/00, 24 giugno 2004), essa considera che la ricorrente fosse dispensata dall’esperire la via del ricorso per cassazione, che ha acquisito un grado di certezza giuridica sufficiente solo a decorrere dal 26 luglio 2004.

37. Di conseguenza, l’eccezione di mancato esaurimento sollevata dal Governo non può essere accolta.

B. Sul merito

38. La Corte constata che il procedimento principale è iniziato il 13 marzo 1992 ed era ancora pendente in primo grado il 22 aprile 2003, data in cui la corte d’appello «Pinto» ha emesso la sua decisione, il che ha escluso dal conteggio totale un periodo di circa cinque anni (dal 22 aprile 2003 al 18 aprile 2008).

39. La Corte rileva che per quanto concerne la fase successiva al 22 aprile 2003, non risulta dal fascicolo che la ricorrente abbia nuovamente adito la corte d’appello ai sensi della legge «Pinto». Considerato quanto precede, e rammentando la propria giurisprudenza ben consolidata in materia, l’esame della doglianza della ricorrente da parte della Corte sarà limitato alla durata del procedimento già esaminato a livello nazionale dalla corte d’appello «Pinto» (Musci c. Italia [GC], n. 64699/01, § 116, CEDU 2006 V (estratti); e Gattuso c. Italia (dec.), n. 24715/04).

40. La Corte ha trattato più volte ricorsi aventi ad oggetto questioni analoghe a quelle sollevate nel caso di specie, constatando una inosservanza dell’esigenza del «termine ragionevole», tenuto conto dei criteri stabiliti dalla sua giurisprudenza ben consolidata in materia (si veda, in primo luogo, Cocchiarella c. Italia, sopra citata). In assenza di elementi che possano condurre a una conclusione diversa nella presente causa, la Corte ritiene di dovere constatare una violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.

III. SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 13 DELLA CONVENZIONE

41. Invocando l’articolo 13, la ricorrente lamenta che l’importo dell’indennità che le è stata accordata era insufficiente e che il ricorso introdotto dalla legge «Pinto» non era effettivo. Tale disposizione recita:
«Ogni persona i cui diritti e le cui libertà riconosciuti nella presente Convenzione siano stati violati, ha diritto a un ricorso effettivo davanti a un’istanza nazionale, anche quando la violazione sia stata commessa da persone che agiscono nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali.»

42. Considerata la giurisprudenza Delle Cave e Corrado c. Italia (n. 14626/03, § 43-46, 5 giugno 2007) e Simaldone c. Italia (n. 22644/03, § 71-72, 31 marzo 2009), la Corte ritiene che l’insufficienza del risarcimento non rimetta in discussione l’effettività del ricorso «Pinto».

43. Pertanto, questo motivo di ricorso deve essere dichiarato irricevibile in quanto manifestamente infondato ai sensi dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.

IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE

44. Ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione:
«Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa.»

A. Danno morale

45. La ricorrente chiede la somma di 12.000 EUR per danno morale per la dedotta violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.

46 Il Governo contesta tale richiesta.

47 Tenuto conto della soluzione adottata nella sentenza Cocchiarella c. Italia (sopra citata, §§ 139-142 e 146) e deliberando in via equitativa, la Corte ritiene ragionevole accordare alla ricorrente la somma di 3.640 EUR.

B. Spese

48. La ricorrente chiede anche la somma di 53.585,30 EUR per le spese che avrebbe sostenuto per il procedimento dinanzi alla Corte.

49. Il Governo contesta tale domanda e considera che l’importo richiesto sia eccessivo.

50. La Corte rammenta che, secondo la sua giurisprudenza, un ricorrente può ottenere il rimborso delle spese sostenute solo se ne sono dimostrate la realtà e la necessità, e il loro importo è ragionevole (Can e altri c. Turchia, n. 29189/02, § 22, 24 gennaio 2008).

51. La Corte osserva anzitutto che le doglianze della ricorrente sono state accolte solo in parte. Alla luce di quanto sopra esposto, e tenuto conto dei documenti di cui dispone, la Corte ritiene ragionevole accordare la somma di 1.000 EUR per tutte le spese sostenute.

C. Interessi moratori

52. La Corte ritiene opportuno basare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea maggiorato di tre punti percentuali.

PER QUESTI MOTIVI LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,

  1. Dichiara il ricorso ricevibile per quanto riguarda la doglianza presentata dal punto di vista dell’articolo 6 § 1 della Convenzione e irricevibile per il resto;
  2. Dichiara, che vi è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
  3. Dichiara,
    1. che lo Stato convenuto deve versare alla ricorrente, entro il termine di tre mesi, le somme seguenti:
      1. 3.640 EUR (tremilaseicentoquaranta euro), più l’importo eventualmente dovuto su tale somma dalla ricorrente a titolo di imposta, per danno morale;
      2. 1.000 EUR (mille euro), più l’importo eventualmente dovuto su tale somma dalla ricorrente a titolo di imposta, per le spese;
    2. che, a decorrere dalla scadenza di detto termine e fino al versamento, tali importi dovranno essere maggiorati di un interesse semplice ad un tasso equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante quel periodo, aumentato di tre punti percentuali.

Fatta in francese, poi comunicata per iscritto il 4 giugno 2020, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del regolamento.

Tim Eicke
Presidente

Renata Degener
Cancelliere aggiunto