Schema di D.lgs. - Attuazione della direttiva 2010/64/UE sul diritto all'interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali - relazione

Esame definitivo - Consiglio dei ministri 28 febbraio 2014

Schema di decreto legislativo recante: “Attuazione della direttiva 2010/64/UE sul diritto all'interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali”

 

Articolato

Il presente intervento normativo riveste carattere di urgenza e doverosità in quanto recepisce le disposizioni della direttiva 2010/64/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 ottobre 2010, sul diritto all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali, come da delega conferita al Governo con legge 6 agosto 2013, n. 96.

Il nostro ordinamento riconosce rilievo costituzionale al diritto all’assistenza dell’interprete della persona sottoposta a procedimento penale che non conosce la lingua italiana, ai sensi dell’art. 111, commi primo e terzo. E’ evidente come il giusto processo non possa prescindere dal diritto della persona accusata di comprendere appieno l’addebito e di seguire il compimento degli atti cui partecipa, fin dall’inizio delle indagini preliminari. Si sottolinea, infatti, come tale diritto, intrinsecamente connesso con il diritto difesa, è garantito in egual misura agli indagati e agli imputati, in base alla disposizione generale contenuta nell’art. 61 del codice di procedura penale, che, come noto, estende i diritti e le garanzie dell’imputato alla persona sottoposta alle indagini preliminari.

Da ricordare, come la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 10 del 1993, ha riconosciuto all’art. 143 del codice di procedura penale in materia di Nomina dell’interprete il valore di norma di portata generale che sancisce il diritto all’imputato alloglotta, che non conosce l’italiano, di essere messo nelle condizioni di partecipare consapevolmente al processo grazie all’assistenza dell’interprete e alla traduzione degli atti con i quali “è messo a conoscenza della natura e dei motivi dell'imputazione, oltreché delle facoltà riconosciutegli al fine di contrapporsi all'accusa”.

Le previsioni introdotte sono indirizzate a rendere effettivo tale fondamentale diritto individuale, in linea con le disposizioni sovranazionali contenute nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (artt. 47 e 48, paragrafo 2) e nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo (art. 6, lett. e). Con particolare riferimento ai riflessi sull’ordinamento interno, si evidenzia come la presente riforma incida profondamente sul ruolo attribuito all’interprete e al traduttore nel processo penale, affiancando all’inquadramento tradizionale pubblicistico che li qualifica esclusivamente come periti in ausilio dell’autorità giudiziaria, un approccio di tipo soggettivistico che li intende anche come tecnici della difesa a tutela dei diritti fondamentali della persona accusata.

In primo luogo, viene aggiunto all’art. 104 del codice di procedura penale il comma 5, che garantisce agli imputati in stato di custodia cautelare, agli arrestati e ai fermati il diritto all’assistenza di un interprete per poter svolgere i colloqui con il difensore, in relazione al procedimento per cui si trovano in restrizione della propria libertà personale.

In secondo luogo, l’art. 143 del codice di procedura penale è stato interamente sostituito. Nella nuova formulazione, si è inteso precisare che il diritto all’assistenza gratuita dell’interprete (invero già contemplato dal vigente art. 143 c.p.p.) determina una spesa anticipata dallo Stato non ripetibile nel caso di condanna dell’imputato, come imposto dalla sopra citata direttiva.  Per la stessa ragione si è inteso intervenire sull’art. 5 del testo unico delle spese di giustizia, il dpr n. 115 del 2002, specificando alla lettera d), che configura come ripetibili le spese anticipate dallo Stato con riferimento alle attività svolte dagli ausiliari del giudice (tra i quali rientrano gli interpreti e i traduttori, ai sensi dell’art. 3 del citato T.U.), l’esclusione delle spese relative agli interpreti e traduttori nominati in base all’art. 143 codice di procedura penale. (art. 3).

In attuazione di quanto disposto dall’art. 2, paragrafo 2, della direttiva 2010/64, viene previsto il diritto all’assistenza gratuita dell’interprete anche per i colloqui con il difensore, circoscrivendo tale diritto ai casi in cui tali comunicazioni siano direttamente correlati alla preparazione di un interrogatorio, di una richiesta o di una memoria nel corso del procedimento penale.

Al comma 2 della nuova formulazione dell’art. 143  vengono indicati espressamente una serie di atti processuali per i quali viene garantito il diritto alla traduzione. Gli atti elencati, sono caratterizzati dal fatto che contengono il capo di imputazione e l’indicazione di diritti della difesa.

Anche il mandato di arresto europeo nella procedura passiva di consegna rientra tra gli atti per i quali è prevista la traduzione, in tutti i casi in cui l'interessato non comprenda la lingua in cui il mandato di arresto è redatto: la legge n. 69 del 2005, infatti, non solo all'articolo 39 rimanda alle norme del codice di procedura penale per quanto non previsto dalla legge medesima, ma, inoltre, all'articolo 9, comma 5, richiama, in quanto applicabili, le norme del codice di procedura penale in materia di misure cautelari personali. Peraltro, la legge n. 69 del 2005 garantisce in ogni fase il diritto dell'interessato ad essere informato e sentito con l'ausilio dell'interprete. (v. articoli, 10, 12, 13, 14). Per i motivi sopraesposti, pertanto, non si è ritenuto necessario un ulteriore intervento regolatorio.

Viene, inoltre, riconosciuto il diritto alla traduzione gratuita di ulteriori atti processuali che siano ritenuti dal giudice essenziali in quanto contenenti le accuse a carico, e, al fine di garantire l’effettività del diritto riconosciuto, viene precisato al comma 3 dell’art. 143 c.p.p., come sostituito, che tale decisione assunta dal giudice sulla necessità della traduzione di un atto processuale sia motivata ed impugnabile con la sentenza, in armonia con la disciplina generale di cui all’art. 586 del codice di procedura penale.

Infine, l’articolo 2 prevede come necessario l’inserimento negli albi dei periti istituiti presso ogni tribunale, ai sensi dell’art. 67 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, della figura professionale degli interpreti e dei traduttori, recependo la disposizione contenuta nell’art. 5, paragrafo 2, della citata direttiva che, infatti, sottolinea la necessità di istituire albi o registri allo scopo di assicurare un servizio indipendente e qualificato. A tal fine, viene previsto che il comitato di cui all’art.68 disp. att. c.p.p., competente a decidere sulle richieste di iscrizione e di cancellazione dall’albo dei periti, quando è chiamato a provvedere per la categoria degli interpreti e dei traduttori, sia integrato da rappresentanti di associazioni rappresentative a livello nazionale di tale professione, attualmente non organizzata in ordini o collegi.

Sul punto, si evidenzia come nel nostro ordinamento sia già riconosciuto rilievo alle associazioni professionali che, in base a determinate caratteristiche normativamente definite, sono ritenute rappresentative a livello nazionale delle professioni non regolamentate in ordine o collegi. A titolo esemplificativo, ai sensi dell'art. 26 del decreto legislativo n. 206 del 2007 (che ha recepito la direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali), presso il Ministero della giustizia è istituito un elenco nel quale sono annotate quelle associazioni considerate rappresentative a livello nazionale delle professioni non regolamentate, in base al riconoscimento del possesso di determinati requisiti. Agli enti associativi di categoria inseriti in detto elenco è attribuito un ruolo consultivo in sede di elaborazioni di proposte in materia di piattaforme comuni, quando la materia interessa attività professionali non regolamentaste in Italia. Inoltre, in attuazione della legge del 14 gennaio 2013, n. 4, recante disposizioni in materia di professioni non organizzate, è istituito presso il Ministero dello sviluppo economico l'elenco delle associazioni professionali delle attività non regolamentate, che dichiarano, con assunzione di responsabilità dei rispettivi rappresentanti legali, di essere in possesso dei requisiti e di rispettare le prescrizioni previsti dalla legge (v. art. 2, comma 7 della legge n. 4 del 2013). L'art. 2, inoltre, precisa che tali associazioni professionali di natura privatistica sono costituite con il fine di valorizzare le competenze degli associati e garantire il rispetto delle regole deontologiche, agevolando la scelta e la tutela degli utenti nel rispetto delle regole della concorrenza (art. 3 legge n. 4 del 2013).

Dopo la approvazione preliminare dal parte del Consiglio dei ministri nella riunione del 3 dicembre 2013, il testo è stato sottoposto all'esame delle competenti Commissioni parlamentari che si sono espresse come di seguito illustrato.
 
Le Commissioni Prima -Affari costituzionali- e Seconda —Giustizia- del Senato della Repubblica hanno espresso parere.

La Commissione Quinta -Bilancio- della Camera dei Deputati ha approvato il testo con osservazioni di cui si è tenuto conto con l'aggiornamento della relazione tecnica.

La Commissione quattordicesima —Politiche dell'unione europea- della Camera ha approvato il testo con le seguenti osservazioni, ovvero di valutare l'opportunità:

  1. di specificare nell'articolo 143 c.p.p. che la traduzione debba avere luogo nella lingua madre dell'imputato ovvero in altra lingua, purché non sia pregiudicata la possibilità di comprensione effettiva;
  2. di prevedere espressamente il diritto all'interpretazione e alla traduzione nel procedimento per l'esecuzione del mandato di arresto europeo.

La Commissione Seconda —Giustizia- della Camera dei deputati ha approvato il testo con le seguenti osservazioni, ovvero di valutare l'opportunità :

  1. di sostituire il primo periodo del comma 4 dell'articolo 143 c.p.p. con il seguente: « L'autorità procedente accerta che l'imputato comprenda e parli la lingua italiana »;
  2. di aggiungere all'articolo 143 c.p.p. la specificazione che l'interpretazione e la traduzione degli atti devono essere fornite nella lingua madre dell'imputato o in qualsiasi altra lingua che egli parla o comprende in modo sufficiente da garantire l'esercizio dei diritti della difesa ».
  3. di modificare l'articolo 146 c.p.p. nel senso di prevedere che: «L'autorità procedente nomina l'interprete o il traduttore scegliendolo tra quelli iscritti negli appositi albi e, solo in caso di indisponibilità di un esperto per la relativa lingua, tra persone fornite di particolare competenza nell'interpretazione o traduzione giudiziaria »;
  4. di modificare l'articolo 146, comma 2, c.p.p. come segue: « Lo ammonisce poi sull'obbligo di adempiere in modo accurato e imparziale l'incarico e di mantenere il segreto su tutti gli atti che si faranno per suo mezzo o in sua presenza »;
  5. di inserire la figura dell'interprete tra quelle contemplate dall'articolo 200 del codice di procedura penale con riguardo al segreto professionale;
  6. di modificare l'articolo 119 del codice di procedura penale, recependo il dispositivo della sentenza della Corte costituzionale n. 341 del 1999,in attuazione dell'articolo 2, par. 3, della Direttiva, che si riferisce all'assistenza a favore di persone con problemi di udito o con difficoltà di linguaggio.

In proposito, si osserva come il contenuto della norma di cui all'articolo 143 c.p.p. sia inequivoco circa la necessità che la presenza dell'interprete e la traduzione degli atti indicati consenta all'interessato la effettiva comprensione dell'accusa formulata nei suoi confronti e di quanto accada nel corso del processo. Appare, pertanto, superflua una ulteriore precisazione nel senso indicato dalle Commissioni.

Con riferimento alla mancata indicazione specifica dell'obbligo di traduzione del mandato di arresto europeo nei casi di richiesta di esecuzione da parte di uno Stato membro, in considerazione della disciplina processuale risultante dal presente intervento normativo —come sopra illustrato- la precisazione suggerita dalla Commissione non appare necessaria.

Per quanto attiene all'indicazione contenuta nel comma 4 dell'articolo 143 c.p.p. di rimettere all'autorità giudiziaria l'accertamento sulla conoscenza della lingua italiana deriva dalla volontà di riservare al magistrato procedente tale valutazione, anche nel caso di attività svolta dalla polizia giudiziaria, di iniziativa o su delega dell'A.G. Per questo motivo non si ritiene di accogliere l'osservazione proposta.

Con riferimento ai criteri di scelta dell'interprete e del traduttore, l'articolo 67 delle disp. att. c.p.p. disciplina la nomina dei periti del giudice, e prevede che qualora venga scelto un esperto non iscritto nell'albo, il giudice deve motivare le ragioni della scelta. Anche per la nomina dell'interprete o del traduttore, pertanto, varranno le medesime disposizioni e, per questo motivo, non si ritiene di accogliere l'osservazione proposta.
 
Per quanto attiene alla proposta di aggiornare il comma 2 dell'articolo 146 c.p.p. poiché ritenuto di contenuto superato, non si ritiene di accogliere tale osservazione per ragioni sistematiche, in quanto la formulazione è in linea con quanto dispone l'articolo 226 c.p.p. in tema di nomina del perito.

In relazione alla proposta di inserire l'interprete tra coloro che ai sensi dell'articolo 200 del c.p.p possono astenersi dal deporre (al fine di garantire il segreto di quanto appreso dalle conversazioni tea l'imputato e il difensore), non si ritiene di accoglierla in considerazione del fatto che già l'articolo 200 c.p.p. prevede a favore del consulente tecnico nominato dalla parte il diritto a non essere obbligato a deporre su quanto conosciuto per ragione del proprio incarico. Nel caso in cui l'interprete sia stato nominato dal giudice, non si ritiene di discostarsi dalle disposizioni generali previste in tema di esame dei periti.

Infine, non si ritiene necessario recepire nell'articolo 119 del c. p. p. il pronunciamento della Corte Costituzionale contenuto nella sentenza n. 341 del 1999, in considerazione del fatto che la regola espressa ha già efficacia erga omnes.

Il recepimento della direttiva 2010/64/UE rappresenta un ulteriore ed importante passo in avanti nel percorso di rafforzamento delle garanzie processuali degli indagati ed imputati, secondo la c.d. tabella di marcia di Stoccolma del 2009, fondamentale per facilitare tra gli Stati membri dell'Unione la cooperazione giudiziaria ed il riconoscimento reciproco delle sentenze nelle materie penali aventi dimensione sovranazionale.