Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 15 aprile 2014 - Ricorso n. 61197/13 - Barbato + 3 contro Italia

© Ministero della Giustizia, Direzione generale del contenzioso e dei diritti umani, traduzione effettuata da Rita Carnevali, assistente linguistico. Revisione a cura della dott.ssa Martina Scantamburlo.

Permission to re-publish this translation has been granted by the Italian Ministry of Justice for the sole purpose of its inclusion in the Court's database HUDOC.

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SECONDA SEZIONE

DECISIONE

Ricorso n. 61197/13
Salvatore BARBATO contro l’Italia
e altri 3 ricorsi
(si veda elenco allegato)


La Corte europea dei diritti dell’uomo (seconda sezione) riunita il 15 aprile 2014 in un comitato composto da:
András Sajó, presidente,
Helen Keller,   
Egidijus Kūris, giudici,
e da Abel Campos, cancelliere aggiunto di sezione,
Visti i ricorsi sopra menzionati presentati il 6 giugno 2013,
Dopo aver deliberato, decide quanto segue:

IN FATTO

1. L'elenco delle parti ricorrenti è allegato alla presente decisione. I ricorrenti sono stati rappresentati dinanzi alla Corte dall'avvocato G. Itro (foro di Benevento).
A. Le circostanze del caso di specie
2. I fatti della causa possono riassumersi come segue.

1. Le procedure nazionali

3. I ricorrenti sono stati parti nello stesso procedimento svoltosi dinanzi al tribunale amministrativo regionale della Campania.
4. Ciascuno di loro, rappresentato dall'avvocato Itro, ha adito separatamente e in date diverse la corte d'appello «Pinto» di Napoli per lamentare l’eccessiva durata del suddetto procedimento.
5. Con quattro decisioni rese tra aprile e maggio 2009, la corte d'appello «Pinto» di Napoli ha constatato l’irragionevole durata del processo principale e ha accordato a ciascuno dei ricorrenti un indennizzo per danno morale, più le spese per la procedura «Pinto». Queste decisioni sono state eseguite tra febbraio e novembre 2011 (si veda quadro allegato).
6. Nel frattempo, i ricorrenti, sempre rappresentati dall’avvocato Itro, avevano presentato distinti ricorsi per cassazione avverso le decisioni della corte d’appello «Pinto», contestando gli importi accordati.
7. Con sentenza n. 9824 del 4 maggio 2011, la Corte di cassazione « Pinto », dopo aver riunito i ricorsi, ha accordato a ciascuno dei ricorrenti un indennizzo supplementare per danno morale.
8. Tuttavia, nel determinare le spese relative alla procedura «Pinto», essa ha considerato i quattro ricorsi in corte d’appello e i quattro ricorsi per cassazione rispettivamente come un unico ricorso in corte di appello e un unico ricorso per cassazione. In proposito ha precisato:
 « Le spese di entrambi i gradi di giudizio seguono la soccombenza, tenuto conto dei principi affermati dalla sentenza n. 10634/10 in materia di abuso del processo».
9. Con la sentenza n. 10634 del 3 maggio 2010, alla quale rinvia la sentenza n. 9824 del 4 maggio 2011 emessa nei confronti dei ricorrenti, la Corte di cassazione ha stabilito alcuni principi in materia di abuso del ricorso «Pinto».
10. Essa ha rilevato che, nonostante il carattere ripetitivo delle controversie che erano state oggetto del procedimento principale e l’identità delle pretese dei ricorrenti nell’ambito di quest’ultimo, gli stessi avevano adito separatamente con il patrocinio del medesimo difensore dapprima la corte d’appello e poi la Corte di cassazione per lamentare l’eccessiva durata di questo procedimento ai sensi della legge Pinto.
11. La Corte di cassazione ha ritenuto che tale condotta configurasse un abuso del processo per due ragioni: da un parte era volta ad aumentare artificiosamente le spese «Pinto» a carico dello Stato, dall’altra aveva comportato un vero e proprio sperpero delle risorse del sistema giudiziario contribuendo nel suo insieme ad allungare i tempi della giustizia. Di conseguenza, nel determinare le spese relative alla procedura «Pinto» nel suo complesso ha considerato che i quattro ricorrenti avessero presentato un unico ricorso in corte d’appello e un unico ricorso per cassazione.
12. La sentenza n. 9824 del 2011 della Corte di cassazione «Pinto» è stata eseguita il 27 dicembre 2012.

2. I ricorsi dinanzi alla Corte

13. Tra i mesi di luglio 2011 e febbraio 2012, ciascuno dei ricorrenti, rappresentati dall’avv. Itro, ha adito la Corte per lamentare il ritardo nell’esecuzione della decisione della corte d’appello « Pinto » (si veda il quadro allegato).
14. In seguito, ciascuno dei ricorrenti, sempre rappresentati dal medesimo avvocato, ha nuovamente adito la Corte per lamentare il ritardo nell’esecuzione della sentenza della Corte di cassazione « Pinto ».

MOTIVI DI RICORSO

Invocando gli articoli 6 § 1 della Convenzione e 1 del Protocollo n. 1, i ricorrenti lamentano il ritardo nell’esecuzione della sentenza della Corte di cassazione « Pinto ».

IN DIRITTO

15. Tenuto conto della similitudine dei fatti e delle questioni giuridiche poste dai ricorsi, la Corte decide di riunirli e di esaminarli congiuntamente (articolo 42 § 1 del regolamento della Corte).
16. La Corte rammenta che un ricorso può essere considerato abusivo ai sensi dell’articolo 35 § 3 a) della Convenzione se, ad esempio, è stato fondato scientemente su fatti interamente inventati (si veda, tra altri, Jian c. Romania (dec.), n. 46640/99, 30 marzo 2004; Keretchachvili c. Georgia (dec.), n. 5667/02, CEDU 2006 V) o se il ricorrente ha sottaciuto informazioni essenziali riguardanti i fatti della causa al fine di indurre la Corte in errore (si vedano, tra le altre, Hüttner c. Germania (dec.), n. 23130/04, 19 giugno 2006, Basileo e altri c. Italia (dec.), n. 11303/02, 23 agosto 2011).
17. La Corte ha già affermato, inoltre, che «ogni comportamento del ricorrente manifestamente contrario alla vocazione del diritto di ricorso e di ostacolo al buon funzionamento della Corte o al corretto svolgimento del procedimento dinanzi ad essa, può [in linea di principio] essere definito abusivo» (Miroļubovs e altri c. Lettonia, n. 798/05, § 65, 15 settembre 2009). Ai sensi dell’articolo 35 § 3 a) della Convenzione, il concetto di abuso deve infatti essere inteso nell’accezione ordinaria che di esso dà la teoria generale del diritto – vale a dire il fatto di avvalersi di un diritto al di fuori della sua finalità in maniera pregiudizievole (Miroļubovs e altri, sopra citata, § 62; Petrović c. Serbia (dec.), nn. 56551/11 e altri dieci, 18 ottobre 2011).
18. La Corte ribadisce che, ai sensi dell’articolo 44A del regolamento,  « [l]e parti hanno l’obbligo di collaborare pienamente allo svolgimento della procedura… ». Essa ha ripetutamente dichiarato che le norme di procedura previste nel diritto interno sono volte ad assicurare la buona amministrazione della giustizia e il rispetto del principio della certezza del diritto e che gli interessati devono potersi aspettare che queste norme siano applicate. La stessa constatazione si impone a fortiori rispetto alle disposizioni procedurali della Convenzione e del regolamento della Corte (si veda Miroļubovs e altri, sopra citata, § 66).
19. Un comportamento assolutamente irresponsabile e superficiale del ricorrente o del suo rappresentante, che è chiaramente contrario alla vera missione della Corte ai sensi degli articoli 19 e 32 della Convenzione, può comportare il rigetto del ricorso perché abusivo (Petrović, sopra citata; Bekauri c. Georgia (dec.), n. 14102/02, §§ 21-24, 10 aprile 2012).
20. Tenuto conto del carattere sussidiario del meccanismo di salvaguardia dei diritti dell’uomo instaurato dalla Convenzione (Kudła c. Polonia ([GC], n. 30210/96, § 152, CEDU 2000-XI 152; Brusco c. Italia (dec.), n. 69789/01, CEDU 2001 IX), il carattere abusivo di un ricorso può dipendere, almeno in parte, dalle vie di ricorso interne usate dal ricorrente nonché dalla condotta di quest’ultimo dinanzi alle autorità giudiziarie nazionali. In particolare, pronunciandosi nell’ambito di cause aventi a oggetto l’irragionevole durata dei procedimenti civili ai sensi dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, la Corte ha sottolineato che l’uso eccessivo dei procedimenti giudiziari per risolvere controversie il cui valore è esiguo o irrisorio contribuisce a sovraccaricare i sistemi giudiziari nazionali e costituisce una delle cause dei ritardi nell’amministrazione della giustizia (si vedano Bock c. Germania (dec.), n. 22051/07, 19 gennaio 2010; Dudek (VIII) c. Germania, (dec.), n. 12977/09 e altri, 23 novembre 2010; Jenik e altri c. Austria (dec.), n. 37794/07 e altri, 20 novembre 2012).
21. La Corte ha spesso applicato questi principi nell’ambito del contenzioso « Pinto ».
22. In particolare, con la decisione De Cristofaro e altri c. Italia ((dec.), n. 30464/07 e altri, 10 luglio 2012), essa si è pronunciata su otto ricorsi riguardanti le stesse procedure «Pinto» che erano oggetto di altri ricorsi già pendenti, presentati dallo stesso avvocato a nome degli stessi ricorrenti. In particolare, ciascuno dei «nuovi» ricorsi verteva sul ritardo nell’esecuzione di una decisione della Corte di cassazione «Pinto», resa rispetto a una decisione della corte d’appello «Pinto», che concedeva un ulteriore indennizzo, mentre ciascuno dei «vecchi» ricorsi riguardava il ritardo nell’esecuzione della stessa decisione della corte d’appello «Pinto» impugnata in cassazione. Pertanto la Corte ha constatato che questo avvocato aveva ignorato le istruzioni che gli erano state precedentemente impartite, in spregio del dovere di collaborazione di cui all’articolo 44A del regolamento, e ha dichiarato irricevibili, in quanto abusivi, gli otto «nuovi» ricorsi.
23. Nelle presenti cause si ritrova essenzialmente la stessa situazione sanzionata dalla Corte nella decisione De Cristofaro e altri c. Italia, sopra citata. In effetti, i ricorrenti hanno ripetutamente adito la Corte per lamentare il ritardo nell’esecuzione di decisioni rese nell’ambito della stessa procedura «Pinto», non indicando i collegamenti tra i loro ricorsi. I ricorrenti e il loro avvocato hanno dunque apertamente trascurato il loro dovere di collaborazione ai sensi dell’articolo 44A del regolamento nell’ambito del contenzioso «Pinto».
24. Per di più, l’uso del ricorso «Pinto» da parte dei ricorrenti, sempre rappresentati dallo stesso avvocato, è stato giudicato abusivo dalla Corte di cassazione (paragrafi 8-11 supra), per ragioni simili a quelle stabilite dalla giurisprudenza della Corte in materia (si veda paragrafo 20 supra).
25. Tenuto conto di quanto sopra esposto, i ricorsi devono essere dichiarati irricevibili in quanto abusivi, in applicazione dell’articolo 35 § 3 a) della Convenzione.
Per questi motivi, la Corte, all’unanimità,

Decide di riunire i ricorsi;
Dichiara i ricorsi irricevibili.

Abel Campos  
Cancelliere aggiunto

András Sajó
Presidente

 

ALLEGATO
N. Ricorso N. Presentato il Ricorrente - Data di nascita - Luogo di residenza Ricorso già presentato dinanzi alla Corte dallo stesso ricorrente (N. e data di presentazione) Decisione della corte d’appello «Pinto» (data di deposito in cancelleria e identificativo «V.G. [Volontaria Giurisdizione]» della procedura)/ Indennizzo accordato (danno morale + spese) Data di esecuzione della decisione della corte d’appello «Pinto» Altre informazioni
1.     61197/13 06/06/2013 Salvatore BARBATO 20/08/1937 Benevento 18623/12 29 febbraio 2012 3 aprile 2009 4858/08 V.G. EUR 5.335 + 940 21-nov-11 La corte d’appello ha dichiarato che il diritto all’indennizzo «Pinto» era parzialmente prescritto
2.     61200/13 06/06/2013 Giancarlo Luigi ZULLO 15/09/1956 Apice (Benevento) 18622/12 29 febbraio 2012 20 maggio 2009 6766/08 V.G. EUR 5.208 + 955 21-nov-11 La corte d’appello ha dichiarato che il diritto all’indennizzo «Pinto» era parzialmente prescritto
3.     61205/13 06/06/2013 Fiorenzo LUPONE 16/01/1954 Sant’Arcangelo Trimonte (Benevento) 61447/11 29 luglio 2011 20 maggio 2009 6762/08 V.G. EUR 5.208 + 955 03-feb-11 La corte d’appello ha dichiarato che il diritto all’indennizzo «Pinto» era parzialmente prescritto
4.     61206/13 06/06/2013 Maria Giuseppa PANARESE 27/02/1968 Sant’Arcangelo Trimonte (Benevento) 61870/11 27 settembre 2011 12 maggio 2009 6767/08 V.G. EUR 8.400 + 1 035 03-feb-11